Recensioni: “La guerra del Fuoco” di Joseph-Henry Rosny Aîné

Dettagli

Titolo: “La guerra del fuoco”

Autore: Joseph-Henry Rosny Aîné

Editore: Editrice Nord

Collana: Cosmo – Serie Oro

Pagine: 231

Prezzo: Euro 12,39

Data d’uscita: 2000

 

Sinossi

12.000 anni fa, in quella che diventerà l’Europa Nord Occidentale, una tribù di primitivi perde, a seguito di uno scontro con un altro gruppo di uomini, il suo bene più prezioso, cui deve la capacità di sopravvivere: il fuoco. Incapaci di riprodurre l’elemento senza il quale la rovina incombe su di loro, i membri della tribù si risolvono così a tentare di sottrarlo a qualcun altro che lo possieda.

E’ solo l’inizio di una epopea eroica che li porterà a esplorare un mondo primordiale e sconosciuto, dove vagano i titanici Mammuth, i giganteschi orsi delle caverne e nel quale la civiltà non è ancora neanche un sogno.

Commento

Classico della letteratura fantastica francese dell’inizio del Novecento, nella maggior parte dei casi “La guerra del fuoco” è noto sopratutto per la riduzione cinematografica di cui le sue pagine godettero all’inizio degli anni 80 ad opera di Jean-Jacques Annaud.

Come è noto, il filone dell’avventura preistorica può considerarsi una sorta di sviluppo (a idea ribaltata) di quello della civiltà perduta. Se nel primo il passato – ancora misteriosamente vivo – diventa in qualche modo vivo anche nel nostro presente creando un effetto di pittoresco straniamento, nel caso delle vicende ambientate all’età della pietra, il lettore è invece trasportato direttamente nel pieno di un’epoca talmente nebulosa e lontana da poter dire che sfiori tangibilmente il “tempo mitico”. Non a caso, non sono rari i racconti che – sceneggiati in questo passato primordiale – hanno come fondamento uno spunto evemeristico che rilegge in maniera suggestiva leggende e miti.

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Nel caso de “La guerra del fuoco“, l’elemento meraviglioso propriamente detto è però assente.

Il buio della notte, fonte di terrore, non è ancora abitato da paure soprannaturali, ma dal più vicino e familiare timore di essere vittima di bestie più forti, più grandi. La catena alimentare, in quei giorni, è ancora indefinita, e l’uomo sperimenta in pieno la condizione di preda. L’inverno stesso – nemico che avanza assieme al trascorrere dei giorni – non è altro in fondo che il cacciatore più temibile, contro cui solo il fuoco può valere da difesa. In un simile contesto barbarico, di dèi non vi è traccia.

Il romanzo trae la sua forza dalle vivide traversie dei personaggi, costretti a fronteggiare una Natura intatta e spietata, costituita da un insieme di forze senza nome. L’ afflato epico, dunque, che pure è ben presente, nasce proprio dalla rappresentazione del coraggio con cui l’umanità primitiva si confronta con la sua debolezza, impara a vincere con la sua astuzia e scopre mano a mano la consapevolezza del suo ruolo nel mondo. Il fuoco, elemento propulsore della trama, costituisce in tale ottica una forza doppiamente significativa: primo segno di una possibile modifica artificiale dell’ordine naturale, certamente. Ma proprio per questo, anche primissima tentazione prometeica di creature che ambiscono a distanziarsi per sempre dall’animalità, con cui – durante la storia – il rapporto sarà fondamentale.
Notevole, in questo senso, anche il confronto dei protagonisti con gli altri abitanti dell’Europa paleolitica: gli uomini di Neanderthal, per esempio, descritti in tutta la loro scioccante alterità di specie differente, eppure altrettanto “umana”, i temibili Nani Rossi, che richiamano le razze decadenti e ostili tipiche dello Sword&Sorcery. E poi ancora cannibali, tribù matriarcali…
Tutti incontri suggestivi nel loro delineare il profilo di un continente senza nome, dove in ogni luogo arde (è proprio il caso di dirlo!) una  minuscola scintilla, da intendersi come “possibilità” di civiltà, di evoluzione, importante perchè colta nel momento in cui – mentre ancora brillano gli ultimi ghiacci delle titaniche glaciazioni che durano ere – tutto  è ancora possibile, e la storia dell’umanità non è stata ancora scritta.

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Pur non essendo dunque un romanzo strettamente fantastico, “la guerra del fuoco” si qualifica come narrazione epica affine al genere per la sua capacità di generare meraviglia e paura dell’ignoto, accompagnando i lettori in uno scenario perduto e avventuroso. Sicuramente, per gli appassionati, una lettura da riscoprire.

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