E’ venerdì sera. Avete fatto moderatamente tardi, ma non troppo, in fondo la serata vera e propria è il sabato, domani. State tornando a casa e forse leggerete una storia di Edgar Rice Burroughs per addormentarvi, ma passando davanti al bar vi fermate, ed entrando – con grande stupore – troverete Charles Bukovski al bancone che intende offrirvi da bere; e sapete bene che il “poeta dei facili costumi”, che alle prostitute ha sempre accompagnato sbronze leggendarie non si accontenterà solo di un giro. Quando finalmente Bukowski vi lascerà un po’ liberi e vi guarderete intorno già alticci, vi accorgete che nello sgabello affiancato al vostro c’è Lloyd Kaufman. Perchè avreste dovuto accorgervene prima? I torbidi, grotteschi e deliranti b-movie targati “Troma-Film” non sono certo così famosi da rendere il regista riconoscibile in un bar qualsiasi, ma una cosa è certa: in un Troma-Movie che si rispetti – soprattutto se di L. Kaufman – un po’ di Fantascienza avventurosa, erotismo pornografico, droghe e prostitute non sono mai mancati. Ci penserà lui ad offrirvi uno spinello appena rollato ammesso che non vada anche peggio, a giudicare dai suoi film . Ma non fate in tempo a stupirvi troppo per la presenza di Kaufman poichè, quando è il turno vostro di offrire da bere ed inevitabilmente dovrete parlare con il barista, noterete che dietro il bancone c’è Ron Jeremy e per non sembrare da meno rispetto agli altri due, completerà il tutto mettendovi a disposizione le cameriere. Meglio se in topless, fidatevi, un porno attore che ha vissuto alla grande gli anni ’80, e che sopra ogni cosa – a parte le colleghe – amava spiagge paradisiache, dipinte da tramonti a sfondo delle chiome “stellate” delle palme del sud degli Stati Uniti, non avrebbe molti dubbi sulla “divisa” delle cameriere se fosse un barista. Il quadro è completo, ma resta di fatto che se non foste incappati in questo surreale incontro sareste già a casa leggendo una storia di Burroughs, che effettivamente, se riscritta da Bukowski, sceneggiata da Kaufman e letta con enfasi attoriale – anche se di un porno attore – da un soggetto come Ron Jeremy, contando anche tutti i guai avuti con la legge, poteva somigliare moltissimo ad un racconto di John Norman nel suo mondo Sword & Planet di Gor.
Si spera perdoniate la libertà che ci siamo presi nell’introduzione, anche perchè, dovete ammettere che tutto funzionerebbe alla grande, almeno sino al riconoscere che Norman, contrariamente a Bukowski, Kaufman e Jeremy in questo bar surreale è indubbiamente sobrio, e altrettanto certamente appartenente ad un ceto culturale superiore ai tre sopracitati e questo non necessariamente è stato un bene. E’ proprio l’impronta accademica dello scrittore di Chicago che potrebbe rendere farsesco questo incontro che forse poteva essere invece più realistico di quanto si possa credere. John Norman ha insegnato Arte in due università, Nebraska e California, per poi diventare professore di Filosofia a Princeton. Non meno a tutto, chi è rimasto ad un tavolo appartato ad assistere alla surreale scenetta, è senza dubbio Edgar Rice Burroughs come potete ben immaginare, perchè Norman non condivide solo i natali di Chicago con l’autore del Ciclo di Barsoom e di Tarzan, ma egli è stato per lui una fonte da cui attingere a piè mani almeno da un punto di vista estetico-strutturale. Prima di andare al vivo sono utili due premesse. Parlare dei primi due romanzi pubblicati da Fanucci analizzando le figurologie della trama come avviene di solito non è molto utile. E’ stato preferibile parlare in generale del sistema utilizzato da Norman. Bisogna inoltre chiarire che, se cercate l’ennesimo articolo dove si dirà che non vale la pena leggere Norman per il suo machismo immorale e sadico sappiate che sarà l’unica cosa che non sarà affrontata, dal momento che ci sono fiumi di articoli basati sull’insulto libero e su quanto Norman sia spregevole. Ma è ora di capire come è andata veramente la serata.
