Nella seconda stagione dell’adattamento a serie tv della saga di Geralt di Rivia, vediamo un personaggio completamente nuovo dell’universo di “The Witcher”. Si tratta della Madre Immortale, conosciuta anche come il demone Voleth Meir.
E’ un’entità antica – i demoni infatti nel continente di Geralt di Rivia si considerano estinti e fanno parte di un passato molto lontano – e il suo potere principale e più terribile consiste nel nutrirsi di sofferenza e dolore.
Viene in contatto con Yennefer di Vengerberg dopo che quest’ultima ha perso il suo contatto con il Caos, la fonte da cui i maghi traggono l’uso della magia, insieme all’elfa Francesca Findabair e Fringilla Vigo, altra maga. Voleth Meir appare loro in sogno, assumendo forme differenti in base alla mente della sognatrice.
Voleth Meir è un personaggio completamente nuovo, mai incontrato prima né nei romanzi, nello specifico ne “Il Sangue degli Elfi”, il libro della saga da cui è tratta la seconda stagione della serie, né nei videogiochi. Appare come anziana donna, ma cambia aspetto in base a chi le si pone davanti.
Pare che la showrunner Lauren S. Hissrich abbia aggiunto diversi mostri e diversi elementi nuovi rispetto al romanzo da cui è tratta la seconda stagione, in cui non si vede moltissima azione. Per ovviare al problema, accontentare e attirare i fan trattandosi di un adattamento a serie tv, Lauren S. Hissrich e Sapkowski, l’autore delle avventure di Geralt di Rivia, hanno pensato di aggiungere il personaggio di Voleth Meir. Inoltre, hanno aggiunto anche nuovi mostri e una nuova linea narrativa.
Il tutto è ispirato alla figura della leggenda popolare est europea di Baba Jaga.
Si tratta di un personaggio della mitologia slava e russa, ma è diventato al contempo anche un personaggio legato al mondo delle fiabe, appartiene al folklore delle popolazioni appunto di origini slave. Risale addirittura forse al periodo che va dall’età del bronzo all’età del ferro, e si tratta quindi di una figura antichissima.
Baba Jaga viene descritta come una vecchia dotata di poteri magici, che vive in una capanna nel bosco fitto, simbolo dell’inconscio umano, ma anche dell’iniziazione. La capanna è sorretta da zampe di pollo e può muoversi, così come in “The Witcher” invece si tratta di zampe di basilisco.
Gli etimologi accostano il protoslavo Âgà con l’immagine di serpenti e rettili, il che indica l’origine del personaggio legata al mondo sotterraneo, una forza ctonia, connessa con le entità vulcaniche e del sottosuolo. L’accostamento al mondo dei rettili è appunto mostrato nella serie, Voleth Meir infatti controlla basilischi, creature mitiche simili a un misto tra un rapace e una serpe, velenosissime, in grado di pietrificare con lo sguardo. Sono apparsi in molti romanzi fantasy.
Baba Jaga potrebbe essere stata nell’antichità, nell’epoca protostorica, una dea madre legata al culto di tutto ciò che è nascosto e inconscio, non una dea madre dell’abbondanza delle messi, ma un’entità ambigua, malvagia talvolta, anche se la malvagità di entità superiori simili a dei va oltre la comprensione dei mortali.
Baba Jaga è la rappresentazione e raffigurazione di una paura, quella dell’ignoto e dello sconosciuto, che si vivifica nelle profondità del bosco, un luogo che nelle fiabe e nei miti ha sempre valore iniziatico. Il personaggio si perde nella vastità del nulla e dell’oscurità della foresta, per poi riemergere più forte di prima, dopo aver affrontato se stesso e i demoni che popolano la sua mente.
Voleth Meir è in questo senso un buon adattamento della mitologia di cui fa parte Baba Jaga e della figura originaria antichissima da cui poi è derivata la leggenda della vecchia strega nel bosco del folklore slavo e russo. Non solo infatti è chiamata Madre Immortale, il che ci riporta al culto della divinità ctonia, ma si nutre anche di dolore e sofferenza, esaudendo apparentemente desideri e brame impossibili, che si rivelano utili solo al demone e a placare la sua sete, così come è caratteristica principale della figura legata al folklore slavo.
Il linguista ed antropologo russo Vladimir Jakovlevlič Propp identifica tre tipologie di Baba Jaga: la benefattrice che dà all’eroe un cavallo incantato o un oggetto magico, la rapitrice di bambini e la guerriera combattendo contro cui «non per la vita ma per la morte» l’eroe delle fiabe passa a un altro livello di maturità. La malignità e l’aggressività della Baba Jaga non sono i suoi tratti dominanti bensì manifestazioni della sua natura irrazionale e indeterminata. La duplice natura della Baba Jaga nel folklore è legata, in primo luogo, con il personaggio della padrona della foresta che bisogna blandire e, in secondo luogo, con il personaggio della creatura malvagia che fa sedere i bambini sulla pala per arrostirli. Questa immagine di Baba Jaga è riconducibile alla funzione delle sacerdotesse che conducono gli adolescenti attraverso un rito di iniziazione. Così, in molte fiabe, Baba Jaga vuole mangiare l’eroe o, dopo aver mangiato e bevuto, lo lascia andare dandogli un gomitolo o alcuni segreti della sua conoscenza. Altre volte l’eroe riesce a fuggire. E’ tuttavia un personaggio fondamentale nella quest dell’eroe e rappresenta il mondo sotterraneo, irrazionale, legato ai serpenti, che sono anche simbolo di conoscenza e saggezza presso tribù di pellerossa e altre culture. Si tratta quindi, simbolicamente, di una conoscenza che prende forza e si origina dal mondo dell’irrazionale.
