Potrebbe ingannare il fatto che Karl Edward Wagner abbia scritto dei romanzi che offrono una lettura rapida e piuttosto praticabile da chiunque sia in grado di apprezzare una letteratura Fantasy di qualità – cosa che tuttavia non è scontata e che già restringe il cerchio – e indurre sicchè a pensare che la copertura dei suoi argomenti in una chiacchierata, recensione, analisi o saggio sia il più naturale frutto d’una risposta a delle domande semplici:
“quanto valgono i libri di Wagner e la Saga di Kane? È bella oppure no? Che peso ha avuto nella letteratura fantasy?“
Se fossero quindi domande “semplici” poste in un bar, in biblioteca, in alcune circostanze universitarie che tendenzialmente si sopravvalutano rispetto all’effettiva portata dei contenuti, in un forum o in un gruppo di facebook potremmo dare una risposta altrettanto semplice senza allontanarci in fin dei conti da una conclusione veritiera:
Karl Edward Wagner è un notevole scrittore di Fantasy Eroica e Horror, autore di buonissimi romanzi e ottimi racconti.
Tuttavia, riterrete e non a torto una risposta del genere poco soddisfacente. Cerchiamo di fare ancora finta che quella su Wagner sia una domanda semplice e andiamo più a fondo, anche se semplicemente.
Karl Edward Wagner decide di lavorare su presupposti molto complessi per creare l’alchimia che anima un personaggio di un Heroic Fantasy e Sword and Sorcery, dovuti al fatto che Kane non ha solo una straordinaria prestanza fisica, ma anche una capacità di spadaccino di gran lunga superiore a quella d’un cavaliere ben addestrato, ottime conoscenze delle arti magiche, raffinate abilità strategiche, una arguzia incline alla manipolazione e al tradimento che a completamento delle altre caratteristiche comporta un istinto di sopravvivenza non molto diverso da quello d’un predatore all’apice assoluto della catena alimentare; contando però che tale catena alimentare in cui agilmente si muove questo “leone dal rosso crine ” si chiama “destino”. A questo è da assomare una determinazione arcigna come quella d’una bestia alla stessa modalità predatoria di quella leonina summenzionata, un levigato bagaglio culturale che l’abbrutirsi delle epoche non ha dissipato, una saggezza prismatica ed esperta, non volta all’indagine morale e alla ascesi, nè al melanconico immobilismo decadentista d’un immortale Nosferatu, bensì una sapienza funzionale ad una ferrea logica di supremazia in un mondo antico e barbarico. Per riassumere: una forma di saggezza, sapienza e contenuto personale che consiste effettivamente in una risposta coerente rispetto ad un uomo e guerriero dall’esistenza immortale, che ha avuto a che fare con questioni ultraterrene e cammina da solo lungo le ere che scorrono… e lungamente scorrono, sotto il ritmo di tempi dove civiltà, città stato e regni decadono e sorgono. Ovviamente, una costellazione di capacità così vasta deve adagiarsi su una psicologia in egual modo adamantina e non può esser certo compatibile con qualcuno che sia simile all’impiegato Demetrio Pianelli. Per questo comprendiamo bene che Kane è un tipo di personaggio legittimato ad esser tiranno nel proprio destino come un Leone lo è nella savana.
Sotto certi aspetti è pertanto naturale considerare Kane come l’ultimo stadio evolutivo e più estremo dell’antieroe di un Heroic Fantasy a partire da Conan il Barbaro. Se il personaggio di Howard basa il suo antieroismo – o eroismo non civilizzato, in base a come si orienta la propria analisi – recidendo del tutto i legami con l’Heroic Fantasy di stampo britannico e con i “tormenti” del romanticismo – armi o spade simbolico-talismaniche; status di “predestinato” e simili; storie d’amore preponderanti e quasi sempre di matrice gotica, e altre componenti di stampo romantico – Kane estremizza ancor di più il distacco non solo con i tropi romantici, ma anche con la componente del destino che agisce sulle suggestioni interne e esterne dell’eroe in una saga epica o Fantasy. Kane è esso stesso il suo destino, ancor più nell’avere un’entità personale derivante da un “cainita peccato originale” che è appunto sorgente delle suggestioni e della visione imperitura che risale al contatto con Dio, dal quale scaturisce tutto il suo contenuto personale. Ed è per questo che non si ritiene affatto erroneo ribadire che per Kane, il Destino è semplicemente la “catena alimentare” di un Leone dal crine rosso.
Tra i più noti, Michael Moorcock ha commesso senza dubbio le infrazioni più gravi riguardo alla tradizione epico-romantica sia nel ciclo di Elric che che in quello di Corum dove i talismani sono tutt’altro che limitati alla sola spada. Gli eroi di Moorcock sono tuttavia ugualmente regolati sui tormenti romantici seppur quest’ultimi siano estremizzati: l’amore “gotico” e quindi tormentato, ostacolato, soggetto a traumi e separazioni diventa vieppiù tragico se non addirittura carnefice e fatale; le armi talismaniche non armonizzano l’eroe con il propio destino, completando le sue capacità e diventando la fortuna che un audace merita di avere per le sue imprese impossibili, bensì sono più simili allo scender a patti col demonio dalle cui delizie si rispecchiano altrettante croci. Si è quindi d’accordo che Moorcock abbia estremizzato i tratti romantici al fine di rendere disarmonici i propri eroi con il loro destino, tuttavia, contrariamente ad Howard che invece in Conan ha operato una vera e assoluta rescissione dal romanticismo, non si riscontra in Moorcock una rinuncia assoluta dai tormenti romantici, bensì una interpretazione estremizzata compatibilmente ad un antieroe.
