I Miti di Cthulhu in “Magic”

Oggi – grazie a questo contributo realizzato con Matteo Di Prisco – esploreremo le influenze lovecraftiane nel celebre gioco di carte Magic, in particolare quelle relative alle potenti creature note come Eldrazi.

Chi sono gli Eldrazi?

Gli Eldrazi possono essere considerati l’equivalente degli Dei Esterni di Lovecraft nell’universo di Magic.
Essi vivono nella cieca eternità, lo spazio che divide gli universi del multiverso di magic gli uni agli altri. La cieca eternità è nota solo ai planeswalker, potenti maghi in grado di viaggiare tra gli universi attraverso il potere della scintilla, usando come corridoio, appunto, la cieca eternità.

La scintilla è un dono che tutti hanno ma che pochi sanno attivare; gli Eldrazi non sono planeswalker ma viaggiano anche loro tra gli universi, con lo scopo di consumarne il mana, la Base della vita, e loro fonte di nutrimento.

Questi, dunque, possono essere visti come delle divinità della morte. Gli Eldrazi noti sono 3:

  • Ozilek il macellaio della verità noto anche come la grande distorsione;
  • Ulamog il cerchio infinito noto come la fame incessante;
  • Emrakul lo strazio eterno nota anche come la fine promessa;

Quando giungono in un universo creano le loro nidiate, o proli stellari, che non hanno coscienza propria ma sono estensioni dei titani. La nidiata è come l’arto e il titano è il cervello, anche se gli stessi titani che si vedono nei piani sono solo estensioni. Gli Eldrazi sono misteriosi e ignoti alla coscienza umana come gli dei esterni di Lovecraft.

Eldrazi – La storia

Prima di parlare degli Eldrazi in sé dobbiamo prendere in considerazione una delle basi dell’ambientazione, ovvero il multiverso, che contiene i piani dell’ esistenza, le varie ambientazioni di Magic.

Questi sono divisi dalla cieca eternità, lo spazio tra gli spazi che tiene i piani divisi tra loro. Tuttavia, nel multiverso esistono i planeswalker potenti maghi in grado di viaggiare tra gli universi, grazie alla scintilla, una parte della loro forza vitale che si attiva in casi di morte quasi certa.

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Come dicevamo, i planeswalker riescono a viaggiare tra i piani attraverso la cieca eternità. Ugin, un planeswalker drago e uno studioso, era ossessionato dagli Eldrazi, misteriosi esseri distruttori di mondi, in grado di viaggiare tra i piani anche se privi di scintilla.

Questi, infatti pur non essendo planeswalker, possono raggiungere i vari universi del multiverso con lo scopo di consumarli per nutrirsi.

Ugin trovò Nahiri, una planeswalker litomante (ovvero in grado di controllare le rocce) a Zendikar. Sorin, un vampiro originario del mondo di Innistrad, parlò loro di quelle temibili creature con i tentacoli. i due planeswalker, scioccati, decisero di intervenire e di aiutare il drago. Con l’approvazione di Nahiri, nativa di Zendikar nonché sua custode, decisero di attirare gli Eldrazi su Zendikar obbligandoli alle leggi fisiche del mondo.

Una volta giunti là, i tre titani li attaccarono con i loro poteri ma la potenza dei temibili titani era infinitamente superiore, come se fosse oltre la mera concezione mortale.

Attaccarli fu un diversivo per distrarli e imprigionarli in un rete di oggetti magici, gli edri. Ma perché non ucciderli? Perché gli Eldrazi giunti su Zendikar non erano che una piccola parte dei veri titani, degli Avatar. I veri titani risiedono nella cieca eternità.

Una volta imprigionati  i tre planeswalker presero strade diverse. Ugin tornò su Tarkir e Sorin su Innistrad, i loro mondi, mentre Nahiri decise di restare come carceriera di quelle belve. I tre si sarebbero riuniti se ce ne fosse stato il bisogno.

