Il Terrore Cosmico da Poe a Lovecraft

                                

                   Il Terrore Cosmico da Poe a Lovecraft

La paura dell’ignoto dall’abisso dell’anima al caos cosmico

                                                     a cura di Sandro D. Fossemò

                         

                                                                                                                                                                    

                                                                                                La vita e i sogni sono fogli di uno

stesso libro.

Leggerli in ordine è vivere,

sfogliarli a caso è sognare.”

Arthur Schopenhauer

 

   

  Quando il maestro della ghost story M.R. James legge il  saggio “L’orrore soprannaturale in letteratura”(Supernatural Horror in Literature) di Lovecraft  non coglie il significato profondo del termine “cosmico” e finisce ingenuamente nel ridicolizzarlo a un amico.1 James commette un errore clamoroso perché non si rende conto che quell’aggettivo è la chiave per accedere proprio al cuore  della letteratura fantastica in cui l’uomo deve spesso fronteggiare, solo con le proprie forze, un mondo terribilmente caotico e quindi  difficilmente comprensibile dalla razionalità umana. Come scrive giustamente Roger Caillois, nel suo saggio “Dalla fiaba alla fantascienza”, il fantastico <<rivela uno scandalo, una lacerazione, un’invasione insolita, quasi insopportabile nel mondo reale.[..] Con il fantastico affiora uno smarrimento nuovo, un panico sconosciuto. >>2 In una tale situazione, vale a dire drammatica e  psicologicamente decentrata, la realtà è incognita e diventa  indomabile a causa di  forze, non sempre   soprannaturali, che la governano a discapito del sistema cosmico o terreno che noi crediamo strutturato e razionale, appunto.  Pertanto, a causa di un ambiente alieno e avverso, viene a determinarsi una lacerazione psichica che per Edgar Allan Poe emerge dall’anima malata e per Lovecraft dall’universo impazzito ma, per entrambi, questo squarcio interiore è una porta verso l’orrore diretta a chiudersi con la morte o il delirio psicologico.3  In un contesto tale è facile  intuire la natura profonda del terrore che risiede in seno al fantastico: come diretta manifestazione di una Natura cieca e spietata che prende il nome di “terrore cosmico” per descrivere la terribile  paura provocata dall’ignoto in cui la condizione umana viene letteralmente subordinata da  dagli eventi indecifrabili.  Il legame tra la paura e l’incomprensibile avviene quando  i protagonisti  non  sono gli esseri umani ma quegli avvenimenti soprannaturali che divorano l’elemento antropocentrico a favore  di colossali  e anonime agitazioni occulte provenienti dall’altrove. Lo stesso Lovecraft  valuta l’importanza di dare spazio a quello che  noi abbiamo gettato dietro  alle spalle se vogliamo esprimere  la natura del fantastico. <<Il punto di vista antropocentrico mi riesce insopportabile , perché non  posso condividere quella primitiva miopia che esalta il mondo trascurando ciò che vi sta dietro. Il mio piacere è la meraviglia, l’inesplorato, l’inaspettato, ciò che è nascosto e quell’alcunché  d’immutabile che si cela dietro l’apparente mutevolezza delle cose.>> 4      Si tratta, quindi, di liberare e di interpretare  un’ espressione interna e inerente  al fantastico che viene prima  amplificata a discapito dell’antropocentrico  e poi manipolata in senso orrifico dietro l’influenza  dell’ignoto, il quale  può avere una direzione metafisica o materialista a secondo della filosofia-cosmica dell’autore.

     Poe e Lovecraft, nella loro comune passione verso la nobile scienza dell’astronomia, hanno entrambi sviluppato una cosmogonia compenetrata alla loro immaginazione fantastica ma influenzata da correnti filosofiche opposte: difatti  il terrore cosmico di Poe è metafisico mentre quello di Lovecraft, al contrario, è prevalentemente  materialista. Bisogna tenere presente, però, che il materialismo scientifico di Lovecraft richiama in mente la figura di un “poeta dell’orrore” perché è  così segreto e impenetrabile nella sua dimensione  surreale  che sfiora e supera  la metafisica quasi in un modo mimetico e assimilato, attraverso un’analisi meccanicista.

     Prima di andare ad analizzare brevemente le differenze, si deve precisare  che grandi scrittori come Poe e Lovecraft non manifestano  mai, nella loro narrativa, un orientamento ben preciso e facilmente identificabile all’interno di un dato “sistema filosofico”,  proprio perché nessun tipo di schematismo riduttivo   rientra nella naturale e variegata   espressione esistenziale della letteratura.

                                                                                       

Idealismo

  

  I noti scrittori americani sono due grandi maestri dell’incubo con formazioni culturali completamente diverse se non addirittura opposte ma, nonostante la loro evidente diversità, entrambi hanno, a volte, in comune, una espressione orrifica simile. La loro affinità consiste anche nel condividere la “vita come sogno” ma attenzione  a non fare confusione: non si tratta della stessa interpretazione onirica del mondo perché il pensiero di Poe, a differenza di quello di Lovecraft, eredita in parte  lo sviluppo filosofico all’interno del panorama culturale dell’idealismo romantico tedesco, risalente al primo ottocento; il quale è orientato a credere nell’esistenza di un rapporto armonioso tra il finito e l’infinito che si traduce in un legame indissolubile tra l’uomo e Dio. L’idealista Schleiermacher (1768-1822) afferma che il “mondo non è senza Dio, Dio non è senza il mondo“. Un  pensiero in totale sintonia con la cosmogonia teocentrica di “Eureka”  quando Poe sostiene che  tutto è stato creato “dalla Volontà di Dio”5 Ovviamente, affermare che tutte le cose sono   volute da Dio non vuole assolutamente dire che “tutto è Dio” ma diversamente potrebbe voler significare  che tutte le “cose sono monitorate da Dio”. Racconti come”Colloquio di Monos e Una”(The Colloquy of Monos and Una) e ”Rivelazione Mesmerica “ (Mesmeric Revelation) testimoniano visibilmente l’ immagine spirituale di Poe.

    Nell’idealismo romantico, la concezione dell’universo è totalmente trascendente perché non   avviene nulla che sfugge all’onniscienza di Dio e niente che possa oltrepassare l’onnipotenza divina. Nel cosmo, il più microscopico organismo è strutturalmente incatenato alle macroscopiche dimensioni della materia con un’infinita rete di legami che non sfuggono, neanche in minima parte, alla volontà di Dio.

     L’orizzonte di un’arte unitaria che superi il dualismo tra il finito e l’infinito è il nuovo mito metafisico dell’estetica romantica tedesca. Il fantastico di Poe assume una struttura metafisica di base perché si lega anche  a tali fondamenti. La metafisica viene a essere quella sfera sconosciuta dove si  espande  spesso l’orrore. La paura prende piede in una dimensione allucinata in cui l’universo materiale e fisico si fonde magicamente con quello immateriale e metafisico del sogno.<<Se la materia altro non è che l’ultimo gradino di uno spirito che discende dall’alto, per assurgere di nuovo ai suoi lidi originali, allora, in una prospettiva come la nostra, possiamo certamente parlare di “orrore metafisico” dovuto alla precisa incidenza del mondo dello spirito sulla materia, dove una sorta di trasfigurazione della realtà, che è il perno indissolubile di ogni concezione metafisica.>>6  Il concetto di una metafisica dello spirito che diviene un tutt’uno con la fisica della Natura permette allo scrittore di suscitare un’ armonia di effetti  fantastici profondamente legati all’orrore metafisico.