Wagner invece recide ancor più irreparabilmente da quei legami romantici pertanto il termine di paragone e l’eredità di Kane diventano incongrui – sebbene siano ovvie le implicazioni – perfino con il riferimento di Conan il Barbaro, trovando altresì degli omologhi in soggetti come i più ovvi e dichiarati: Il personaggio biblico Caino o Melmoth l’Errante di Charles Maturin, ma anche con alcuni non presi in esame come l’Ebreo Errante della leggenda di probabile origine medievale, usato da Gustav Meyrink ne il volto verde o da George Du Maurier per un personaggio come Svengali. Nondimeno si potrebbe pensare su questa linea a Dracula di Bram Stoker, e nel ritornare alla mitologia, un soggetto poco citato e appartenente al mondo celtico, l’interessante Tuan MaC Cairil. Kane non è quindi un antieroe ma il prodotto del canone ribaltato da parte di Wagner, vale a dire un malvagio e probabile nemico degli eroi, un brutale guerriero indomito e assassino dagli occhi che brillano gelidi e che potrebbe essere l’antagonista in ogni saga fantasy, ma nel suo ciclo è l’incontrastato protagonista. L’elemento di rivisitazione biblica, le approntature lovecraftiane e l’influenza howardiana formano un complesso di pre-requisiti fondali che assurgono al ruolo di nucleo di sorgente creativa che esiste sempre, quale che sia il periodo storico o il phylum all’interno della Fantasy. E’ il medesimo ruolo delle “anticamere poetiche” per gli autori britannici come Tolkien, o il complesso totemico-mitologico “svilito” a mitologia dell’ incubo di Lovecraft, o “l’epos lovecraftiano” per Kuttner e così “l’anti-epica dello spleen” per Clark Ashton Smith. Potremmo continuare ancora, ma è opportuno chiudere con un esempio più vicino anche se non del tutto contemporaneo con Wagner: la rivisitazione semplificante di David Eddings riguardo i costrutti di Tolkien e della Fantasy britannica in generale. Eddings non è certamente un esempio casuale, in quanto è lui il reale concorrente di Wagner per la sua epoca, essendo ciò che di più lontano possa mai esservi ma accomunandosi per il fatto di aver infuso della “modernità” nella Fantasy, cosa che vedremo meglio dopo e forse più approfonditamente in futuro.
Non di importanza inferiore a questa premessa focalizzata sul personaggio di Kane è l’inclinazione che rappresenta il punto di maggior pregio di Karl Edward Wagner, ossia la notevole capacità di approfondire gli scenari e le circostanze con descrizioni organizzate ed eseguite alla perfezione. Che siano paesaggi ampi come montagne, paludi o boschi; o ristretti come castelli, torri, edifici o sentieri intricati, si riscontra una ammirevole, invidiabile ed efficacissima meticolosità nelle descrizioni e ciò fa si che Wagner riesca sempre ad approfondire gli scenari dove Kane muove i suoi passi senza rendersi tuttavia ostico quando vi è l’esigenza di una maggiore pignoleria. Questa abilità aiuta molto la riuscita delle sue narrazioni ed è uno degli inossidabili punti di forza dello scrittore.
E qui si potrebbe concludere la risposta semplice nel caso le domande fossero altrettanto semplici.
Prima di completare il tutto con le risposte “più difficili” è il caso di esplorare un po’ meglio il Ciclo di Kane. Forse, nel tentativo di descriverlo, si cercherà di non esagerare con l’analisi che è più opportuno destinare alla parte finale, ma attenzione: proprio descrivendo brevemente il Ciclo di Kane solleveremo volenti o nolenti tra le righe le “domande complesse”, sperando poi di offrirvi anche opportune risposte.
In Le Trame dell’Oscurità (Darkness Weaves, 1970)¹ troviamo già chiaramente illustrate tutte le disposizioni che Wagner utilizza per formare il suo complicato protagonista. Egli dimostra di saper gestire la configurazione delle sue componenti ed è notevole la sua espressione di una padronanza evidente, misurata e con una mano assolutamente ferma quando si tratta di descrivere gli scenari, di organizzare i contenuti da cui non escludiamo addirittura dei titoli azzeccati e ben spesi. Le descrizioni, le riflessioni e le conversazioni tra personaggi hanno sempre degli argomenti controllati e meticolosi. La metodologia dello scrittore di Knoxville sembra esprimersi in maniera “pulita” e setacciante anche nei momenti di abbondanza che riguardano le descrizioni dei luoghi e la generosità delle figurologie come soggetti antieroici e criminali, razze e specie, mostri, macchinari retrofuturistici, innesti lovecraftiani, strappi fanta-wave, ai quali rispondono in riparazione le ricuciture howardiane e ricami gothic. E che si noti che si è detto “gothic” e non gotici.
Kane si spinge nel suo campo preferenziale già in questo romanzo, egli scende a patti in una situazione assolutamente rischiosa che tuttavia ha il contraltare di un guadagno superiore assai probabile. C’è molta carne da mordere anche se vicina al nervo, e forse alle “zanne” di Kane quel nervo non preoccupa affatto. Potremmo infatti chiederci quanto egli rischi realmente a spingersi in pantani del genere, se veramente possa mai finire in pericolo, ma la domanda è offuscata dalla notevole regina Efrel: un personaggio vibrante d’una follia tragica, teatrale e disperata, dove i toni irreparabili sembrano disilludere già dal principio l’eventuale sollievo che la deforme donna un tempo bella avrebbe se tutto ciò che desidera si realizzasse in un istante. Non si ha affatto la sensazione che ella possa mai trovare un equilibrio anche raggiugendo tutti i suoi scopi. E se da un lato l’istinto ci fa essere solidali verso di lei, dall’altro Wagner ostacola questa nostra effusione, suggerendo ad Efrel degli atti di incredibile malvagità che lei commetterà senza scrupoli. La riuscita così perfetta della regina di Pellin fa sembrare gli altri personaggi che Kane incontra non più di Iene nella “Savana del Leone dal rosso crine”. La seconda osservazione finale tuttavia riguarda l’invidiabile generosità di Wagner che non risulta mai comporre un’accozzaglia all’ammasso, e certamente avremmo voluto vedere un po’ di questa generosità in penne subilimi e dalla tecnica irreplicabile che sono vanto della Fantasy dei periodi più “antichi”, soggetti che fanno vergognare le penne dei grandi classici di alto profilo, ma che sempre sono contraddistinti da una “tirchieria” di fondo per quanto riguarda alcuni elementi. E sapete già a chi ci si sta pensando: … Lord Dunsany, tanto per fare un esempio, ma in parte anche al meno “spilorcio” Clark Ashton Smith, o altri profili meno citati come Hope Mirrles o Sylvia T. Warner. Sfido chiunque a dire che questa qualità del Wagner sia di poco conto.
