Recensioni: “L’Ombra di un principe” di Caterina Franciosi

Dettagli

Titolo: “Lombra di un principe

Autore: Caterina Franciosi

Editore: Delos Digital

Collana: Heroic Fantasy Italia

Genere: fantastico orientale

Pagine: 67

Prezzo: 2,99 Euro

 

Sinossi

Di ritorno da una campagna militare lungo i confini delle terre del Huaxia, il Principe Luang-Ti scopre che la sua città e la sua famiglia sono sotto attacco ad opera di guerrieri sconosciuti. Nessuno sa che sia il mandante dell’incursione, ma Luang-Ti teme che i nemici siano alla ricerca della pergamena del Sigillo custodita all’interno del suo palazzo. Chi mai oserebbe tentare di rubare un oggetto talmente potente, sacro e prezioso? E per quale motivo?
Ambientato in un estremo Oriente magico e misterioso, L’ombra di un Principe è un’avventura epica ispirata al genere Wuxia, reso popolare dal cinema, e alla mitologia cinese, popolata da dragoni, volpi a nove code e spiriti affamati sospesi tra il nostro mondo e quello dei morti.

 

Commento

L’Ombra di un principe è il nuovo romanzo breve di Caterina Franciosi edito da Delos Digital nella collana di ebook Heroic Fantasy Italia, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver.

Si presenta fin dai primi passaggi una lettura avvincente, scorrevole e carica d’azione. Lo stile dell’autrice riesce a mettere insieme con una buona dose di maestria la narrazione dinamica delle scene di combattimento e l’introspezione del personaggio principale, che viene snocciolata tramite l’espediente del dialogo. Senza un interlocutore sapremmo poco del protagonista, non vi sono infatti particolari digressioni o paragrafi dedicati ai pensieri e alle riflessioni, ma è tutto descritto tramite espedienti e mezzi narrativi atti a non appesantire troppo la lettura e a renderla snella e cinetica, se non addirittura cinematografica in taluni passi.

L’eroe / anti-eroe protagonista è il principe Luang-Ti, del quale la Franciosi narra alcune gesta nel racconto Signore del deserto presente nella rubrica I Racconti di Satrampa Zeiros dell’associazione culturale Italian Sword & Sorcery.

L’ambientazione è l’estremo Oriente, la Cina antica, con la sua spiritualità e le sue leggende, con il suo esotismo e il suo richiamo verso ciò che è sacro e ancestrale, primordiale, talmente vecchio da risultare invisibile, non perchè dimenticato, ma perchè trasceso dal reale, dal quotidiano.

La simbologia archetipale junghiana in questo racconto è forte e di grande importanza per lo sviluppo del protagonista. Luang-Ti, da giovane principe sicuro di sé e del suo fidato generale Fang, abbiente, con una bellissima moglie e un figlio piccolo a cui riserva un futuro di gloria e onori sulla scia del proprio padre, cade in disgrazia, divenendo un guerriero senza alcuna radice, un combattente errante, un Youxia, secondo i dettami del genere Wuxia, e anche del genere fantasy spada e stregoneria. Un esercito sconosciuto di guerrieri vestiti di colori bianco e nero, che richiamano il Taijitu, il simbolo dello yin e dello yang secondo la dottrina del taoismo, attacca il suo palazzo, devastandolo. Luang-Ti perde ogni cosa. Persino sé stesso.

L’Ombra di un principe segue lo schema del “viaggio dell’eroe” di Joseph Campbell, usato in moltissimi romanzi e opere cinematografiche.

Dopo aver analizzato la figura dell’eroe nei miti occidentali e orientali, nel 1949 lo studioso americano pubblica il saggio L’eroe dai mille volti. In questo saggio Campbell, ispirandosi agli studi di Jung sull’inconscio collettivo, individua una struttura essenziale nella narrazione mitologica che prevede come modello archetipico il viaggio dell’eroe.

Christopher Vogler, dopo aver analizzato decine di sceneggiature cinematografiche, pubblicò nel 1992 il saggio Il viaggio dell’eroe, attualizzando le intuizioni di Campbell.

Tramite la scrittura, la lettura e la tradizione del mito l’uomo si estrania da  se stesso per vedere, come di fronte ad un limpido e immacolato laghetto di montagna, le sue manchevolezze e le sue brutture, i suoi difetti, ma anche i suoi punti di forza, per giungere nella caverna, che rappresenta l’inconscio, la parte in ombra della mente, e come scrive Campbell, “La caverna in cui hai paura di entrare nasconde il tesoro che stai cercando”.