      Per comprendere a fondo il mistero   che lega l’arte poesca all’orrore, secondo me, bisogna prendere parzialmente in esame   l’ultimo Schelling7  (1775-1854) che interpreta in  Dio una “volontà irrazionale” dettata da un   principio negativo, cieco e oscuro, in perenne contrasto con uno positivo e razionale.8 

 

Materialismo

 

      Cosa ben diversa è la cosmogonia di Lovecraft  che ,ispirandosi in parte a Schophenauer9 (1788-1860), considera il mondo come un sogno  privo di   una guida divina ma solo in balia di forze cieche e irrazionali pronte a scatenare un universo impazzito e imperturbabile che non è per sua natura contro l’uomo ma ignaro all’uomo. Lovecraft approfondisce la sua filosofia-cosmica perché parte inizialmente da Schophenauer e Nietzsche(1844-1900), per poi  distanziarsene con il tempo  a causa di un concreto  materialismo scientifico10 rivolto a un imperscrutabile  cosmo dal volto misterioso,  inflessibile, onirico, multiforme, variopinto e, allo stesso tempo,  indifferente  quanto caotico; (tanto da ricordare,all’incirca, il materialismo-meccanicista di Epicuro) dove l’universo viene interpretato in base a una combinazione automatica e mischiata degli atomi secondo  un sistema meccanicistico non casuale11  ma deterministico e causale che esclude  totalmente qualsiasi ingerenza divina.<<Non c’è nulla da obbiettare all’affermazione secondo cui le inclinazioni dell’uomo dipendono dalla disposizione materiale di particelle che operano automaticamente, senza l’intervento di una coscienza esterna. Una simile affermazione non implica in alcun modo l’azione del caso (giacché in un cosmo fatto di parti che interagiscono fra loro tutto è legge e niente è caso)[…] Il cosmo è, ed è sempre stato, un illimitato campo di forze costituite da elettroni che si combinano & si disperdono alternativamente. Tutto questo avviene secondo modalità fisse, nessuno delle quali ha bisogno di essere spiegata alla luce di un ipotetico mondo “spirituale” diverso da quello alle cui leggi obbedisce.[…] Tutto ciò che esiste o avviene, esiste o avviene perché l’equilibrio delle forze cosmiche lo rende inevitabile>>.12

      Nonostante Lovecraft  dichiari apertamente una fede totalmente materialista, la sua gnoseologia  riguardo  all’universo non si riduce  in un solo ed effimero contatto materiale dei sensi umani con gli oggetti esterni  ma vi è qualcosa di  molto  più profondo e oscuro nel cosmo che sfugge ai comuni mezzi cognitivi dell’uomo. Si ragioni, come paradigma, sul racconto “La chiave d’argento”(The Silver Key) in cui si descrive la possibilità che ha il predisposto sognatore dissociato, Randolph Carter,  di entrare, in un modo non più limitato come prima, nella sfera dei sogni grazie all’aiuto di una particolare chiave; dove  è finalmente possibile superare il “velo di maya”13  per  accedere, senza fare astrazioni metafisiche, proprio fisicamente alla vera realtà di universo cieco e sconosciuto, fatto  di immensi  labirinti  spazio-temporali, immersi in un  intreccio infinitamente ripetibile. E’ importante chiarire che non si tratta di  un’esperienza  soprannaturale di Carter  ma, al contrario, quel mondo spazio-temporale viene descritto come un fatto scientifico dell’universo:è una risposta materialista-meccanicista alla metafisica del caos. Il mondo dei sogni, per Lovecraft,  non è   l’universo “magico” o “mistico” di qualche infatuato romantico, ma è  proprio una possibile  rivelazione  del cosmo che permette all’uomo d’imbarcarsi  in esperienze oltremondane.  

     

      La mia esperienza non mi consente di dubitare che l’uomo, una volta abbandonata la coscienza terrena, si trasferisca in una dimensione incorporea e profondamente diversa da quella che conosciamo; una dimensione di cui, una volta svegli, rimangono solo vaghissimi ricordi.14

 

Questi esempi fondati nella rivelazione onirica di un universo caratteristicamente insolito, stanno a dimostrare che  l’uomo è sottoposto a una dimensione, spesso  impercettibile, in grado di travolgerlo come  e quando vuole.

                                                                                 

 Il realismo fantastico

   

    Nella difficile esegesi relativa all’immaginario lovecraftiano non v’è l’ esigenza di dover dare spiegazioni scientificamente dimostrate a tutto ciò che accade perché ciò minerebbe la naturale inclinazione immaginosa della letteratura fantastica ma, invece, si cerca di far leva sull’impossibilità   umana, nonostante vi siano i mezzi e le conoscenze scientifiche, di dominare  una Natura  talmente meccanicistica e caotica da diventare  pericolosamente  imprevedibile fino a generare orrore cosmico.<<Per tutta risposta, mi limiterei a dire che nessuno dei miei racconti aspira a precisione scientifica o a dichiarata universalità, essendo ciascuno di essi, più che altro, una mera trascrizione d’un singolo stato d’animo o di un’idea con relative ramificazioni fantastiche>>.15 Anche se Lovecraft tenta sempre, comunque, di rendere credibile il fantastico, ovvero di pervadere l’aspetto scientifico con quello ultraterreno in modo da far diventare  più coinvolgente e suggestivo il racconto. Difatti, la paura umana viene alimentata proprio dal fatto che l’avvenimento mostruoso potrebbe  anche accadere se si verificano certe combinazioni scientificamente probabili, i cui esiti sono  a noi incogniti.

       Se per Schopenhauer l’uomo è almeno un “animale metafisico” che si domanda in      continuazione il senso dell’esistenza,  per Lovecraft  invece l’uomo  è un  misero  “animale intrappolato” e  abbandonato solo a sé stesso nella sperduta giungla dell’universo, senza  la Provvidenza  perché la vita viene inesorabilmente aggredita  da sconosciuti travolgimenti cosmici,  infestati da tenebrose creature mostruose, senza che la vittima abbia almeno  la speranza di salvezza in una  vita ultraterrena. L’unica possibilità di salvarsi  è legata solo alle  esclusive capacità e alle    forze dell’aggredito.

