Prosegue la serie di articoli dedicati alle ambientazioni fantastiche, sia in senso lato che in riferimento a scenari specifici. Stavolta è il turno di Thanatolia, terra di morte (e di morti) ideata da Alessandro Forlani e Lorenzo Davia, intervistati per l’occasione da Samuele Baricchi.
L’ambientazione nella letteratura fantastica quanto influisce nella costruzione di un romanzo o di un racconto? Spesso ci si rifà ad elementi storici o proto-storici usandoli come background di una storia con elementi fantasy, quanto è collegato il romanzo fantasy al romanzo storico?
Alessandro: L’ambientazione in letteratura – non solo quella fantastica – è un elemento fondamentale. L’ambiente determina il carattere, l’aspetto, le abitudini, le competenze, il linguaggio, il modo di pensare e il conflict dei personaggi. È naturale che un autore si ispiri alla propria esperienza o le proprie letture per creare mondi “altri” dal reale, ed è vero che questi mondi sono spesso un melting pot di culture, civiltà e geografie diverse. Con ciò, un mondo anche fantastico deve essere coerente e verisimile. Quanto più un romanzo fantasy intende imitare o evocare un contesto storico reale, tanto più la scrittura di quel romanzo è vicina alla scrittura del romanzo storico.
Lorenzo: Se ho capito bene la tua domanda, possiamo avere due casi. Nel primo il romanzo fantasy è ambientato in un periodo storico preciso, dove l’autore va ad aggiungere gli elementi tipici del fantasy inserendoli negli interstizi più oscuri: si affianca la storia nota con quella immaginaria. Si deve conoscere però la Storia (quella con la S maiuscola) e si devono conoscere i buchi lasciati dalle cronache, dalle testimonianze, per poterli riempire a piacimento.
Nel secondo caso il mondo è completamente immaginario, ma gli elementi base per la sua costruzione derivano da periodi storici reali. È inevitabile. Quando l’autore costruisce il suo mondo non può fare a meno che dipingerlo con i colori che già possiede, con le parole, le estetiche alle quali è stato esposto fin dalla nascita.
Il genere fantasy è un modo di rinnovare miti e archetipi antichi, anche tramite i suoi luoghi? Una mappa, un mondo può rappresentare il mondo psichico interiore dell’autore o vi è un completo distacco tra il romanzo e l’autore?
Alessandro: Credo che tutto ciò dipenda solo dall’autore. C’è appunto chi si pone come scopo quel rinnovare miti e archetipi antichi cui tu ti riferisci, c’è invece chi persegue il “semplice” intrattenimento – e ciò potrebbe anche prevedere il dissacrare quegli archetipi e miti. Una “mappa” può essere allo stesso modo una forma di rappresentazione dell’Io (di me, per esempio, hanno detto che scrivo “di labirinti e deserti”), una insolita, parodistica, metaforica “veduta” del nostro mondo oppure un foglio esagonato per avventure da Advanced D&D.
Lorenzo: Penso che l’autore crei la sua storia fantasy in primo luogo nella sua mente; una mappa del mondo fantasy quindi risente di come la mente dell’autore è abituata a ed è capace di mappare l’ambiente circostante. Culture diverse si creano mappe mentali diverse dello spazio che occupano nel mondo. Esistono perciò diverse concezioni di spazio: c’è quello mitologico, che sottende a uno schema concettuale dell’esistenza; c’è quello pragmatico, dove vi avvengono le attività pratiche.
Lo spazio mitologico, a sua volta, può essere di due tipi: una zona sconosciuta attorno allo spazio pragmatico conosciuto, il famoso Hic Sunt Leones, oppure un luogo separato ma appartenente alla visione del mondo, per esempio l’Aldilà di molte culture. Questi modi di rappresentare lo spazio e i luoghi reali influenzano l’autore nella sua creazione degli spazi e luoghi immaginari. Ne influenza anche la rappresentazione del tempo, fortemente connessa con quella dello spazio. I Pigmei del Congo – che vivono tutta la loro vita nella foresta, senza mai vedere il cielo, senza mai vedere uno spazio aperto, vivono in un luogo che non cambia – hanno una concezione del tutto diversa del tempo e la loro mitologia (e questo è l’elemento che ci interessa dal punto di vista narrativo) è priva di qualsiasi storia sull’inizio e la fine del mondo.
Spesso ci si rifà ad elementi storici o proto-storici usandoli come background di una storia con elementi fantasy, cosa ne pensate al riguardo? Quanto è connessa la letteratura fantastica alla storia, e quanto al mito e all’immaginazione umana?
