Dettagli
Titolo: “Eternal War – Inferno”
Autore: Livio Gambarini
Editore: Acheron Books
Pagine: 399
Data d’uscita: novembre 2020
TRAMA
Nel mezzo del cammin della sua vita, Dante Alighieri è un famoso poeta e difensore della pace a Firenze, ma dietro il suo successo si cela il dolore per la morte di Beatrice. Mentre vaga smarrito per una selva oscura, viene scorto da Kabal, spirito custode della decaduta famiglia Cavalcanti. Dante potrebbe essere l’ultima occasione per salvare l’anima perduta di Guido, che dell’Alighieri era stato amico e mentore di poesia. Disperato e determinato a tentare il tutto per tutto, l’astutissimo spirito indossa la corona d’alloro delle Muse e si finge il poeta Virgilio: così camuffato, offre a Dante di ricongiungerlo con la sua amata. Sa bene che per lei egli sarebbe pronto ad attraversare persino l’Inferno… ed è proprio ciò che intende fare. Ma segreti, rimpianti e oscurità oltre ogni immaginazione attendono Dante e Kabal nella loro discesa attraverso gli abissi. Un viaggio destinato a riecheggiare nei secoli. “INFERNO” è l’ultimo, epico capitolo della saga di Eternal War, avventuroso omaggio alla più grande opera letteraria di tutti i tempi. Lasciate ogni speranza, o voi che leggete.
L’AUTORE
Bergamasco classe 1986 trapiantato a Milano, Livio Gambarini è uno dei più apprezzati autori historic fantasy d’Italia.
Cultore del tardo medioevo italiano, ha narrato in chiave fantastica la Toscana stilnovista di Dante e Guido Cavalcanti nella saga best seller di Eternal War (Acheron Books) e la Lombardia comunale nei thriller storici Le Colpe dei Padri e I Segreti delle Madri (Silele Edizioni). Da poco è uscito Ottone Il Primo dei Visconti, romanzo storico per Edizioni Piemme scritto con Alex Calvi.
Fondatore di Rotte Narrative, WritingCoach.it e docente del corso di Alta Formazione “Il Piacere della Scrittura” dell’Università Cattolica di Milano, Livio Gambarini è anche editor e sceneggiatore di videogiochi e serie TV. Tra i suoi altri interessi ci sono psicologia, intelligenza artificiale, softair, board games e rpg.
COMMENTO
Siamo arrivati al capitolo finale. Il sipario si apre su Dante al cospetto di Publio Virgilio Marone, o almeno quello che lui pensa essere il poeta dell’Eneide che lo ha ispirato in vita. L’inganno di Kabal è perfettamente riuscito: gli ha fatto credere di essere stato mandato dalla sua amata Beatrice per condurlo da lei. Sappiamo bene che l’unico scopo dell’Ancestrarca dei Cavalcanti è salvare l’anima di Guido, morente nella Materia per la perdita di una delle sue due anime. Per riuscire nell’impresa e vincere il suo estremo azzardo, Kabal è disposto a tutto. Ha concesso a Dante i Tre Doni dei Magi ed è pronto a unirlo al suo Retaggio alla prima occasione utile.
Eppure, qualcosa si agita nell’animo dell’Ancestrarca e la stessa scelta di soccorrere l’anima perduta di Guido è il primo segnale di un cambiamento che ancora non ha maturato, ma che crescerà con il passare degli eventi fino a diventare incontrovertibile. Satanasso ha compiuto un cambio di Paradigma nella gestione delle anime e forgiato il suo personale inferno. L’unione di diversi dèi e spiriti in combutta tra loro ha generato una Chimera, imprigionato San Pietro e adesso governa su quel mondo dannato sfruttando i canoni della teologia cristiana. Ed è stata quell’entità la motrice di tutti gli eventi che hanno spinto Kabal e Portinum a compiere la maggior parte delle loro azioni.
Gambarini ci conduce dentro l’Inferno della Divina Commedia e lo fa con astuzia, rispetto e un pizzico di spavalderia.
La struttura narrativa cambia completamente in quest’ultimo romanzo. Dopo il binomio Materia e Lande, tutta la storia è ambientata all’Inferno, pertanto non c’è più distinzione grafica e stilistica. Anche il cambio di protagonista umano, annunciato nel precedente libro, diventa un’evoluzione naturale del racconto. Forse Durante degli Alighieri ha necessità di sviluppo per reggere il ruolo e pian piano riesce a guadagnarselo. Kabal, invece, non deve dimostrare nulla. Le sue macchinazioni hanno retto l’intero impianto della saga e ancora funzionano, anche in contrapposizione con l’amico Portinum e le loro abissali differenze di vedute e di intenti, al punto di arrivare quasi allo scontro.
