Poteva mancare nella vasta offerta di Librogame delle Edizioni E. Elle degli anni ’80 una collana dedicata alla leggendaria Camelot e al prode Re Artù?
Naturalmente no!
Ci pensò il bravo scrittore James Herbert Brennan, prolifico autore che con la saga “Alla corte di Re Artù” (Grailquest in originale) trasportò i lettori in uno dei mondi più celebri della letteratura e del folclore. E il verbo “trasportare” è quanto mai esatto.
Perché, in una spiazzante rottura della quarta parete, prima ancora dell’avvio della storia, Il Castello di Tenebra inizia con il mago Merlino che si rivolge direttamente a noi, proprio noi che teniamo in mano il volume numero uno della serie!

“Stai fermo, non muoverti, tieni aperto il libro. Sto per fare un incantesimo e non voglio perdere la concentrazione. È facile infastidire le persone alla mia età. Sono molto più vecchio di te, e oltre tutto sono anche morto. Sono morto prima che tu nascessi, ma questo adesso non ha importanza. È uno dei vantaggi di fare il mago.”
Come si può notare da queste prime righe non solo l’approccio è originale e improntato a un coinvolgimento massimo da parte del giocatore ma, soprattutto, il tono generale del Librogame è scanzonato e persino umoristico. Un tocco di personalità non indifferente che caratterizzò l’intera serie de “Alla corte di Re Artù”, in quello che sarebbe stato un crescendo di situazioni paradossali e comiche libro dopo libro, al limite (e anche oltre) dell’assurdo. Superfluo dire che questa si rivelò una delle carte vincenti della collana. Non solo perché la qualità della scrittura era mediamente più alta rispetto a quella di altri Librogame, ma anche perché differenziò i lavori di Brennan da buona parte della produzione dei pur bravi colleghi. C’è tanto da dire su Il Castello di Tenebra pertanto, senza indugio, addentriamoci nelle sue pagine.

Merlino, dunque, potente mago, figura leggendaria e nostra personalissima e inaffidabile guida. La copia fisica del libro che teniamo tra le mani si rivela essere un incantesimo dello stregone capace di trasportare, attraverso le parole scritte, il nostro spirito (il corpo no, rimarrà comodamente seduto in poltrona a casa, in modo che amici e parenti credano che tutto vada come al solito e che quello che stiamo leggendo sia solo un comune libro) in un altro tempo, in un altro luogo: Camelot, per l’appunto. Una sorta di metanarrativa, che richiama in modo letterale il concetto di viaggiare con la fantasia. Re Artù ha bisogno di noi: la regina Ginevra è stata rapita dal malvagio e pernicioso mago Ansalom, o meglio, sta per essere rapita. Merlino ha infatti deciso di giocare d’anticipo e di convocarci al suo cospetto prima che il fattaccio si compia, in modo che possiamo essere pronti a partire non appena i soldati di Artù verranno a bussare alla porta del mago in cerca di aiuto.
Il nostro spirito si incarnerà nel corpo del giovane Pip, un umile contadino che alleva galline nella fattoria di famiglia. Non sembra che il buon Pip sia effettivamente consapevole del fatto che durante l’avventura il suo corpo ci ospiterà temporaneamente in qualità di parassiti/spettatori/burattinai; vero è che, giunti al cospetto di Merlino nelle vesti di Pip, attraverso il ragazzo saremo in grado di compiere la missione affidataci dal mago: vale a dire salvare Ginevra dalle segrete del castello di Ansalom. Il mago ci illustrerà con un lunghissimo monologo quali saranno le regole di questo prodigioso gioco/incantesimo, regole che come al solito coinvolgono dadi, punti vita, equipaggiamento e un sistema di combattimento.

Proprio riguardo alle regole vale la pena sottolineare come queste siano a loro volta singolari. Ad esempio per mandare a segno un colpo è necessario che la somma di un lancio dei dadi sia superiore a 6, e ogni punto in più corrisponderà al danno inflitto al nemico. Lo stesso vale per noi in fase di difesa. Inoltre, se il nostro avversario indossa un’armatura protettiva, i danni verranno sottratti prima al valore della protezione; il che significa che, se un personaggio veste una giubba di drago (come il nostro buon Pip) di valore 4, dovremo fare come minimo un 11 ai dadi per sperare di togliere almeno un punto vita al nemico (6 come soglia da superare + 4 come valore della protezione + 1 di danno). Ovviamente molte armi consentono di sommare danni aggiuntivi al tiro dei dadi o di avere una soglia iniziale più bassa, complicando un poco i calcoli ma rendendo più divertenti gli scontri.
Per agevolarci un pochino il mago ci regalerà una spada mitica, niente meno che Excalibur!
O meglio… Excalibur Junior. Una versione “mignon”, per così dire, della sorella più celebre; molto potente ma… fifona. Come scopriremo presto, infatti, E. J. ha la bizzarra abitudine di parlare, in genere per disapprovare le scelte di Pip e suggerire opzioni meno rischiose per la sua salute.