Nel volume antologico Mondadori Estate del 1992 sono contenuti i racconti appartenenti alle sillogi L’angelo della morte (Death Angel’s Shadow, 1973) e I Venti della Notte (Night Winds, 1978). In questa antologia unificata di Mondadori troviamo Kane alle prese in vicende all’interno di opere più brevi che non danno il tempo allo stile narrativo di Wagner di formare la relazione del protagonista con i più basilari sviluppi drammatici insiti in un’opera letteraria. Questo porta all’effetto imprevisto di un incredibile salto di qualità del personaggio. L’immortale guerriero-stregone emerge in tutta la sua muscolarità, solitudine, letalità e violenza in circostanze Dark Fantasy e Horror-Fantasy, i suoi contorni sono chiariti solo dalle descrizioni suggestive e meticolose di Wagner adattate al formato breve e questo da un guadagno notevole al rosso e spietato “antieroe”. Egli non è più un immortale che salta – da una all’altra – in quelle geometrie criminali, strettamente funzionali a logiche di potere, ma si realizza in ciò che dovrebbe essere davvero: un imbattibile immortale che sopravvive nell’eternità grazie ad un istinto di conservazione affinato dalla sua lunga vita. Un antimessiah, o per meglio dire un Meshuggah, che pur maledetto come da un graffio di Satana non è del tutto anticristiano essendo scaturito dalla rottura con un Dio che risponde ad una descrizione che è una bestemmia lunga come la vita dello stesso Kane e nella quale la parola “Pazzo” è solo uno dei tanti epiteti. Tutto ciò è chiarito in circostanze come quella nel racconto Luce Fredda, dove coloro che intendono braccare Kane subiranno un destino degno dei nemici di Rambo mischiato con un Survival Horror degli anni migliori; o in altre, in generale, in cui egli si imbatte negli orrori del mondo, che perde sè stesso nei suoi stessi pensieri, che si avviluppa in un’ascesi nichilistica che si risveglia nella violenza, e che cammina solitario nel mondo sgretolato che scorre ai suoi fianchi durante i suoi passi lenti ,mentre città-stato e regni, coperti di polveri vantano un’antichità che è ben poca cosa al confronto dell’immortalità. Si realizza quindi Kane come qualcosa di simile ad un “Nosferatu” errante, ad un Highlander come Tuan MaC Cairil dell’antico mondo celtico-scozzese, un personaggio che porta bene il peso di aver guardato negli occhi l’apocalisse, il “tramonto degli dei” e raccontarlo in locanda, e non semplicemente il leone rosso nella savana.
Ora: ci chiederemo se questo avviene anche nei romanzi lunghi, ma non è importante per adesso darci questa complessa risposta, poichè nei racconti brevi perfino i titoli godono d’una perfetta organizzazione che promette e mantiene. Basti pensare a Riflessioni sull’inverno della mia anima: cosa potrebbe comportare l’Inverno per una creatura che vive una sola stagione, quella dell’eternità? Eppure Kane si addentra davvero in quei venti freddi, sente davvero quel gelo, e noi come lui avvertiamo quel brivido, spinti ad immaginarci le nostre gambe ritrose anche nel fare un solo altro passo mentre l’umidità scava nelle ossa e un blocco di neve appesantisce il suo cumulo sul ramo di un pino ricurvo. Inverno nell’anima lo è sul serio. E sembra realmente freddo negli antri bui di una magione assolutamente “Dark
“, e quasi riusciamo a credere che un inarrestabile Lupo Mannaro possa riuscire a farcela contro di lui allorchè Grendel, in luoghi non certo meno freddi, poteva senza dubbio riuscire a sopraffare Beowulf. E’ esattamente in racconti come questo che mentre leggiamo, nella nostra testa, diciamo a noi stessi “Vai così Karl, e continua sempre così“. Sono decisamente questi i momenti in cui si vede il potere del Last Wolf e la presenza di un Lupo Mannaro non c’entra molto. Vi è un che di Intelligente anche in Miraggio, un racconto dove Kane prova ad addolcire l’amarezza della sua noia con un amore per una vampira a sua volta ammorbata nel tedio dell’eternità. Il racconto ci offre lo spunto per chiarire che Wagner è senza dubbio Dark-Gothic, ma nient’affatto Gotico. Si può certamente essere Dark-Gothic pur avendo rimosso del tutto la componente romantica, ma non si può essere veramente gotico senza raccogliere l’eredità del romanticismo. L’amore che prova a sperimentare Kane è infatti ben poco gotico, pur essendo molto “gothic”, ed in presenza per giunta di una tipica dark lady. Wagner mostra in questi racconti delle abilità eccellenti che si esprimono nelle sue meticolosità descrittive in formato miniatura rispetto a Le Trame dell’Oscurità e a Il Guerriero dell’Anello e queste appaiono incredibilmente pulite e ben svolte. Un racconto lungo o breve di Wagner nel Ciclo di Kane potrebbe fuor di dubbio spazzare via il 90% dei romanzi Horror, Thriller e Giallo dagli anni ’60 in poi.