Con il passare del tempo gli Eldrazi iniziarono ad essere considerati delle divinità dai popoli di Zendikar e Sorin, comprendendo la minaccia, decise di difendere il suo mondo creando un potente arcangelo, Avacyn.

Quando Nahiri giunse su Innistrad confermò a Sorin che il mondo Di Zendikar non poteva reggere la presenza dei titani: la connessione degli edri si stava indebolendo e le progenie degli Eldrazi stavano facendo danni ovunque. Durante una discussione i due planeswalker finirono per scontrarsi, con la vittoria di Sorin che, con l’ aiuto di Avacyn, sigillò la tomba infernale.

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Con il passare del tempo però Sorin percepì un indebolimento della rete degli Edri e decise di partire per Zendikar, dove scoprì che tre incauti planeswalker avevano liberato le terribili progenie Eldrazi. Fu con l’aiuto di Nissa Revane, un’elfa di quel mondo, che Sorin riuscì a raggiungere l’occhio di Ugin che – oltre a costituire un mezzo di comunicazione – era la matrice di controllo degli edri.

Nissa lo distrusse convinta che, liberando gli Eldrazi, questi avrebbero lasciato Zendikar. Ma così non fu. Sorin decise allora di andarsene, poiché non aveva intenzione di riaffrontare gli Eldrazi mentre Nissa, compreso il suo errore, decise di provare a porvi rimedio.

Nel frattempo era giunto di Zendikar Gideon Jura, un paladino che lottò per due lunghi anni contro le atrocità Eldrazi. Una volta compreso di non avere speranze di vittoria si recò sul mondo di Ravnica in cerca di alleati. Lì chiese aiuto a Jace, un mago, e insieme tornarono su Zendikar, dove incontrarono Nissa che, come Chandra, una potente Piromante, si unì a loro: insieme combatterono gli Eldrazi, e due dei tre titani imprigionati. Jace, conscio che i nemici che stavano affrontando erano una misera parte dei titani veri, capì che l’unica soluzione era risolvere il problema alla radice, attirando il resto delle belve. Ci riuscì grazie ai popoli di Zendikar e a Kiora, una potente tritona planeswalker che attirò i titani in delle zone stabilite mentre Nissa – usando la potenza delle Leyline (la magia nonchè vita stessa del mondo di Magic) – fece in modo di attirare i titani completi nel piano.

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Una volta che gli Eldrazi furono imprigionati dalle Leyline del mondo, capirono che Zendikar poteva sopportare tutto quel potere, così Nissa decise che dovevano essere distrutti subito. Per farlo diede a Chandra il potere di Zendikar, e la Piromante li ridusse in cenere.

Le progenie, senza i propri creatori, morì poco a poco, ma la vittoria sul mondo di Zendikar non fu festeggiata: bisognava ricostruire ciò che gli Eldrazi avevano distrutto.

Ugin arrivò dopo la battaglia: i quattro planeswalker, ora noti come i Guardiani, a seguito di un giuramento, dissero di averli uccisi tutti e due ma Ugin, che non ne era soddisfatto, sosteneva che gli Eldrazi, nonostante fossero una forza apparente maligna, potevano avere uno scopo ancora più grande ignoto alla mente mortale. Nonostante ciò disse loro che era rimasto ancora un terzo titano, Emrakul, la più forte e temibile fra gli Eldrazi, di cui Sorin poteva sapere qualcosa.

Fu Jace il mago ad offrirsi volontario per la ricerca del vampiro planeswalker e giunse così su Innistrad, un piano pieno di creature terribili diviso in quattro province: Gavony, Stensia, Nephalia e Kessig.

Prima di tutto andò alla ricerca di Liliana, una negromante di sua conoscenza alla quale chiese di Sorin. Questa rispose che era da tempo che non lo vedeva, ma riuscì comunque ad indicargli la via per il suo maniero, Markov, lì a Stensia.

