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Titolo: Il drago e l’eroe nei miti del Nord
Autore: Mario Polia
Collana: Paideia
Editore: Edizioni Il Cinabro
Pagine: 242
Data d’uscita: dicembre 2020
Prezzo: Euro 20,00
Commento
Un nome come quello di Mario Polia non ha certo bisogno di troppe presentazioni.
Studioso di fama mondiale, da decenni dispiega la sua opera tanto nel campo dell’antropologia come in quello della storia delle religioni, dell’archeologia, dell’etnografia. Un vero maestro, che forse i più affezionati tra i lettori di Hyperborea ricorderanno anche come uno dei relatori del convegno sul Fantastico Mediterraneo che organizzammo lo scorso anno presso la Biblioteca della Camera dei Deputati.
“Il drago e l’eroe nei miti del Nord”, inserito all’interno della collana Paideia da lui diretta presso le Edizioni il Cinabro, è il suo ultimo lavoro. Un saggio, nella forma, ma non solo. Anche un vero tributo a quello che Tolkien diceva essere “il nobile spirito nordico, supremo contributo all’Europa”, e al patrimonio culturale e archetipico da esso generato, la cui radice primordiale prescinde le mere distinzioni geografiche per risalire al terreno appunto dello Spirito.
Di questo cammino assieme leggendario e interiore, Polia identifica i simboli primari codificati nelle antiche saghe norrene e germaniche, conservati intatti nei secoli delle estenuanti Völkerwanderung all’interno del patrimonio orale dei popoli nordici: il Drago e l’Eroe (che sia Beowulf o Sigfrido, o persino, dai millenni senza nome, Gilgamesh) il Mostro e la Forza, specchio l’uno dell’altro come pure del combattimento che l’anima dell’uomo compie contro le sue stesse componenti telluriche e buie: la Drachenkampf jungiana, in cui nella misura in cui si erge come ostacolo, il drago diviene al tempo stesso Maestro e Guida dell’Eroe, che solo superandolo acquisisce la completa presenza di sè. E non a caso gli alchimisti definivano il Drago anche come “solvente universale”, potenza distruttrice quanto purificatrice.
Un cammino iniziatico, questo, che sottende altresì allo sviluppo di quel fenomeno unico che fu la cavalleria medievale, il cui “mistero” – tante volte alluso e citato dai cantori dell’epica – è da ricondursi in radice proprio all’esperienza intima con cui il guerriero trascende la dimensione meramente militare per divenire servo di un principio superiore.
Una visione in filigrana, dunque, che scioglie il senso riposto delle leggende per trasportare il loro svolgimento lì dove la narrazione stessa nasce, il cuore, e dove la vittoria della Luce identifica proprio quella rinascita dell’Intelletto (e non solo) e della sua capacità di comunicare – con la potenza e il necessario vestito del simbolo – l’esperienza altrimenti indicibile del combattimento più difficile: quello con se stessi.
Un volume dunque, “Il drago e l’eroe nei miti del Nord”, rigoroso e affilato, erudito quanto robusto nel suo appoggiarsi a una dimensione ideale, oltre che esemplificativo delle linee guida della collana Paideia, grazie al suo rievocare un intero universo di archetipi dormienti che nonostante il velo della modernità continuano ad essere parlanti per chi – come l’eroe col il gigantesco rettile scaglioso – osi sfidarli.