Non è un caso che le avventure di Luang-Ti si concludano, durante la prova finale, in una caverna.

Dopo la prova finale vi è la resurrezione, dopo svariate peripezie e sofferenze, e nel caso de L’Ombra di un principe si tratta di perdite e di dolori molto reali, molto concreti, non si tratta di fantasmi di un passato distante che lo tormentano, ma si parla di avvenimenti che accadono durante la narrazione.

Luang-Ti parte da una condizione buona, per poi finire in catene e senza onore, rischiando di divenire folle per la disperazione. Vi è poi l’incontro con il suo vecchio mentore, Gran Maestro di un ordine monastico dalle usanze orientali, guerrieri che praticano meditazione, combattenti che prima di combattere il fuori devono combattere l’interiorità e la tentazione a lasciarsi andare alla pazzia e alla violenza insensata, anche contro loro stessi, devono dominare se stessi, prima di governare o guerreggiare contro ciò che è al di fuori.

Luang-Ti per riscattarsi deve fare proprio quest’insegnamento. Non deve riscattarsi nei confronti di nessuno in particolare, ad un certo punto della storia il lettore potrebbe non capire perchè scegliere di avventurarsi nuovamente nel mondo, quando potrebbe riposare e sostare al monastero e presso il suo anziano mentore, meditando, allenandosi, migliorandosi restando isolato dagli eventi che gli sono accaduti. Il fatto è che Luang-Ti deve e vuole combattere contro il se stesso reso folle dal dolore, vuole mettere un punto ai suoi tormenti, e la scelta di partire all’avventura scaturirà da un sogno, una visione onirica.

L’Ombra di un principe è caratterizzato da una certa vitalità nella scrittura, e dall’elemento della musica, rappresentato dal flauto che il principe ama suonare, e dal ritmo della narrazione, che sembra seguire l’andamento di un’onda. Ma non una parabola, qualcosa di più simile alle onde del mare, qualcosa di ritmicamente molto dolce, nonostante vi siano parecchie sequenze d’azione e di combattimento. L’autrice alterna momenti di calma a istanti di combattimento puro molto avvincenti e piacevoli da leggere.

Caterina Franciosi inconsapevolmente descrive già da sé il suo stesso racconto in una delle prime pagine.

“Un canto si levò allora dalle retrovie dell’esercito. Lento e nostalgico, parlava di morte e rinascita, ma anche di onore e speranza, ed era antico quanto le montagne del Huaxia”.

In questo passaggio vi è il sunto di ciò che il lettore deve aspettarsi da L’Ombra di un principe, ossia un canto che parla di morte e rinascita. Sia di morte fisica, sia di morte spirituale, di perdita di vitalità, di tristezza, di infinito dolore di un principe inconsolabile, soltanto fin quando, alla fine del racconto, non si rende conto che è il momento di lasciare andare il passato, di suonare il flauto che gli fu donato da un pastore molto tempo prima, di dedicarsi al momento presente. Un canto antico quanto le montagne del Huaxia. È così, proprio così. Quel canto che è il viaggio dell’eroe è antico quanto le montagne stesse, o meglio, quanto i primi uomini che le hanno scorte e hanno iniziato a pensare che sulle cime innevate, irraggiungibili, perse tra le nubi e i raggi del Sole più splendente, vi fossero gli dei e che loro, piccoli uomini mortali, fossero figli di quell’essenza divina.

È un’essenza divina che arriva dall’alto, ma anche e soprattutto dall’interiorità e dalla forza del protagonista, nel racconto della Franciosi. Il principe non si arrende a se stesso e ai suoi sbagli. Va avanti e combatte, eroicamente. Un eroe è tale solo dopo aver affrontato la più grande delle sfide: quella contro se stesso. Per raggiungere una conoscenza nuova e superiore Luang-Ti dovrà rendersi conto della vera natura dello yin e dello yang, del Dragone e della Fenice, che fanno parte della stessa sostanza mistica. Morte e vita sono la stessa cosa, solo il Tao che sta al di sotto, al di là, e tutto intorno e anima la storia stessa è impronunciabile e inconoscibile tramite i sensi, noi umani possiamo solo riconoscere le sfaccettature della dualità del reale. Luang-Ti durante la sua avventura scoprirà che non esiste bene o male, esiste solo l’esistenza stessa, che è un continuo fluire, nel racconto troviamo anche luoghi simbolici come il Fiume della Vita, e la stessa musica del flauto che suona il principe sembra essere legata all’essenza della storia, una storia vecchia come il mondo, ma sempre nuova, sempre bella da leggere, sempre entusiasmante da vivere. Invito il lettore a immedesimarsi il più possibile nei dubbi e nelle scelte che il protagonista deve affrontare, per poi mantenere anche un giusto distacco quando si tratta di riconoscere i simboli e gli archetipi di cui L’Ombra di un principe è pieno zeppo.

Anzitutto il titolo stesso mi ricorda l’ombra di junghiana memoria. Jung intende per ombra tutto ciò che è inconscio. Il viaggio del principe è proprio dentro la sua ombra e attraverso essa, dentro il suo inconscio, dentro la caverna e fuori da essa. Per uscirne rinato, con una nuova e più profonda consapevolezza, la consapevolezza dell’immortalità della natura del Tao, ossia tutto ciò che è oltre l’apparenza dei sensi e lo yin e lo yang. L’ombra è il lato sconosciuto di se stessi, tutto ciò che un soggetto deve ancora portare alla luce, e quando l’ombra si allunga troppo, rischia di inghiottire e inglobare la figura che la proietta, rendendola oscura, tenebrosa, sinistra, folle.

Per comprendere L’Ombra di un principe e, nello specifico, per capire l’ombra di Luang-Ti, basta leggere il racconto, L’’autrice, con maestria e sapienza, senza annoiare, riesce a inserire concetti molto complessi della filosofia orientale in sequenze d’azione e senza lasciarsi andare a troppe digressioni. Tramite i dialoghi e attraverso la narrazione visiva delle sequenze sulle quali si articola la storia, Caterina Franciosi riesce a mantenere un ritmo incalzante e scorrevole, pur inserendo argomenti che riguardano il taoismo e altre discipline dell’estremo Oriente. Tuttavia non è mai banale, né tanto meno superficiale. Anche se vengono nominati lo yin e yang, il lettore riesce a comprendere la natura della filosofia del taoismo semplicemente tramite le azioni del protagonista e dei vari personaggi, grazie appunto all’uso di simbologie e archetipi legati al folklore antico, quindi, comprensibili da tutti. Per comprensione non intendo semplicemente l’assimilazione di concetti intellettuali, ma piuttosto la sensazione, una volta finito di leggere il racconto, di aver fatto un viaggio, di essere stati trasportati in un altro luogo ed epoca, un’epoca e un luogo che forse sono solo all’interno di noi stessi, e si esplicano all’esterno tramite storie narrate nella letteratura fantastica.

Il Dragone e la Fenice sono due simboli antichissimi che riguardano la tradizione cinese, e vengono citati e rappresentati verso la fine del romanzo breve. Il drago cinese è lo yang, ossia il maschile, lo spirito fecondo e creatore, che rappresenta anche il lignaggio famigliare, simile al genius degli antichi romani, che era raffigurato come un serpente. Il protagonista quindi riacquista anche il suo titolo di principe, a livello simbolico, e a tutti gli effetti diviene, alla fine dell’avventura, un uomo consapevole e degno di governare. La fenghuang invece, la fenice, rappresenta lo yin, il femminile, che nel taoismo è anche oscurità, notte, nero, e serve a controbilanciare il giorno e la luce dello yang. Feng e huang erano termini distinti, che poi vennero assimilati in un’unica parola per indicare la medesima creatura, e la parte femminile dell’universo e della realtà fenomenica, ma anche interiore.

Oltre all’ombra, si tratta di un argomento sempre presente nei lavori di Jung. È il numen.

Jung trasse ispirazione dall’opera di Rudolf Otto L’idea del sacro relativamente al termine numen inteso come numinosum, qualunque possa esserne la causa è un’esperienza che coinvolge il soggetto e va ben oltre la sua comprensione e la sua volontà. È una qualità appartenente a un oggetto visibile o all’influenza di una presenza invisibile che causa un’alterazione peculiare della coscienza.

Il numen per il protagonista è il Dragone, simbolo della potenza dello spirito collettivo della Huaxia. Ancora oggi la Cina viene definita con tale titolo e attributo, che sta a significare Dragone. L’evento numinosum che coinvolge Luang-Ti avrà un impatto così forte su di lui che lo porterà a cambiare per sempre, e a evolversi in un essere ben lontano dall’illuminazione intesa alla maniera buddista . Infatti è ben mantenuta anche l’umanità del principe, che comunque si rivela consapevole dell’essenza del divino e dell’umano, dell’invisibile e del visibile, avendone fatta esperienza in prima persona.

Nell’ultima prova che Luang-Ti deve affrontare è come se l’intero spirito di Huaxia lo aiutasse a sconfiggere il nemico, un demone volpe, altro spirito numinosum ricorrente nei miti e nelle leggende dell’estremo Oriente. Si tratta di uno spirito spesso rappresentato come più che malvagio in senso stretto, scaltro, furbo, tentatore. È un tipo di malvagità che non ha a che fare con la violenza come volontà di dominio su qualcun altro, ma piuttosto con la manipolazione, con la magia nera, qualcosa di sinistro, di strisciante, di forse ancora più oscuro rispetto a un orco o a un troll occidentale, di demoniaco nel senso quasi cristiano del termine, un’entità che ti tenta, ti persuade, ti illude nascondendo il suo vero aspetto.

Per l’antropologo Michel Herner nel cosiddetto stato sciamanico gli esseri spirituali sono reali, godono di una condizione ontologica oggettiva esterna ad ogni ipotetica struttura mentale personale, mentre in stato ordinario possono apparire come illusioni o come mere proiezioni psicologiche.

È interessante notare come nel racconto della Franciosi il protagonista, prima di assistere e di vivere in prima persona l’evento numinosum, si ritrovi in una sorta di stato alterato, sciamanico per l’appunto, una specie di trance a metà tra il mondo del visibile e quello dell’invisibile.

Sempre secondo Herner, le strutture mentali dell’immaginazione umana aprono una porta sulla realtà non ordinaria; attraverso questo passaggio si accede al mondo degli spiriti, che si manifestano tramite immagini. È proprio tramite immagini descritte con piglio cinematografico e visivo che l’autrice riesce a raccontare dell’ombra del principe Luang-Ti nei primi capitoli, tramite il fuoco del palazzo che brucia, l’oscurità e le fredde catene della prigionia, la musicalità del flauto e del monastero. Onde lente che s’infrangono sulla spiaggia, per poi passare a descrivere valli, fiumi e montagne impervie, arrivando infine a una caverna. Essa rappresenta l’inconscio del principe, e il suo demone personale, il suo rimorso, la sua paura di perdersi di nuovo in se stesso e nella sua oscurità. Ad un tratto, il numen. Questo coincide con l’apice dell’avventura e con lo scontro finale, descritto e rappresentato con ottimi espedienti narrativi e simbolici tipici del fantasy, ma anche della letteratura greca e latina antica, la metamorfosi, che non è solo al di fuori, ma è soprattutto un trasformarsi interiormente, per quanto concerne le convinzioni e l’atteggiamento mentale e l’approccio nei confronti della vita e del mondo del principe Luang-Ti.

Ho avuto il piacere di lavorare con Caterina Franciosi ad un racconto pubblicato nella rubrica I racconti di Satrampa Zeiros dell’associazione culturale Italian Sword & Sorcery dal titolo Il Monaco e il Ronin.

L’ombra di un principe si presta ad una lettura piacevole sia per gli irriducibili dello sword & sorcery sia per i neofiti del fantastico. Il curatore del romanzo breve ha definito l’opera “dao & sorcery”, perchè il protagonista usa un dao, una sciabola cinese, non uno spada occidentale, ma il substrato è il medesimo: lo spirito che anima il racconto è lo stesso di qualsiasi racconto di Michael Moorcock o di Robert E. Howard. È quindi un’opera breve ed intensa, scorrevole, piena di riferimenti culturali che invitano alla riflessione. Mantenendo viva la curiosità del lettore rispetto al mondo del folklore dell’estremo Oriente, invogliano a leggere ancora di storie magiche. Anche se è pubblicato nel 2021 L’ombra di un principe ha sapori molto antichi, è un romanzo breve che viene da lontano nel tempo, non solo nello spazio, parla di popoli lontani ed esotici, ma anche di valori, dubbi e paure antiche ed eterne, poiché connaturate all’essere umano, alla sua forma mentis, alla sua cultura, alle sue vere radici.

È un canto che parla di morte e rinascita, antico quanto le montagne di Huaxia.

Si presenta anche come un’opera piuttosto originale, soprattutto per quanto riguarda l’ambientazione. Non sono molti in Italia a scrivere racconti fantastici con ambientazione orientale. Ho scelto di recensire L’ombra di un principe perchè mi ha colpito per i vari riferimenti culturali alla dottrina del taoismo, e anche perchè rappresenta qualcosa di originale nell’ambientazione. Proprio come Rodi – Il sorriso del colosso di Andrea Guido Silvi, edito da Italian Sword & Sorcery Books, di cui ho avuto modo di scriverne la prefazione, è ambientato nel Mediterraneo, la Franciosi ambienta il suo principe Luang-Ti nell’estremo Est; in questo modo si sono entrambi distaccati dal topos del fantasy ambientato in un occidente medievale, o celtico, o norreno, o comunque ispirato al medioevo europeo. È un topos che io personalmente adoro, ma è anche bello viaggiare lontano, sia nel tempo, sia nello spazio. La possibilità della letteratura fantasy sword & sorcery è proprio quella di poter spaziare in diversi ambiti della mitologia e del folklore, sia dal punto di vista puramente e prettamente geografico, sia dal punto di vista concettuale. Nella letteratura fantastica vi è moltissimo da esplorare e da conoscere, è possibile compiere viaggi, in un’ora di lettura si può trascendere qualsiasi limite di tempo e spazio che spesso viene imposto alla propria mente dall’abitudine del quotidiano. Tutto nel racconto della Franciosi, sebbene, ripeto, la narrazione sia molto visiva, giustamente simbolica, urla infinito. La condizione iniziale del principe sembra infinita, il suo dolore sembra infinito, il suo dubbio e il suo crucciarsi e tormentarsi sembrano non finire mai, il suo ultimo scontro sembra non risolversi per il meglio, e poi, scopre che cosa sia davvero l’infinito. Lasciare andare, e lasciarsi andare allo scorrere del fiume, essere il fiume, divenire acqua che scorre, con una certa armonia, come musica, come un flauto dolce sul far della sera, quando il principe decide di lasciare andare i suoi rimorsi e, con essi, il suo passato. Tutto questo narrato senza esitazione alcuna, e con una spinta incalzante che invoglia il lettore a leggere la pagina successiva. Ben scritto, ben calibrato, e accessibile anche a chi non sa nulla di culture orientali. Qui si parla più che altro di uomo contro fato, di uomo che assume caratteristiche divine e poteri mistici e ancestrali per sconfiggere l’inganno dell’apparenza dei demoni volpe e della magia nera. È il bene contro il male, come sempre, la luce contro il buio, ma prima il principe deve accettare la sua controparte femminile, la Fenice, e accettare sia lo yin sia lo yang. La Fenice è un personaggio femminile che nel racconto ha un ruolo fondamentale: si ritrova a scontrarsi verbalmente con il Dragone, Luang-Ti e, durante quello scambio di battute, vi è un’altra evoluzione, un altro gradino nel viaggio dell’eroe. È orgoglioso, non vuole l’aiuto di nessuno, eppure la Fenghuang lo accompagna nella sua ultima prova nella caverna, proprio perchè sa che senza lo yin, lo yang si distruggerebbe da solo, ingannato dal demone volpe. Il personaggio è quello di Wen Ju, allieva come Luang-Ti del Gran Maestro Liu-Hai.

L’Ombra di un principe si presenta come un’opera valida che riesce a soddisfare sia i puristi del genere, sia i lettori che semplicemente vogliono leggere una bella storia avvincente e piena d’azione. In poche parole, vale la lettura. È un romanzo breve, anzi brevissimo, ma pieno d’intensità e di riferimenti culturali.

Per la rubrica I racconti di Satrampa Zeiros dell’associazione culturale Italian Sword & Sorcery fu pubblicato Signore del deserto, sempre con protagonista Luang-Ti.

https://hyperborea.live/2020/02/04/i-racconti-di-satrampa-zeiros-signore-del-deserto-di-caterina-franciosi/

Sempre per la stessa rubrica nei primi mesi del 2020 venne pubblicato Il demone del fiume Chishin, di ambientazione orientale anch’esso, narrato in solitaria dal sottoscritto.

https://hyperborea.live/2020/04/07/i-racconti-di-satrampa-zeiros-il-demone-del-fiume-chishin-di-samuele-baricchi/

Leggendo il racconto di Caterina Franciosi, mi venne spontaneo chiederle di scrivere un racconto a quattro mani, avendo in comune l’ambientazione orientale e il piglio fantastico, e così dopo qualche mese venne pubblicato Il Monaco e il Ronin, che è stato anche interpretato e letto da Pilgrim – Cantastorie e i suoi collaboratori e doppiatori sul relativo canale youtube.

https://hyperborea.live/2020/09/27/i-racconti-di-satrampa-zeiros-il-monaco-e-il-ronin-di-samuele-baricchi-e-caterina-franciosi/

https://www.youtube.com/watch?v=wmEpW4FSmEw

Per ampliare il discorso sul fantasy, in questo caso però si tratta più di romanzo storico, orientale scritto da italiani cito anche un’altra autrice che ho conosciuto da poco, il suo nome d’arte è Shanmei, e questo è il suo blog.

https://iraccontidishanmei.wordpress.com

 

 

 

 

 

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