I racconti di Satrampa Zeiros: “Ysi” di Alessandra Leonardi

YSI”  – a firma di Alessandra Leonardi – è uno dei tanti bei racconti vagliati per il concorso “Sword, Sorcery and Cats”, e anche se non è risultato nel novero dei vincitori, resta una bella storia che merita a pieno di titolo di figurare nella rubrica de “I racconti di Satrampa Zeiros”.

A voi!

 

YSI

Ysi si beava del tiepido zefiro sonnecchiando sul ramo di un albero. Ogni tanto occhieggiava verso Alexios, intento a pestare erbe appena colte in un mortaio fuori dell’uscio di casa, sull’ara marmorea che avevano sgraffignato vicino a un tempio in rovina. Nel verdeggiare dei prati sotto la collina, le nuvolette bianche brucavano l’erba e belavano. Qualche uccellino cinguettava, ma lei si sentiva troppo assonnata per darsi alla caccia. Non le giungeva altro rumore, finché non iniziò a udire uno scalpiccio di zoccoli e uno stridio di ruote lungo il sentiero che portava alla loro dimora. Un fremito arcano le drizzò il pelo nero. Alexios lo percepì, perché smise di botto di battere le sue erbe e la guardò.

La gatta balzò su un ramo più alto e osservò l’orizzonte: apparvero quattro figure umane, tre a cavallo e una su un carretto, trainato da un mulo, più lento. Sentì il pensiero di Alexios irrompere tra le sue elucubrazioni:

“Saranno degli avventori, perché sei così agitata?”

“Ho delle sensazioni negative. Sono tre cavalieri in armatura e una donna su un carro.”

“Un gruppo senz’altro singolare.”

Alexios e Ysi osservarono gli uomini: avevano armature differenti, ma lo scudo era decorato con lo stesso simbolo, la lettera K dipinta di rosso con una benda nera trasversale. L’erborista si irrigidì, ma sfoggiò un sorriso dei suoi migliori quando i quattro gli si fecero davanti.

«Benvenuti, forestieri. Cosa vi porta nella dimora di Alexios? Vi occorre una pozione per rafforzare il corpo e lo spirito? Un talismano? Una maledizione contro i nemici?»

I tre si guardarono intorno, senza degnare troppo della loro attenzione il padrone di casa. L’abitazione era grande, ben tenuta, con le mura dipinte di bianco. Non si udivano rumori provenire dall’interno o dal retro, quindi era verosimilmente solo. La donna aveva un abito scuro e un himation grigio le avvolgeva le spalle e il capo; il suo sguardo nero e profondo si piantò subito negli occhi verdi del felino, due smeraldi che rilucevano di mille riflessi, risaltati dal manto nero.

«Sei dunque tu Alexios, figlio di Neokles?» chiese il più alto dei tre. Il suo accento era ateniese.

“Cosa ci fa un ateniese qui a Creta?” Alexios sentì Ysi nella sua testa.

«Confermo. Ma prego, accomodatevi. Vi offro delle olive e del vino, entro a pren…»

Il guerriero più massiccio lo afferrò per un braccio, trattenendolo. Ysi soffiò, incurvando la schiena, da un ramo più basso dell’albero in cui poltriva fino a pochi istanti prima.

«Non ci interessa il tuo cibo, stregone. Devi aiutarci come solo tu puoi fare», ringhiò il terzo uomo. Dall’accento pareva corinzio.

«Ho già esposto i servigi che posso offrirvi, cos’altro potete volere da me?»

Alexios manteneva un contegno tranquillo, ma iniziava a sentire l’agitazione crescere in lui.

La donna si fece avanti, con passo sinuoso. Si scoprì il capo; portava i capelli sciolti, liberi di scompigliarsi al soffio dello zefiro. Aveva un’età indefinibile; gli altri erano sulla trentina. Fece un cenno e l’uomo che tratteneva Alexios lo lasciò andare.

«Perdona l’irruenza del nostro compagno spartano. Il mio nome è Aglaonikes e vengo dalla Tessaglia. Loro sono Demetrios da Atene, Arkelaos da Sparta, Kleomenes da Corinto, ma tu hai capito chi siamo, anche se fai finta di niente. C’è lassù quella tua gatta che percepisce tutto e tu sei uno furbo.»

