
Per “I racconti di Satampra Zeiros” , abbiamo il piacere di ospitare Caterina Franciosi, autore emergente che ci propone “Le figlie perdute di Salem”, racconto sword and sorcery di circa 30.000 battute.
Autrice
Caterina Franciosi è nata nel 1990 in una piccola cittadina della riviera romagnola al confine con le Marche. Ha frequentato il Liceo Classico e, successivamente, la facoltà di Lingue e Culture Straniere all’Università di Urbino.
Nel 2018 pubblica l’antologia digitale “Dreamscapes – I Racconti Perduti” contenente i racconti brevi “Eau de Vampire”, “Il Marinaio e la Sirena” e “Vento del Nord” con la casa editrice GDS.
Sempre nel 2018 inaugura il proprio blog “Il Salotto Letterario” che si occupa di interviste e recensioni letterarie e inizia a collaborare con gruppi Facebook, siti web e riviste, tra cui Life Factory Magazine nella rubrica recensioni.
A marzo 2019 pubblica un racconto breve nell’antologia “Ali Spezzate” edita da PAV Edizioni contro la violenza sulle donne.
Di prossima uscita il racconto breve “Corvi di guerra” nell’antologia “Guerriere” per la casa editrice Le Mezzelane.
LE FIGLIE PERDUTE DI SALEM
Caterina Franciosi
Mio carissimo amico,
spero che questa mia ti trovi in buona salute. Sono rammaricato del fatto che ogni mia missiva sia portatrice di problemi, ma la pace che regnava sulla nostra cittadina è – ahimè! – di nuovo un lontano ricordo: dopo i tragici accadimenti di cui sai, il Maligno cammina di nuovo fra noi. Invochiamo la clemenza di Nostro Signore ogni giorno, ogni minuto, eppure la maledizione non si è spezzata. Altre ragazze sono cadute sotto gli effetti del malocchio, portando dolore e disperazione tra la brava gente di Salem. Le figlie di Nathaniel Goodman, Mary e Prudence, sono state viste danzare nei boschi fuori città. Insieme a loro c’erano anche Elizabeth Prower e Constance Fisher. Gli uomini sono intervenuti non appena saputo, ma le ragazze erano già scomparse. Hanno perlustrato i boschi in lungo e in largo, sfidando le incursioni dei selvaggi, ma nessuno sa dove si trovino. Dopo quella notte non hanno più fatto ritorno. Perciò eccomi di nuovo da te, mio caro amico. Sei l’unico che possa esserci d’aiuto in questi tempi bui, in cui Satana sembra essersi impossessato delle nostre terre e delle nostre anime. Nessuno di noi vuole assistere ancora a sanguinosi processi. Solo tu, con la tua esperienza, puoi aiutarci a ritrovare le nostre figlie perdute e a debellare l’oscurità che è nuovamente calata su Salem.
Confido in una tua pronta risposta.
Il tuo più leale amico,
Bartholomew Alden
Richard van der Braam strinse il messaggio tra le dita. Accartocciò la carta finché non la sentì strapparsi nel palmo guantato.
Era arrivato troppo tardi. La casa di Bartholomew Alden era stata rasa al suolo. Bruciata fino all’ultima pietra.
“Chi siete?”
Le ultime luci del tramonto illuminarono un uomo, sdentato e col viso coperto di rughe, che si trascinava dietro un carretto vuoto. Il suo sguardo era duro, l’espressione guardinga. Richard si tolse il cappello e chinò il capo in un cenno di saluto.
“Richard van der Braam, al vostro servizio.”
“Non vi ho mai visto prima, non siete di Salem,” fu l’acido commento del vecchio.
Stava occhieggiando malamente Moses, il destriero di Richard: uno stallone di dimensioni colossali, nero come il peccato. Grosse borse di cuoio pendevano sui suoi fianchi.
“Avete ragione,” sorrise Richard. “Sono buon amico del signor Goodman e sono qui per vederlo.”
Il vecchio lo squadrò ma dal volto di Richard non trapelò alcuna emozione. Aveva raccontato balle peggiori di quella.
“I Goodman.” Lo sconosciuto sputò a terra. “Non sapete cosa è successo a quel disgraziato? Fareste meglio a tornarvene da dove siete venuto.”
“Temo di non capire.”
