Vampiri e Licantropi, uomini pipistrello o uomini lupo, succhiasangue e belve, etc…Quanto queste due figure, negli ultimi decenni, tra libri e film hanno caratterizzato il genere horror? Insieme agli zombie formano la triade dei mostri, benché siano totalmente diversi dai secondi avendo ancora un briciolo di razionalità – in pratica solo quella necessaria per rendersi conto che sono dei mostri-pazzi-schizofrenici-etc…non saprei bene come definire chi succhia sangue o sbrana il prossimo se non con qualche termine psichiatrico. Ammetto di non essere avvezzo al genere horrorifico e non trovo alcun gusto in esso. Ma, si sa, gli archetipi non sono vincolati in un genere. Capita, se si studia storia (bene) e filosofia (anche meno bene) ci si possa imbattere in questi due loschi figuri.
In molte storie in commercio i vampiri, sono stati “nobilitati” come Twilight e Vampire Hunter D, e lo stesso Conte Dracula, anche se, vista l’epoca in cui è stato scritto, potrebbe sembrare il solito stupido tentativo di screditare l’Ancien Regime, facendo passare un nobile old-style come un mostro. In realtà credo che abbia attinto perfettamente dal suo nuovo regime visto che era un irlandese che viveva nel Regno Unito di fine 800 e di vicende sanguinarie e macabre ne poteva vedere a bizzeffe, come le carestie nella sua Irlanda o in India, gli slums pieni di sfruttati da industriali (vampiri), o direttamente nobili (vampiri) come il Sassonia-Coburgo-Gotha Leopoldo II del Belgio, stretto parente dei suoi reali.
La Gran Bretagna dell’epoca non era certamente il paesino mediterraneo dei vari Pane, Amore etc…, o la contea degli hobbit. Si lo so, 60 anni di distanza, ma vi sembra tecnologicamente più evoluta la Londra di Van Helsing o il paese di Sagliena nell’immediato bombardato dopoguerra, dove il Maresciallo ci prova con la Bersagliera?
Avesse conosciuto la piccola Italia sarebbe diventato anche lui un hobbit e, davanti a piattate di pastasciutta, tra allegria e sorrisi, avrebbe fatto bere ai suoi personaggi il dolcetto e non il sangue. Ma cosi è: sarà anche per questo che l’horror è una materia anglosassone e nordica e meno tipica del mediterraneo.
Tralasciando queste seppur lecite speculazioni, partiamo dai lycan: da dove deriva un uomo che in certe notti si trasforma in bestia e si ritrova a cacciare esseri umani al chiaro di luna?
Il primo caso letterario risale ad un lai della poetessa del XII secolo Maria di Francia, il Bisclavret. Il canto narra di un nobile che per tre giorni a settimana (niente luna piena) si trasforma in lupo diventando un predatore metà umano, metà bestia. La storia ha un che di tragicomico perché la moglie si fa rivelare dove nasconde le sue vesti, l’oggetto mediante il quale lui cambia forma: quando si sveste diventa lupo e quando si riveste uomo. Ma se le vesti gli sono nascoste o lui viene visto nell’atto di vestirsi/svestirsi rimarrebbe lupo per sempre. La moglie viene aiutata dall’amante a nasconderle ed il povero barone rimane lupo e lei con il suo amico vivono felici e contenti. Cornuto e mazziato.
In realtà, a parte la forma che il “maledetto” assume nel corso delle storie nei secoli dei secoli, è il suo essere una realtà bandita, nel vero senso del termine “messo al bando”, fuori dalla civitas, cioè il suo essere fuori dal gruppo sociale di appartenenza. Con un’aggiunta: egli ritorna allo stato di natura, che è sempre selvaggio e ferale, per quanto gli ecologisti tentino di convincere del contrario (fateli vivere 10 anni senza gas, luce, acqua corrente, web, etc…e poi vediamo se non ritrattano), e quindi, diventando un nemico, aggredisce i suoi ex-simili.
Di per sé il “bandito” canonico, se l’etimologia non permette speculazioni, significa “colui che è messo al bando”, cioè fuori dalle norme di vita della civitas.