Conversazione con Bukowski
Innegabile che Norman abbia cercato talvolta di assumere un’ impronta contro-culturale, in perenne tentativo di spingersi al di fuori del mainstream e con una pretesa di formare una accademia alternativa espressa in metodologie antiborghesi che potrebbero far tornare in mente alcune dinamiche Beat, Hippie e Punk. A dimostrazione di ciò potremmo riportarvi come esempio il fatto che il creatore del mondo di Gor non si sia accontentato di sancire delle regole erotiche nella sua narrativa avventurosa-fantascientifica, ma che abbia fondato una scuola di pensiero sadomasochista – corredata da molti saggi – in concorrenza a quella “tradizionale”. Se il sadomasochismo correntizzato sul cosidetto BDSM o Bondage, tributa a De Sade e Von Masoch, quello di Norman è chiamato “Gorean” e non ha altri che John Norman stesso come fondatori di manifesto. Per rispetto allo stesso Norman è bene esser chiari, egli fa capire che ciò che è BDSM non è Goreano e questa distinzione non è per i lettori di Fantasia Eroica ma soprattutto per chi probabilmente non sa nulla di romanzi e forse non sa neanche che John Norman è uno scrittore di avventure “alla Burroughs”. Il suo indiscutibile impianto di tradizione “Alternative Culture”, nonostante egli abbia vissuto gli anni ’70 e ’80 non sembra lambire – come sarebbe naturale – in realtà il mondo Hippie e tantomeno quello Punk. Potrebbe in minima parte sfiorare il post-hippismo in alcuni metodi new age che tuttavia si fermano al solo tema sessuale. Per intenderci, in Norman non troverete nulla che sia inerente all’ecologismo naturista, alla cristalloterapia, alla medicina alternativa, orientalismo, animismo o neo-paganesimo all’acqua di rosa come era nella tradizione degli Hippie. La concentrazione del suo postulato si focalizza su posizioni antiborghesi funzionali a sostenere una cultura alternativa del sesso che sfrutta alcuni ritrovati nietzschani e anti-positivisti, ma non così profondi da essere convincenti, insieme a nozioni psicologiche di cui si fa uso-et-abuso. Il libertarismo sessuale degli Hippie -posto che sia condiviso o meno, bisogna ammettere – , è maggiormente spontaneo rispetto a quello accademizzato da Norman, non essendovi gerarchie monolitiche e limitandosi a predicare lo svolgimento delle attività sessuali all’aperto o al massimo al “farlo strano” come direbbe una Claudia Gerini di turno. Pertanto, insieme al post-hippismo new age in Norman si trova un approccio baby boomers/beat che, sebbene innegabilmente precursore del pensiero Hippie, cercava più una giustificazione e una accettazione della propria libertà sessuale piuttosto che una nobilitazione scatenata e gaia, nell’intendere quest’ultimo aggettivo in senso naturalistico-geofilo. Non emergono i nomi maggiormente spendibili come quelli di Jack Keruac o Allen Ginsberg, ma piuttosto quello di Charles Bukowski. Nel fondatore del “Realismo Sporco” il pensiero consiste nel rintracciare una dimensione poetica nel sesso occasionale che avviene nelle tanti “piccole-grandi” storie del brulicante formicaio umano metropolitano americano. La sfida – tra le altre – è quella di scorgere tenerezza, ricordi e una tensione sentimentale nel sesso alcolico e le sue raucedini notturne e metropolitane, nel bacio rovinato dalla puzza di fumo dell’alito, nelle mutandine tolte ad una ragazza che non tiene troppo da conto l’igiene. Questo ha una perfetta corrispondenza in Norman che tuttavia, non è in cerca di passioni memorabili, non essendo un poeta bensì un rigoroso accademico, ma di imporre una “naturalezza” nel rapporto di sottomissione della donna e dominio dell’uomo. Questo tuttavia porta Norman a dei toni sempre giustificanti nel momento in cui si concretizza la sua azione : rendere scientifiche, antropologicamente naturali e accademizzate le sue parafilie. Occorre quindi precisare una cosa su Bukowski. Egli rimane – che piaccia o meno – piuttosto onesto intellettualmente. Quell’iniziale approccio di “cultura alternativa” beat evolve totalmente in un diario poetico individuale e lo scrittore tedesco-americano non cerca di trovarvi una naturalezza, che viene infatti infranta dalla condizione penosa in cui molti dei suoi protagonisti finiscono, ovvero uno stato simile, nella miserabile alienazione, al protagonista del capolavoro Fame di Knut Hamsun. Ed in effetti, Bukowski ha sempre rifiutato di essere associato alla Beat Generation, a Ginsberg e Keruak. Ma anche se Bukowski avesse mantenuto un approccio “contro-culturale” occorre dire che la contro-cultura non ambisce a sostituire il mainstream per imporsi essa stessa come tale, ma di abbattere il mainstream per sostituirvi la verità. La chiacchierata con Bukowski sicchè non è andata molto bene. Se egli accettasse di riscrivere il Ciclo di Barsoom ne sarebbe uscito qualcosa di diverso dal lavoro svolto da Norman.
Conversazione con Lloyd Kaufman
Occorre premettere che il nome di Kaufman è più simbolico che effettivo, in quanto non si intende riferirsi solo alla filmografia del regista, bensì ai “Troma-Film” in generale che hanno complessivamente riferimenti comuni anche per i loro diversi registi. Vien da sè dedurre che quel mattacchione e allegrone di Lloyd riesca ad offrire una rappresentanza perfetta per il contesto. Anche nei film Troma si trova un approccio di cultura alternativa e di rivisitazione dei contesti sessuali proposti con estremismo antiborghese. In questo caso il registro è principalmente punk , con un risvolto di assoluto estremismo exploitation – quindi Pulp, per naturale conseguenza – sfruttando un fondo sempre comico-demenziale, Horror, Weird e fantastico-fantascentifico che quasi perennemente verte sul cyberpunk. Anche i “Troma-Movie”, inoltre, puntano a creare un mondo basato su una sola regola ferrea, ovvero il caos assoluto e la sovversione, mentre quello di Norman è un “Planetary World” burroughsiano rigorosamente strutturato sulla regola di una gerarchizzazione sottomissione-dominio eterogenee e proposte come “Natura di tutto”. Anticipiamo che neanche la conversazione con Kaufman andrà un granchè e questo almeno in parte – rispetto al caso di Bukowski – avvantaggia Norman. Appare piuttosto scontata la superiorità di Norman che era un uomo colto nonchè valido prosatore, rispetto alla miseria di scrittura di qualsiasi Troma-Film. Perfino pellicole come Scannati vivi, 2000 maniacs, o Gore Gore Girl , al paragone con un Troma, sembrano imbellettate pellicole Nouvelle Vague da proiettare in un cineforum di “colti” hipster che si prendono a colpi di “selfie” effetto-seppia. Il punto è che tuttavia è proprio Kaufman a portarci al cuore del problema, dopo che Bukowski ci ha condotto alla mente, o al fegato se si contano i suoi leggendari eccessi alcolici. Se i film di Kaufman sono basati sulla demenziale e antiborghese sovversione exploitation, i romanzi di Norman si prendono troppo, immensamente sul serio, cercando di ricavare un’importanza accademica abilitante nel suo approccio “Contro-culturale”. Nonostante colto e buon prosatore, l’inventore del mondo di Gor – detto anche “contro-terra” – si perde in una narrativa tremendamente didascalica e una insicurezza letteraria di fondo. Più che mantenere una coerenza alle regole del suo costrutto, o Worldbuilding se vi è più chiaro, Norman, sembra “assicurarsi” pedissequamente che i suoi personaggi facciano quel che lui dice secondo il suo postulato e nel mondo di Gor manca del tutto la casualità avventurosa, il realismo dinamico nei fatti e nelle psicologie, il conflitto intermedio che rende avventurosi i percorsi. Gor non è Gore, e a parte l’estetica base non è neanche minimamente Pulp, e più che Sword and Planet si svilisce al fine nell’essere “manualisticamente burroughsiano”. Se Boris Pasternak, con il Dottor Zivago, come si è detto nell’articolo su Eddison, ha dato un esempio di
ultra-determinismo nel romanzo storico-sentimentale; e se E.R. Eddison – pur in maniera consapevole – ha fatto lo stesso nella Fantasy Eroica, Norman va ben oltre al determinismo arrivando a vette di anti-epica irraggiungibili. Ogni suo agente, nel romanzo, risponde alle sue regole gerarchizzate senza il minimo sforzo. Le grandi Aquile simil Gwahir accettano di essere addomesticate con semplici colpetti di teaser senza che mai dibattano un’ala o agitino il becco, limitandosi ad una resistenza apparente che esprime il “contro-intuitivo freudiano” di desiderare ciò che negano. Le donne accettano il loro ruolo di sottomissione conoscendo la loro risposta interiore già al principio e il protagonista titanico-superomistico può pertanto mantenere un portamento pseudo-romantico molto più posturale rispetto a quello di John Carter, poichè nessun fatto della vita lo porterà ad una analisi contingente della situazione. Nonostante la buona riuscita formale, il fallimento letterario-drammatico dei romanzi di Gor si deve infatti anche a questa assenza di auto-analisi, alla tendenza accademica di prendersi sul serio. Forse nel caso di romanzi come Gor e i Fuorilegge di Gor avrebbe giovato un pizzico di violenza in più e non certo perchè infantilmente si ami la brutalità di Abercrombie, ad esempio, o lo splatter fine a sé stesso, bensì perchè sarebbe forse stata la possibilità di una presenza di auto-analisi che nel pulp non è mai mancata. Conan il Barbaro non fa quadrare sempre i suoi conti come si vede chiaramente in racconti come La Regina della Costa Nera. Raymond Chandler, Dashell Hammett, Jim Thompson, assumono i loro toni violenti e pulp poichè rigettano sia la retorica “pragmaticamente edificante” residualmente roosevltiana, sia quella pseudo-idealistica wilsoniana, e non meno quella machistico-muscolare trumaniana. Neanche Burroughs stesso – nella sua assoluta immediatezza – cerca mai di lusingarsi con le risposte più facili, egli tutt’altro cerca di consegnare al ‘900 le risposte agli interrogativi di Verne e Haggard. Il voler sembrare sempre accademicamente serio, determinato in un attegiamento anti-borghese da a Norman un tipo di serietà geovita; quel tipo di serietà che si attribuisce ad un rappresentante Erbalife, ed è un tipo di serietà al quale non si ama troppo affidarsi. E’ per questo che nonostante l’incontestabile cultura e il buon livello di prosa, il Norman non riesce a scrollarsi di dosso quell’aura da “B-Movie”, o per meglio dire “B-Book” della fantasia eroica, cosa che effettivamente stride con il suo livello di cultura.
Conversazione con Ron Jeremy
Ora; non iniziate subito a pensar male. Se adesso vi darò qualche informazione non è certo perchè ho trascorso ore sui film porno di Jeremy, che anzi, istrionicamente è uno dei pochi porno-attori ad aver portato i suoi contenuti in B-Movie Horror e Fantascientifici, come nei summenzionati troma-film. Questo americanissimo Rocco Siffredi imbruttito verso le mentite spoglie di un corpulento Narcos colombiano ricorda in realtà più un Jerry Calà pornografico e sadico-erotico. L’ attore italiano era solito rappresentare personaggi all’antitesi di “Poveri ma belli”, vale a dire un brutto e povero, che tuttavia essendo furbo e con forte spirito di sopravvivenza, otteneva attenzioni da donne come belle ereditiere o le varie mogli dei commendatori, spuntantola nella competizione degli sciacalli del mondo neo-liberista contro “concorrenti” a lui superiori; rampanti e giovani industriali, sportivi, attori e quant’altro. Ron Jeremy è la stessa cosa ma al posto della furbizia di Jerry Calà ha la frusta facile e “caratteristiche” alla Rocco Siffredi. Tarl Cabot è un uomo colto, preparato nella scienza e abituato al buon uso dei libri. Si adatta fulmineamente a dominare anche in combattimento e nella domesticazione di bestie pericolose o sfuggenti. Nulla sfugge alle sue disamine ed è sempre padrone della situazione. Ogni donna , di qualsiasi ceto o capacità, è destinata ad essergli schiava e questo fatto è sempre ineluttabile. L’eroe di Norman – nonostante dominatore e fustigatore – può permettersi il lusso di riferirsi comunque a John Carter e di mantenere integro quel suo onorevole spirito, che anzi in Tarl è esacerbato e dilaga verso una sorta di pseudo-romanticismo riflessivo, psicologico e interiore, che quasi vuole arrivare a farci scorgere una natura addirittura altruistica. Se tutto questo fosse stato proposto in un ottica di “Viaggio Psichico”, che sarebbe stata sposata bene al concetto di “Sesso Immaginativo” dello stesso Norman potremmo anche darci pace, capire il ruolo strumentale dei romanzi e non aggiungere altro. Ma Norman stesso chiarisce che non è così. Tarl Cabot è un protagonista che cerca di espandere John Carter oltre al ruolo di avventuriero eroico e maturo, verso concezioni superomistico-titanistiche ma l’effetto che alla fine restituisce al lettore è grandemente svilito. Tarl, più che un avventuriero maturo ed eroico sembra -metaforicamente parlando – un amministratore delegato di una azienda che si traveste da magazziniere per vedere se i dipedenti rigano dritto, per poi alla fine essere scoperto ma fingere di essere comunque il migliore, nonostante il suo incognito sia un segreto di pulcinella. La somiglianza con John Carter è solo alle apparenze. Ed in effetti, c’è molta più analisi nei personaggi di Ron Jeremy che in quelli di Norman, dato che questi sanno perfettamente che se riescono ad avere ragione di un competitore più bello, è solo grazie al fatto di essere superdotati. Molti contestano a John Carter il fatto di essere un un personaggio troppo vincente e che i Deus ex Machina vadano tutti a suo favore. Ma almeno Burroughs utilizza anche la fortuna e chiarisce sufficienti ragioni del perchè lo spadaccino di Marte è così duro da battere. Norman fa uso di Deus ex machina almeno quanto Burroughs senza che tuttavia ve ne sia il bisogno essendo in una circostanza dove l’avventura e il conflitto sono solo accessoriali.
Edgar Rice Burroughs è rimasto nella penombra di un tavolo appartato: Conclusioni
Proprio come Aragorn al Puledro Impennato, Edgar Rice Burroughs è rimasto a scrutarci, ha ascoltato cosa ci siamo detti con Bukowski, Kaufman e Jeremy, ma non c’è stato qualcosa per cui valesse la pena intervenire contrariamente a ciò che convince Aragorn ad alzarsi dopo qualche parola di troppo del “Signor Sottocolle”. Ora, capiamoci bene: Dire che il Ciclo di Gor è inferiore a quello di Barsoom non è certo una scoperta, e se fosse stata questa la risposta di cui eravamo in debito con voi, non vi era ovviamente il bisogno di arrivare fino in fondo a questo articolo. Non si tratta certo di una proporzione simile a Thongor di Lemuria o Kothar il Guerriero rispetto a Conan il Barbaro. Il punto è quindi un altro. Norman ha avuto accesso al mondo della Fantasia Eroica e della Sword and Planet per una porta di servizio. Nell’opera non esistono innovazioni , ibridazioni e ancor meno tradizioni, il tutto sembra ridursi al fatto che John Norman ami Burroughs, e molto semplicemente – ritenendolo uno scrittore perfetto, affidabile come una divinità e senza difetti – lo abbia banalmente preso a modello rigoroso per comporre un’opera narrativa del tutto accessoriale e subordinata ai numerosi saggi come Sesso
Immaginativo (DAW, 1974), o altri saggi filosofici, psicologici e sessuologici. Da un punto di vista di “mentalità letteraria” i romanzi del Lange (in arte Norman) sono semplicemente non pervenuti e privi di ogni conflitto e questo oltre a stridere fortemente con la lunghezza di questa saga è anche un peccato. Dispiace sempre quando un bravo prosatore sprechi il suo talento. Si presume che uno scrittore che si dedichi ad una saga così lunga (circa 33 libri) un po’ di passione la abbia, ma questa sembra riflettersi unicamente sul totale affidamento a Burroughs come modello vitruviano. Questo romanzo è riuscito a farsi includere nella serie “Libri di Fantasy” Fanucci1 soltanto perchè effettivamente, Norman è una penna educata e ha una cultura tale da rendere proponibili dei romanzi letterariamente spenti. Ciò – come detto poco sopra – è sotto certi aspetti un peccato, dal momento che Norman è un prosatore innegabilmente superiore a moltissimi autori odierni neo-pulp, fantastici post-moderni e grimdark, ma a quanto pare anche un abile scrivente può non essere un bravo scrittore, una lezione inaspettata da imparare.
Note
1 – i primi due romanzi del mondo di Gor, intitolati “Gor” e “Il fuorilegge di Gor” sono stati pubblicati in italiano da Fanucci rispettivamente nel 1989 e nel 1991, con traduzioni di G. Zuddas e M. Puggioni. Il primo romanzo è stato pubblicato sempre con traduzione di Zuddas con il titolo “Sotto il Sole di Gor”, da Cineteca Romana edizioni nel 1982.