Dettagli
Titolo: “La canzone del drago”
Autore: Monica Serra
Editore: DZ Edizioni
Pagine: 265
Data d’uscita: gennaio 2021
TRAMA
Chi garantirà l’equilibrio del mondo, quando la furia del drago sarà risvegliata?
Un’antica leggenda racconta la storia dell’ultimo drago a cui fu strappato il cuore per farne una spada. Secondo la profezia, chi riuscirà a riunire i tre elementi che compongono l’arma, la lama, il fodero e il rubino incastonato nell’elsa, diventerà invincibile. Oppure verrà trascinato nella follia. Il drago inizia a mostrarsi in sogno a molti, reclamando la sua libertà e risvegliando istinti di potere o di giustizia in chiunque senta il suo richiamo. Tutti coloro che la cercano rincorrono un sogno. Ma la Spada della leggenda potrebbe non essere affatto quello che si aspettano.
“La creatura non era buona né malvagia. Semplicemente, era un drago. E voleva essere libero.”
L’AUTRICE
Classe ’68, Monica Serra esordisce nel 2009 con Cuore di drago (Runde Taarn edizioni), ripubblicato nel 2014 come La Canzone del Drago (La Mela Avvelenata Bookpress). Ha pubblicato diversi racconti in varie antologie, tra cui Rosa Sangue (Altrimedia Edizioni), Certamente Viaggiare (Alcheringa Edizioni), Il Magazzino dei Mondi 3 (Delos Books), Bestie d’Italia (NPS Edizioni), Gothica (DZ Edizioni).
Socia World SF Italia, ha vinto le prime due edizioni del premio Viviani sezione fantasY. Ha partecipato alle iniziative benefiche Fantàsià (2020, a sostegno di ASROO) e Mari Aperti (2020, in favore di Open Arms). Con l’antologia Lei. Storie di donne da tutti i mondi possibili (Altrimedia, 2018) sostiene la Susan G. Komen Italia (prevenzione dei tumori al seno).
COMMENTO
Questo romanzo ha una storia travagliata, lunga oltre dieci anni di pubblicazioni e forse molto più antica nella mente dell’autrice.
Monica Serra è una scrittrice gentile e talentuosa, una “maestra di penna” nei racconti, sui quali si è sempre sentita più a suo agio. Ma, evidentemente, l’ambizione del romanzo, della narrativa lunga, l’ha portata a voler riadattare questa opera già uscita in due precedenti edizioni.
Non ho letto le versioni precedenti, quindi non sono in grado di sviscerare differenze e mi limiterò a parlare di quest’ultima uscita per la Dark Zone Edizioni, impreziosita dalla bellissima copertina di Antonello Venditti.
Siamo al cospetto di un fantasy classico che abbraccia molti stilemi del genere.
Abbiamo una profezia, abbiamo giovani eroi portati a una cerca, abbiamo racconto di formazione e di viaggio, abbiamo una spada leggendaria e, soprattutto, abbiamo un Drago!
A dire il vero, il Drago è più una presenza che aleggia per tutto il romanzo, un rimando a un’epoca antica in cui queste mistiche e meravigliose creature popolavano Terra Maris, il mondo dove è ambientata la storia.
La sinossi raccoglie bene il prologo degli eventi e ci mostra cosa dobbiamo aspettarci nello scorrere delle pagine, quindi non mi dilungherò molto sulla trama.
I protagonisti sono alcuni giovani: Annya e Syrio, figli del potente stregone Griman di Bella Isola, Yorik di Raven, un ragazzo desideroso di diventare un mago, Taron, figlio del Lord di Castelvetro e Mahja, la dama di Valle Nera. Come nella migliore tradizione fantasy, i nostri eroi – anche se, in effetti, non sono proprio tutti eroi -, dovranno compiere un percorso fisico e spirituale, un viaggio dentro loro stessi per comprendere cosa il fato riserva loro e per ottenere consapevolezza, nel rito di passaggio tra la vita giovanile e l’età adulta.
Su tutti loro incombe la figura del Drago, in versione onirica, oppure tramite uno dei tre elementi che compongono Cuore di Drago, lama, pomo e fodero. L’influenza del Drago sembra guidare alcuni di loro, oppure fuorviarli, in una manipolazione con l’unico scopo di tornare libero. Come sempre sono gli uomini a bramare il potere e solo chi riunirà Cuore di Drago potrà decidere se sprigionare quel potere per il bene o per il male.
Serra ci proietta fin da subito in una storia di stampo lineare, dal gusto famigliare per chi ha masticato molto Fantasy, con chiari omaggi alla Saga della Ruota del Tempo di Robert Jordan (conclusa poi da Brandon Sanderson) o dal Ciclo di EarthSea di Ursula K. Le Guin.
In un certo senso, approcciarsi a quest’opera significa sapere cosa si andrà a leggere, quindi non aspettatevi intrighi crudeli e duelli sanguinari ai quali ci ha abituato il genere nelle ultime decadi.
Come ogni romanzo che si affida a uno stampo ben preciso, questa scelta rappresenta allo stesso tempo un pregio e un difetto. Ma è una scelta onesta e trasparente ed è apprezzabile non ingannare il lettore con promesse non mantenute.
Anche l’ambientazione segue questa regola: non è particolarmente sviluppata o ricca di diversità e l’autrice si limita a mostrarci luoghi affascinanti o dall’impronta fiabesca, senza approfondire e accarezzando appena forse l’unica caratteristica imprescindibile del genere, il Sense of Wonder.
Sì, c’è magia, ci sono spade e avventura, prive però dell’anima dello Sword & Sorcery tradizionale che ha coniato il format. Le descrizioni sono minimali, forse perché Serra concentra tutti i suoi sforzi sul lato intimista dei protagonisti, caratterizzandoli bene e indagando sulle loro motivazioni e le loro scelte. La prosa dell’autrice è elegante, senza troppi fronzoli, ci accompagna con amore, trasmettendo forse quel sentimento che lei stessa ha provato nel raccontare le gesta dei suoi protagonisti.
Il punto focale non è l’epica e nemmeno l’azione, quanto la parte emozionale. Sebbene lo scontro finale di magia sia davvero ben strutturato.
Non essendo il Drago il vero antagonista della storia, la figura che si contrappone ai protagonisti è lo stregone Griman, forse non sufficientemente accompagnato nella sua discesa nella pazzia.
Nel corso del romanzo viene lasciato molto spazio ad alcuni comprimari come Brand, un soldato al servizio di Taron. Il personaggio è interessante, emerge pian piano nella storia ma toglie spazio all’avversario e in alcuni punti rallenta il ritmo.
Nell’economia complessiva del romanzo, l’unico vero difetto è, in effetti, il peso specifico dei protagonisti: Mahja esce troppo tardi, Syrio compare a tratti, mentre Yorik scompare per un lungo periodo. Annya e Taron risultano alla fine i veri interpreti principali. Come è tipico del romanzo corale, le voci sono tante, ma i punti di vista andavano forse equilibrati meglio, soprattutto per come scorrono gli eventi che, puntualmente, faranno convergere tutti nell’atto finale.
I maggiori pregi dell’opera sono due: la capacità narrativa di rispolverare tematiche un po’ abbandonate e la scrittura puntuale e garbata.
Consigliato vivamente ai giovani che si approcciano al genere e al pubblico adulto un po’ nostalgico che desidera lasciarsi cullare dal Fantasy che non sorprende ma fa sognare.
Grazie per la puntuale e preziosa recensione 😊