Alessandro: Se un romanzo o un racconto è scritto bene, gli elementi storici o proto-storici aggiungono interesse e mi insegnano qualcosa. Al contrario trovo molto fastidiosa la fiction dozzinale e scritta male – e intendo davvero male – che pretende di aver valore per nient’altro che elencazioni di fatti, nomi e dati storici suggestivi. Riguardo alla connessione con la storia, il mito e l’immaginazione credo – come sopra – che ciò dipenda solo dagli intenti dell’autore.
Lorenzo: “Quanto” è connessa, come domanda, implica una valutazione quantitativa. Penso che in questi casi sia più importante una valutazione qualitativa della connessione tra gli elementi citati. L’autore vive la sua vita esposto a una serie di stimoli: le storie che legge (scritte da altri autori e pubblicate dagli editori), quelle che vive lui personalmente, la Storia della sua vita, della sua famiglia, della sua città e del suo paese e del mondo tutto, i miti ereditati dalla cultura dove è cresciuto e quelli di altri popoli che ha appreso. Tutto questo fornisce un humus dal quale si estrae una storia fantasy, che a sua volta verrà letta da editori e lettori che la interpreteranno a partire dalla loro esperienza della Storia, del mito etc… Una buona connessione tra questi elementi permetterà alla storia di avere senso e risonanza per il lettore: dicendogli qualcosa sul suo mondo.
A cosa può ambire il genere fantasy, dal punto di vista puramente creativo, ad oggi? Le possibilità del cinema sono immense, ma io penso anche al teatro e alla musica, vi sono svariati gruppi musicali, soprattutto metal e hard rock, ma non solo, che s’ispirano alle ambientazioni e ai luoghi e all’atmosfera di autori del fantastico per trasporre in musica le sensazioni e il background che si respira leggendo fantasy. Cosa ne pensate di questa trasversalità tra le varie arti, scritte, audiovisive e puramente musicali, di cui fa parte anche il genere fantasy?
Alessandro: Io insegno sceneggiatura e drammaturgia multimediale, quindi per me la crossmedialità è una forma naturale di pensiero. Leggo film, guardo libri e applico alla pagina del romanzo ciò che imparo da quei testi. Scrivo prosa in ottonari pensando al cinema, allo script; e vivo le mie partite a Warhammer 40.000 come la trasposizione su un tavolo da wargame tridimensionale di scene di battaglia che sto scrivendo o forse scriverò (non a caso il mio ultimo romanzo: Memorie di un colonnello di soldatini).
Lorenzo: mi piace a questo proposito ricordare l’esperienza dei Rhapsody of Fire, gruppo metal fondato nel 1997 da alcuni miei concittadini. Nell’arco di una ventina d’anni e una decina di album hanno portato avanti una saga epic fantasy cantata in lingua inglese e suonata in stile “symphonic power metal”, con tanto di Christopher Lee come guest star nell’album The Dark Secret. Ora, questo album è del 2004 e Lee era appena uscito dalla sua esperienza nel Signore degli Anelli, e sebbene l’album non abbia relazione con questa opera (se non la generica ispirazione che potrebbe dare a qualsiasi autore) c’è stata questa interessante intersezione tra la musica dei Rhapsody e la più nota saga fantasy.
Il fantasy, e più in generale la fantasia, funzionano così: si mettono assieme le fonti in maniera personale, fregandosene spesso di copyright e continuity e tutte altre costruzioni umane che sembrano fatte per limitare la creatività. È un po’ come da bambini, quando si avevano i pupazzetti di Guerre Stellari, i robot di Transformers e i LEGO, e non te ne fregava niente di proprietà intellettuale e cose simili e giocando ti creavi le storie con dentro tutti.
Come collocate il mondo di Thanatolia nell’universo del fantastico, quali sono i vostri spunti e i vostri autori che più vi hanno influenzato e spinto verso l’arte della scrittura?
Parlateci di Thanatolia più nello specifico, qual è lo spirito che anima quel mondo e di come è avvenuto il processo di costruzione del mondo e dell’ambientazione, quanto ha influito l’immaginazione personale, quanto i gusti personali, quanto le letture svolte e gli studi, quanto l’intuizione, quanto la pura creatività?