«Krypteia?» sussurrò. Alcuni esponenti della squadra segreta che si occupava delle minacce più oscure era lì, di fronte a lui.

«Sì, cretese» rispose Demetrios. «E tu sai il pericolo che stiamo per correre.»

«No, e lo dico senza mentire» ribatté, stupito. I quattro si guardarono tra loro.

«Serse sta tornando. Sta preparando un’armata infernale. I suoi maghi, tra i più potenti necromanti al di qua delle Colonne di Herakles, si sono impossessati dell’arcana formula per far tornare in vita i morti. Pensa a un esercito immenso, immortale, irrefrenabile. Morte e distruzione su tutta l’Ellade!»

Alexios percepì il tremore di Ysi e deglutì.

«E io cosa posso fare? Non conosco la formula per riportare i morti a camminare sulla terra, né quella per fermare quest’orribile orda di cadaveri.»

Aglaonikes si avvicinò, arrivando a breve distanza dal suo viso. Lo guardò storto, puntandogli un dito vicino al naso. Ysi soffiò ancora.

«Basta mentire. Tu sei in grado fare molto di più. Puoi riesumare chi porrà fine a questo assalto imminente.»

«Se non vorrai seguirci di tua volontà, saremo costretti a prenderti con la forza» ringhiò il corinzio.

Alexios sbarrò gli occhi e fece due passi indietro, verso l’uscio di casa. Arkelaos con uno scatto gli si affiancò e lo cinse con le sue possenti braccia; il mago provò a sottrarsi a quella presa, ma il guerriero era troppo forte. Aglaonikes alzò un braccio iniziando a sussurrare parole incomprensibili.

Ysi saltò giù, atterrando direttamente sul capo della maga, soffiando e graffiando. La donna cercò di scrollarsela di dosso e, imprecando, inserì la mano nel sacchetto che teneva alla cintola. Estrasse un oggetto luminescente che si levò e iniziò a roteare, sempre più velocemente. Da esso promanavano stridii e suoni terribili, e Ysi si bloccò, terrorizzata.

«Quella è una iugx!» esclamò Alexios, sbalordito. «Non ne ho mai vista una… quindi tu sei una maga tessalica», arguì.

«Hai indovinato, mago. Questa è proprio la trottola che usiamo per ricevere responsi e aiuti dalla nostra dea, Hecate.»

Una sfera di luce nacque da quella trottola, fluttuò nell’aria e si diresse verso la gatta, imprigionandola al suo interno. Ysi era oltremodo infastidita da quel frastuono e miagolava come una forsennata, impossibilitata a uscire dalla sua prigione di luce.

«Ysi! No!» fece in tempo a esclamare Alexios prima di provare un dolore lancinante alla testa e piombare nell’oscurità.

Quando riaprì gli occhi, le tenebre incombevano su di lui, pesanti e dense, quasi palpabili. Capì di essere sdraiato su un comodo giaciglio, ma quando tentò di alzarsi provò dolore alla testa e non riuscì. Sentiva la bocca secca e un odore intenso di chiuso, stantio e polvere gli riempì le narici. Rammentò subito cos’era accaduto. Si concentrò per espandere la sua coscienza, fino a trovare quella di Ysi. Dal buio emersero due occhi di smeraldo, e la gatta dai passi di piuma gli si accoccolò sul ventre. Alexios l’accarezzò e le sue fusa lo inondarono, fino a lenirgli il dolore al capo.

“Mi hai trovato subito” le disse col pensiero.

“Appena ti sei destato ho varcato i mondi di tenebra per arrivare qui. Dicevano il vero gli Egizi, nessuno può separarci.”

“So cosa esigono i nostri rapitori da me, e anche tu lo sai. Ma io non posso ricadere in quella spirale di morte.”

I suoi occhi si adattarono al buio e notò una flebile luce uscire da sotto quella che sembrava un’impannata che copriva un’uscita, in lontananza.

“Hai compreso dove siamo?” chiese alla gatta.

“Sì. E credo lo sappia anche tu. Voglio scappare da qui!”