“Hanno il Diavolo in corpo, ecco cosa,” sbottò il vecchio. “Lo dicevo io che quelle ragazze avevano qualcosa che non andava, erano tutte della stessa pasta. Sarebbe stato meglio impiccarle tutte insieme, ecco cosa. Guardate cos’è successo alla casa di Alden.”
Il vecchio indicò le macerie dinanzi a loro.
“Lo terrò a mente.”
L’uomo gli scoccò un’occhiata carica di disprezzo. Riprese il carretto e se ne andò, borbottando qualcosa che suonò come “delle tribù dei selvaggi”. Richard rimase a fissarlo fino a quando non fu scomparso oltre la curva della strada. Doveva scoprire cos’era successo a Bartholomew, ma occorreva prestare molta attenzione. Quel vecchio bilioso non avrebbe esitato a fare la spia a tutte le altre serpi che si aggiravano in città. Richard montò in sella, mormorando una sequela di maledizioni contro il fanatismo della gente. Quante volte le sue missioni si sarebbero risolte in un istante se non avesse dovuto avere a che fare contro bigottismi di ogni sorta. Sospirò. Spesso era stato sul punto di tirarsi indietro e lasciarli morire nelle loro convinzioni. Keme non faceva altro che ripetergli che il mondo era pieno di odio, collera e invidia, ma sotto la melma a volte si celavano perle rare. E Richard sapeva che Bartholomew era una di quelle.
Si tenne lontano dalla strada principale e imboccò viuzze deserte al limitare dei boschi. Sperava di non aver preso la strada sbagliata per la fattoria dei Goodman. Erano passati più di dieci anni dalla sua ultima visita, ma quando svoltò l’ultima curva e superò il querceto, tirò un sospiro di sollievo e recitò una breve preghiera di ringraziamento agli spiriti protettori. La casa era quella giusta e il fumo usciva dal comignolo della fattoria dei Goodman.
Smontò e lasciò Moses a brucare l’erba vicino all’ingresso. Gli occhi azzurri di un bambino comparvero nello spiraglio della porta non appena Richard alzò una mano per bussare, immediatamente scacciati da un’ombra massiccia. Nathaniel Goodman si affacciò sulla soglia e fissò per un lungo istante l’uomo davanti a lui.
“Buon Dio!” Goodman si sporse e prese Richard per un braccio. “Siete pazzo a farvi vedere qui, van der Braam?”
Uno scalpiccio punse il fine udito di Richard non appena venne trascinato dentro casa. Due paia di occhi della stessa, identica tonalità di azzurro fecero capolino oltre la balaustra delle scale del piano superiore. I figli superstiti di Goodman lo spiavano curiosi, nascosti nell’ombra del corridoio.
“Buona sera, Nathaniel. Mi spiace disturbare così all’improvviso, ma sto cercando Bartholomew,” rispose Richard, levandosi il cappello e mostrando a Goodman il messaggio stropicciato. “Speravo che voi poteste aiutarmi.”
Una donna, alta e severa, dai capelli scuri raccolti in una stretta crocchia sulla nuca, comparve sulla soglia della cucina. A differenza di suo marito, Mary Goodman non sembrava invecchiata di un giorno, eppure le sue mani erano scosse da un tremito che Richard non aveva mai notato in passato. Proprio come il vecchio sdentato, gli scoccò una lunga occhiata, lasciando scorrere i gelidi occhi grigi sulla piuma intrecciata ai capelli di Richard e sulla collana d’osso che gli pendeva sul petto. Poi abbassò lo sguardo, si avvicinò al marito e sbirciò il messaggio che Nathaniel teneva fra le tozze dita.
“Voi…” esalò. “Potete aiutarci?”
Richard la guardò. Lesse nei suoi occhi la disperazione di una madre disposta a tutto pur di riabbracciare le proprie figlie. Forse anche a trattare con un selvaggio come lui.
“È quello che ho intenzione di fare, ma…,” rispose Richard, rigirandosi il cappello tra le mani. “Ma spero di non essere arrivato tardi…”
Mary Goodman trattenne il respiro. Si segnò e si aggrappò al braccio del marito.
“Va tutto bene,” le disse Goodman prendendole la mano con la propria, larga e callosa. “Venite, sediamoci.”
