Recensioni: “Lo schermo immaginario – scritti cinematografici fuori da coro” di Riccardo Rosati (2016)

Dettagli

 

Titolo: Lo schermo immaginario – Scritti cinematografici fuori dal coro

Autore: Riccardo Rosati

Editore: Tabula Fati

Collana: Maschera e Volto

Genere: saggistica

Pagine: 184

Prezzo: 24,00 Euro 

 

Sinossi

Quattordici anni di scritti, tra recensioni e saggi, sul cinema fantastico. Questo libro fa il punto su di un percorso di maturazione, stilistico e intellettuale, di chi la Settima Arte non l’ha vissuta nel cicaleccio dei circoli festivalieri, né dietro cattedre che propongono perlopiù film a uso e consumo degli studiosi, tradendo, in tal modo, l’essenza stessa di questo popolare medium artistico. Non è certo un mistero che l’ambiente cinematografico sia quasi completamente avvolto dal manto del Pensiero Unico, pregiudicando sia una critica adatta a comunicare col pubblico, che a incoraggiare una ricerca indipendente. In queste pagine, il lettore vedrà come si siano sempre sostenute determinate idee, persino quando scomode e impopolari, il che porta inesorabilmente a essere controcorrente. Poco ci interessa del riscontro che queste riflessioni potranno avere tra i “colleghi” critici cinematografici, i quali spesso considerano il genere come qualcosa di deteriore, ancor di più se poi si tratta di storie “non mimetiche” (fantascienza, fantasy e horror). L’intento principale di questo viaggio all’interno di film così diversi è quello di sollecitare nello spettatore una visione più cosciente del cinema e, al contempo, proporre determinate teorie analitiche al di fuori del ristretto ambito settoriale, nonché una metodologia talora più vicina agli studi letterari che a quelli cinematografici.

Commento

Affermare che qui da noi, tra le vie che conducono al Fantastico, quella del cinema sia la più negletta, è assieme una castroneria e una verità. Una bugia, se guardiamo al successo pop odierno di prodotti legati a vari tipi di immaginario. Una realtà, se grattiamo invece sotto la superficie dorata di questa apparente abbondanza.

Non perché si vogliano rinforzare gli steccati teorici tramite i quali disquisire di come esista tuttora una critica tetragona ad analizzare il successo di cui sopra. È un dato di fatto. Né per evidenziare l’altra parte del campo, l’ipotetico pubblico “degenerato” che non capisce questo quel tema che invece bla bla bla… No. Non solo sono affermazioni stantie, non solo sono assunti indimostrabili, sempre veri o sempre mendaci a seconda del preconcetto (anche legittimo) che spinge a ripeterle.

Semplicemente, pur attraverso stagioni diverse, il riconoscimento della dignità culturale del Fantastico su pellicola (sì, è ormai solo un modo di dire, lo sappiamo) è avvenuto a battaglia finita, quando di superstiti, su entrambi i fronti, ce ne sono rimasti pochi. La critica sdegnosa (ma in generale tutta) è scomparsa, ridotta a pregiudizio anagrafico. Gli amanti di un Immaginario legato al mito e alle grandi allegorie non se la passano meglio. Per fortuna però “noi ricordiamo” (citazione che non ha bisogno di essere indicata, si spera), e lo facciamo, fino alle soglie di ieri l’altro, anche e soprattutto tramite volumi come quello di Riccardo Rosati, “Lo schermo immaginario” (Tabula Fati).

Qui, le tracce della battaglia, le armi dei combattenti, e soprattutto i trofei, non sono perduti, ma radunati. Di più: sono ricomposti lungo un ideale percorso che non è mera ricapitolazione del percorso critico dell’autore – intento che pure non sminuirebbe la dignità di queste pagine – bensì ricerca di quel quid capace di dare senso a ciò che sistematico non è: il sovrapporsi di generi, visioni, incubi. Ecco perché ritornano recensioni, saggi, la cui cifra non è mai un tastare il polso intellettualistico, ma stabilire: è un film ben fatto? Fara divertire il pubblico? Che utilizzo fa dei grandi temi della fantasia, sia essa declinata in fantasy classico, orrore, fantascienza?

Una cartina tornasole tanto universale che è naturale vederla applicata anche al cinema “altro” per eccellenza, quello asiatico, cui tante volte – per pigrizia – vediamo attribuiti parametri alieni, quasi i suoi prodotti ci arrivassero davvero da una sorta di Shangri La.

Non si può poi non citare, tra i documenti critici, il saggio dedicato a Lovecraft, che lo rivela anche qui, nella sede dove più l’immagine è sovrana, genio letteralmente incompreso, estraneo irriducibile perché in fondo, a lui come altri autori – nota Rosati – troppi registi insistono per applicare lo schema angusto di una traduzione impossibile, in cui manca la consapevolezza di operare sul confine tra due mondi – letteratura e cinema – che sono fratelli, ma non cloni l’uno dell’altro. A volte, chiosa l’autore, è proprio la distanza cosciente dalla fonte a produrre i risultati migliori, come, per tornare a Lovecraft, è capitato per Il seme della follia di John Carpenter.

Dallo Schermo Immaginario, insomma, emerge una messe ricchissima di suggestioni, che rendono inevitabile domandarsi come mai, invece che chicche per appassionati o blockbuster dimenticati di qualche stagione fa, parecchi di questi film non siano diventati pietre miliari della storia del Fantastico in senso lato, come è capitato per esempio al Conan di Milius e alla Trilogia tolkieniana del Signore degli Anelli, che infatti campeggiano più o meno solitari nella sezione dedicata alla fantasia eroica per immagini, dove magari non avrebbe stonato almeno un cenno al peplum nostrano e d’Oltreoceano.

Nella domanda, come sempre, si cela la risposta, specie se occhieggiamo verso i filoni sci-fi e horror, più pasciuti. Ma non è il caso di accennare ipotesi sempliciste: se dalla ricapitolazione di Rosati si può trarre una lezione, è quella di come il cinema sia soprattutto narrazione che parla di sé, gioco metacomunicativo, che nel fantastico trova la sede per il migliore dei giochi di specchi, lo si ammetta o meno. E per cui anche gli automatismi del ragionamento, le visioni parziali, le ottusità di stagioni passate, fanno più o meno parte del famoso “costo del biglietto”, componente quasi auspicabile di un intrattenimento capace di durare una vita, portandoci meglio di tutti oltre il Reale.

Al cinema, fantastico o meno, abbiamo il dovere di chiedere e se possibile ottenere, solo quello.

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