In Riflessioni sull’inverno della mia anima troviamo un piccolo ricorso con l’ultimo romanzo del Ciclo di Kane, La Crociata Nera (Dark Crusade, 1976) ² e nello specifico della divinità Sataki adorata dal fanatico Orted-Ak-Ceddi, un esaltato di genere opposto a quello che invece avevamo conosciuto in Luce Fredda. quest’ultimo rappresenta infatti l’ipocrisia di un fondentalista che commette crudeltà indicibili presentandosi come Pio e Paladino, al contrario Orted-Ak-Ceddi si presenta per quel che è: un distruttore del caos, e quindi l’essenza vera di antitesi di un eroe. Le due figure che ritraggono le forme diametralmente opposte di fanatismo sono utili a Wagner per esercitare una critica rivolta ad entrambi i poli. In Luce Fredda, viene condannata la religione istituzionale e le sue ipocrisie, nell’altro invece viene ritratto un culto che segue in una rappresentazione proverbiale di brace dopo la padella, nel sopraggiungere dopo ad una liberazione da amministratori plutocratici, schiavisti e mercantilisti, che tuttavia parrebbero quasi da rimpiangere, secondo la visione del romanzo, rispetto all’abominevole culto di Sataki. Ne
La Crociata Nera viene quindi operata una critica opposta e speculare a quella di Luce Fredda, ovvero verso la superstizione retrograda di religioni che, anche se non istituzionali e appartenenti al mondo antico, sono capaci di sopravvivere nel tessuto atavico del mondo e pronte a riemergere quando un fanatico che sa ingannare il popolo con la retorica è abbastanza intraprendente da assumere il bastone del comando. L’impianto critico è invero assai facile e di matrice new wave e non mostra quelle brillantezze dei pensieri profondi che si trovano in altri autori di Fantasy, ma esplicita certamente un’abilità di Wagner nello scegliere degli avversari che rendono plausibile il prendere le parti di un brutale assassino e manipolatore come Kane, che non riesce mai del tutto ad essere antipatico perfino nei momenti di pacchiana arroganza. Il romanzo si rende apprezzabile per gli stessi essenziali motivi che ci portano ad ammirare le altre due “opere lunghe”: Le Trame dell’Oscurità e Il Guerriero dell’anello. Per chi è sensibile a questo particolare tratto, è impossibile non apprezzare nuovamente la gradevole generosità di Wagner che non lesina suoi suoi elementi di spada e di magia, creature ed elementi extra-genere ma anche alle componenti d’intrigo politico negli ambienti di corte, strategia bellica e battaglia. Tali fattori assumono qui una posizione cardine non inferiore a quella della magia e dell’avventura ed è certezza assodata che abbiano avuto un’influenza sullo sviluppo della Dark Fantasy e la più odierna corrente della Grimdark Fantasy che di certo deve molto a questo scrittore.
Come per Le Trame dell’Oscurità, anche per Il Guerriero dell’Anello (Bloodstone, 1975) sono uscite ormai da tempo sia la pubblicazione negli Urania Fantasy che nei vecchi Oscar Fantasy (oggi rimpiazzati dalla collana “Oscar Fantastica“). Sarà pur vero che in parte Karl Edward Wagner abbia voluto rappresentare il ripetersi ciclico dell’eternità e il Serpente di Ouroboros che torna a mordersi la coda, eppure, bisogna ammettere che In Bloodstone ritroviamo anche l’eternità “Geometrica” con cui Wagner suddivide l’esistenza di Kane e stavolta dentro questa forma saremo accolti dal continuo gracidar di rane e rospi, e sentiremo affondare i passi nel tremulo e paludoso suolo di Kranor-Rill, un acquitrino immenso che occulta il mistero della perduta città di Arellarti. Il romanzo esprime una superlativa ricchezza di elementi. La capacità di offrire tuttò ciò che si può prendere dal genere fantastico senza dare un senso di collage, unita a quella di saper disegnare con una rapida e minuziosa precisione il mondo e gli scenari con nomi affascinanti riesce a strappare delle sensazioni soddisfacenti nella lettura. Anche qui Wagner è particolarmente ispirato nel rappresentare i combattimenti, la descrizioni di sforzi estremi, della sporcizia, degli effetti dei colpi e delle manifestazioni magiche e mostruose. Non si riesce a non ammirare degli impianti descrittivi così efficaci anche nei momenti di maggior pignoleria e sono automatici dei paragoni con altri specialisti della descrizione come Terry Brooks che appare tuttavia al confronto talvolta più inefficace e dispersivo anche a parità di meticolosità.
I due leader guerrieri Malchion e Dribeck rappresentano i vertici della “geometria” di potere in cui Kane si intromette, nonchè due aspetti frazionati dello stesso Kane: la forza, il coraggio e l’arroganza per l’uno; la strategia, l’esperienza e l’inganno per l’altro. In realtà, il loro reale ruolo è anch’esso geometrico ed è uno solo: essere i vertici inferiori a Kane. Nel loro profilo iniziale i due sono ottimi personaggi, ma non riescono a conquistare uno spazio reale nella storia. Non è troppo diverso per Teres, la Red Sonja della situazione che è abbastanza ben fatta e peculiare da meritare una descrizione lusinghiera, ma sarebbe “tempo perso”, poichè anch’essa ha realtà un solo ruolo: rimanere allibita per ciò che fa Kane. Questo certamente potrebbe valere per molti altri romanzi incentrati su un protagonista-fulcro, e non ha implicazioni che compromettono troppo gravemente la bellezza esecutiva della narrazioni che descrivono le macchinazioni di Kane tra Malchion e Drybeck. Tuttavia Kane possiede già di per sè caratteristiche intrinseche ingombranti al punto da rendere la cosa piuttosto evidente e con un peso specifico notevole nel suo ciclo, che è disarmonico con una certa insipienza di fondo dei due personaggi, nonostante questi abbiano un profilo teorico ben caratterizzato. Molte volte si rimprovera a Wagner una povera caratterizzazione dei personaggi secondari, ciò in realtà non è del tutto vero, ma la critica è inquadrabile come un tentativo di cogliere lo squilibrio ben nascosto che si trova nella narrativa, ma soprattutto nelle “opere lunghe” di Wagner. In realtà si riconosce uno sforzo volenteroso di rendere ricchi i personaggi secondari nel ciclo di Kane, ma è come rendere ricco uno zoo di bizzarri e peculiari animali. Sebbene quindi i profili che interagiscono con Kane siano peculiari nei presupposti, sono poi le loro funzionalità a rendere molle la loro presenza poichè, che si tratti di pregi o di difetti, i personaggi nel ciclo di Kane sono alla fine antilopi, gnu e zebre nella savana del Leone. E questo riguarda sia alleati che nemici. Non si può dire che questi non abbiamo caratteristiche particolari e specifiche, al contrario essi hanno dei dettagli ben organizzati da un ottimo editor come Wagner effettivamente era , ma non importa che esibiscano appariscenti righe, pellicce maculate o corna, quel che importa è che servono soltanto a comunicare che Kane volendo, potrebbe essere “ancor di più”, ancor peggiore, ancor più estremo e così via. Le peculiarità dei personaggi secondari del ciclo di Kane rendono quest’ultimi tanto minuziosamente profilati quanto per niente caratterizzati, o se caratterizzati soltanto per scopi funzionali, questo spegne la vita dei comprimari rendendoli puerili salvo alcune rare eccezioni. La cosa ha talvolta conseguenze più o meno pesanti anche sulla narrativa stessa dello scrittore.