Si alzò dal giaciglio, arrancò fino alla porta con la gatta in avanscoperta ad avvertirlo di eventuali ostacoli sul suo cammino; scostò il pesante panno e una polvere antica si diffuse nell’aria, provocandogli alcuni colpi di tosse. Il corridoio esterno era rischiarato da alcune torce. Non sapeva in quale punto preciso del Palazzo di Minosse si trovasse, di certo nella parte sprofondata; non gli restava che cercare una scalinata che lo avrebbe condotto verso l’alto.

Appena svoltò un angolo, si trovò davanti Demetrios.

«Ben svegliato, necromante. Noto che ti sei ripreso bene. Ci spiace per il colpo in testa, ma era necessario per condurti qui senza perdere tempo. Hai fame? Abbiamo cibo succulento, una bella pecora arrostita e frutta. E vino, naturalmente. Volevamo portartelo in camera, ma visto che stai in piedi vieni con me, cenerai con noi.»

«Non voglio cenare con voi! Io non posso aiutarvi. Fatemi tornare a casa mia, alle mie pozioni e ai miei talismani.»

Demetrios si accorse in quel momento della presenza della gatta.

«Come ha fatto ad arrivare qui?» chiese, esterrefatto. «Ce lo spiegherai dopo, ora andiamo. Su, salite, abbiamo anche del latte per lei.»

I tre salirono per un paio di ampie scalinate e si trovarono nell’ambiente superiore, in cui si respirava aria fresca. Il lucore lunare filtrava dal colonnato aperto sulle rovine alla loro destra. Entrarono in una sala vasta e ben illuminata da torce e lampade a olio; anche qui filtravano i raggi della luna da una parete crollata. Alexios si guardò intorno, riconoscendo i dipinti parietali così ben conservati anche se erano passati secoli e il palazzo era semidistrutto. Donne sorridenti dal seno scoperto, delfini che si tuffavano tra i flutti, scene di giovani che saltavano sui tori sembravano essere stati dipinti ieri, da quanto i colori erano vividi. Alla tavola centrale, imbandita con numerose vivande, erano seduti gli altri tre. Sul fondo della sala due asce bipenni erano incrociate su un trono di alabastro.

Un profumino di carne arrostita fece gorgogliare lo stomaco di Alexios.

Mentre si sedeva guardò storto Aglaonikes, ma la maga non distolse lo sguardo da lui, piegando anzi un lato della bocca in un sorriso sornione. Ysi le soffiò e la donna cambiò espressione, non aspettandosi di vedersela davanti.

«E tu come hai fatto ad arrivare qui?»

«La tua trottola non te lo ha vaticinato?» chiese a sua volta Alexios, ironico.

«Ben desto, o potente mago», lo accolse Kleomenes, interrompendo lo scambio di battute. «Siediti, mangia. Immagino ti sia tornata la memoria, rivedendo questo bel palazzo.»

Alexios non rispose. Aveva in effetti una certa fame e non si fece pregare, servendosi della carne arrostita a disposizione. Kleomenes versò del latte a Ysi, e anche lei bevve avidamente.

«Siete collegati, vero? C’è un profondo legame tra di voi» comprese la maga tessalica. Alexios non rispose, affondando i denti nella carne succulenta.

«Ora che ti sei rifocillato, parla. Come facciamo a risvegliarlo?» chiese Arkelaos, immobile e in silenzio fino a quel momento.

«Non possiamo» rispose, asciugandosi la bocca con un lembo dell’himation e versandosi del vino.

Con uno scatto, lo spartano sfoderò la spada balzando dietro al mago e gliela puntò al collo.

Alexios lasciò cadere il bicchiere col vino, che si sparse sul pavimento tra i cocci. Ysi soffiò e incurvò la schiena, ma non si mosse.

«Basta menzogne! Comprendi la gravità della situazione?» gridò il lacedemone. La sua voce era molto profonda e cupa.

«Sappiamo che già lo facesti, anni fa» disse Aglaonikes, iniziando a far roteare la trottola sospesa sulla sua mano destra. «Ora devi farlo di nuovo, ne va della libertà di tutta l’Ellade.»

«Se sai cosa successe, sai anche che non posso farlo… non posso dar nuova linfa a Talos!» gridò Alexios, alzandosi in piedi e battendo un pugno sul tavolo. A causa del movimento, la spada di Arkelaos sfiorò la sua pelle e qualche goccia di sangue scese sulla spalla, allargandosi sul chitone.

