La mitologia norrena, anglosassone, germanica, mediterranea, e il mondo pagano in genere riecheggia nella sottocultura cosiddetta del “fantastico”, sia dal punto di vista estetico, sia dal punto di vista sostanziale stretto.
Il paganesimo è caratterizzato da un forte senso e una tendenza alla mitizzazione degli elementi naturali, per quanto riguarda la zona germanico – nordica, e insieme ad essi, nell’area mediterranea, specie nella cultura greca antica, la divinizzazione delle sensazioni, dei sentimenti umani e delle facoltà antropologiche.
Ares è l’aggressività, Afrodite l’amore, Atena la “ratio”, l’intelligenza, Dioniso l’irrazionalità, e così via.
I greci avevano capito l’importanza della natura umana in senso stretto, e ne facevano divinità.
Gli dei antichi, dunque, erano tutt’altro che “falsi e bugiardi” come vengono definiti da Dante nella Commedia, ma rispecchiavano la condizione umana, e l’animo del popolo al quale appartenevano.
Sebbene le radici siano comuni, indoeuropee, per tutte le divinità e i culti ad esse legate del mondo antico, ogni religione pagana offre uno specchio e una raffigurazione della cultura e del “volk” ad essa collegata.
Gli dei greci e romani rispecchiano la grecità stessa, mentre nell’area del nord Europa, le divinità si fanno fredde esse stesse, e austere, il bestiario mitico cambia, mutando l’ambientazione di cui è imbevuto.
Le atmosfere si differenziano, i colori mediterranei e i sapori germanici e norreni, sebbene si rifacciano alla medesima radice, cambiano e si trasfigurano.
Nel cuore del paganesimo vi è anzitutto il politeismo e la tendenza a divinizzare, rendere sacro, il mondo attorno allo sguardo dell’antico.
L’uomo guarda il cielo, e la terra, e cerca di capire se stesso tramite l’estraniazione da sé dei propri sentimenti, che poco hanno a che fare con gli istinti, riguardano piuttosto la sfera emozionale umana, l’innegabile e importante forza spirituale tipica dell’esercizio della ragione, commisurato all’intellegibile.
A questo punto è lecito domandarsi cosa sia il sacro.
Il sacro deriva da un ribaltamento dei codici razionali del linguaggio e del senso attribuito al reale.
Tutti noi sappiamo che la Luna è semplicemente un astro, eppure, Giacomo Leopardi, in un suo componimento, la trasmuta in un ipotetico interlocutore.
“Che fai, tu, Luna, nel cielo…”
Questa trasfigurazione dal non vivente al vivente, tipica della poesia tutta, in particolar modo quella di età Romantica, rientra nella sfera del sacro. Nel senso in cui si mitizza la Luna stessa, personificandola secondo l’idea che si stia parlando con un vero e proprio essere senziente.
Il sacro è la dimensione secondo la quale i codici razionali del linguaggio e dell’attribuzione psichica di senso alla realtà circostante vengono meno, ritornando a un primigenio uno che si esplica dal particolare all’universale. Nonostante tutti noi sappiamo che la Luna sia il satellite del pianeta Terra, tramite la sensibilità tipica dell’essere umano comprendiamo benissimo il punto di vista di Leopardi.
Allo stesso modo, la religione pagana personifica la sfera dell’irrazionale, delle forze della natura, trasmutandola in qualcosa di più vicino all’essere umano, razionalizzandola tramite un atto in verità molto irrazionale.
La poesia, e l’arte letteraria in genere, fonda la sua peculiarità su questo gesto irrazionale secondo il quale si personificano elementi che normalmente non hanno persona. La notte, il cielo, il Sole, l’amore, la guerra, e così discorrendo.
La cultura “fantasy” pone le sue origini agli inizi del Novecento, tramite le opere di autori come J. R. R. Tolkien e Robert E. Howard, insieme a moltissimi altri, che si rifanno alla letteratura antecedente, del secolo prima, come per esempio Shelley e Lord Dunsany, ma anche Samuel Taylor Coleridge, a modo suo, pone le fondamenta per un tipo di letteratura che mescola elementi pagani con elementi fantastici, sancendo la fine del Positivismo, avvalorando nuovamente il senso di meraviglia e di sehnsucht, malinconia ed entusiasmo insieme di fronte all’aspetto selvaggio della natura e dell’uomo stesso.
La natura non è più qualcosa da sottomettere e manipolare, bensì è radice salda e sicura dell’animo umano.