Ed è probabilmente qui, prima ancora di terminare una recensione completa al romanzo Il Guerriero dell’Anello, che subentrano le “Domande Complesse”.
Karl Edward Wagner risponde effettivamente ad una geometria di fondo che potrebbe identificarsi come un “rombo” che punta coi vertici verso le sue attitudini preminenti: il “grande appassionato di letteratura fantastica” al vertice alto, “l’editor” e “lo psicologo” ai vertici di lato, il “talento letterario” su quello basso. Quest’ultmo brilla in base ai momenti e ai modi in cui gli altri tre si relazionano. Le circostanze che più volte si sono elogiate in questa analisi e che ancora è utile ripetere: le descrizioni degli ambienti; il worldbuilding disegnato a “pronta presa” con alcune righe di rapido e preciso testo; la generosità degli elementi vari che siano Fantasy, Horror, fantascientifici o lovecraftiani; la rappresentazione di azioni estreme, di sanguinosi combattimenti e molto altro; sono il luogo d’incontro tra “l’editor” e “Il grande appassionato di letteratura”. A vicenda questi due elementi si arricchiscono, il primo modera il secondo, il secondo dona creatività e vitalità al primo.
Quando la meticolosità del Wagner si sposta tuttavia sulle riflessioni, gli approci e le dietrologie relazionali, i pensieri che interludono ai dialoghi, o nei dialoghi stessi di Kane si ottiene un qualcosa di assolutamente diverso. Non è infrequente che Wagner inserisca delle “annotazioni”, talvolta anche dentro le parentesi, dove soprattutto il personaggio di Kane interpreta la realtà chiarendo tramite la descrizione del pensiero “quale reazione potrebbe avere un personaggio” o se un soggetto “potrebbe tradirlo, o fingere, o fare una qualsiasi altra determinata cosa”. Subentra quasi uno sforzo puntiglioso di rendere Kane sempre predittivo per essere coerente con il suo status spropositato, o quantomeno sempre al posto di comando nel pilotare le macchinazioni anche quando non vi sarebbe alcun bisogno. In questi tratti sparisce la fermezza di Wagner che ammiriamo nelle situazioni sopra descritte, quel Wagner che sa sempre dove andare, che possiede quella miracolosa mano ferma si dissipa mostrando una voce narrante più insicura che finisce nel trasmettere un’antipoesia di fondo, uno svilimento perenne dei personaggi che interagiscono con Kane, e un approccio da giallo-thriller nel raffigurare i personaggi solo per mezzo del loro “identikit” ma non della loro reale anima. Il Last Wolf diventa purtroppo un “Lost Wolf”. Si rende quindi evidente una discrasia tra la “parte passiva” e di descrizione evocativa, dove Wagner è maestro assoluto, e la “parte attiva” dei personaggi organici, dei dialoghi e dei pensieri riflessi. Questo è certamente indicativo del fatto che lo “Psicologo” è dormiente durante le fasi passive e emozionali, per poi svegliarsi e interferire escludendo “l’appassionato di Fantasy” per collaborare da solo con “L’editor”.
Ora; questa peculiarità del Wagner che potrebbe piacere ad alcuni lettori, infastidire o essere indifferente ad altri, non rappresenterebbe di per sé un grave problema in quanto, sebbene ripetuta, rimane circoscritta ed episodica e probabilmente anche minoritaria rispetto alle bellezze che lo scrittore è in grado di offrire, a meno che non si considerino le sue implicazioni in maniera più ampia, cosa che porterebbe inevitabilmente ad una riflessione estesa su Kane e tutta la sua cosmologia di personaggio.
Iniziando dalla parte meno imputabile: il mostrare con questa evidenza un Kane così “Leone nella Savana”, talvolta anche con dialoghi dove egli utilizza immotivatamente irridenti arroganze a scapito degli altri personaggi induce a ragionare sulle motivazioni stesse di Kane e su quali presupposti sia basata tutta la matrice delle sue azioni. Per quanto si possa non condividere immagino sia comprensibile il fatto che “Conquistare il mondo per divertimento o noia” sia un qualcosa che non possa stare in piedi forse neanche in un singolo romanzo – a meno che non si è così bravi come Wagner – e ancor meno in tre , soprattutto nel considerare Kane come un immortale superiore e dalla sapienza quasi semi-divina, sebbene questa sia asservita al male. Ma descrivendo ciò nella sua parte invece più imputabile, emerge in ultima istanza che sebbene la rabbia, il conflitto estremo e disperato, il combattimento arcigno e coperto di sporcizia, la ferocia atavica e brutale sia restituita magistralmente nelle sue forme estetiche di rappresentazione, non abbia alcuna rappresentanza nella realtà della storia, nè è motivata da nulla che sia realmente parte della storia. Il tutto alla fine si semplifica ad un conflitto geometrico e basilare privo di conflitti minori su cui si basa il dramma di un’opera letteraria. Il tutto si riduce a:
Se Kane riuscirà o no a sopraffare il suo nemico così temibile…
se Kane riuscirà o no ad ingannare dei nemici così astuti, pertanto:
se il Leone riuscirà mai a raggiungere la gazzella che scappa o a sopraffare lo Gnù che scalcia: e sappiamo bene che Kane ce la farà eccome.
Tutto ciò porta a renderci conto che il Ciclo di Kane, nelle opere più lunghe, è irrimediabilmente sottosviluppato e involuto nello sviluppo del dramma insito in un’opera letteraria di qualsiasi genere. Karl Edward Wagner ha dato vita ad un personaggio sproporzionato rispetto allo sviluppo drammatico che egli è stato in grado di creare o quantomeno, allo sviluppo drammatico possibile da creare in una circostanza come quella di Kane. Il paragone spesso proposto con Howard e Conan è in tutta evidenza infattibile. Perfino nei racconti più criticati di Howard si ha un dramma basilare immensamente superiore a quello nei romanzi lunghi della Saga di Kane e molto spesso il cimmero è penalizzato nei conflitti minori che arrivano imprevisti a disturbare la sfida principale, e il suo sforzo strenue risponde sempre a motivazioni e intenti reali. Nonostante le rappresentazioni efficaci quindi è piuttosto invasiva quella sensazione che niente abbia delle reali conseguenze nelle vicende che riguardano Kane, e non importa se dei nemici ben profilati e organizzati (più che caratterizzati) abbiano grandi peculiarità che potrebbero renderli unici: lunghe zanne, corna o zoccoli duri come ferro, poichè alla fine siamo pur sempre nella savana e non sarà l’Elefante ad essere il Re della Foresta. Conan dovrà scegliere se ghermire le gemme di Gwalhur o salvare la fanciulla, dovrà scegliere se separarsi da Balthus per avvertire prima più coloni rischiando la propria vita e quella di Balthus. Sempre lo stesso Conan avrà dei motivi per strapparsi di dosso il metallo che lo inchioda alla croce e compiere uno strenue sforzo di resistenza. E il motivo dei suoi gesti drammatici, implicanti o estremi sono reali, esistono e non sono solo rappresentati o estetizzati. Non può sempre bastare dire che un assassino immortale con occhi che sono come lampi azzurri compie qualcosa di estremo e selvaggio.
