The Northman è il nuovo gioiellino di Robert Eggers, uno dei registi più promettenti, tra i giovani, della generazione corrente. Nonostante non abbia ottenuto un grande successo al botteghino, come film del genere anche solo vent’anni fa avrebbero, si dimostra un film coerente, solido, ben sceneggiato, tecnicamente girato in un modo originale nel riprendere vecchie abitudini di regia e rinnovarle.
La trama è molto semplice e diretta : Hamlet, figlio del re Aurvandil, detto Raven King, il Re Corvo, assiste alla brutale uccisione del padre da parte dello zio Fjolnir, che si appropria del regno uccidendo il fratello, e il piccolo Hamlet si ritrova in fuga nella terra dei Rus.
Il rapporto tra Hamlet e il padre è un legame molto stretto, molto affettuoso. Questo Eggers ce lo racconta in pochissime scene, simboliche, che hanno una capacità e un’espressione narrativa tale da non aver bisogno di tanti dialoghi e di tante vicissitudini, è tutto molto chiaro nella trama del film. Non si può dire la stessa cosa dell’effetto visivo del film. Eggers è un regista a cui è accostato spesso il termine “visionario”.
A mio parere, in una maniera abbastanza impropria, perchè semplicemente Eggers riserva al sovrannaturale e agli elementi più misterici del paganesimo norreno il posto che gli spetta, un non luogo nel vasto oceano dell’irrazionale.
The Northman è una buona e valida rappresentazione della mentalità e del rapporto con l’esistenza tipica dei popoli antichi, guidati da un elemento misterico fondamentale nel paganesimo tutto : la divinazione.
Hamlet è destinato, è quasi scelto, dal suo dio, Odino – mentre lo zio fa parte del culto di Freyr – per combattere e vendicare il Re Corvo. Una volta adulto, dopo un assalto a un villaggio insieme ad altri predoni, incontra una strega, nel pieno della notte, che gli parla del suo Fato, e gli ricorda delle sue origini, e della sua vendetta.
E’ iconografica la scena in cui un corvo si posa vicino ad Hamlet, e questi lo guarda sussurrando “Padre…” interpretando un segno della natura come un segno divino, appena dopo aver appreso che Fjolnir, lo zio traditore, ha perso il regno che aveva rubato ed è fuggito in Islanda.
A questo punto la pellicola riporta l’attenzione sulla storia famigliare di Hamlet, abbandonando la sequenza del villaggio dei Rus assalito dai norreni. Si finge schiavo, e raggiunge così l’Islanda, incontrando una ragazza, una sorta di strega, che lo aiuterà nella sua impresa di vendetta e di riscatto. Il personaggio è interpretato dalla stessa attrice protagonista di un altro film di Eggers, The Witch.
Il sovrannaturale è qualcosa d’inspiegabile, qualcosa a cui gli antichi norreni dovevano piegarsi, gli dei, soprattutto Odino, hanno già scelto per Hamlet. Non a caso il film inizia con una vera e propria invocazione al dio in questione.
E’ molto interessante la rappresentazione della storia famigliare e della faida tra Fjolnir e Aurvandil e suo figlio come allegoria di una rivalità e una differenza sostanziale e culturale tra coloro che venerano Odino, e coloro che venerano Freyr. Aesir e Vanir, nella mitologia norrena, spesso differiscono e contrastano tra loro per caratteristiche, origini, usi e costumi del culto.
Le rappresentazioni pagane dei riti di sangue, dell’iniziazione di Hamlet nei primi minuti di film, ci dipingono un mondo lontano dal nostro, in cui i misteri della notte convivono con i fatti che avvengono durante il giorno. E’ molto interessante, anche e soprattutto dal punto di vista visivo, questa dicotomia : di giorno la scenografia e la coreografia è legata alla terra, al lavoro degli schiavi, alle cose che succedono “alla luce del Sole”, invece la notte è sempre caratterizzata da elementi onirici e che hanno a che fare con i misteri insondabili di Odino.
Tramite alcuni passaggi narrativi si può anche notare come il protagonista, così come moltissimi grandi uomini dell’antichità, compie scelte di natura esistenziale influenzato dalle profezie, come se non potesse fare a meno di seguire un destino già prestabilito dagli dei, ma che si esplica e si verifica nel mondo umano tramite autentiche scelte di Hamlet. Esse sono sì funzionali chiaramente alla sceneggiatura e allo svolgersi e risolversi della trama del film, ma sono anche una rappresentazione dell’atteggiamento psicologico che avevano gli antichi nei confronti della divinazione, raramente vi era scetticismo, e se vi era, come anche Hamlet dimostra in svariate scene di possedere questa naturale qualità umana, era spesso accantonato di fronte all’evidenza dei segni che gli dei mandavano.