   

Eterno Ritorno

            

     In un  tale universo accecato e privo di una meta, dove l’esistenza  è in preda a un gioco crudelmente  incontrollato e ripetitivo che non distingue la vita dalla morte o  la giustizia dall’ingiustizia,    la  concezione dell’ “eterno ritorno” di Nietzsche diventa forse leggermente  conforme       all’espressione dell’indifferentismo  di Lovecraft.<<In ogni caso, il massimo che possiamo concepire è la nozione di ciclo- un ciclo o un infinito riassetto[dell’universo]ammesso che tale dottrina sia sostenibile. Nietzsche pensava a questo quando parlava di ewigen  Wiederkunft.16  Nell’eternità assoluta non esiste né un punto d’inizio né una meta.>>17 Quando il filosofo tedesco scrive ne “La Gaia Scienza” che cosa <<accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: Questa vita, come tu ora la vivi e l’ hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione e così pure questo ragno e questo lume di luna tra gli alberi e così pure questo attimo e io stesso.    L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!>>18 (mio il corsivo ) sembra evocare nettamente un brano di un racconto di Lovecraft sulla tragedia esistenziale dell’uomo travolto dalla spirale infinita del  caotico e ripetitivo  terrore cosmico: in preda  all’eterno ritorno di belve orrende e diaboliche  dalle fattezze  demoniache19   ,  totalmente estranee al  pur minimo concetto di pietà o pentimento. Tipo il grottesco “I topi nel muro”(The Rats in the Walls) nel quale il personaggio viene costantemente e psicologicamente torturato dall’eterno  ripetersi di  un ossessivo e <<insidioso trepestio>>20 di topi che si annidano nella mura e scorrazzano  tra neri cunicoli<<colmi di ossa morsicate , fracassate e crani aperti!>>21  Un esempio evidente di eterno ritorno viene narrato nel raccapricciante racconto “La morte alata”(Winged Death), dove la terribile mosca dalle ali azzurre rincasa in continuazione nella stanza del medico per vendicarsi di un diabolico omicidio.

     L’umanità è esclusivamente una spirale  cieca in cui, costantemente, s’inabissano ed emergono antiche e nuove civiltà, senza che possa esistere mai per nessuno una possibile egemonia eterna, in grado d’imporsi all’infinito con i suoi sistemi e con i suoi valori. Lovecraft, nel famoso racconto “Il richiamo di Cthulhu”(The Call of Cthulhu), ne dà un esempio  mitico e scrive: <<Ciò che è risorto può sprofondare, ciò che è sommerso può riemergere.>>22 Niente  può fuggire all’obbrobrioso e inatteso divenire della materia cosmica dove solo l’eterno ritorno del caos è l’esclusivo regnante, pienamente sovrano degli abissi, senza  né base e né fine. Per comprendere l’abissale incubo lovecraftiano dobbiamo immaginare un universo impazzito che <<gira senza meta dal nulla verso l’esistenza e dall’esistenza verso il nulla>>,23  totalmente estraneo e ignaro ai desideri e alle necessità della nostra vita. L’eterno ritorno del caos impone l’egemonia dell’orrore cosmico sulla vita planetaria e ne provoca il conseguente nichilismo.

         L’eterno ritorno è una manifestazione universale e naturale del “Nulla”.  Per Nietzsche, l’uomo può superare tale situazione nichilista se reagisce   in una volontaria e attiva accettazione dell’eterno ritorno24    con la conseguente liberazione della volontà di potenza immersa nell’energia creativa e nella gioia dello spirito dionisiaco. Lovecraft , al contrario,  non  oltrepassa il nichilismo perché interpreta con orrore l’eterno ritorno  e finisce così nell’evolvere la condizione umana, nella migliore delle ipotesi, all’interno di un’onirica dimensione materialista ma non pianificata: egli  vede, nel rifugio nel sogno e nelle visioni,  la possibilità umana di dar vita alle <<più grandi creazioni dell’uomo>>25 dove è  possibile<<conquistare un po’ della gloria e della felicità a cui aspiriamo>>26 senza fare la fine d’ “inutili marionette”27 travolte e distrutte dalle onde furiose dell’oceano cosmico. Possiamo sostenere che Nietzsche e Lovecraft sono radicalmente contrari riguardo al rapporto psicologico esistente  tra l’uomo e l’eterno ritorno:  per il filosofo è godimento vitale, per lo scrittore è un atroce tormento.

    Concetti tipicamente Nietzscheani come, per esempio, l’ “amor fati” o il “superomismo”,28 rappresentano una “fatica inutile” per l’ottica legata al materialismo-cosmocentrico dello scrittore dove ,difatti, questi   miti   sono  totalmente estranei all’agire tragico del  sognatore  e solitario eroe lovecraftiano; occupato ,oltre a non cadere in  preda alla follia,  a comprendere la vera  natura della realtà cercando di  salvare la propria  esistenza,    contro quelle sgradevoli creature dell’umanità che, a volte, addirittura, fanno parte  dello  stesso patrimonio genetico dell’eroico protagonista. Si consideri, come dimostrazione, il personaggio di “La maschera di Innsmouth”(The Shadow over Innsmouth) il quale scopre, meravigliato, di non essere una creatura diversa da quegli orribili mostri che lo hanno  assediato, quasi a rivelare che non v’è differenza alcuna tra gli uomini e le belve.  

      

  Al di là del bene e del male

      

      Lovecraft condivide con il filosofo tedesco non solo l’anticristianesimo pagano ma anche  la vuota inclinazione che ha l’uomo  verso l’esistenza umana, priva di una qualsiasi “verità”, perché costretta a una incessante e inevitabile lotta per la sopravvivenza, la quale si pone oltre i limiti morali di bene o di male in quanto noi  non  possiamo <<discendere o salire ad alcun’ altra “realtà”, salvo appunto quella  dei nostri istinti…>>.29 Il dogma  del cristianesimo viene  ridotto a essere  visto solo come un ingenuo punto di vista dovuto all’inconsapevolezza degli uomini  o un’impostura religiosa. <<L’obiezione generale mossa al cristianesimo è che esso ha soffocato la libera espressione artistica, calpestato benefici istinti e creato falsi e ingiusti modelli. Sulla base di questa convinzione, un mio amico, il signor Samuel Loveman, ha scritto una magnifica Ode a Satana.[…]La nozione di Dio è la logica conseguenza dell’ignoranza, perché la mentalità primitiva non concepisce alcuna azione che non sia il risultato di un atto di volontà di un determinato individuo.>>30 In poche parole, per lo scrittore non esiste e non è mai esistita nessuna “retta via” ma più propriamente  siamo e saremo sempre vittima di un profondo e intangibile dissidio cosmico, universalmente imparziale per tutti. <<Ma non possiamo far predizione né determinare il futuro, perché non siamo nient’altro che creature condannate a un destino cieco.>>31 E’ ovvio, quindi, che un siffatto sistema  non può assolutamente coabitare  con  degli “esseri umani” ma più naturalmente con delle “bestie” la cui natura selvaggia e stolta  vi convive  in perfetta  armonia e simbiosi. Ma Lovecraft, forse, sta parlando degli uomini? La sua arte macabra nasconde una drammatica denuncia all’infernale condizione umana resa difficile nella dura e brutale lotta per la sopravvivenza contro i suoi simili?

     Lovecraft, come Nietzsche, non commette nella sua narrativa l’ “errore metafisico” di dover  dimostrare l’assenza o la presenza   di Dio   nell’umanità: Dio, semplicemente, non esiste e non c’è bisogno né di incontrarlo e né di  evitarlo. Ed ecco che l’universo lovecraftiano è solo un’eterna  furia cosmica dove imperversa un’arena impassibile di creature abominevoli in lotta  tra loro, in una violenza brutale.<<Ogni forma di vita è sforzo e lotta – di per sé una confutazione [dell’esistenza] di Dio – e in simile conflitto un organismo combatte sia i propri simili che l’ambiente che lo circonda.>>32Per tali belve, non esiste alcun disegno  divino, nessun vuoto ontologico,  ma solo attività istintiva  e  volontà necessaria che si traduce in  una  aggressiva guerra di dominio ,  estranea  al pur minimo concetto morale di buono  o  malvagio33 perché  agisce per la sola conservazione  e vittoria della specie più forte su quella più debole. Si pensi  al romanzo breve “Le montagne della follia” (At the Mountains of Madness) in cui i “Grandi Antichi” vengono sconfitti dagli spietati “Shoggoth”.  In Natura non conta se un’azione è “buona” o “cattiva”, l’importante è salvaguardare l’esistenza e la sovranità delle specie vincitrice. La lotta e la morte rappresentano, per Lovecraft, una condizione del tutto ovvia e naturale.