Demetrios fece un cenno allo spartano, che ripose l’arma e fece un passo indietro.

«Raccontaci cosa accadde» disse ad Alexios.

«Hecate non ci ha narrato tutta la storia nei dettagli» aggiunse Aglaonikes, guardando la trottola illuminarsi debolmente.

Ysi balzò in braccio al suo padrone.

«E sia» sospirò, «poiché già siete in parte al corrente della mia impresa, vi racconterò tutto. Avevo poco più di vent’anni, già mi ero distinto nelle arti erboristiche, nel creare talismani di buona sorte e lanciare maledizioni, ma volevo di più. Volevo parlare coi defunti, conoscere il passato, il presente e il futuro e mi recai in terra d’Egitto per studiare i sacri Libri dei Morti. Dopo un lungo viaggio giunsi a Tebe, dove incontrai sacerdoti e sacerdotesse che mi iniziarono ai testi sacri. Più studiavo, più la sete di conoscenza arcana cresceva in me. Un gruppetto di quei sacerdoti se ne avvide e mi parlò di testi ancora più occulti e segreti.»

I tre lo ascoltavano in silenzio. Si udivano solo il lieve fruscio della trottola della maga e le fusa di Ysi.

«Con loro iniziai a studiare non solo come parlare ai defunti, ma anche a come riportarli in vita, sebbene mai ci arrischiammo in quella pratica. Far rivivere il gigante di bronzo Talos però era sempre stato uno dei miei desideri reconditi e ne parlai con loro, che si mostrarono interessati e pensarono che fosse possibile. Quale potenza avremmo avuto con il gigante ai nostri ordini?» Alexios tossì e Demetrios gli versò del vino. Il mago bevve e riprese il racconto. «Pensammo di cacciare gli Achemenidi dall’Egitto, e poi avrei potuto riunire l’Ellade intera sotto il mio comando, e magari espanderci a Occidente… la brama di sapere e potere mi accecò, e consultammo i defunti per sapere dove fosse di preciso interrato l’antico automa.»

«Esattamente sotto i nostri piedi» anticipò Aglaonikes. Alexios annuì.

«Proprio così. Quando venne fermato per sempre da Medea e Peante, i cretesi lo seppellirono qui, a Knossos, sotto i resti del palazzo di Minosse.»

Alexios si spostò verso le grandi colonne che davano verso l’esterno. Il mago arrivò sul bordo del pavimento e si guardò intorno. Sospirò e guardò la luna crescente, quasi piena. «La mia dea ci aiuterà, non temere» gli sussurrò Aglaonikes, che lo aveva raggiunto con passo leggero, tanto da farlo sobbalzare. Il mago la guardò, dubbioso.

«Finisci la storia, necromante» disse Kleomenes.

«Io e i sacerdoti oscuri preparammo una spedizione per Creta e ci imbarcammo, con alcuni mercenari e servitori al seguito. Una volta sbarcati ci recammo subito a Knossos, qui al Palazzo, dove ci stabilimmo accampandoci nelle sale ancora agibili. Preparammo tutto con estrema cura. Il rituale durò tre giorni e tre notti, sacrificammo agli dei degli Inferi alcune persone catturate dalle nostre guardie qui sull’isola, ma il sangue sembrava non bastare mai. Alla fine usammo anche il nostro, versandolo su queste rovine e sussurrando versi arcani.» Alexios si sfiorò la cicatrice che aveva sul braccio sinistro. «All’alba del quarto giorno, mentre eravamo esausti e ormai scorati, la terra iniziò a tremare. Talos risorse dalla sua tomba, provocando ulteriori crolli del Palazzo. Ma non era come immaginavamo noi.»

«Ovvero? Parla, cretese!» esclamarono tutti.

Alexios si voltò verso di loro, il volto accigliato e lo sguardo perso nel ricordo. Accarezzare Ysi gli donava un po’ di calma.

«Il gigante di bronzo era sì bellissimo nella sua perfezione divina, ma sprigionava energie negative. I suoi occhi erano neri come il fondo dell’Ade ed emetteva un rumore inquietante. Non ci ubbidiva affatto!