Esistono dei motivi del perchè l’ascia di Kull di Valusia dovrà essere uno scettro, come esistono motivi del perchè Jirel si lancia in viaggi impossibili strappando sotto le unghie pezzi della sua anima ad ogni riga che esprime il suo pensiero e la sue sofferenze ed è un qualcosa di molto diverso da ciò che fa Kane quando cataloga il profilo dei suoi nemici. Allo stesso modo, più in generale, esistono motivi reali del perchè un eroe, pur sconfitto, dovrà rialzarsi sotto un cumulo di corpi e compiere uno sforzo sovrumano per inseguire disperatamente i suoi scopi, e queste ragioni sono reali nella sua storia e porteranno a conseguenze altrettanto reali. In Kane le conseguenze sono quelle che Wagner decide di suggerire e che bisogna prender per buone. Ma non hanno in realtà altro fondamento che una bella rappresentazione estetica.
In base a quanto detto poco sopra su Kane, si rende necessaria una breve digressione per capire realmente i momenti in cui la Fantasy ha “conquistato” la “Modernità”.
Sarebbe assolutamente condannabile e errato asserire che Algernon Blackwood e Howard P. Lovecraft siano degli scrittori di genere “Horror”. Tuttavia più perdonabile è definire in vie approssimative, almeno Lovecraft, uno scrittore basato “sulla paura e sull’incubo”. L’autore del Ciclo di Cthulhu ha senza dubbio ripreso le impostazioni analitiche e congetturali di Edgar Allan Poe, epurandone la parte romantico-gotica. Allo stesso modo ha tratto verso di sè il “senso del meraviglioso” di Lord Dunsany, scartandone la parte fiabesca e trattenendo quella più sinistra e abissale. Ciò che quindi è stato fatto da Lovecraft, e in parte anche da Blackwood e Hodgson, è concedere una “morte gloriosa e onorevole” ad un padre amato e rispettato: Il romanticismo-gotico e la sua rivisitazione romantica del mito, ovviamente tributandogli con affetto nel comporre un pantheon con una sua cosmogonia reale ma onirica, ma al tempo stesso smentendolo nel renderlo rappresentativo unicamente della “paura del nulla” e di un cosmo caotico comportandone pertanto una trasformazione in qualcosa si riteneva migliore per rappresentare un pensiero essenzialmente scettico.
L’ unicum di Lovecraft ha certamente mostrato un esempio di letteratura eccellente, da attribuire al suo straordinario valore come scrittore, ma la chiusura assoluta della porta del romanticismo-gotico nel divenir del novecento verso qualcosa che fosse invece incentrato unicamente sul terrore ha senza dubbio contribuito allo spirito moderno dell’Horror
che ha quasi del tutto chiuso le sue comunicazioni con il romanticismo gotico e certamente, quell’inafferrabile e spuria cultura “American Gothic” che è alla base dell’Horror non è del tutto simile al gotico in senso stretto e britannico del termine. Ciò ha avuto ripercussioni sulla creazione dei personaggi creati nella “letteratura della paura” successiva a Lovecraft che almeno nell’80% dei casi è composta da profili mai realmente caratterizzati, bensì individui “profilati”, che rispondono ad un identikit psicologico, molto spesso clinico o criminologico basato su Sigmund Freud e la psicoanalisi, e questo avviene anche nel caso di personaggi non criminali e senza parafilie. Le caratterizzazioni psicologiche nella Fantasy seguono invece la stessa linea dei tropi narrativi della mitologia. Se quest’ultimi sono basati sull’avventura, l’eroismo, il senso del meraviglioso, la sfida con la magia e creature superiori, anche le caratterizzazioni psicologiche sono in modo identico riferite in tutto e per tutto agli archetipi e quindi a delle “macro-caratteristiche contenitore” primordiali e basilari: Coraggio, che è contenitore di molte cose tra cui l’ Eroismo, e ovviamente perchè no;… anche la Paura, così come l’astuzia, poteri magici, origini umili o altolocate, bellezza o bruttezza fisica, e via dicendo. Tali “macro-caratteristiche contenitore” formano una psicologia approssimativa di base che poi viene completata dalle motivazioni e dalle contingenze specifiche nello stesso testo narrativo avventuroso-epico. Al contrario, nell’Horror, Giallo e Thriller, i personaggi pur sembrando apparentemente più realistici non sono realmente caratterizzati, bensì soggetti ad un profiling di identikit ed essi non corrispondono ad anime che come nella realtà, contengono tante cose, tra le quali la paura, i difetti o i pregi, ma sono essi stessi le loro paure, i loro traumi, i loro feticismi, ossessioni, ambizioni, perversioni e senza di essi non sono nulla. Non vi saranno quindi degli archetipi che reagiranno ad eventi formando la psicologia specifica secondo un criterio di buonsenso che ottempera reattivamente agli eventi della storia, ma dei profili psicologici pre-formati indipendenti dallo stesso romanzo che reagiscono a contingenze unicamente in base alle proprie ambizioni, paure e ossessioni in un modo non dissimile a come un meccanico reagisce ad un problema al motore.