        Tutti i soggetti terreni o  cosmici , siano essi cose, piante, uomini o bestie immonde, sono ridotti in oggetti anche se, inspiegabilmente,  il mondo è una terribile illusione onirica.34 Per tale motivo, Lovecraft non cura sempre  in modo approfondito la psicologia dei suoi personaggi:finirebbe per  far cadere in contraddizione e di deformare  la sua visione  cosmocentrica dove gli uomini non contano nulla di più delle formiche.35 Allo  scrittore  non interessa molto indagare psicologicamente nella componente umana perché il terrore cosmico, a cui è soggetto l’uomo, non è umano ma supernaturale.

 

 

 

Poe e Lovecraft

     

       Anche se per Poe il terrore proviene dall’anima e, all’opposto, per  Lovecraft si origina nel   cosmo, per entrambi la paura viene fomentata dagli stessi elementi che generano l’orrore cosmico: il caos e l’abisso. Solo che  Poe s’inabissa nell’anima per abbattere la realtà esterna, mentre Lovecraft, al contrario, s’inabissa nel cosmo per distruggere la realtà interna. Un’altra forte divergenza consiste che in Poe abbiamo una mitologia  di provenienza cristiana o pagana e in Lovecraft una mitologia completamente pagana.

    Una tenebrosa atmosfera, simile all’universo impazzito lovecraftiano, lo troviamo ne “Il cuore rivelatore”(Tell-tale Heart) con la presenza di un’abissale e vertiginosa stanza, raccontata, dal carnefice protagonista, talmente occulta e buia che sembra quasi il nascondiglio cupo di una “creatura mostruosa” dall’occhio diabolico. Pure ne “L’uomo della folla”( The man of the Crowd)  viene  evocato il clima inquietante  e onnipresente nel delirante cosmo di Lovecraft: il caotico andamento di una folla anonima e sperduta, in cui Poe riesce ad anticipare con grande genialità l’incomunicabilità,   riproduce quasi l’incoerente vagabondare delle ripugnanti bestie lovecraftiane. Nel racconto abbiamo anche una strategica fusione tra l’orrore cosmico e l’incomunicabilità.

     Un momento sublime di terrore cosmico, talmente  in bilico tra il reale e il soprannaturale da  esprimere  quasi un’allucinazione degenerativa della mente umana , viene narrato alla fine de “La rovina della casa degli Usher”. (The Fall of the House of Usher) con un dinamismo cromatico di un universo che è  talmente impetuoso e irruente da evocare lo stile suggestivo di Lovecraft.

 

       L’uragano sfogava ancora tutta la sua ira, quando mi trovai sul terrapieno. All’improvviso un luce livida riempì la strada, e mi voltai per vedere da che luogo potesse provenire, col suo splendore così strano: giacché soltanto la vasta ombra del castello stava dietro di me. Ma la luna piena, color di sangue, splendeva ora attraverso la fessura (una volta visibile appena) che ho detto come percorresse la facciata a zig-zag dal tetto alle fondamenta. Mentre guardavo, la spaccatura s’ingrandì rapidamente; sopravvenne un furioso turbine di vento; subito l’intero disco della luna si presentò ai miei occhi e il cervello mi venne meno al vedere che le possenti muraglie crollavano; si produsse un fracasso immenso e tumultuoso come la voce di mille cateratte, poi la palude buia ai miei piedi si richiuse in tetro silenzio sulle macerie della casa degli Usher.36

 

      Lo stesso dicasi anche per il finale di  “Metzengerstein”

 

          D’improvviso cadde allora la furia della tempesta , e sopravvenne una tetra calma di morte. Una fiamma bianca salì ad avviluppare come in un sudario tutto il palazzo, e divampando nell’aria ferma riverberò in lontananza una luce sovrannaturale, mentre una nuvola di fumo si addensava pesante sopra gli edifizi  prendendo la forma di un colossale cavallo. 37

     

      Dalla costola del terrore dell’anima di Poe, prende ispirazione Lovecraft  e ne amplifica ampiamente la portata fino a diventare, come sostiene Jacques Bergier, il “Poe cosmico”. Dietro quest’ottica, il terrore cosmico lovecraftiano può essere considerato, in parte,38   come un’evoluzione materialistica e mitologica  di quello poesco fino alla creazione di un’ affascinante e tendenziale fantascienza orrorifica.

        Nonostante le enormi diversità culturali  di Poe e Lovecraft , un racconto  dove il terrore  cosmico dei due scrittori  tende incredibilmente  a somigliarsi è “Una discesa nel Maelstrom”(A Descent into Maelstrom)   dove la metafisica degli eventi si lega caoticamente alla paura degli avvenimenti improvvisi e sconosciuti  per via di una nave  che rimane sospesa in un terribile gorgo perché viene sopraffatta da eventi supernaturali di cui non se ne conoscono le reali  cause. L’inabissamento della nave indica l’instabilità dell’universo e le sue rovine testimoniano il baratro che il caos ha lasciato dietro di sé. Nel racconto,  Poe si accosta a   Lovecraft  perché in questo caso il  terrore cosmico è  legato a quella sfera  dello sconosciuto  e dell’imprevedibile che non sconfina  nell’universo soprannaturale ma rimane appunto inerente al “cosmo” e ai suoi misteri inspiegabili . Come può, quest’opera , non contraddire l’idealismo di Poe?La risposta ci viene data proprio dallo stesso autore quando riporta una frase di Joseph Glanvill all’epigrafe del racconto:<<Le vie di Dio, nella Natura come nella Provvidenza, non sono le nostre vie, né i modelli che noi concepiamo si possono in alcun modo commisurare con la vastità, la profondità, e l’incomprensibilità delle Sue opere…>>. Pertanto,dal mio punto di vista, in base alla cosmogonia teocentrica  presente in “Eureka”, possiamo avanzare l’idea che, nonostante il frequente richiamo all’abisso psicologico senza un’ esplicita apertura all’ultraterreno, il  mondo metaforico di Poe tende,a volte, in senso teologico. Basta pensare all’improvvisa comparsa di una  “luce livida” ne “La rovina della casa degli Usher” o alla  “luce sovrannaturale” in “Metzengerstein” per supporre che si tratta  di una rivelazione  simbolica della partecipazione di Dio  alle vicende umane. Nel cristianesimo, Dio è la “Luce Eterna” che illumina il cammino dell’uomo verso la salvezza da un mondo dominato dalle tenebre del caos.