Per quanto ci sforzassimo di comunicare con lui e di impartirgli i nostri ordini, sembrava come impazzito. Calpestava e calciava via le guardie e gli schiavi, tirava massi verso chi provava a scappare e uccise con una pietra anche uno dei nostri, mentre fuggivamo verso la spiaggia. Non riuscimmo ad allontanarci molto perché eravamo esausti. Mentre sentivamo i suoi passi metallici, pregammo tutti gli dei di venire in nostro aiuto.»

«Era pazzo perché la grande maga Medea tale lo rese prima che l’argonauta Peante lo uccidesse» arguì Aglaonikes.

«Non fu solo quello il motivo, compresi in seguito. Gli dei ci ascoltarono: vedemmo giungere dal mare una nave egizia, e accogliemmo sulla spiaggia i sacerdoti e le sacerdotesse che erano venuti a salvarci. Pregarono Amon-Ra e altri dei superni, utilizzarono i loro incantesimi di luce e Talos sprofondò di nuovo sotto il Palazzo, privo di vita. Comprendete perché non possiamo risvegliarlo ancora?»

I quattro si guardarono, perplessi.

«Ma ora ci aiuterà Hecate, e pregheremo Athena, Zeus, Hera, Apollo e tutto l’Olimpo affinché i nostri incantesimi abbiano esito positivo.»

«Nostri?»

«Miei e tuoi. Non ne possiedo che una versione incompleta.»

«Oh, no! Io non pronuncerò mai più quegli incantesimi!» Ysi miagolò e lui accarezzò il suo serico manto nero. «Anche volendo non potrei. Lei è la mia guardiana, impedisce alla mia mente di ricordare quelle oscure parole. Mi è stata donata da una sacerdotessa di Bastet, una delle nostre salvatrici, un regalo della dea gatto egizia per me. È divina, sapete» disse, stringendola. «Mi spiegò che grazie a lei sarei tornato la persona che ero, e che non avrei più ricordato quell’empio rituale.» La sua mente andò a quel momento, in cui la sacerdotessa, sinuosa e bellissima, le porse la gatta. Avevano gli stessi occhi di smeraldo; appena prese la micia, una sensazione di benessere lo pervase. Comprese in quel momento che sarebbero stati inseparabili.

«Non costringerci a ucciderla! Le truppe del re persiano stanno per partire e spargeranno sull’Ellade morte e disgrazia!» ringhiò Arkelaos.

«Stavolta andrà diversamente, i nostri scopi sono diversi da quelli che avevate voi» aggiunse l’ateniese, smussando le crudeli parole dello spartano.

«Non verseremo sangue, la luce della iugx che mi ha donato Hecate ci aiuterà» aggiunse Aglaonikes.

«Anche se potessi aiutarvi, Talos è folle. Non vi ubbidirà! Esso inoltre ha bisogno di icore per funzionare. Aveva una vena in cui scorreva sangue divino che gli permetteva di muoversi, la stessa vena scoperta sulla caviglia che Peante colpì con una freccia. Ecco l’altro motivo per cui non funzionò. E infine non ricordo più le formule. Non c’è una soluzione.»

“C’è” disse Ysi. Alexios rimase basito.

“Che vuoi dire?”

“Rimuoverò i muri che ho eretto nella tua mente e potrai pronunciare quelle formule. La situazione ora, invero, è differente.”

“Ma…” Alexios non finì il pensiero che percepì una cortina spezzarsi nella sua mente, e mille e mille parole occulte si disvelarono come un fiume in piena, mentre il suo corpo s’immobilizzò.

Aglaonikes capì.

«Non c’è bisogno di sangue divino, basterà la luce di Hecate insieme alle nostre parole!» esclamò.

 Prese la sua trottola e la lasciò fluttuare a mezz’aria, tra le sue mani. L’oggetto cominciò a roteare, diventando sempre più luminoso e rumoroso. La luce si rifletteva sul volto della donna, rendendolo spettrale.

La trottola diventò enorme, una sfera di luce pulsante che si mosse verso le macerie davanti a loro. La maga attaccò a pronunciare ritmiche frasi incomprensibili, e Alexios si unì alla sua voce. Le loro parole s’intrecciavano l’una con l’altra, i versi diventavano cadenzate armoniche in un crescendo di suoni mistici. L’atmosfera era satura di energia, che scompigliava i capelli di Aglaonikes.