Si accomodarono in cucina e Mary servì da bere per tutti. Goodman fu costretto a prenderle la brocca d’acqua dalle mani per evitare che la moglie la rovesciasse sul tavolo.
“Non sappiamo cosa sia accaduto a Bartholomew, siamo molto preoccupati,” riprese Goodman prendendo posto a capotavola sul grande scranno di legno intagliato. “Tre giorni fa la sua casa è stata data alle fiamme, ma nessuno ha visto o udito alcunché. Nessuno ha più sue notizie da allora. Siamo andati a cercarlo nei boschi, persino dove… dove sono state avvistate le nostre figlie, ma non abbiamo scoperto nulla. Potrebbe essere opera di un qualche gruppo di selvaggi…?”
La sua voce si spense nel silenzio ovattato della cucina. Fuori, la luna splendeva sui campi immoti.
“Dubito sia stata un’incursione indiana.” mormorò Richard. “Ma cosa è successo esattamente qui, a Salem? Quali sono gli avvenimenti di cui parlava Bartholomew?”
Marito e moglie si scambiarono uno sguardo angosciato.
“È come se…” balbettò Goodman. “Come se il Demonio non avesse mai abbandonato Salem, nonostante l’impiccagione delle streghe. Le nostre figlie e le figlie di Prower e Fisher erano amiche di alcune delle ragazze processate e…”
“Volevano vendicarsi,” intervenne Mary esitante. “Abbiamo cercato di dissuaderle in ogni modo, ma sembravano impazzite. Erano furiose, ingestibili. Continuavano a ripetere che i processi erano stati ingiusti e che i giudici avrebbero pagato per le loro nefandezze.”
Richard annuì. La voci in merito al furioso accanimento del pastore Cotton Mather e del magistrato William Stoughton durante i processi alle streghe erano giunte fino alle sue orecchie.
“Bartholomew voleva indagare senza dire nulla, per aiutarci ma senza scatenare nuovamente il panico in città,” riprese Goodman passandosi una mano sulla fronte. “Poco prima della sua scomparsa, venne da noi, dicendo di essere in attesa del vostro arrivo, van der Braam. Ci disse anche che nel frattempo sarebbe tornato nella radura per indagare lui stesso, ma…”
La voce dell’uomo si spezzò definitivamente. La sala era immersa nell’oscurità, solo le lingue guizzanti delle candele permettevano a Richard di distinguere i volti tesi dell’uomo e della donna davanti a lui.
“Ditemi,” disse, posando le braccia sul piano di legno scheggiato. “Dove si trova questa radura?”
La notte gli parlava. Mormorii nel vento, fruscii nell’erba, il richiamo di un rapace notturno. E la terra, sotto i suoi piedi. L’energia gli fluiva tutto intorno. Quella che gli altri avrebbero considerato stregoneria della peggior specie, per Richard era una compagnia costante. Sin da bambino voci senza volto gli parlavano, gli rivelavano oscuri segreti, segreti che Richard non voleva sentire. Domandavano il suo aiuto, pretendevano di essere ascoltate. Non gli davano tregua e, quando si sentivano rifiutate, tentavano di attaccarlo. Rebecca, la sua sorellina, aveva rischiato di morire schiacciata sotto una panca quando aveva solo due anni per colpa di uno spirito particolarmente irrequieto.
Sospinto dalla marea dei ricordi, rammentò il momento in cui, a soli sedici anni, aveva deciso che la sua famiglia non avrebbe dovuto sopportare oltre il pericolo della sua presenza. Era partito alla volta dell’ovest, deciso a mettere fine alla propria sciagurata esistenza, ma Dio aveva piani ben diversi per lui. Mesi dopo aver lasciato la propria casa, stanco e provato dalla fame e dal freddo, Richard aveva sperato che le braccia dell’eterno sonno lo cingessero, ma non era stata la Morte a trovarlo bensì un gruppo di Indiani. Richard si era svegliato sotto l’aria fumosa e inebriante della tenda dello sciamano del villaggio, tra mani e volti dipinti. Il viso del vecchio lo scrutava con occhi ardenti, sotto strati di tintura rituale. L’aveva chiamato Achack, spirito. L’uomo bianco che possedeva il dono degli Dèi. Lo sciamano era stato avvertito dagli Dèi della sua richiesta d’aiuto e l’aveva fatto condurre al villaggio: poteva aiutarlo, insegnargli a dominare il proprio dono e a non essere condannato a vivere per sempre come un fuggitivo, a patto che Richard giurasse fedeltà alla tribù e agli Dèi con un giuramento di sangue.