    L’espressivo sentimentalismo del romantico  Poe, squisitamente armonioso e malinconico, che sembra rivendicare, a volte, a mio parere, la Provvidenza  sulla malvagità degli uomini,39  viene letteralmente abbandonato da Lovecraft  per lasciare posto al buio eterno di un universo freddo, irruente e senz’anima dove non v’è alcuna consolazione  teologica per una rosa che appassisce, per un animale in fin di vita, per un uomo che giace a terra morto  sull’ombra di una creatura mostruosa dalle ali nere, comparsa all’improvviso dall’ignoto.40

                                                                                                                                                                                                                    

L’ignoto

 

<<La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto.>>41 Lovecraft con una sintetica e nota definizione suggerisce il profondo legame tra  gli abissi incomprensibili della realtà   e il panico che emerge dall’impossibilità di reagire direttamente per dominare tali  situazioni alterate. Il terrore che ne segue  provoca una paura psicologica legata a elementi terreni o metafisici  che sfuggono al controllo umano a causa di un “caos minaccioso” dove  l’uomo viene concepito come un bambino che si è smarrito nel bosco: la sua sopravvivenza viene costantemente minacciata da una Natura sconosciuta e avversa agli occhi dell’uomo. In tale situazione di panico, l’improvviso ululato di un vento impetuoso provoca, nell’immaginario infantile del bambino, la paura di essere aggredito da dei fantasmi se non provvede subito a trovare un riparo. Di conseguenza, nella fantasia del fanciullo ,  sorgono, come istintiva reazione fobica, proprio quelle “creature mitiche” che si sostituiscono alle vere cause. Lovecraft, nel suo saggio, ci dà un esempio illuminante   nell’esprimere la reale natura dell’orrore cosmico e scrive: << I bambini avranno sempre paura del buio, gli uomini il cui spirito sia sensibile agli stimoli  ereditari tremeranno sempre al pensiero di nascosti ed incommensurabili universi  pregni di strane forme di vita, le quali pulsano al di là del vortice celeste o premono minacciose alle porte del nostro mondo, abitando  dimensioni spaventose che solo i morti o i folli lunatici possono riuscire a scorgere.

        Su tale base non fa certo meraviglia che esista una letteratura del terrore cosmico.>>42  Ma il terrore prende il totale sopravvento nella  mente della vittima quando non si riescono più a interpretare i fenomeni che si vedono o si odono   da una provenienza  esterna a noi inaccessibile.43  <<Tale tendenza, ovviamente,  è stata anche favorita dal fatto che l’incerto e il pericoloso vanno sempre a braccetto: per cui è facile che un universo ignoto divenga un mondo pieno di pericoli e maligni accadimenti>>44

         Un ottimo esempio di disorientamento psicologico lo troviamo ne “La visione del caos”(The Crawling Chaos)45nel quale la paura  diventa assoluta  perché  il protagonista non è più in grado di identificare la causa, naturale  o ultraterrena, proveniente  da un irriconoscibile ambiente ostile  e la sua mente, fagocitata da una  condizione  confusionale e scombussolata da sostanze stupefacenti,  cade in preda al panico   di fantasie brutali che identificano l’essere o la cosa nascosta in un  mostro  abominevole dall’aspetto indescrivibile, propenso  ad agire in  un modo  astratto e incontrollabile. 

 

          Poco a poco, ma inesorabilmente, si insinuò nella mia coscienza e giunse a dominare ogni altra sensazione una sconcertante paura dell’ignoto: paura tanto più grande in quanto non riusciva ad analizzarla  e che sembrava riguardare un pericolo che si faceva sempre più vicino. Non era la morte ma qualcosa di inaudito e orrendo, qualcosa che non si può esprimere.[…] Le onde erano scure e violette, quasi nere, e si aggrappavano al fango rosso e cedevole della terraferma come mani avide e rozze. Non potei fare a meno di pensare che un’orribile entità marina avesse dichiarato guerra alla terra, aiutata magari dal cielo iracondo.46                                                                                                                                                                                          

 

 I miti di Cthulhu

 

        E’  proprio   quel  perverso legame psicologico, fatto   di delirio  fabulatorio e associazione del mito con un’ ingenua teofania, a spingere Lovecraft verso la geniale e originale creazione dei “miti di Cthulhu”; i quali sembrano essere congeneri al dio del caos  Seth, della mitologia egiziana. La  predisposizione  della mitologia pagana a concordarsi  con le teorie  cosmologiche inducono, molto probabilmente, Lovecraft verso la creazione di un pantheon ispirato alla sua cosmogonia. Difatti, tali divinità simboleggiano la  struttura caotica della realtà cosmica.   

      Nella terribile dimensione del caos, lo scrittore descrive pittoricamente, con grande immaginazione, l’incubo proveniente da dimensione sconosciute in cui la “luce” è solo un inganno per  la nostra percezione del mondo perché è nelle “tenebre” dell’ignoto che risiede il vero volto dell’umanità in cui Lovecraft diventa una sorte di “sacerdote nero”47di un pantheon cosmico immanentistico, dove   la visione del reale senza nessun  mascheramento provoca uno spaventoso delirio psicologico. Nel famoso racconto “Dagon” possiamo analizzare, con righe memorabili,  questa manifestazione mitologica e tenebrosa.

 

        Era così terribile che la luna, ancora relativamente bassa nel cielo, non riusciva a illuminare il fondo. Mi parve di essere sull’orlo del mondo e di guardare oltre il bordo, in un abisso incommesurabile di notte e caos..[…]Poi guardai il baratro in cui la luce non era mai entrata.[…] L’essere affiorò dall’acqua nera con un solo risucchio: vasto, ciclopico e disgustoso sfrecciò verso l’obelisco come un meraviglioso mostro d’incubo, poi abbracciò la stele con le enormi braccia  scagliose  e piegò la testa, emettendo una serie di suoni misurati. Credo di essere impazzito allora.48

      

      Quando viviamo simili situazioni di panico, finiamo per creare, inconsapevolmente, delle mitologie che, in linea massima, rappresentano le vicende umane. Quindi prendendo in esempio quanto ci ricorda la psicoanalisi, noi attraverso i miti non facciamo altro che dare  un “volto” a noi stessi mediante la “maschera” del mito che,  inconsciamente, esprime il nostro reale modo di essere e di vivere. 

         L’insopportabile situazione indifesa e smarrita verso l’inconoscibile e l’irriconoscibile, che diviene terribilmente inafferrabile tanto da provocare un terribile delirio psichico, richiama, in un certo senso, il racconto “L’abitatore del buio”(The Haunter of the Dark) quando compare a Robert Blake il dio stupido e cieco  Azathoth che vive al centro dell’universo in modo insensato e  disinteressato, fino a esprimere proprio l’ apatico  universo di Lovecraft.

    

       Davanti ai suoi occhi danzava un caleidoscopio d’immagini fantasmagoriche, che, ad intervalli dissolvevano nella visione di un immenso, insondabile abisso notturno ove vorticavano soli e mondi ancora più neri. E allora pensò alle antiche leggende  del Caos Primigenio, al cui centro brancica  goffamente, cieco e idiota, il dio Azathoth, Signore di Tutte le Cose, circondato dalla sua inetta schiera di danzatori ottusi e amorfi e cullato dal sottile, monotono lamento d’un flauto demoniaco stretto da mani mostruose.49

             

E’ importante ricordare che tra Azathoth e il coinvolgimento di Robert Blake accade una specie di assimilazione: l’aspetto delirante del dio idiota viene, celermente, a compenetrarsi con lo stato d’animo del protagonista quasi a indicare l’assorbimento psicologico della fragile condizione umana dinanzi all’anonimo.

