Come potrete comprendere da questa seconda recensione, ancora una volta su una serie televisiva, ammetto di amare questo genere di intrattenimento.
Adoro leggere romanzi, racconti e fumetti, ma con la quarantena e i rapporti sociali al minimo storico preferisco sedermi sul divano in compagnia di moglie e figlio e fare una maratona di puntate sgranocchiando arachidi e popcorn, commentandole insieme.
Delle tante produzioni in cui ci siamo imbattuti, e con le quali ci siamo ingrassati, STRANGER THINGS è una delle migliori.
Hawkins, Indiana, è l’immaginaria cittadina del Midwest che funge da sfondo alle avventure dei protagonisti, ambientate all’inizio degli anni ottanta del secolo scorso.
La scomparsa di uno dei protagonisti, un dodicenne amante del gioco di ruolo Dungeons & Dragons, e l’arrivo di una bambina dai capelli rasati dotata di poteri psichici, fuggita da un laboratorio segreto, sono i pilastri portanti della trama.
Ma non sono gli unici.
Il “Sottosopra”, una dimensione alternativa raggiungibile solo attraverso portali che la connettono al nostro mondo, brulica di mostri assetati di sangue alla ricerca dei varchi necessari a cacciare le prede che ora prediligono: gli umani.
Automobili, vestiti, musica e tecnologia sono curati nei dettagli, tanto che, chi come me quegli anni li ha vissuti da adolescente, si sente trasportato indietro nel tempo, a un periodo familiare e spensierato.
Numerosissime le citazioni annegate nella serie partendo da “I Goonies” per arrivare sino a “Ritorno al futuro”, passando da “Lo squalo”, “Teminator” e “Magnum P.I.”.
Ma non si fermano qui. I Fratelli Duffer, ideatori, sceneggiatori e registi della serie, attingono a piene mani dalla cultura pop di quel periodo, ricordandoci film dimenticati quali “La cosa” di Stephen King, nella sua versione cinematografica di Carpenter, o “La storia infinita”.
Potremmo proseguire per ore tra citazioni e cameo vari ed eventuali, ma mi permetto di sottolineare un’ultima chicca. La sequenza musicale dei titoli di testa riprende le atmosfere cupe ed elettroniche di “TRON – LEGACY”, sfortunato sequel del suo predecessore “TRON” del 1982, con assonanze che a mio avviso vanno ben al di là del casuale.
Il cast degli attori non è stellare, come spesso è capitato nelle serie più recenti.
Il nome più blasonato è quello di Winona Rider, astro nascente di Hollywood negli anni ’90, arrestata per furto (cleptomania), che interpreta la madre del ragazzo scomparso.
Al suo fianco recitano una decina di attori piuttosto giovani e qualche adulto.
Non c’è un vero e proprio protagonista; è lo sviluppo e l’intreccio della storia ad esserlo.
Ogni personaggio ha una sua parte, più o meno ampia, ma ciascuna è più che degna di nota.
La sceneggiatura è ben scritta e ogni puntata invoglia a vedere la successiva (25 puntate in tutto, bruciate in una domenica più tre serate #iorestoacasa). L’orrore, la suspence e le risate (sì, ci sono pure scene al limite del delirio comico) si alternano regalando un intrattenimento di qualità.
La quarta serie doveva andare in lavorazione a gennaio 2020, ma è stata sospesa a causa della pandemia.
Sintetizzando: in buon prodotto ben realizzato. Nessuna pecca di rilievo e lo trovate su NETFLIX.
Un abbraccio (virtuale) e mi raccomando: restate a casa.
Gualtiero
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