Tutto ciò ovviamente non ricopre il 100% dei casi essendo noi fortunatamente alle prese con l’arte letteraria che è la “scienza più inesatta” che possa esservi. Potremmo dire certamente che i romanzi di Shirley Jackson, o altri come IT e Stand by me di Stephen King, seppur anch’essi ci restituiscano dei “profili” più che dei characters, vantino buone caratterizzazioni complessive, salvo però riconoscere anche che taluni sono in realtà buoni Romanzi di Formazione e solo in un secondo momento degli Horror. Il formato di IT e di Stand By Me è di gran lunga più simile a quello di Piccole Donne o Harry Potter di quanto non lo sia con un qualsiasi romanzo di Robert Bloch o di Dan Simmons e questo ha obbligato il King a spingersi un po’ oltre (e neanche tanto) al “profiling del commissario o dello psicologo FBI”. Ciò lo si evidenzia, notate bene, anche tenendo conto che sono stati Edgar allan Poe e in parte anche Charles Dickens ad iniziare la stagione infinita dei “commissari-investigatori”.
Ora: con Wagner si riconosce un qualcosa di simile – che sia voluto o no – a ciò che è avvenuto con Blackwood, Hodgson e Lovecraft nei confronti del romanticismo-gotico, anche se nel caso del creatore di Kane è stato fatto principalmente con la Fantasy e solo indirettamente con il romanticismo. Anch’egli ha infatti cercato di dare una “morte gloriosa” ad un genitore rispettato, ammirato e amato, ovvero la Fantasy, ma non ha ottenuto propriamente l’effetto di Lovecraft, Hodgson e Blackwood che hanno creato un episodio totalmente a sè, che per quanto citato e citabile è rimasto del tutto inimitabile. Wagner ha creato una saga che tributa al “genitore amato” nelle fasi passive, ovvero le tanto oggi giustamente decantate descrizioni di scenari, di nomi inventati, citazioni e di elementi vari trasmesse con incredibile maestria , ma scrivendo nelle fasi attive che riguardano dei personaggi dei Fantasy eseguiti come dei giallo-thriller, con un protagonista sproporzionato che assume il tratto di “un malvagio tifabile più simpatico dei malvagi antipatici” che è espressione di una filosofia fumettistica, più pulp exploitation che pulp in senso “howardiano” del termine e decisamente Hard Boiled. Questo non ha per niente dato vita ad una “morte gloriosa del vecchio guerriero Fantasy” ma ha invece creato dei Fantasy scritti come se a cimentarsene fosse “la figlia ribelle” di Agatha Christie e l’unico defunto è il presupposto drammatico insito universalmente in un’opera letteraria e rappresentato solo da un punto di vista estetico, quasi mai realmente motivato.
Quanto detto ci spiega in parte il perchè Wagner sia così tremendamente bravo nei racconti brevi senza che le carenze di dramma infliggano il loro castigo su Kane. La risposta risiede nel fatto – oltre alla ragione insita dell’abilità dello scrittore che non è in discussione – che non avendo il tempo di sviluppare attorno a Kane gli impianti drammatici che in un’opera più lunga inevitabilmente affiorano, il protagonista perfettamente descritto nelle sue estetiche gode nell’esser spiato in uno scampolo più breve di vita, dove emerge solo il suo profilo migliore. Ciò non sarebbe ovviamente possibile se Wagner non fosse un ottimo scrittore, ma è anche un fenomeno indicativo riguardo un giudizio complessivo Kane. Si può ipotizzare che Wagner riesca a far vergognare gran parte degli scrittori di Thriller, Horror e Gialli postumi agli anni ’60, ma vincere un confronto di questo tipo nella Fantasy e nella Sword and Sorcery proponendo una saga come quella di Kane è assai più complesso.
Se si vuol bene ad un maestro come Wagner, e gli si vuole tanto, è bene non paragonare Kane a Conan, a Kull o a Jirel, poichè l’esito sarebbe un Kane polverizzato. Tuttavia il paragone sensibile in realtà non è affatto con Conan, Elak o Jirel, bensì con i veri rivali della Saga di Kane che sono gli altri due scrittori che in differenti modi – chi più chi meno – hanno cercato come Wagner di innestare la modernità nella Fantasy e sono Gemmel e Eddings. Questo ci conduce alle riflessioni finali.
La Savana ha tre Leoni, e da qui le conclusioni.
1. David Eddings, con il Ciclo di Belgariad ha certamente mantenuto gran parte dei tropi dell’epica avventurosa, e ha operato una riorganizzazione semplificativa delle mitologie e di Tolkien ed in questo non compare alcun cenno di rescissione dal romanticismo gotico e dalla mitologia. Tuttavia egli ha modernizzato la Fantasy in alcuni contenuti tra i quali quello sensibilissimo della storia d’amore. Si potrebbe affermare ovviamente che Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen possa aver rappresentato il vero prototipo della storia d’amore romanzesca tutt’ora seguito nei romanzi rosa ma è innegabile che perfino Orgoglio e Pregiudizio rappresenti un amore “gotico”. Elizabeth Bennet e Darcy non costruiscono il loro amore sulle piccole cose semplici della quotidianità di tutti i giorni, ma su incontri sporadici, spesso soggetti all’attrito delle convenzioni sociali e di altissima intensità emotiva quando i due possono esprimersi liberamente. La loro relazione è funestata da equivoci e liti, nonchè aspramente osteggiata dall’altera Lady Catherine. Al contrario nel Ciclo di Belgariad la storia d’amore viene costruita nei piccoli momenti quotidiani, nelle abitudini e nella conoscenza, in una maniera più simile ad un romanzo rosa o ad una commedia romantica cinematografica.
Si potrebbe paragonare il presupposto di lavoro di Eddings a quello compiuto dai maestri della fiaba nell’ottocento anche se su piani diversi. Vi era una terra di nessuno in quel nascosto angoletto che la storia o la memoria spesso non considerano, e questo è rimasto a lungo sospeso tra la grande mitologia e la cronaca popolare accogliendo piccoli “spifferi” sia dall’una che dall’altra parte. In questo spazio nebuloso erano contenute tradizioni orali, filastrocche, storie di miracoli e fatti religiosi, canzoni di autori anonimi, poesie, barzellette, storielle, racconti della nonna, pettegolezzi, “fattarelli” di campagna e “leggende urbane”. Spesso, tutto questo materiale aveva ovviamente radici mitologiche e talvolta è nato anche per intrattenere o rendere ubbidienti i propri figlioli sotto lo spauracchio dell’uomo nero. Tutto questo volume di anonimo humus popolare fu riorganizzato da soggetti come MaC Donald, Grimm, Andersen, Wilde, Yeats per creare delle fiabe secondo concetti simili a Esopo o Fedro, che potessero essere lette dagli adulti ai bambini ma offrire un intrattenimento anche per gli adulti stessi. In un certo modo, più tardi, Giulio Verne, Jack London, Rudyard Kipling, con romanzi come I Figli del Capitano Grant, Un Capitano di Quindici anni, Zanna Bianca, Capitani Coraggiosi o Il Libro della Giungla mantennero la prospettiva giovanile ma in una avventura anche per adulti, creando di fatto il cosiddetto “Young Adult“.