Richard sorrise mentre avanzava lungo il sentiero tra gli alberi in direzione della radura, dondolando al ritmo di Moses.
Com’erano spesso ingannevoli le parole… Nessuno del cosiddetto “mondo civilizzato” sarebbe stato in grado di aiutarlo, anzi. La brava gente pia e morigerata delle colonie lo avrebbe appeso alla forca senza tanti complimenti se solo avesse saputo dei rituali, degli incantesimi e delle pozioni che Keme – il vecchio sciamano, il selvaggio – gli aveva insegnato. Il fanatismo aveva offuscato la Vista dei coloni dalla pelle bianca, rendendoli ciechi, ottusi e irrispettosi. Proprio come Richard all’inizio, non sapevano vedere al di là della realtà delle cose. Non capivano che il grande Equilibrio doveva essere difeso e mantenuto a tutti i costi, o l’umanità sarebbe perita tra le spire del Caos. Non capivano che trincerarsi dietro rigidi precetti morali e religiosi non portava a nulla. Tutto era Uno, persino quando impossibile: luce e buio, amore e odio, vita e morte. Erano tutte sfaccettature della stessa medaglia. Compresi gli spiriti che ossessionavano Richard. Solo dopo essere stato iniziato ai Misteri, aveva capito che si trattava soltanto di anime perdute e che Dio l’aveva chiamato al più difficile dei compiti: ricondurle al di là del velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti.
Quanti anni erano passati da quel giorno in cui aveva accettato sulla sua pelle i simboli rituali? Da quanti anni sopportava sulle proprie spalle il peso del titolo di “guerriero sciamano”? Aveva perso il conto, ma non aveva importanza: finalmente aveva trovato il proprio posto nel mondo. Quella – seppur dura e talvolta ingrata – sarebbe stata la sua vita fino a quando Dio o gli Dèi o il grande Equilibrio non avessero deciso diversamente.
Un nitrito nervoso di Moses interruppe il flusso dei suoi pensieri. Il sentiero fra gli alberi era deserto eppure qualcosa di gelido strisciava nel buio. Un brivido gli gelò la schiena.
Un’esca?
Tirò le redini e fece fermare Moses. Si guardò intorno, in cerca di qualche suono o movimento inconsulto, ma fu solo il silenzio a rispondergli.
Meglio fare attenzione.
Smontò e cavò i pugnali da sotto la sella, svolgendoli dalla coperta in cui li aveva nascosti. Diede una pacca al collo muscoloso di Moses e continuò a piedi. Le ombre del bosco si allungavano sul sentiero, fagocitando la sottile luce della luna. Il silenzio gli premeva sui timpani, facendogli fischiare le orecchie. Si mosse cauto, finché un improvviso odore di morte gli punse le narici. Secondo le indicazioni di Goodman, la radura non doveva essere lontana e Richard sperò non provenisse da lì. Avanzò coi nervi a fior di pelle, le lame pronte a colpire. La sensazione di freddo non accennava a diminuire, eppure non riusciva a scorgere nessuno intorno a sé.
Il sentiero si interruppe senza preavviso: uno dei tronchi secolari si era spezzato ed era crollato, chiudendo il passaggio. Era così massiccio da aver creato una voragine tra i compagni e così alto che era impossibile distinguerne la chioma nell’oscurità. Richard controllò con una rapida occhiata che la via fosse libera al di là dell’ostacolo e saltò, ma il cuore mancò un battito non appena atterrò dall’altra parte. Il respiro gli si mozzò in gola e le gambe gli cedettero senza preavviso, costringendolo ad aggrapparsi ad uno dei branconi di legno del tronco spezzato.
In alto, tra le chiome nere degli alberi, il corpo senza vita di Bartholomew dondolava davanti ai suoi occhi, appeso per il collo ad un ramo. Gli animali avevano già iniziato a banchettare con i suoi resti, sfigurandolo. Doveva essere lì da giorni ormai.
“No!”