La maggior parte della mitologia germanico – norrena, trasmessa oralmente, è andata persa. Religiosi cristiani hanno recuperato e conservato frammenti più o meno corposi della mitologia norrena, la variante più tarda (altomedievale) della mitologia germanica. I due nomi principali sono quelli di Snorri Sturluson e Saxo Grammaticus. Questi autori adottano un’interpretazione evemeristica, per cui gli dei norreni sono eroi o sovrani umani divinizzati.
L’Edda in prosa fu scritta probabilmente tra il 1222 e il 1225 da Snorri Sturluson (è detta per questo anche Edda di Snorri). La costruzione delle complesse metafore poetiche (note come Kenningar) alla base della poesia norrena, tuttavia, richiede un’ampia conoscenza del retroterra mitologico, che qui Snorri espone estesamente.
L’Edda poetica (detta anche Edda di Sæmundr, in quanto erroneamente attribuita all’erudito Sæmundr il Saggio) fu scritta sempre nel XIII secolo. Tuttavia, i ventinove lunghi poemi che contiene risalgono a epoche di gran lunga anteriori, anche sino al IV o V secolo d. C. Di questi, undici trattano delle divinità, altri di eroi leggendari, come il celebre Sigurðr, il Sigfrido della Canzone dei Nibelunghi.
Oltre a queste fonti sono sopravvissute diverse leggende nel folklore orale scandinavo e tedesco, e centinaia di luoghi in tutto il nord Europa prendono il nome dalle divinità norrene. Esistono anche numerose pietre runiche, specialmente in Scandinavia e in Inghilterra, che ritraggono scene della mitologia norrena, come la pesca di Thor, Odino che cavalca Sleipnir, Odino divorato dal lupo Fenrir, Hyrokkin che cavalca verso il funerale di Baldr. In Danimarca è stata ritrovata una pietra che ritrae Loki con baffi arricciati e le labbra cucite. Sono stati anche recuperati idoli che ritraggono Odino (con un occhio solo), Thor (con il suo martello) e Freyr.
Nella cultura “fantasy” questi dei rappresentano dei veri e propri archetipi, attraverso i quali si dispiegano tutti i racconti e i romanzi del genere, ma anche in ambito videoludico questa trasposizione è presente.
Esteticamente quindi il genere “fantasy” si rifà alla mitologia norrena in un modo molto forte, e nella sostanza, soprattutto tramite lo “sword & sorcery” mediterraneo e italico, e il sottogenere “sword & sandal”, anche ai miti e ai sapori e colori e atmosfere della cultura propriamente greca e romana antica.
Il Guerriero, il Bardo, lo Stregone, il Ladro, sono tutte figure archetipiche a cui il genere “fantasy” si rifà molto spesso.
Nei racconti dedicati alla figura di Conan il Cimmero di Robert E. Howard vediamo addirittura il protagonista adattarsi a un archetipo piuttosto che a un altro. Conan è sia re, sia barbaro guerriero, sia ladro furtivo.
La mitologia non tratta solo di dei e creature soprannaturali, ma anche di eroi e re. Molti di essi sono probabilmente esistiti e generazioni di studiosi hanno tentato di dividere la storia dai miti delle saghe. Gli eroi più famosi sono senza dubbio Sigfrido e Svipdagr, ma anche le Skjaldmaer, erano protagoniste di molte vicende eroiche.
In questo senso la letteratura “fantasy” eredita il lascito della mitologia pagana in tutto il suo senso ed essenza.
Nel fantastico l’eroe è quasi sempre un mortale, con caratteristiche divine, ma pur sempre mortale, che si scontra con le forze della natura e soprattutto con la parte irrazionale e oscura della natura.
La letteratura e la cultura “fantasy” sono la metafora della ricerca tipica della condizione esistenziale umana, a metà tra il mortale e il divino, in una perenne condizione di finitudine e infinità nel medesimo istante e nel medesimo senso.
Gettare l’Anello nel Monte Fato, sconfiggere Xaltotun, stregone del regno demoniaco e oscuro di Acheron, sfuggire agli incantamenti di Thoth – Amon, rappresentano lo stesso concetto : superare la propria mortalità, lanciando uno sguardo verso l’infinito oltre, che la letteratura fantastica tramite le sue atmosfere e i suoi sapori riesce a far trapelare, a dischiudere, intuendo un frammento d’infinito, e trasponendolo nella quotidianità del lettore, che, anche solo per un istante soltanto, trascende la mortalità e la caducità dell’esistenza umana, gettandosi nell’essenza più viva ed eterna del reale, tramite l’irreale, o meglio, il fantastico.
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