Alessandro: Thanatolia è un progetto di scrittura collettiva a cui hanno aderito molti autori italiani. È ormai dal 2016 una realtà nell’ambito della nostra narrativa fantastica, accanto a progetti quali Bracalonia, Raines Quest, Ignoranza Eroica o (per altri generi letterari) l’esperienza della Nuova Carne o del Connettivismo. Non a caso molte voci frequentano più di una di queste realtà. È un progetto che abbiamo creato insieme, ma la scrittura di Lorenzo e la mia restano molto diverse, sotto tutti gli aspetti: forse è per questo che abbiano deciso di spartire il Continente dei Cimiteri in due zone di influenza, ciascuna riferita alle uniche due città sulla mappa – Handelbab e Tjaratur – che raccolgono entro le loro mura i nostri rispettivi immaginari. La mia scrittura fantastica nasce da e si riferisce tuttora a letture anche molto lontane dal fantasy (per esempio la musica barocca, la poesia di autori quali T.S. Eliot o W.B. Yeats, il cinema, il wargame, la narrativa americana contemporanea…): ciò fa sì che la “mia” Thanatolia sia sì il luogo delle avventure puramente grimdark e sword & sorcery di personaggi quali Malqvist, Efrin e Francesca (La scure e i sepolcri; Arte e acciaio), ma anche un luogo di sperimentazioni letterarie e fantascienza sociologica (T). Soprattutto, nelle vaste e potenzialmente infinite distese del Continente dei Cimiteri mi sento creativamente molto più libero che in altri progetti in cui sono stato coinvolto (antologie tematiche, ecc.), e “contamino” volentieri le storie di necromanti e guerrieri con elementi esoterici e satirici.
Lorenzo: Thanatolia è un mondo di cimiteri, un intero continente adibito alla sepoltura di cadaveri. È un mondo morto, dove si sopravvive saccheggiando le antiche tombe e rubandone i tesori. È un’attività rischiosa: le cripte sono custodite da mostruosità e i tombaroli hanno un’aspettativa di vita molto bassa. Ma dopotutto, è quello che fanno sempre gli esseri umani: sopravvivere oggi in un mondo ricoperto di reliquie del passato. Vale anche e soprattutto come autori: la letteratura, fantasy o meno, è fatta di saccheggi, riferimenti, prestiti, furti di opere del passato. Le opere del passato sono tombe da saccheggiare, ma anche qui si rischia molto…
Da piccolo, quando nel Giorno Dei Morti si andava a fare visita ai parenti trapassati, mi sorprendeva sempre la struttura del cimitero cittadino. C’era la sezione anglo-americana, quella serba, croata e slovena, il cimitero ebraico e quello musulmano; nomi in più lingue ed alfabeti di quanti ne avrei mai potuti imparare. Segno di una precisa storia di confine e intersezione di popoli della mia città natale, Trieste. Thanatolia è simile, e il lettore attento troverà le tracce di grandi autori quali Lovecraft, Howard, Leiber… e tanti altri. Se poi questi resti sono stati preservati religiosamente o profanati, dipende… Thanatolia è un progetto open source al quale chiunque può contribuire. Basta scrivere una storia e trovare qualcuno abbastanza audace da pubblicarla.
E Laurasia invece, Alessandro? Si basa su di un’ambientazione realmente esistita, uno scenario antichissimo, si può considerare una sorta di cronaca storica creata ad arte e mescolata con elementi immaginari di un periodo di cui non abbiamo alcuna testimonianza?Mi ha colpito molto lo spirito, l’atmosfera, è qualcosa di pulsante e vivo, è una specie di richiamo verso ciò che di più è antico nell’essere umano e nella terra.
Alessandro: Laurasia è un lavoro su commissione. L’idea di ambientare il romanzo in quell’antico continente, e di rendere protagoniste tre razze pre-umane, è di Francesco La Manno. Poiché come tu dici le uniche illazioni su civiltà che avrebbero abitato la Terra al tempo di Laurasia si fanno in ambito esoterico, La Manno mi ha lasciato totale libertà nel processo di worldbuilding. Ho cercato di immergere il lettore in un mondo che definisco ciclopico, abissale e alieno nell’accezione lovecraftiana di questi termini.
Credete che nell’inconscio vi siano queste immagini ancestrali, queste atmosfere, comprese quelle della vostra Thanatolia, che vengono alla luce tramite la creatività espressa nella stesura di un romanzo fantastico? Cosa ne pensi di quest’argomento, l’inconscio collettivo e individuale intimamente connesso al mito, alla storia, e si potrebbe dire anche al genere fantasy?
Alessandro: Questa è una domanda la cui risposta, per quello che mi riguarda, è più nei miei romanzi e racconti che in quanto potrei qui dire!
Lorenzo: Penso che le immagini che un autore inserisce nelle sue opere provengano in primo luogo dalle sue esperienze di vita (che comprendono, ovviamente, anche le letture e l’esposizione alle immagini di altri autori), da quello insomma che la cultura nella quale vive è stata capace di mettergli davanti. Esistono immagini ancestrali, archetipiche? Non lo so: se esistono, sono talmente eteree e distaccate da qualsiasi rappresentazione terrena che quando l’autore dà loro forma prende comunque a piene mani dai suoi ricordi e conoscenze personali. So che c’è questa idea sottoscritta da molti dell’esistenza di un mito che vive nell’inconscio collettivo umano e periodicamente si manifesta: personalmente preferisco pensare in termini di sano (almeno per me) materialismo storico.
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