Con la testa che gli girava, Richard si arrampicò e tagliò la corda. Il cadavere del suo amico si schiantò a terra con un tonfo ributtante. In lacrime, scese e gli si avvicinò. Gli staccò la corda dal collo e tentò di ricomporlo come meglio poteva. Lunghi tagli gli aprivano gli avambracci e parte del colletto della sua camicia era stata strappata. Richard sedette sui talloni e riprese fiato.
“Perdonami,” mormorò, sfiorandogli il viso martoriato. “Sono arrivato di nuovo troppo tardi, ma ti giuro che porterò a termine le ricerche che hai iniziato. Che il tuo spirito possa trovare la pace.”
Un dolore sordo gli attanagliava il petto mentre spostava il corpo dell’amico e lo nascondeva sotto un cespuglio. Le lacrime gli offuscavano la vista mentre gli incrociava le mani sul petto. Non aveva tempo di seppellirlo, ma poteva dedicare qualche momento al canto d’addio che avrebbe guidato la sua anima verso la luce. Intonò una nenia lenta e cadenzata, fatta di dolore ma anche di amore e di speranza. Quando le ultime note si spensero nell’oscurità della foresta, Richard si rialzò. Seppure con il cuore gonfio, la sua mente era lucida. Aveva riconosciuto immediatamente quei tagli: erano segni di un rituale demoniaco, di un rito di sangue.
Tornò sui suoi passi, da Moses che era rimasto ad attenderlo, silenzioso e fedele compagno di tante battaglie. Gli carezzò il muso, poi cavò il fucile da sotto la sella. Controllò che fosse carico e se lo appese alla schiena. Non prese altro. Niente arco né dardi avvelenati. Non voleva uccidere se non fosse stato strettamente necessario.
“Aspettami qui.”
Moses abbassò la testa, quasi in un gesto di assenso.
La radura si aprì davanti a Richard, che si appiattì tra l’erba.
Risate. Voci femminili. Un cerchio di fiaccole lungo il perimetro dello spiazzo. Le ragazze, vestite di bianco, cantavano e danzavano attorno ad osceno pupazzo di fieno e foglie. Un feticcio dalle corna ricurve, dall’aspetto fin troppo familiare.
Richard si avvicinò. Si mosse nell’erba come un felino, acquattandosi dietro agli alberi, sfruttando ogni riparo offerto dal sottobosco. Si mosse fino a raggiungere i margini della radura e si sporse oltre la cima di un cespuglio. Le ragazze si erano fermate. Ora si tenevano per mano e recitavano a turno una nenia incomprensibile, gli occhi chiusi e rivolti al cielo.
Richard aguzzò le orecchie. Non riuscì a distinguere le loro parole, ma riconobbe chiaramente il pezzo di stoffa bianca del colletto di Bartholomew che era stato legato ad un corno del feticcio.
Dannazione.
Richard ebbe solo una frazione di secondo per decidere il da farsi. Doveva fermarle subito, non poteva permettere loro di portare a termine il rituale.
“Fermatevi! Non sapete cosa state facendo!”
Le ragazze sobbalzarono al suo grido e si voltarono verso di lui. Una di loro abbandonò immediatamente il cerchio e gli andò incontro, l’espressione spavalda. Non poteva avere più di diciassette anni, anche se il suo corpo ne dimostrava molti di più. Lunghi capelli castani le scendevano sui fianchi sinuosi. I suoi occhi si allargarono per metterlo a fuoco nel buio.
“Chi siete? Cosa fate qui?”
La sua voce era bassa e graffiante.
“Elizabeth, mandalo via…”
Le altre ragazze si strinsero le une alle altre in un mormorio intimorito.
“Sto cercando Mary e Prudence Goodman, Elizabeth Prower e Constance Fisher,” scandì lentamente Richard.
“Non muovete un altro passo.” La ragazza gli puntò un dito contro. “State sprecando il vostro tempo, fareste meglio ad andarvene.”
“Ho promesso alle vostre famiglie di riportarvi a casa.”
Le labbra di Elizabeth si torsero in un sorriso amaro.
“Le nostre famiglie ci hanno rinnegate. Volevano rinchiuderci e costringerci al silenzio pur di mantenere il buon nome dei nostri padri… Sciocchi! Le vittime innocenti di Salem gridano ancora dalla forca!”