Ciò che di simile è stato fatto da Eddings è quello di proporre un romanzo che potesse attrarre anche dei lettori generalisti, abituati anche – e non solo – a romanzi rosa, best seller di varia forma, romanzi storico-sentimentali o genericamente avventurosi come quelli di Wilbur Smith o Ken Follet. Anche fosse vero che Eddings abbia avuto questi piani in una maniera non solo implicita, del tutto collaterale è il fatto che egli, essendo un ottimo scrittore, sia andato di gran lunga oltre creando una saga fantasy di indisutibile valore. Si potrebbe dire che Wagner abbia voluto creare una Fantasy che fosse leggibile anche dai lettori Horror, Giallo, Thriller e di Fantascienza.
2. David Gemmel rappresenta fortunatamente – almeno per quanto ci è utile in questa analisi – un autore spiegabile con maggior semplicità rispetto a Wagner e Eddings. Egli è basato su caratteristiche epiche compatibili con un lettore di Eddison, Tolkien e lo stesso Eddings, ma al tempo stesso ha operato l’innesto di modernità per mezzo di romanzi di guerra e di frontiera con una metaforica ma pesante iniziale impronta biografica e soprattutto, con la componente dell’epica del “personaggio comune” e non più del “predestinato”, del nobile cavaliere o dell’altolocato in senso generico. Anche Gemmell quindi ha ricercato un suo modo di affrancarsi dalla neo-epica romantica e dai tormenti del romanticismo-gotico ricorrendo ad un pragmatismo che certo non è simile alla rappresentazione pessimistica e cruenta di molti fantasy odierni, ma che si svincola da alcuni punti fermi. Ovviamente “L’ epica degli umili” non è qualcosa che nasce con Gemmell, ed era stata già anticipata da Tolkien e ancor prima, ma egli la fa sua, e la rende una specialità del “drenaiworld”.
3 – Per quanto riguarda Wagner ovviamente, in questo punto “3” vi è tutto questo intero articolo. Ma potremmo qui dire che tra i tre egli abbia portato la modernità maggiore, più contaminata ed estrema.
Ci si è limitati ovviamente a coloro che rappresentano un esempio noto di Fantasy Eroica. Non sono certamente gli unici costoro ad aver cercato di portare modernità nella fantasy tra i ’70 e gli ’80. Risulta già complesso un paragone tra le diversità di questi tre scrittori e sarebbe pretenzioso inserire anche soggetti come Ursula Le Guin. L’esito di un confronto letterario tra questi tre diversissimi scrittori, cioè i reali rivali e termini di paragone con Wagner, e non certo Howard-Moore-Kuttner, ci consentirebbe di capire se Karl Edward Wagner è una volta per tutte nell’olimpo della Fantasy ma questa, cari amici, è un genere di “risposta complessa” che non si vuole nè si è in grado di dare e che rimane – grazie a dio – a discrezione del lettore che ha il diritto, lui si, d’essere il Leone nella savana della sua libreria. Certo: potremmo goffamente azzardarci a dire che Wagner potrebbe essere stato un organizzatore migliore di Gemmell, e che abbia anche una penna più precisa e incisiva, ma con Eddings:… beh tutto diventerebbe terribilmente incerto.
Tenendo presente tutto ciò che è stato detto emerge alla percezione finale l’arte di un grande organizzatore nella narrativa, di uno scrittore spesso tecnico e raffinato, che ha proposto contenuti che ad esser tirchi regalano un’alta qualità almeno nel 70-80% della loro estensione, un maestro assoluto nei racconti brevi, conoscitore profondo della fantasy e dei generi fantastici in senso universale, in grado di fare un utilizzo bilanciato e calibrato di Fantasy Medievale, Fantascienza, sentori post-apocalittici, Horror, Giallo, Dark-Gothic e Thriller senza mai creare un carnevalesco affollamento. L’incontro di un editor e un grande appassionato nella mente del talentuoso scrittore ha generato dei romanzi e racconti memorabili per i suoi pregi più che analizzabili per i suoi difetti. Sebbene egli sia di gran lunga precedente all’esistenza del fenomeno specifico, avrebbe senza dubbio il vanto di poter dire, se purtroppo non lo avessimo prematuramente perso, che la Grimdark Fantasy è iniziata e morta con lui, in quanto Wagner, per quanto carente da un punto di vista drammatico nella Saga di Kane, ha preso onestamente la piena responsabilità di una Fantasy scritta con le tattiche dei romanzi moderni, tributando genuinamente il genere che si era prefissato di voler superare, contrariamente ad altri che invece arraffano le cose che più gli aggradano dalla Fantasy Eroica salvo poi denigrarla e bollarla come morta. Potremmo concludere quindi che quella “risposta facile” vale anche per le “domande difficili”, anche se, detta ora, avrà probabilmente un suono un po’ diverso:
“Karl Edward Wagner è un notevole scrittore di Fantasy Eroica e Horror, autore di buonissimi romanzi e ottimi racconti.”
Ma in realtà non è affatto questo il finale più esatto con cui concludere, dato che sarebbe di gran lunga più giusto dire che, anche se Kane talvolta si è divertito un po’ troppo a fare il Leone, Karl Edward Wagner è, e per sempre rimarrà The Last Wolf.
Note
¹ Il Romanzo di K.E. Wagner La Trame dell’Oscurità è uscito anche in edizione Sevegram (1985) tradotta da Riccardo Valla e appartenente alla collana Fantascienza Book Club.
² Il Romanzo di K.E. Wagner La Crociata Nera è uscito anche nell’antologia Mondadori “Alla Corte degli Eroi” (1980) curata da Gianni Montanari e appartenente alla collana Biblioteca di Horror e Fantasy.
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