La terra iniziò a tremare. Ysi miagolò spaventata; il cuore di Alexios iniziò a battere più forte. Dei calcinacci iniziarono a cadere sulle loro teste, ma restarono fermi: innanzi a loro si stava creando una fossa nel terreno che, aprendosi, risucchiava i detriti.

Lenta, una testa bronzea sbucò, e pian piano l’automa salì dal sottosuolo. Il sole, appena sorto dietro di lui, accese mille sfumature lucenti sul suo corpo modellato alla perfezione da Hefestos nelle sue fornaci.

Lo stupore lieto del gruppo si mutò ben presto in orrore.

Il gigante di bronzo Talos non fu l’unico a tornare dagli abissi di Ade.

Intorno a lui uscirono dalle pietre e dai detriti figure semiumane, scheletri da cui pendevano brandelli di pelle marcia e cadente, molti con parti del corpo mancanti; alcuni erano in parte vestiti chi con armature, chi con semplici chitoni stracciati. Le loro orbite erano vuote, eppure gli sguardi di morte raggelarono tutti.

«Chi sono quelli?» ringhiò Demetrios, afferrando la spada, imitato da Kleomenes; Arkelaos studiava la situazione, mentre Aglaonikes restò paralizzata dallo sconcerto. L’automa, uscito dalle profondità del suolo per intero, non si muoveva.

«Dalle armi che portano sembrano gli uomini che morirono nella mia scellerata missione di tanti anni fa, i nostri soldati. Gli altri sono di certo i servitori e gli uomini del posto…tutte persone che vennero uccise dall’automa, quelli che non finirono del tutto polverizzati. Ve lo avevo detto che non avrebbe funzionato! Questi incantesimi sono troppo pericolosi» ribadì il mago cretese.

«Talos è immobile, è sorto dal sottosuolo ma non c’è vita in lui. Abbiamo risvegliato solo quei cadaveri desiderosi di vendetta!» esclamò Kleomenes, mentre i morti ambulanti si muovevano verso di loro, camminando in maniera raccapricciante.

«Questi sono simili agli orrori che ha risvegliato Serses… Immagina un immenso esercito di non morti come questo che avanza verso l’Ellade! Come possiamo fermare chi è già morto, se non riducendolo in poltiglia come solo Talos potrebbe fare?» chiese Aglaonikes, rivolgendosi concitata ad Alexios.

«La tua iugx è servita a poco, unita alle nostre parole ha avuto effetto solo su questi cadaveri che desiderano portarci con loro» mormorò lui, in tutta risposta. «Ti ho detto che senza icore non avrebbe funzionato.»

Una di quelle creature era già arrivata nei loro pressi. Arkelaos corse ad afferrare una delle asce bipenni che erano incrociate sul trono di Minosse, poi tornò sui suoi passi e saltò sullo scheletro con un urlo belluino. Tranciò la sua putrida testa con un sol colpo. Il non-morto decapitato restò immobile qualche istante, poi alzò un arto rinsecchito e cercò di colpire lo spartano, che riuscì a parare col suo scudo nonostante lo sconcerto. Anche gli altri due guerrieri si gettarono nella mischia, mentre Aglaonikes faceva in modo che dalla sua trottola, rimasta ad aleggiare sopra tutti loro, uscissero sfere di luce per imprigionare gli scheletri ambulanti.

Questi erano però in gran numero e benché venissero colpiti più volte, non si decidevano a diventare polvere, mentre le sfere di Aglaonikes non erano sufficientemente resistenti. Il clangore di spade e scudi risuonava tra stridii di denti e di ossa, mentre un putrido odore di morte si spargeva davanti ai resti del Palazzo di Minosse, abbracciando i vivi come in una danza fatale.

“Che facciamo, ce la svigniamo?” Alexios mandò il pensiero alla sua gatta.

“Ma cosa dici? Dobbiamo aiutarli… dobbiamo salvare l’Ellade! Cosa faremo se un’orda infinita di questi esseri ci travolgesse? Non ci sarebbe scampo!”