“E avete deciso che la soluzione migliore era impiccare altri innocenti?”
Elizabeth ghignò.
“Il vecchio ci aveva scoperte, abbiamo dovuto metterlo a tacere. Non sapeva nulla di noi, delle nostre sorelle. Non potevamo lasciare che rovinasse il nostro piano, non ora che siamo così vicine al momento…e il suo arrivo è stato davvero provvidenziale.”
Sotto lo sguardo incredulo di Richard, Elizabeth indicò una tinozza piena di liquido scuro accanto al feticcio. Era sangue. Il sangue di Bartholomew.
“Come anche il vostro del resto. Più sangue sarà versato, più il nostro signore sarà potente! La sua mano calerà sugli aguzzini di Salem e vendicherà tutti coloro che sono stati ingiustamente impiccati. Mather e Stoughton saranno i primi a cadere e con loro l’intera città brucerà fino all’ultima pietra!”
Un rombo e la terra cominciò a tremare sotto i piedi di Richard. Il tempo a sua disposizione era terminato.
“Il demone che avete evocato è solo portatore di menzogne!” gridò, avvicinandosi alle ragazze. “Vi ucciderà!”
“No!” strillò Elizabeth di rimando. “Abbiamo firmato un patto con il nostro sangue, lui ci obbedirà…”
“Vi ha ingannate!” ritentò Richard. “Non avrà pietà di voi e sarà libero di camminare su questa terra!”
Elizabeth alzò le mani e rovesciò la testa all’indietro. I rami nodosi si allungarono e si tesero verso Richard. Tentarono di imprigionarlo, ma le sue lame furono più rapide. Tranciò di netto gli artigli frondosi ed Elizabeth ruggì.
“Non ci avrete!”
Le radici degli alberi fuoriuscirono dal terreno. Si sollevarono e puntarono dritto verso di lui, ma Richard si abbassò, rotolò di lato e, prima che potesse avere piena coscienza della proprie azioni, si ritrovò il fucile tra le mani. Sfiorò il grilletto e un’esplosione riecheggiò nella radura. A pochi metri da lui, Elizabeth aprì la bocca in una muta espressione di sorpresa. Un fiore cremisi si allargò sulla sua veste candida e la ragazza crollò a terra.
“Elizabeth! L’ha uccisa!”
“Muoviamoci!”
Prima che Richard potesse fermarle, le ragazze corsero alla tinozza e la rovesciarono sul feticcio. Un odore acre e ferroso invase la radura, causando a Richard conati involontari. Una seconda nenia, stavolta dal ritmo più rapido e carico di urgenza, si levò di nuovo dalle gole delle ragazze. Elizabeth giaceva ai loro piedi, gli occhi spalancati nella fissità della morte.
Richard imprecò.
Non avrebbe dovuto ucciderla, ma non aveva avuto scelta… E ora doveva salvare le altre ragazze. Erano solo bambine, manipolate dalle menzogne di un demone che non avrebbe avuto pietà per nessuno. Una volta libero dai vincoli dell’oscurità avrebbe portato il Caos nel mondo.
Si alzò, ma un boato e un’ondata rovente lo scaraventarono a terra. Il feticcio era esploso senza preavviso, tra le grida delle ragazze. Alcune di loro sanguinavano, ferite dai proiettili di legno del telaio del mostro. Senza badare al dolore, Richard si gettò tra le giovani urlanti. Approfittò della confusione per immobilizzarne due a terra, mentre l’esorcismo che aveva appreso tra i nativi fluiva dalle sue labbra come dotato di volontà propria. Le ragazze tentavano di morderlo e si agitavano sotto di lui, ma sarebbe bastato qualche secondo ancora…
Richard venne ribaltato da una seconda ondata di calore. Una colonna di fumo si levò dal terreno, lì dove fino a un momento prima c’era stato il feticcio. Una pozza scura, densa e vischiosa si condensò alla base della colonna e iniziò a strisciare verso il corpo senza vita di Elizabeth. Prima che Richard potesse intervenire, si insinuò sotto al cadavere e scomparve.
“Dannazione!”
Con un gesto automatico, Richard si portò una mano alla schiena, solo per scoprire che il fucile non c’era più. Si guardò intorno, col respiro affannoso.
Dove accidenti era finito?