       I miti di  Cthulhu ti scaraventano di fronte all’indefinibile, ti sprofondano nell’ottenebrato sguardo  dell’abisso, ti pervadono di una paura ancestrale che sfocia nel  terrore cosmico con un eterno e irrisolvibile ritorno dell’evento pauroso. Essi ti collocano di fronte all’impenetrabilità dell’ignoto con  un’ assoluta assenza di contenuti semantici facilmente individuabili, fino al punto  di rivelarti  come il caos sia il solo ordine  imperante che nessuno può comprendere. In questo diabolico sistema, i miti ti mostrano il vero volto della realtà cosmica, al prezzo di un angosciante stato psicologico vicino alla follia.

                                                            

 

L’incubo di Prometeo

     

       La paura sorge   anche dall’inutilità  esistenziale   dell’uomo  che, pur dotato di ragione e di notevoli mezzi tecnico-scientifici, si trova spesso solo di fronte all’immensità di uno sconosciuto e ostile universo caotico, infuriato  da una forza  cieca e   irrimediabile dove   aleggiano, per esempio,  stormi di “magri notturni”, ovvero malefiche e anonime  creature perché non hanno volto, di colore nero, silenziose, alate come pipistrelli e munite di  pericolose code  con aculei.

       Contrariamente a quanto pensano in molti, il progresso  conoscitivo della scienza non ha eliminato la paura dell’ignoto ma , al contrario, ha provocato  nuove fobie dovute dalla scoperta di recenti enigmi cosmici  con  la possibile  e terribile  reazione tecnica ai danni dell’umanità dove  il caos, non essendo   più tecnologicamente controllato, finisce  per fondersi con quella stessa arma  tecnologica creata dall’uomo per difendersi. Si tenga presente, in merito, l’affascinante  racconto “Dall’altrove”(From Beyond)  in cui un esaltato scienziato riesce , a sue spese, mediante un congegno elettronico, ad aprire un varco  in un’ altra dimensione spazio-temporale, infestata  da orrendi  e aggressivi esseri alieni. Lovecraft, pertanto, descrive con il suo orrore anche  il disagio psicologico  provocato  dalla convinzione dell’uomo contemporaneo  di  vivere in un  mondo razionale e confortevole ottenuto grazie anche  al dominio del progresso scientifico sulla Natura ma, in realtà, tale evoluzione tecnologica è realmente incapace di evitare lo sconcerto  dell’uomo verso eventi naturali, ostili e sconosciuti che diventano  imprevedibilmente violenti.  Ne abbiamo un’ esplicita dichiarazione  in “Aria Fredda”(Cool Air) con il fallimento orribile di un dottore che ha tentato invano di riuscire a  raggiungere l’immortalità con il freddo, mediante l’ausilio di  una inadeguata apparecchiatura  refrigerante che finisce per guastarsi.   Un altro esempio agghiacciante ci viene dato da  “Herbert West, rianimatore”(Herbert West, Reanimator) dove viene descritta la perversa ambizione di far rivivere i morti  da parte di un dottore in medicina, Herbert West, fin dai tempi di  quando studia all’università.  West    riesce , tramite la scoperta di un particolare siero, a riattivare, con vari e fallimentari tentativi, la vita a dei cadaveri morti da poco ma con la tragica conseguenza che  queste creature finiscono per voltargli contro fino a ucciderlo. La terribile situazione provocata da zombi che si aggirano senza meta all’impazzata, richiama suggestive atmosfere di terrore cosmico.

 

         Ammassi di carne spenta si erano galvanizzati sotto i nostri occhi per effetto del moto innaturale, cieco e morboso che le varie dosature del farmaco avevano scatenato in loro.

         Un rianimato aveva lanciato un urlo agghiacciante ; un altro era risorto in preda a un attacco di follia omicida e ci aveva battuti fino a farci perdere i sensi , poi era fuggito e prima che lo chiudessero in manicomio aveva fatto una strage; un altro ancora , un mostro repellente dalla pelle nera, aveva scavato a mani nude la tomba non eccessivamente profonda in cui era seppellito e aveva compiuto un atto che non aveva lasciato a West altra scelta che scaricargli addosso una pistola. […] Era terribile pensare  che uno, forse anche due di essi vivevano ancora: dovemmo sopportare quell’angosciosa consapevolezza per parecchio tempo, fino alla paurosa scomparsa di West.50

 

Quello che colpisce di più nel racconto è che, nonostante il dottore fallisca più volte dando vita a situazioni molto drammatiche e pericolose, egli  non si decide né a  porre fine ai suoi esperimenti  e né a riflettere su quello che sta facendo perché ciò che gli preme veramente è   raggiungere il suo scopo con successo, senza alcuna pietosa mediazione.51  Tanto che il dott. West arriva perfino a uccidere a sangue freddo pur di ottenere della cavie umane adatte ai suoi scopi efferati. 

     Dalla esplicita denuncia contro il fallibile e cieco determinismo della scienza e della tecnica,   possiamo dedurre, senza alcun indugio, che lo scrittore si pone come un razionalista scientifico riluttante allo scientismo positivistico.52  Gli orribili cadaveri che tornano in vita in modo delirante possono essere visti come una metafora che rappresenta l’atroce conseguenza di una scienza non umanistica ma prettamente funzionale.

                                                      

Il colore venuto dallo spazio

    

      Nel fantascientifico  “Il colore venuto dallo spazio”(The Colour Out of Space), il caos irrompe all’improvviso a causa dell’imprevista caduta di un meteorite presso una tranquilla fattoria di Arkham, con la conseguente devastazione  ambientale che  stravolge completamente l’equilibrio e la stabilità. E’ proprio quella natura caotica  e devastante, provocata dalla radiazione del meteorite,  a sgretolare il potere della razionalità umana  di  fronte all’incoerenza di una realtà oscena non più ordinata e tranquilla come credevamo che fosse. Ed ecco che contaminazioni chimiche di animali e pianti  ed eventi inspiegabili compaiono, inaspettatamente, dal nulla  con incredibili e macabri massacri  che richiamano, quasi  con apparente sadismo, un rituale perverso provocato da una Natura impazzita e posseduta dal nutrimento selvaggio di una iridescente forza aliena.

 

        Gli uomini rimasero indecisi davanti alla finestra, mentre la luce del pozzo si faceva più forte  e  i cavalli impazziti scalciavano e nitrivano per la disperazione . Fu un momento veramente terribile: il terrore che regnava nella casa maledetta, i quattro mostruosi resti umani  alloggiati in un capanno lì vicino (i due che erano già in casa più i due ripescati da pozzo) ,  e il fascio di  ignota e sacrilega iridescenza che dal pozzo si levava sul cortile.53

 

Il racconto esprime simbolicamente molti aspetti congiunti al terrore cosmico che sono stati analizzati. Il meteorite rappresenta la vitalità cosmica che piomba contro di noi dall’oceanico e inesplorabile universo. La  tranquilla fattoria che viene  turbata di sorpresa richiama l’ingerenza imprevedibile del caos. L’annientamento fisico del padrone della fattoria, Nahum Gardner, ridotto in un ammasso di carne informe in via di putrefazione, simboleggia la totale impassibilità degli agenti cosmici.   Il pozzo incarna l’ignoto e l’  inspiegabile  e innaturale bagliore colorato che vi emerge sembra essere dotato di una “coscienza e volontà” propria,  tanto da apparire ai contadini quasi come una “creatura misteriosa” agli occhi della loro  teofania blasfema.