“E cosa dovremmo fare? Talos è sorto ma non si è risvegliato del tutto e non trovo nella mia mente formule per fermare i cadaveri.”

“Non servono quelle parole. Il gigante di bronzo ha bisogno di sangue, sangue divino, lo sai.”

I non morti avevano accerchiato i tre combattenti della Krypteia, che ora stavano spalla contro spalla. Erano feriti e anche se più veloci e potenti dei cadaveri ritornati, questi sembravano impossibili da fermare.

“E dove lo troviamo? Al mercatino?”

“Non fare battute di spirito. Sai bene a chi mi riferisco.”

Alexios la fissò nei lucenti occhi smeraldini. Un brivido corse lungo la sua schiena.

“No, non esiste proprio.”

“Non c’è scelta. Io sono una creatura divina, figlia di Bastet, e l’icore scorre nel mio sangue. Mi immolerai e userai il mio sangue per far rinascere Talos. Così non sarà pazzo e ubbidirà ai tuoi ordini.”

“Non lo farò. Non voglio separarmi da te!”

“Ma io sarò sempre con te, non ti lascerò mai anche se sarò altrove. Presto, i cadaveri viventi stanno sovrastando i nostri guerrieri!”

Alexios imprecò e col cuore in frantumi si diresse verso l’immoto gigante, passando di lato in modo che non fosse notato da nessuno. Aglaonikes, invece, se ne accorse e quando vide il mago nei pressi del tallone di Talos abbracciare la gatta, depositarla al suolo con cura e poi il lampo di un coltello, comprese tutto. Direzionò le sfere verso i cadaveri che li stavano raggiungendo per rallentarli il più possibile, in modo che il cretese potesse compiere il suo rituale indisturbato.

La mano gli tremava; esitò a lungo.

“Forza amico mio, colpisci! Fa’ che il mio icore fluisca nelle vene di questo automa, donagli nuova vita, lancialo contro le infime truppe persiane!”

La mano di Alexios scese su Ysi.

«Addio, mia amica e protettrice. Grazie per tutto quello che hai fatto per me e per ciò che stai facendo per l’Ellade.» Mentre le lacrime gli annebbiavano gli occhi, prese la vena del gigante tranciata sin dai tempi del Mito, la inserì nella ferita e il sangue divino iniziò a fluire.

«Forza, resistete!» strillò Aglaonikes ai tre guerrieri allo stremo. Kleomenes cadde ferito mortalmente, mentre Arkelaos e Demetrios resistevano riparati dai loro scudi, sul punto di cedere alle abominevoli orde.

Talos brillò al sole e i suoi occhi spenti presero vita, illuminandosi.

«Presto, distruggi questi cadaveri che camminano… te ne prego!» gli urlò Alexios, la voce rotta dal pianto.

L’automa gli obbedì e, sferragliando, si mosse. Con i suoi enormi piedi polverizzò tutti i putridi esseri risorti dal sonno eterno in pochi istanti, mentre Arkelaos e Demetrios prendevano il corpo dell’amico e raggiungevano Aglaonikes.

Alexios restò a guardare i baluginii del sole sulla pelle bronzea dell’antico automa, in ginocchio tra le rovine. Poi spostò la sua attenzione su Ysi. Il corpo della gatta svanì in una polvere d’oro, che scese su di lui. Restò senza parole.

***

Davanti alla pira funebre di Kleomenes, i compagni decantavano le sue gesta eroiche, mentre Alexios sedeva su un masso. Si sentiva smarrito e solo e fissava il fuoco che ardeva, in silenzio. Quando anche Kleomenes divenne cenere, Aglaonikes si avvicinò e gli pose una mano sulla spalla. 

«Cretese, ho compreso il vostro sacrificio, tuo e di Ysi. Avevo capito che era una creatura speciale, ma non fino a questo punto.»

«Si è immolata per un bene superiore, quello della libertà della nostra Ellade. Ma cosa farò io senza di lei?» chiese il mago, fissando il gigante che era rimasto in attesa di ordini, col bronzeo volto girato verso di lui.

Gli parve di vedere uno scintillio smeraldino nei suoi occhi.

Una voce amata risuonò metallica nella sua testa.

“Quando iniziamo a combattere i Persiani?”

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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