Alcuni passaggi narrativi verso la fine del film non mi hanno molto convinto, potevano essere gestiti meglio tramite un minutaggio maggiore, verso l’ultima parte il ritmo della pellicola sembra accelerare tantissimo, forse per via appunto di un minutaggio ristretto – anche se ristretto non è, visto che dura più di due ore, ma ormai il pubblico è abituato anche a film di più di tre – o di un budget ristretto, cosa che non credo visto il calibro degli attori presenti in scena, Nicole Kidman e Ethan Hawke in primis. A questo punto, escluse queste due possibilità, ne rimane una terza : Eggers voleva creare un climax, che parte lentamente dalla scena dell’uccisione di re Aurvandil fino alla fine della pellicola, dove il film letteralmente esplode in un vortice di violenza e irrazionalità.
La figura della madre andrebbe approfondita, il background del suo personaggio, infatti, viene esplicato tramite un breve dialogo e una scena abbastanza breve, che vuole essere simbolica e narrare tutta una storia con pochi escabotage scenici, ma non ci riesce appieno. Con un minutaggio più espanso il background del personaggio interpretato da Nicole Kidman avrebbe potuto essere approfondito di più e risultare più convincente e solido nei confronti del pubblico, così come alcuni passaggi narrativi che sono abbastanza veloci e poco approfonditi, mentre scene coreografiche e tecnicamente impeccabili hanno abbastanza spazio nel film. Gli equilibri tra rappresentazione antropologica di una cultura antica e la trama del film talvolta scricchiolano, pare che Eggers fosse molte più interessato al punto di vista corale e globale della sua storia, più che alla messa in scena singola dei personaggi e ad un approfondimento su di essi. E ha senso nel cinema di Eggers.
Racconta storie, non fa particolari introspezioni, o meglio, ci sono, ma sono rappresentate in scena senza particolari spiegazioni, l’irrazionalità umana e divina, o diabolica, come nel caso del suo primo film The Witch, sono semplicemente così, e il pubblico le deve accettare. Perchè l’irrazionale e il sovrannaturale è così e basta, non ha spiegazioni, gli umani sono piccoli di fronte al Valhalla, di fronte ai misteri di Odino, di fronte ai sacrifici che Freyr richiede. Questo è un aspetto del cinema di Eggers che mi piace moltissimo, e forse ha senso l’aggettivo “visionario” nel descrivere quest’attitudine del regista, egli mostra visioni, squarci d’irrealtà, divinazioni, culti lontani nel tempo, non con la pretesa del regista contemporaneo di dare una particolare connotazione morale o una interpretazione psicologica di culti lontanissimi da noi, ma semplicemente con la voglia dell’appassionato di farle vedere, di mostrarle, di riportarle alla vita.
Il cinema di Eggers, nonostante spesso tratti di morte, tratta anche di vita, di umanità, in The Northman riporta nel cinema storico ed “epico” qualcosa che c’eravamo dimenticati dai tempi de “Il Gladiatore”, la schiavitù, uno dei punti cardine su cui si regge tutta la società dei popoli antichi.
In un certo senso questo film mi ha ricordato “Il Gladiatore”, ovviamente con la mano di un altro regista completamente differente da Ridley Scott, ma si tratta di un film storico, con una trama di vendetta, con un riscatto che il Gladiatore di Scott raggiunge, invece la storia di Eggers assume tinte decisamente più cupe.
The Northman è consigliatissimo a tutti gli appassionati di paganesimo, di cultura norrena, di antichità, e perchè no, anche di fantasy, essendoci nel film molti elementi fantastici, come per esempio la spada Draugr, che in norreno significa Non-Morto, e proprio un Draugr affronta Hamlet in una scena di spersonificazione e di estraniazione stupenda, mi ha ricordato il duello “mentale” in “Hero”, con Jet Li. Hamlet affronta in questa scena un elemento sovrannaturale, ma la scena è girata e realizzata in un modo che lascia il dubbio allo spettatore, ovvero : se l’è immaginata e basta? E’ successo solo nella sua mente? Il sovrannaturale avviene solo nella mente degli uomini, o esiste davvero? Tutte le profezie che condizionano il destino di Hamlet sono davvero volontà degli dei, o è un condizionamento del protagonista dovuto ai suoi usi e costumi, in quanto principe norreno? Forse tutte le cose insieme. Eggers non da risposte in merito, semplicemente realizza un’opera che visivamente è da mozzare il fiato, tecnicamente e registicamente è impeccabile, alcuni passaggi narrativi scricchiolano, forse è solo gusto personale, ad altri troppo focus su personaggi secondari magari sarebbe stonato, ma risulta un film solido, coerente, valido, molto valido. Non capisco l’insuccesso al botteghino. Forse dal trailer non s’intuisce tutto l’aspetto dedicato alla divinazione e ai culti pagani dell’area scandinava e del nord Europa in genere, forse non è stato pubblicizzato abbastanza e nei canali dedicati al giusto pubblico per una pellicola di questo genere, forse è uscito in un periodo in cui il pubblico era distratto da altri film. Onestamente non saprei.
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