     

      Sono sicuro che è ancora in fondo al pozzo:ho visto con i miei occhi la luce del sole alterarsi, e proprio in corrispondenza della bocca. I contadini dicono che la malattia della terra si estende di un paio di centimetri all’anno, per cui forse anche adesso trova di che nutrirsi e crescere; ma quale sia il demone che si nasconde laggiù, dev’essere trattenuto da qualcosa o si sarebbe diffuso molto più in fretta. E’ avvinto alle radici degli alberi che sembrano artigliare l’aria?Uno dei racconti più frequenti, ad Arkham, riguarda grosse querce che di notte rilucono e cui i rami si agitano come non dovrebbero.54

 

 La luce  colorata, che alla fine del racconto torna verso il buio sconfinato dell’universo da dove è arrivata, rievoca l’eterno ritorno.

    L’opera lovecraftiana manifesta, in genere, una situazione labirintica e aliena che si muove all’interno di una scacchiera cosmica e immanentista,  destinata, da un cieco gioco universale, a  lasciare  dietro solo sporadicamente  morti  e devastazioni a oltranza ma, assiduamente,  stati di alienazione mentale che inabissano l’uomo  verso una voragine interiore come in un  vuoto abissale, dovuto  a un  ambiente  non più pacifico ma  a noi  eternamente sconosciuto e, quindi, eternamente nemico proprio a causa della nostra limitata comprensibilità.                                                                                                                                                                                                                                             

 

Cthulhu e Yog-Sothoth

    

      Il delirante spirito animalesco che insorge ferocemente  contro quello apollineo e prometeico del mondo  razionale richiama in mente il risveglio dell’istintivo e potente  Cthulhu,  terribile messaggero di una legge spietata dominata da caos e violenza, che genera un  mondo folle e depravato  in preda a piacevoli riti orgiastici e  crimini sacrificali.

 

       Il culto non sarebbe scomparso finché gli astri non  avessero occupato la giusta posizione, dopodiché i criptosacerdoti avrebbero sottratto il grande Cthulhu alla tomba ed Egli avrebbe risvegliato i Suoi sudditi e ripreso il dominio della terra. Sarebbe stato facile riconoscere quel tempo poiché per allora l’umanità si sarebbe comportata come i Grandi Antichi: libera e senza freni, al di là del bene o del male, con leggi e morali gettate da parte, avrebbe passato il suo tempo a bestemmiare, uccidere e ad abbandonarsi al piacere.55

 

       In un certo senso è come se Lovecraft ci volesse totalmente  disilludere dalla pretesa di vivere in un cosmo benevolo, solo apparentemente sano e razionale, servendosi proprio dell’ “ignoto” come una porta verso il mondo reale in cui <<tutto imputridisce  e muore, dove nelle cantine buie e nelle soffitte sbarrate di quasi tutte le case strisciano, gemono, saltano e latrano mostri>>.56  Una porta che, però, viene custodita da Yog-Sothoth, il temibile guardiano dell’inintelligibile, inteso a rappresentare l’impossibilità psicologica di contemplare il volto della realtà, senza rischiare di morire o di cadere in preda alla pazzia.

       Possiamo finalmente concludere l’analisi sostenendo che, per poter esserci terrore cosmico, si deve riuscire a esprimere un certo clima  d’arcano e inesplorabile  flagello distruttivo in particolari ambienti dominati dall’esistenza, eternamente ripetitiva, di anonime e intangibili forze o presenze diaboliche ultraterrene o anomale, in grado di sorprendere e ingannare con rapidità o intelligenza  le nostre difese naturali o conoscenze scientifiche, fino al punto di trascinare la nostra mente   nel   baratro di un caos senza vie d’uscita.57 :<<Non te ne puoi andare… ti attira… sai che qualcosa sta per prenderti e non ci puoi fare niente…>>58

5             8 Ibidem, pag. 156

 

 Bibliografia di riferimento:

 

     Carlo Pagetti, CITTADINI DI UN ASSURDO UNIVERSO, Editrice Nord, 1989, Milano

    

     Gianfranco de Turris & Sebastiano Fusco, L’ultimo demiurgo e altri saggi lovecraftiani,

                    Solfanelli, Chieti,1989, pag. 153

    

     H.P. Lovecraft,  Teoria dell’orrore.  Tutti  gli  scritti  critici.  A  cura  di  G.  de  Turris,

                    Castelvecchi, Roma, 2001, pag.63

        

                 H.P.  Lovecraft, L’orrore soprannaturale in letteratura in Stephen Jones e Dave Carson,

                    a cura di, L’orrore secondo Lovecraft, Oscar Mondadori, pag. 7

    

     Leo Marchetti, APOCALISSI, Métis Editrice, Chieti,1995

     

           Pietro Trevisan ,Il Paganesimo di H. P. Lovecraft.

         

                 Dal sito : (http://utenti.lycos.it/politeismo/lovecra.htm)

     [Tit. orig.: Sources for ‘The colour Out of Space’.In “Crypt of Cthulhu” n. 28

                   (1984).Copyright © Robert M. Price. ]

    

     Tesi di laurea  di  Massimo  Berruti,  H.P. Lovecraft e l’Anatomia del Nulla – Il Mito di

                    Cthulhu.

    

               ———————

 

Il Terrore Cosmico da Poe a Lovecraft” – Copyright © 2003 Sandro D. Fossemò – All rights reserved

 

Un notevole ringraziamento a Walter D’ Ilario, direttore della biblioteca comunale di Roseto degli

Abruzzi, per avermi fornito celermente tutti i libri per la stesura di quest

1             cfr. <<L’enciclopedia della Paura,La letteratura horror dall’A alla Z.>>,a cura di Mauro Boselli,Sergio Bonelli   Editore,1991,Milano,pag.40. Opuscolo allegato a Dylan Dog.

2             R. Caillois,<<Dalla fiaba alla fantascienza>>, a cura di P.Repetti,Thoeoria 1991

3                 Lovecraft, a differenza di Poe, tende a concludere maggiormente i suoi racconti con la destabilizzazione mentale del

               protagonista.

4             H.P. Lovecraft <<Teoria dell’orrore. Tutti gli scritti critici.>>, a cura di G. de Turris, Castelvecchi, Roma,2001,pag.63

 

5             cfr. E.A. POE, <<Eureka>>,Tascabili Economici Newton,1996,Roma,pag. 95

 

6             Giorgio Ghidetti,<<Poe,l’eresia di un americano maledetto>>,Arnaud Editore,Firenze,1989,pag. 104

7             Dio non è solamente Spirito ma si compenetra anche con la Natura.

8             L’esistenza di Dio si manifesta con la vittoria del positivo sul negativo.

9             Bisogna tenere presente,però,che Schopenhauer rimane a sua volta influenzato dal   pensiero   scellinghiano   inerente

               proprio a quella “volontà irrazionale” compenetrata in parte nell’arte poesca. Di conseguenza, possiamo affermare che il

               pensiero del secondo Schelling si pone alla radice di quel terrore cosmico che troverà  in    Poe  e in Lovecraft una base

               comune con sviluppi diametralmente diversi.Va anche chiarito che anche se Poe ha ideato,a volte, un terrore cosmico in

               senso  metafisico  ha finito,comunque, per influenzare marginalmente l’immaginazione di Lovecraft.