Ma non ci fu tempo per cercarlo. Elizabeth si stava rialzando. Si muoveva come una marionetta, incerta sulle gambe. I suoi occhi erano spalancati e completamente bianchi.
“Finalmente…”
La voce della ragazza si era fatta stridula. Si toccò le braccia, il viso. Si lisciò i capelli. Si guardò intorno, scuotendo piano la testa. Seppure terrorizzate, le altre ragazze erano ammutolite e ora strisciavano vero la compagna con respiri affannosi.
“Elizabeth…”
Una di loro, dai capelli biondi e dal viso coperto di efelidi, le toccò i piedi nudi in un gesto adorante. Elizabeth guardò in basso, verso di lei, e le posò una mano sulla testa.
“Che cosa desiderate?”
Una parola fece tremare l’intera radura.
“Vendetta.”
“Che cosa siete disposte a offrire in cambio?”
“Le nostre anime.”
La creatura all’interno del corpo di Elizabeth annuì. Il patto era stato stipulato. Richard imprecò. Lasciò perdere il fucile ed estrasse i pugnali dal fodero della cinta. Le lame gemelle brillarono della stessa tonalità di nero alla luce della luna sopra le loro teste. Erano state create dagli antenati della tribù di Keme con un metallo estratto da una pietra caduta dal cielo e venivano assegnate solamente al guerriero sciamano che si fosse dimostrato meritevole. Ma prima che Richard potesse anche caricare il colpo, la creatura parve leggergli nel pensiero e lo colpì allo stomaco senza neppure avvicinarsi a lui, facendolo rimbalzare di nuovo a terra.
“Sciocco umano. Cosa credi di fare?”
“Non è questo il tuo posto,” rantolò Richard, la bocca piena di polvere.
“Certo che lo è,” ridacchiò il demone. “Non ho scelto io di venire qui. Sono stato invitato.”
I tratti di Elizabeth cominciarono a mutare. Sotto lo sguardo inerme di Richard, l’essere manifestò il suo vero aspetto. Gli arti si allungarono e si incurvarono, la testa crebbe e si fece ferina, come quella di un lupo o di uno sciacallo. Lunghe corna arcuate partirono dal cranio e si inanellarono fino a raggiungere la lunghezza di una spanna. Le altre ragazze si allontanarono inorridite e si prostrarono a terra singhiozzando.
“Cosa vi aspettavate, sciocche umane?” le schernì la bestia, muovendo qualche passo traballante.
Richard prese fiato e si rialzò. Gli girava la testa, aveva il respiro corto. Aveva dolori lancinanti ovunque, ma rinserrò ugualmente la presa sulle lame. Non avrebbe avuto altre occasioni.
Tornò alla carica, puntando dritto verso il mostro. Il demone si accorse si lui, si voltò ondeggiando sulle zampe posteriori, lunghe e sottili, e si preparò ad attaccarlo. Ma era stato troppo lento e Richard se ne era accorto. I suoi passi erano ancora troppo incerti. A denti stretti, il sudore che gli bruciava le labbra spaccate, Richard spiccò la corsa, caricando il mostro da davanti e scartando a sinistra all’ultimissimo istante. Si lasciò scivolare tra la polvere e, non appena si trovò all’altezza del demone, colpì senza pietà. Il demone reagì troppo tardi: i pugnali di Richard erano già affondati nel suo fianco peloso.
Un grido disumano riecheggiò per tutta la foresta: stormi di rapaci si diedero alla fuga e persino la luna parve celare il proprio volto in cielo. Richard non si lasciò intimorire. Fece penetrare le lame fino alla guardia e le girò di scatto nelle carni del mostro. Sangue nero, denso e vischioso, gli colò sulle mani, ma Richard non mollò la presa. Aprì la bocca per riprendere a recitare l’esorcismo, ma il demone lo colpì al volto e lo scagliò lontano.
Ululava, il bastardo, ma non riusciva a togliersi le lame dal fianco. Per l’ennesima volta, Richard si ritrovò a sanguinare nella polvere, ma questa volta c’era un sorriso dipinto sulle sue labbra: la pietra del cielo era tossica per gli emissari del Male.
Il mostro si voltò verso di lui, furioso, pronto a partire all’attacco. Richard si rialzò prima carponi, poi sulle ginocchia. Un fischio gli perforava le orecchie, disorientandolo, eppure sapeva cosa doveva fare. Tese le dita e tracciò simboli rituali nella polvere, accompagnando i gesti con la voce. Il dolore al torace lo opprimeva, ma Richard non si sarebbe interrotto finché non avesse esalato l’ultimo respiro. Man mano che le parole dell’esorcismo fluivano rapide dalle sue labbra, il mostro si agitava sempre di più. Più e più volte Richard sentì le palpebre abbassarsi, ma non doveva cedere… non doveva cedere… non doveva…
Non si rese nemmeno conto di aver perso i sensi. Si ritrovò a galleggiare nel silenzio, nel buio.
Dove sono?
Richard, amico mio.
Bartholomew si materializzò dinanzi a Richard, circondato da un’aura luminosa. Si abbracciarono. Piansero.
Perdonami, sono arrivato troppo tardi.
Non è stata colpa tua, ma del Male che cova sotto le fondamenta di Salem. La città è stata costruita sulla terra degli Indiani e i loro spiriti sono furiosi. Ma non ti lasceremo solo in questa battaglia. Non temere. Un giorno ci rivedremo, ma non è tempo ancora.
Richard tese le braccia nel buio, ma Bartholomew se ne era già andato. Punti di luce dissiparono a poco a poco l’oscurità e Richard si ritrovò di nuovo nella radura, la nuda terra sotto la schiena dolorante.
E il mostro, sopra di sé.
La bestia tese le zampe, i lunghi artigli pronti a squarciarlo. Ma quando fece per calare su Richard, un turbine di vento si levò dalla foresta. Il mostro si ritrovò immobilizzato in una colonna d’aria simile a quello che l’aveva generato. Gridò, si batté, cercò di artigliare il vuoto, invano. Rialzandosi carponi, Richard percepì la presenza degli spiriti antichi intervenuti in suo aiuto. Finalmente libero di agire, riprese a recitare l’esorcismo. A testa bassa, le dita affondate nella polvere, canalizzò l’energia della terra per riversarla contro il mostro. Serrò la mascella, il sudore che gocciolava a terra. Lo sforzo era immane, ma non doveva cedere. Nonostante l’aiuto ultraterreno, Richard sapeva che i suoi alleati e la prigione invisibile non avrebbero resistito a lungo.
Accelerò il ritmo dell’incantesimo. L’esorcismo era sempre più faticoso da recitare, ogni sillaba dava fondo alle ultime scorte di energia di Richard. Ma quando l’ultima, sacra parola venne pronunciata, seppe di avercela fatta. Un soffio rovente spazzò la radura e abbatté il demone, tranciandolo di netto all’altezza del torso. La bestia esplose in un mare di sangue nero e pestilenziale e, con un ultimo, disumano grido, scomparve. Al suo posto, solo il cadavere di una ragazza.
Vento e calore calarono così come si erano alzati e la terra chiuse ogni canale di comunicazione. Richard crollò faccia al suolo, senza percepire più la presenza degli spiriti attorno a sé. Il petto gli bruciava ad ogni respiro, ma non importava: le ragazze si stavano rialzando. Seppur confuse, erano salve.
Richard si girò sulla schiena, gemendo di dolore, ma finalmente sollevato. Il suo unico rammarico era per Elizabeth. Non sarebbe stato facile spiegare ai Goodman che il Male l’aveva avvinta nelle sue spire e lei aveva deciso di perdersi in esso senza alcuna possibilità di redenzione.
Boccheggiò. Aprì e chiuse gli occhi, cercando di far sparire le lucciole che gli punteggiavano la vista. Piccole sfere luminose gli danzavano intorno, creavano strane figure indistinte, si avvicinavano e si allontanavano… fino a quando una luce più intensa scese dal cielo e scivolò tra i rami. Si modellò, acquistò forma umana e l’ombra di Bartholomew gli sorrise dall’alto.
“Amico mio…”
Richard cercò di sollevare una mano, ma i muscoli non gli obbedirono, così si limitò a sorridergli di rimando.
Grazie.
Un’unica parola, un ultimo gesto di saluto, poi la figura di Bartholomew si dissolse fino a spegnersi, mentre le ultime ombre della notte si ritiravano e lasciavano spazio ad un nuovo giorno.
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