Nei racconti russi impersona una vecchia strega che si sposta volando su un mortaio, utilizzando il pestello come timone, e che cancella i sentieri nei boschi con una scopa di betulla d’argento. Vive in una capanna sopraelevata che poggia su due zampe di gallina, con i suoi servi invisibili. Il buco della serratura del portello anteriore è costituito da una bocca riempita di denti taglienti; le mura esterne sono fatte di ossa umane. In una variante della leggenda la casa non rivela la posizione della porta finché non viene pronunciata una frase magica. Così come avviene nella seconda stagione di “The Witcher”. Yennefer infatti è costretta a pronunciare una frase dalle connotazioni simili all’evocazione e all’incantesimo per trasportare lei e Geralt nel bosco dove si scoprirà aver acquisito abbastanza potere da fuggire.
Nella trama della seconda stagione della serie tv dedicate al Witcher albino, il demone Voleth Meir è stato imprigionato nella capanna dai primi Witcher, e sta usando Yennefer, Francesca e Fringilla come tramite per riacquistare il suo antico potere tramite il dolore e la sofferenza causata tra i mortali.Si tratta spesso e volentieri di una sofferenza sia fisica, sia soprattutto mentale, Voleth Meir si nutre infatti delle debolezze e delle paure più profonde del personaggio che irretisce, ponendosi come una forza sovrannaturale in grado di mostrare il cammino e di aiutare, realizzando i desideri più profondi di chi si affida al suo aiuto. Vi è anche l’elemento magico fiabesco della realizzazione dei desideri che è tipico sia della cultura occidentale europea, maghi e streghe realizzano desideri impossibili, si pensi banalmente all’incontro tra Merlino e Uther Pendragon, sia della cultura araba, si pensi alla figura del genio, che a sua volta si rifà a conoscenze e tradizioni antiche.
Baba Jaga a volte è indicata come cattiva e a volte come fonte di consiglio. Ci sono storie in cui la si vede aiutare le persone nelle loro ricerche e storie in cui rapisce i bambini per mangiarli. Cercare il suo aiuto è solitamente un’azione pericolosa e sono assolutamente necessarie preparazione e purezza dello spirito.
In “The Witcher”, invece, Voleth Meir è un personaggio decisamente malvagio a senso unico. Un’altra leggenda a cui Sapkowski e la showrunner della serie tv possono essersi ispirati nella realizzazione del personaggio di Voleth Meir è quella dei tre cavalieri.
Essi sono uno bianco, che rappresenta il giorno, uno rosso, che rappresenta il Sole, e uno nero, che rappresenta la notte. Nella serie tv Yennefer di Vengerberg sogna una figura incappucciata avvolta in una tunica in rosso, Francesca sogna una figura in bianco, e Fringilla una figura in blu. Baba Jaga è solita parlare dei tre cavalieri nelle storie e leggende che la riguardano.
Nel folklore polacco troviamo nella fiaba “La piuma di Finist” addirittura tre Baba Jaga differenti, che donano al protagonista, il Falco, oggetti magici utili al proseguimento della sua cerca. Questo sta a significare che si tratta di una figura molto antica e che ha avuto molte trasformazioni e differenziazioni nel corso dei secoli e dei millenni – trattandosi di un’entità che deriva da una dea madre venerata tra l’età del bronzo e l’età del ferro – e che ha a che fare con tutto ciò che è in ombra, tutto ciò che fa parte della profondità del bosco e dell’inconscio umano.
Baba Jaga è molto nota nel folklore popolare slavo e russo. Voleth Meir è un riferimento abbastanza chiaro alla strega della mitologia slava, d’altronde A. Sapkowski e la saga di Geralt di Rivia hanno abituato i lettori e appassionati del genere a un tipo di fantasy legato sì all’ambientazione norrena in genere, si pensi ai nomi di alcune’ città o al tema della Caccia Selvaggia, ma anche connesso strettamente con il folklore slavo, che è ciò che conferisce ai romanzi e a tutto ciò che ha a che fare con “The Witcher” (serie tv e videogiochi) un tocco di fiabesco e medievale rivisitato in chiave dark che conferisce al tutto un aspetto davvero originale e piacevole. La saga di Geralt di Rivia è caratterizzata inoltre da una spiccata vitalità e profondità psicologica dei personaggi, collocati in un mondo in continuo movimento, molto dinamico, un mondo selvaggio e magico, tipico della letteratura fantasy sword&sorcery.