1             0 Tit. orig.: “H. P. Lovecraft: The Mythos of Scientific Materialism”. Copyright © 1993 by Strange Magazine. Tr. di

               Pietro Guarriello. Traduzione pubblicata in <<H. P.  LOVECRAFT  SCULPTUS IN TENEBRIS>>,  a cura  di  Michele

               Tetro, Nuova Metropolis Edizioni, Novara, 2001,pp. 25-30. Esamina l’importante articolo sul materialismo scientifico.

1             1 Per Epicuro, invece, la spostamento degli atomi è casuale.

1             2 Lettera di Lovecraft alla signorina Elizabeth Toldridge in <<H.P. Lovecraft. Lettere dall’altrove. Epistolario 1915 -1937 >>, a cura di Giuseppe Lippi, Oscar Mondadori,Milano,1993,pp. 150-151

 

1             3 Per Schopenhauer la condizione umana non è in grado di poter osservare il mondo nella sua reale complessità     perchè

               gli organi della percezione dell’uomo sono offuscati e ingannati da un velo di maya. L’uomo può solo interpretare la realtà attraverso una propria rappresentazione, puramente umana.  Solo oltrepassando il velo di maya è possibile accedere a  una realtà non più rappresentata ma vera.

1             4 <<Oltre il muro del sonno>>in <<HP Lovecraft. Tutti i racconti.1897-1922>>,a cura di Giuseppe Lippi, Mondatori, Milano, 1989,pag. 30

1             5 H.P. Lovecraft <<Teoria dell’orrore. Tutti gli scritti critici.>>,op. cit.,pag.65

 

1             6“Eterno Ritorno” in tedesco.

1             7 Ibidem,pag.55

1             8 Nietzsche,<<La Gaia Scienza>>,af. 341, intitolato “Il peso più grande”.

1             9 Le creature    lovecraftiane     ricordano   vagamente  i   demoni dell’inferno  ma  non    bisogna  fare  confusione  perchè

                Lovecraft si riferisce ai miti pagani anche se la demonologia cristiana ha ereditato, a sua volta,   l’influenza della  mitologia pagana. Possiamo prendere, per esempio, la fisionomia caprina del dio Pan destinato ad assomigliare fisicamente al diavolo.

2             0 <<I topi nel muro>>in <<HP Lovecraft. Tutti i racconti.1923-1926>>,a cura di Giuseppe Lippi,Mondatori,Milano,1990,pag. 23

2             1  Idem

2             2 <<Il richiamo di Cthulhu>>in H.P. Lovecraft,<<Il meglio dei racconti di Lovecraft>>,a cura di Giuseppe Lippi, Oscar Mondadori, Milano,1997,pag.88

2             3 Idem,pag.106

2             4 cfr. Karl Lowith,<< Nietzsche e l’eterno ritorno>>,Editori Laterza,2003,Bari,pp. 57-60

2             5 <<L’oceano di notte>>in <<HP Lovecraft. Tutti i racconti. 1931-1936>>,a cura di Giuseppe Lippi,Mondatori,Milano,1992,pag. 680. Racconto scritto con la collaborazione di Robert H. Barlow

2             6 Idem

2             7cfr. Gianfranco de Turris & Sebastiano Fusco,<< L’ultimo  demiurgo  e  altri  saggi  lovecraftiani>>,  Solfanelli, Chieti,1989,pag. 153

2             8 E’ soprattutto nel concetto del “superuomo” che avviene la totale divergenza tra Lovecraft e Nietzsche

2             9 Nietzsche,<<Al di là del bene o del male>>,af. 36,Edizioni Adelphi

 

3             0 H.P.Lovecraft <<Teoria dell’orrore .Tutti gli scritti critici.>>, a cura di G. de Turris,Castelvecchi,Roma,2001,pp.74-76

3             1 Idem,pag.78

3             2Idem,pag.71

3             3Se l’uomo è solo in preda ai violenti travolgimenti di un universo impazzito,figuriamo se Lovecraft  poteva dimensionare la vita umana nell’ottica di concetti morali come il “bene” o il “male”.

3             4Lovecraft non può essere considerato un freddo e arido materialista   in    un    senso    totalmente   pianificato  e   asettico

               perchè interpreta la vita come un sogno. Di  conseguenza,  e  paradossalmente,  nel  materialismo lovecraftiano traspare una “riflessiva vena poetica” fino a  renderlo  ambiguo  e  difficilmente  interpretabile nel suo essere materialista e meccanicista allo stesso tempo.

3             5L’ingenua critica, invece, ha pregiudicato questa caratteristica come una lacuna dello scrittore.

 

3             6<<La Rovina della casa degli Usher>> in <<Poe. Racconti del terrore>>,Oscar classici Mondadori, Arnoldo

               Mondadori Editore,Milano, VII rist. 1999, pag. 137

3             7<<Metzengerstein>>,op. cit.,pag. 45

3             8 Ho scritto “in parte” perchè Lovecraft trae un’enorme ispirazione da Machen e Lord Dunsany.

3             9 Poe,in alcuni racconti , dà invece un esito di tipo razionale e psicologico piuttosto che divino.

4             0 Lovecraft supera i limiti classici del terrore e si orienta verso il “terribile”. Sarà proprio quella terribilità cosmica a  renderlo un autentico maestro dell’orrore.

4             1H.P. Lovecraft,<<L’orrore soprannaturale in letteratura>> in Stephen Jones e Dave Carson,a cura di,<<L’orrore secondo Lovecraft>>,Oscar Mondadori,pag. 7

 

4             2Idem, pag. 10

4             3 cfr. Ernst H. Gombrich, <<Aby Warburg. Una biografia intellettuale>>, Feltrinelli, 1983,pp.190-197 Analizza

               l’affinità interpretativa che sia Warburg che Lovecraft hanno verso il “terrore cosmico”.

4             4 Ibidem,pag. 9

4             5 E’ bene precisare che il racconto non è stato scritto solo da Lovecraft ma con la collaborazione di Winifred V.

               Jackson

4             6 <<La visione del caos>>in <<HP Lovecraft. Tutti i racconti.1897-1922>>,op. cit. ,pp. 379-380

 

4             7 Intendo dire un mediatore dell’oscurità dell’universo senza,ovviamente,nessun riferimento metafisico o mistico.

4             8<<Dagon>> in H.P. Lovecraft,<<Il meglio dei racconti di Lovecraft>>,op.cit. ,pag.5-7

4             9 Idem,pag.403

 

5             0<<Herbert West,rianimatore>>in <<HP Lovecraft. Tutti i racconti.1897-1922>>,op.cit., pp. 259-260

 

5             1 Si pensi  alla critica contro la “ragione strumentale”, giustamente accusata  dai membri della Scuola di

               Francoforte di badare solo “al fine”, senza tenere conto dei risvolti sociali.

5             2Lovecraft, da convinto materialista scientifico, non sembra voler mettersi completamente contro il positivismo ma ne

               critica la degenerazione nello scientismo.

5             3 <<Il colore venuto dallo spazio>> in H.P. Lovecraft,<<Il meglio dei racconti di Lovecraft>>,op. cit. , pag.148

5             4 Idem,pag. 155

5             5 Idem,pag. 71

5             6 Idem, pag. 318

5             7 cfr. H.P. Lovecraft <<Teoria dell’orrore .Tutti gli scritti critici.>>, op.cit., pag.257

5             8 Ibidem, pag. 15

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: