Recensioni: “La Spina di Poitiers” di Gianmaria Ghetta

Dettagli

Titolo: “La Spina di Poitiers

Autore: Gianmaria Ghetta

Collana: Heroic Fantasy Italia

Editore: Delos Digital

Pagine: 118 pagine

Prezzo: Euro 3,99

 

Sinossi

 

Un frammento di leggenda perduto. Vecchi amici e improbabili alleati. Riccardo, giovane principe d’Inghilterra, dovrà fare appello a tutto il suo coraggio per uscire vivo dalla trappola di acciaio e magia nera preparata dai suoi implacabili avversari.

Riccardo Plantageneto, figlio del Re d’Inghilterra, è un giovane impetuoso, dal coraggio sfrenato. Ancora lontano dal diventare il sovrano che passerà alla storia, per adempiere il suo destino dovrà conquistare l’imprendibile fortezza di Taillebourg, le cui mura celano nemici formidabili e poteri infernali. Saranno la furia della battaglia e una necessità disperata a spingerlo in cerca della leggendaria Spina di Poitiers.

 

Commento

 

Ci sono molti modi per leggere La Spina di Poitiers.

Uno, forse il più semplice, potrebbe essere quello di approcciarlo come una pura e semplice avventura di spada e stregoneria. Che non è poco, viste le secche in cui è incagliata tanta produzione nostrana, incapace di maneggiare questi due ingredienti senza seguire mode estemporanee.

In quest’ottica, il nuovo lavoro di Gianmaria Ghetta si inserisce perfettamente nel solco tradizionale. Inserimento che possiamo considerare ormai un bene di per sé, perché indica il perseguimento di due fini nobilissimi, al servizio del lettore: intrattenimento d’azione, e stupore per l’inserimento di magie pericolose e oscure. E’ dunque da ribadire come il prescelto ambiente medievale franco britanno – siamo nel pieno meriggio dell’Età di mezzo –  l’utilizzo di protagonisti storici pittoreschi – a partire dal celeberrimo Riccardo Cuor di Leone, in questa sede ancora lontano dalle glorie principali della sua vita – e la decisione di condire tutta la vicenda della Spina con abbondanti incursioni nelle cupe regioni della negromanzia, siano pregi che rendono il lavoro in questione una bella sorpresa per ogni appassionato di fantastico.

Ma, come si diceva, si può leggere il tutto anche da una punto di vista almeno in parte differente. Non solo quindi in termini di aderenza propositiva ai canoni di un genere, ma anche di effettiva capacità di “mettere su carta” – virtuale o meno – idee che altrimenti resterebbero meri propositi, ancorchè encomiabili. Su questo fronte, abbiamo per fortuna un altro risultato confortante.

Lontano dai legnosi stilemi – questi sì, ormai frusti – importati di peso dalla narrativa noir, che vorrebbero anche nel fantastico strutture minimali, dialoghi altrettanto secchi, e frasi di dieci sillabe, Ghetta segue la buona via di chi sa che l’italiano non è l’inglese, che un aggettivo non è un peccato mortale, e che persino un avverbio ha cittadinanza all’interno di periodi non limitati da insulsi dogmi da manuale di scrittura per principianti.

Ecco perché, forte di una ambientazione in cui l’autore è con tutta evidenza a suo agio, e che dimostra di conoscere al di là delle necessarie fondamenta di credibilità storica, La Spina… si dimostra una boccata di aria fresca per chi ama l’Heroic Fantasy fatto come si deve.

Belle le scene in cui la magia la fa da padrona: i servitori rattiformi di un empio stregone, i perversi rituali druidici al servizio di alti feudatari senza scrupoli… Altrettanto buoni i protagonisti, scritti e pensati per far bella la storia e non per diventare assurde figure pseudoreali, atte a cancellare il fantastico dal fantastico. Insomma, una prova convincente su praticamente tutti i fronti.

Se proprio – volendo concedere spazio d’ufficio al proverbiale avvocato del diavolo – bisognasse assegnarle per forza un difetto, sarebbe da identificare nei residui (davvero solo tali) di una “mancanza di cattiveria” che ancora si percepisce sul fondo della narrazione, come già successo per altre storie di Gianmaria Ghetta. Neo che tuttavia si può in questo caso attribuire al fatto non solo che conosciamo inevitabilmente gran parte del destino del Re Riccardo storico (cosa che, nonostante si stia leggendo il lato “segreto” della sua vita, la indirizza comunque su binari noti) ma anche alla contingenza del finale: abbiamo per le mani solo la prima parte della vicenda, destinata a svilupparsi in almeno altri due capitoli, e che quindi pone ora solo le basi per un intreccio che potrebbe presto vedere alzarsi di parecchio la temperatura drammatica.

Considerazione questa che possiamo associare benissimo anche alla reliquia che dona il titolo al romanzo, la misteriosa “Spina” che, come nella migliore tradizione delle avventure di stampo  cortese, assomma in sè origini, poteri e future implicazioni traendo spunto dalle più disparate tradizioni: celtica, cristiana e non solo, regalando agli amanti delle atmosfere arturiane più di un positivo deja vu.

Insomma, è proprio il caso di dirlo: “Lunga vita a Re Riccardo!

 

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