Qual è quindi la differenza sostanziale tra un comune bandito ed il lupo mannaro, oltre la bestialità? Il bandito è temporaneamente fuori dalla civitas, solitamente per crimini, mentre il lupo mannaro lo è definitivamente: la sua natura, benché nei romanzi sia ambivalente, cioè si nasconde tra gli umani ma è per metà bestia, fa sì che non sia del tutto umano. In questo senso ricade anche il vampiro, con la sottile differenza che succhiare il sangue, cioè la linfa vitale degli uomini ha tutta una serie di connotati che richiamano la brama di potere insita nell’uomo che mira a dominare la vita: il vampiro è un vero simbolo del male, il licantropo è decisamente un alienato del mondo umano. E come ogni simbolo del male, il vampiro è estremamente…seducente, oltre che ad essere di solito bello per le anime perse che non riescono a vedere oltre la cortina della materia. In questo senso, il vampiro è perfettamente ottocentesco, materialista a più non posso.
Alcuni termini traducibili in lupo dal germanico antico sono wargus e wargr (ndr: in Tolkien abbiamo warg) che venivano utilizzati per descrivere coloro che subivano la friedlosigkeit, cioè la “perdita della pace” intesa proprio come la messa al bando. Il povero Bisclavret non era proprio un uomo che viveva in pace data la sua condanna. Cosa rimane, quindi, al povero, bistrattato e violento uomo-lupo? La sua nuda vita, la zoe greca: egli non ha più alcuna bios, che è il modo in cui la vita è vissuta. In pratica il lupo mannaro finisce nel calderone dell’homo sacer di romana memoria. Eccoci arrivati a noi mediterranei. Dopotutto, non dimentichiamo che il “lupo cattivo” è estremamente più diffuso del vampiro nella tradizione europea.
Il vampiro invece ne ha eccome di bios: vive immerso nell’umanità come un parassita malvagio di essa. Nel suo genere è l’unico dei due ad essere un non-morto, e proprio questo fatto lo rende ancora più simbolo del male: un senza-zoe che si appropria della zoe altrui per vivere. Il perfetto archetipo non solo del tiranno Platonico, ma del tiranno di tutti i tempi. O dei tiranni, perché non dimentichiamo che il vampiro ha sempre bisogno dei servitori, degli accoliti, che sono, senza sé e senza ma, dei traditori dell’umanità intesa come essere umani.
A questo punto si potrebbe iniziare a parteggiare per il povero licantropo: in fin dei conti chi decide chi è wargus e chi no? Se chi decide sbaglia o è malvagio? Se ci sono vampiri tra coloro che decidono? Sono domande senza tempo più che lecite. In fondo, il licantropo lotta nella sfera della bios, il vampiro vuole direttamente la zoe. Il licantropo necessità di un avvocato, il vampiro del plotone di esecuzione senza se e senza ma. Non mi stupirei di trovare perfettamente sensata l’ipotesi che la storiella dei lupi cattivi nel bosco sia servita molti vampiri per mantenere il loro potere: in fondo, far credere al prossimo che è buono per natura e che l’altro (in questo caso il lupo), al di fuori della nostra perfetta società, è cattivo sempre per natura, quando il male, in fondo, è insito dentro ciascuno ed è scelta di ciascuno essere o uomo i.e. essere in perenne lotta con il male insito in noi, accettando che si può cadere, ma che ci si può anche rialzare, o vampiro i.e. abbracciare la seducente e dannata oscurità.
Non a caso un uomo-lupo è talvolta uomo e talvolta lupo, mai entrambe le cose insieme: perfetta dicotomia bene-male in lotta eterna tra loro. Di solito vince la parte bestiale (ndr: altrimenti che horror sarebbe?), ma, talvolta si salva, grazie ad un atto d’amore esterno e gratuito come ne la Bella e la Bestia in qualsiasi versione, pure quelle che abbiamo visto nella nostra infanzia.
Possiamo, forse, trovare degli uomini lupo buoni, ma stiamo pur certi che i vampiri ed i loro servi sono tutti cattivi. Come si suol dire: l’abito non fa il monaco.
Aglio, croci e paletti per tutti.
Ps: sarà un caso che la Bella e la Bestia è francese, quindi mediterranea, mentre la maggioranza delle storie mainstream di ogni tempo sui lupi cattivi sono nordiche? Sagliena (o Saglienà) 1 – 0 Mayfair. Nell’attesa che il succhiasangue si faccia vivo per farsi invitare dentro casa, visto che avrete tantissimo aglio, potreste farvi uno spaghetto al volo…da offrire anche al vampiro stesso. Vediamo se con tutta quella seducente bellezza dark saprà anche essere…cortese, accettando l’invito.