Indagando Jace scopri che le Leyline di Innistrad erano corrotte e e per questo gli angeli erano impazziti. Scoprì anche che i criptoliti avevano intenzione di raggiungere la provincia portuale di Nephalia, una relittopoli dove avrebbero dovuto esserci dei cultisti intenzionati ad epurare il mondo. Grazie a questa scoperta Jace intuì che il mistero della scomparsa di Sorin e dei cultisti potevano essere collegati le stranezze avvenute negli ultimi tempi. I cultisti inoltre non erano solo umani, ma anche angeli e zombie, e che stavano costruendo questi criptoliti a mo’ di altare di evocazione.

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Intanto Liliana capì che l’arcangelo Avacyn era tra i primi angeli impazziti, ed essa con le sue schiere attaccò i due planeswalker per poi morire dopo un lungo scontro. Innistrad aveva perso Avacyn, ultima barriera contro le minacce interplanari.

Perché ultima? Molto tempo prima la tomba infernale era stata distrutta da Thalia, una Catara (un cavaliere sacro della chiesa di Avacyn), su obbligo di Liliana, che voleva uccidere uno dei demoni imprigionati al suo interno. Purtroppo, tale distruzione aveva liberato i demoni e Avacyn, di sua spontanea volontà, si era sigillata al suo interno per impedire al feroce demone Griselbrand di causare danni. Così scopriamo che tutti gli accadimenti dall’inizio di questa storia fino alla morte di Avacyn erano opera di questo essere.

Con l’assenza delle barriere Emrakul giunse su Innistrad e la sua presenza iniziò a corromperne gli esseri viventi che, come Nephalia, Stensia, Gavony e Kessig, divennero delle forme mutate e rovinate dal potere di Emrakul, pronta a conquistare e a distruggere il piano. Jace tornò con i Guardiani, i Catari e coloro che ancora non erano stati corrotti  e insieme combatterono contro la bestia e i suoi schiavi, ma Emrakul era troppo forte. Jace decise allora di aprire un contatto mentale con Emrakul ed ebbe per questo visioni folli e innaturali per poi ritrovarsi apparentemente a Ravnica, il piano dove viveva, e vedere i suoi amici soffrire l’influenza di Emrakul.

Lì udì una voce che gli diceva di scendere le scale e poi vide Nissa che, con una voce non sua, gli riferì le testuali parole: “Io posso fare ciò che voglio… qualsiasi cosa, ricordatelo. L’unica cosa in grado di salvarti…è che io non voglio nulla…”. Jace comprese che la voce apparteneva a Emrakul, così decise di proseguire la sua discesa attraverso una porta dietro la quale si trovava un angelo incappucciato: era Emrakul, che si era palesata a lui nella forma di Emeria il nome con cui il popolo di Zendikar la chiamava credendola una dea.

All’improvviso Jace si ritrovò nel suo studio personale a Ravnica ed Emrakul gli spiegò che tutto ha una fine, poiché il tempo inesorabile scorre verso una direzione. Parlando, il mago le domandò quali fossero i suoi desideri ed Emrakul, dopo un istante di silenzio, rispose: “questo è tutto sbagliato, io sono incompleta, inappagata, un semplice tentativo, tutto dovrebbe fiorire e non portare rancore in modo improduttivo, il terreno non era ricettivo. Non e il momento per me, non ancora…”. Emrakul chiese a Jace di giocare a scacchi e fece apparire una scacchiera proponendo una sfida: se avesse vinto tutto sarebbe finito e avrebbe avuto le risposte alle sue domande. Jace vinse ma Emrakul nella visione riprese il suo atroce aspetto originale.

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Grazie a un incantesimo di contenimento Emrakul venne sigillata ma Jace non riusciva a non pensare alla frase “non è il mio momento, non ancora…” Cosa vorrà mai dire? Si chiedeva, temendo che, prima o poi, il momento di Emrakul sarebbe giunto.

Come Azathot, se si risvegliasse porrebbe fine all’esistente? Nessuno lo sa, ma forse ogni storia è la sua storia che, come tutte, belle o brutte, presto o tardi vedrà la parola…

 

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