Recensioni: “Eternal War – Il sangue sul giglio” di Livio Gambarini

 

 

Dettagli

Titolo“Eternal War – Il sangue sul giglio”

Autore: Livio Gambarini

Editore: Acheron Books

Pagine: 383

Data d’uscita: ottobre 2019

 

TRAMA

Firenze sarà una signoria. Che i fiorentini lo vogliano oppure no. Ma chi ne sarà il signore? Tra guelfi bianchi e guelfi neri inizia una lotta senza quartiere: Guido Cavalcanti e Vieri dei Cerchi contro Corso Donati, Kabal e Circo contro gli Ancestrarchi antichi fedeli a Don. Si paga con sangue e virtù ogni vicolo guadagnato, e si combatte su ogni campo: la benevolenza degli spiriti maggiori, il predominio commerciale, le alleanze politiche nello spirito e nella materia. Tra il primo giubileo della Storia, assassini senz’anima e semidei pagani che si risvegliano dopo secoli, Dante Alighieri ascende ai massimi vertici della politica fiorentina. Ma nemmeno lui riuscirà a fermare l’emorragia di accordi e di valori che sta tingendo di rosso le strade del Giglio, e lo scricchiolare dell’amicizia tra lui e Guido aggiungerà tensione a una situazione pronta a precipitare. Ma mentre uomini e Ancestrarchi combattono per Firenze, un piano che punta a sovvertire l’intera cristianità è pronto per rivelarsi, e né Pontifex né i Santi potranno fermare quel che sta per succedere…

L’AUTORE

Bergamasco classe 1986 trapiantato a Milano, Livio Gambarini è uno dei più apprezzati autori historic fantasy d’Italia.
Cultore del tardo medioevo italiano, ha narrato in chiave fantastica la Toscana stilnovista di Dante e Guido Cavalcanti nella saga best seller di Eternal War (Acheron Books) e la Lombardia comunale nei thriller storici Le Colpe dei Padri e I Segreti delle Madri (Silele Edizioni). Da poco è uscito Ottone Il Primo dei Visconti, romanzo storico per Edizioni Piemme scritto con Alex Calvi.
Fondatore di Rotte Narrative, WritingCoach.it e docente del corso di Alta Formazione “Il Piacere della Scrittura” dell’Università Cattolica di Milano, Livio Gambarini è anche editor e sceneggiatore di videogiochi e serie TV. Tra i suoi altri interessi ci sono psicologia, intelligenza artificiale, softair, board games e rpg.

COMMENTO

Senza soluzione di continuità, Il sangue sul giglio prosegue le vicende di Vita Nova, come se fosse la prosecuzione dello stesso romanzo. Questo avviene almeno per la prima metà del libro, partendo dal cordoglio disperato di Dante Alighieri per la morte di Beatrice e con lo sconvolgimento emotivo di Guido Cavalcanti per il suo distacco da Amore. Tra un pellegrinaggio catartico e le vicende politiche sullo sfondo di una Firenze sempre più in acque agitate, le pagine si trascinano, un po’ stancamente. Gambarini sembra ancora intento ad architettare la sua ambientazione, ad arricchire l’affresco di comparse e figure storiche. Abbandona in gran parte lo stesso Guido, lasciando Dante come quasi assoluto interprete nella Materia; questa scelta di produzione, già iniziata nel precedente romanzo, segna il passo sul lato narrativo, perché Cavalcanti è stato il fondamento viscerale e trascinante della storia, mentre Dante annaspa nel coinvolgere con lo stesso appeal. D’altra parte, è chiaro sin da Vita Nova che ci troviamo davanti a un passaggio di consegne sul protagonista.

Unico e inossidabile anello di congiunzione è Kabal, vero perno della storia, non solo nelle Lande, bensì anche nella Materia, per il piano che lui ha intessuto al fine di rendere il suo Pater Familias nuovo Signore di Firenze. L’ambizione dell’Ancestrarca non ha limiti e la trama ordita nei precedenti capitoli inizia a sbrogliarsi, tra inganni e tradimenti che, inevitabilmente, dopo essere stati messi in moto non possono più fermarsi, in una lotta impari che lo costringe ad alzare sempre di più il tiro, pur di ottenere quello che vuole.

Pur apprezzando lo stile, sempre raffinato e seducente di Gambarini, arrivato a circa metà del libro ho avuto la sensazione che il mordente de Gli esercenti dei santi, fosse ormai solo un ricordo, sacrificato sull’altare dell’aspirazione letteraria dell’autore, per affrancarsi definitivamente dai toni più leggeri del primo volume. Poi BAM!

Uno schiaffo in faccia, che da lettore non mi capitava da molto tempo.

All’improvviso, il ritmo ha un’impennata pazzesca. La narrazione fa uno scatto da centometrista.

Guido torna protagonista, dividendosi con Dante un’equa spartizione di punti di vista – e questo a mio avviso ha fatto la differenza-, Kabal si ritrova a dover fronteggiare non solo i suoi nemici, ma i suoi incubi peggiori. Battaglie, rivelazioni, sacrifici e sogni infranti. Ed ecco che il lungo preambolo ottiene significato. Le pagine si susseguono in un caos di eventi e colpi di scena che non ti permettono più di staccare gli occhi.

La prosa non si indebolisce ma si corrobora nell’azione, diviene più efficace, senza tradire l’impianto e le colte licenze precedenti.

La psiche di Guido Cavalcanti è portata sino al punto di rottura, in un percorso psicologico più complesso di quanto potrebbe sembrare.

Kabal è costretto a fare i conti con le proprie – e a volte scellerate – scelte.

Dante Alighieri smette di languire e trova la forza di emergere non più come omaggio letterario e assume finalmente la profondità necessaria per essere interessante.

Elaborare il suo carattere non deve essere stato facile per Gambarini, perché Dante è una figura poetica imponente ma, allo stesso tempo, spesso svilita a livello umano durante i percorsi di studio classici o per le dicerie popolari. Affrancarsi dagli stereotipi e attribuirgli sfumature personali, che avvicinino il sentire comune alle necessità di imporlo come personaggio a tutto tondo, era un processo fondamentale necessario per condurci con l’ultimo libro della saga a seguire l’Inferno di Dante da una prospettiva nuova e affascinante, coinvolgendo Kabal con un colpo da maestro.

Un plauso va quindi all’autore, non solo per la ricerca, lo studio e l’estro creativo, ma anche per la capacità di invertire il canone iniziale.

La scelta dei tempi di narrazione, un po’ lenti e apparentemente slegati nella prima parte, ha rappresentato per Gambarini il rischio di deludere le aspettative dei lettori.

Ma, a volte, per bearsi di un paesaggio incantevole bisogna valicare un monte e, in questo caso, la fatica rende merito al risultato.

Non tutti i nodi vengono al pettine, pertanto ci sarà ancora qualcosa da scoprire e la resa dei conti con Don, dovrà, come da consuetudine narrativa, consumarsi nell’atto finale.

Un altro aspetto interessante del romanzo è rappresentato dall’attenzione riservata ai coprotagonisti. Se Portinum spiccava già nei precedenti volumi per caratterizzazione, altri rimanevano sullo sfondo o appena accennati. Senza staccare mai l’occhio sui protagonisti, qui riusciamo a comprendere meglio alcuni personaggi secondari, forse grazie anche al rapporto emotivo che li unisce.

In conclusione, Il sangue sul giglio rielabora quell’esercizio di stile che rischiava di elevare l’opera a livello letterario ma di appiattirla sul lato fantastico, rinnovando i presupposti magici e suggestivi che hanno definito la nascita della saga.

 

 

 

 

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