Kabal però, subisce un mutamento considerevole nel passare delle pagine e, per rafforzarlo, l’autore tramite un escamotage narrativo ci mostra il suo passato, dando un significato al suo riscatto che assaporiamo a piccoli passi. Forse la redenzione di Kabalicante farà storcere il naso a qualcuno ma, d’altronde, chi conosce i processi di scrittura, sa bene come il conflitto interiore del personaggio principale debba portare non solo a un cambiamento, bensì a una consapevolezza interiore per dare un senso al suo viaggio, al fine di scoprire, o ritornare in questo caso, se stesso.
Nonostante tutto, Gambarini ci riserva ancora qualche sorpresa. L’espediente iniziale regge bene e per gran parte del romanzo è divertente assaporare le variazioni e le aggiunte, necessarie per non rimanere troppo ancorati agli eventi della Commedia. Quando si svelano alcuni passaggi fondamentali per comprendere i piani di Satanasso e ci si avvia verso lo scontro finale, la narrazione si allontana definitivamente dalla nobile fonte d’ispirazione e cerca di unire tutti i tasselli del mosaico, sempre in maniera efficace ma talvolta un po’ prolissa.
Anche se è volutamente raffinata, la prosa di Gambarini appare in alcuni punti forse troppo complessa e non di immediata comprensione. Il tentativo di alzare il livello letterario non ottiene sempre il risultato sperato e perde per strada un pizzico di magia e di coinvolgimento, costringendo il lettore a faticare per seguire le azioni dei protagonisti nella lotta concitata dell’ultimo atto.
La ricerca dell’epica danneggia l’intrattenimento?
Non proprio, perché l’autore agisce di mestiere e il suo talento non è in discussione. Anche se la battaglia poetica diventa un po’ ripetitiva, un plauso va allo stesso autore e a Paolo Barni per la creazione delle poesie originali.
In ogni saga, il capitolo finale è sempre il più difficile, non tanto per lo svolgimento che, inevitabilmente deve portare a una conclusione, quanto per l’assenza di suspense, perché man mano che tutto viene risolto, l’attenzione sale a discapito della suggestione. Questo problema attanaglia ogni autore – parlo per cognizione di causa -, e quando si deve sbrogliare la matassa intessuta, spesso si sente la necessità di dover spiegare ogni passaggio, affinché tutto s’incastri con precisione, e non per la logica dello scrittore ma per la percezione del lettore.
Per questo, forse, i passaggi conclusivi appaiono un po’ forzati, nel tentativo di far quadrare il cerchio e dare una piena sensazione di appagamento.
E tutti gli anni spesi nel lavoro e nello studio da Gambarini emergono dalle pagine, quasi distaccandosi dalla narrazione, pur di fornirci tutti gli elementi necessari a comprendere come il gioco di fantasia s’incastri perfettamente nella realtà storica.
Ma alla fine dell’epopea, diventa inevitabile giudicare non solo l’ultimo romanzo ma l’insieme dell’opera ed è qui che piovono gli Oscar! Bisogna riconoscere l’innovazione e la profondità, l’ardimento e la forza espressiva, la ricerca linguistica, l’incantesimo che ha generato entusiasmo e l’applicazione che ha reso possibile il proseguimento fino a sprigionare i fuochi d’artificio dell’ultimo atto.

Fin dall’inizio, le parole rivolte da Ovidio al Sommo Poeta risuonano come un manifesto: “Se vuoi darci maggior lustro, non portare i tuoi lettori da noi porta noi da loro. La cultura muta a ogni nuovo Paradigma, perciò potrai diffonderla meglio con le forme che sono vivaci nella tua epoca. Usa noi e i nostri scritti come legna per alimentare il fuoco di una nuova narrazione.” In queste frasi sembra riassumersi la filosofia di Gambarini, che promuove quasi una battaglia letteraria – che condivido in pieno -, sulla necessità di divulgare la letteratura attraverso nuove rielaborazioni, in grado di far avvicinare le nuove generazioni ai classici e, più in generale, alla lettura. D’altra parte, lo stesso autore ci spiega che quando Dante ha scritto la Divina Commedia, ha realizzato una struttura narrativa con al centro le tribolazioni umane, usando il linguaggio volgare per avvicinare i suoi scritti al comune sentire delle persone del suo tempo.
In fondo, per la sua epoca Dante era un riformatore che ambiva a diventare mainstream.
Alla fine, Gambarini raggiunge il suo obiettivo e, come uno chef stellato, riesce perfettamente a destrutturare alcuni passaggi dell’Inferno e a cucinarli con diversi ingredienti e tecniche, facendoceli gustare con nuovo entusiasmo, senza tradirne lo spirito e i valori. Bravo!