Il buon Merlino ci donerà inoltre dieci incantesimi di Lampi Fulminanti, uno per ogni dito della mano, i quali andranno automaticamente a segno togliendo dieci punti vita ai nemici senza bisogno di tirare i dadi. Infine ci darà anche due incantesimi Palla di Fuoco, potentissimi ma che avranno successo solo se almeno uno dei due dadi lanciati mostrerà un bel 6.
Ovviamente, dice Merlino, per scagliarli il lettore dovrà realmente gridare a squarciagola i nomi degli incantesimi, altrimenti non avranno effetto!
Inoltre c’è una interessante novità: non sarà sempre necessario combattere i nemici, si potrà tentare di ottenere una loro reazione amichevole tramite un tiro ai dadi ogniqualvolta sarà il paragrafo a permetterlo esplicitamente (soluzione, questa, che a volte potrà rivelarsi molto utile) oppure potremo tentare di corromperli con del vil denaro! Il costo della mazzetta sarà indicato con un numero di asterischi nel relativo paragrafo, ma se il tentativo di corruzione non andrà a segno non solo dovremo combattere l’avversario ma avremo anche perso i soldi utilizzati.
Interessante anche il metodo di recupero dei punti vita: oltre ad avere una scorta di pozioni e balsami, sarà possibile rigenerarsi facendosi una bella dormita tra un paragrafo e l’altro, a discrezione del giocatore. Ma attenzione, se si lancerà un dado e si otterrà un numero da 1 a 4 si finirà nel mondo dei sogni: una sezione a parte posta in fondo al libro, dove a un ulteriore lancio di dadi corrisponde un paragrafo e a ogni paragrafo un incubo cui si dovrà sopravvivere. Infatti se Pip verrà ferito o ucciso nel sogno morirà anche nel mondo fisico e l’avventura avrà termine. In pratica avremo dormito male, e nella Bretagna di Artù questo significa rischiare la pelle.

E per quanto riguarda la morte, Brennan ha in qualche modo “personalizzato” anch’essa, rimandando il lettore al paragrafo numero 14 ogniqualvolta gli capiterà di soccombere a una trappola o a un mostro. L’ironia di dover ogni volta dirigersi lemmi lemmi al 14, indipendentemente dalla situazione, rende quasi simpatica persino l’esperienza della dipartita del povero Pip. Col tempo l’infausto 14 diventa una sorta di personaggio, un’entità malefica e bonaria al tempo stesso, punto di riferimento imprescindibile e inevitabile fine di ogni scelta sbagliata.
Si va dal classico “se il mostro ti uccide vai al 14”, al più ironico “Non tira una buona aria, caro Pip. Vai al 14”, fino allo stringato paragrafo 109: “BOOM! Vai al 14.”
Tutte queste spiegazioni, condite dal viaggio necessario per incontrare il bizzarro Merlino nella sua temporanea magione di turno, fare la conoscenza del buon Pip e avere un retroscena sulle malefatte del perfido Ansalom occupano la bellezza di una sessantina scarsa di pagine! Il che significa che questo libro è “molto più libro che game”; c’è tanto da leggere, e il tono umoristico non può che venirci in aiuto per essere allietati in questa lunga attesa prima che l’esplorazione del Castello di Tenebra abbia inizio. E mai come in questo caso si tratterà di un’esplorazione. Merlino si raccomanda infatti di disegnare una mappa dettagliata dei luoghi che visiteremo e di indicare a ogni svolta e a ogni porta il numero del paragrafo corrispondente. Sarà infatti necessario ripassare almeno una volta dagli stessi punti per scoprire un passaggio segreto che ci può essere sfuggito, o per recuperare tesori preziosi. Il tutto in totale libertà da parte del giocatore: i nemici sconfitti resteranno morti e le trappole in cui siamo già cascati non ci trarranno più in inganno. E bisogna dire che, visto il numero esiguo di paragrafi giocabili, questo espediente contribuisce ad aumentare la longevità de Il Castello di Tenebra.

Già, perché questo Librogame è dannatamente divertente ancora oggi, e non solo per lo stile allegro e scanzonato della scrittura di Brennan. I personaggi che si incontrano non sono particolarmente originali, ma in alcuni momenti il senso della scoperta e del mistero riesce a farsi incredibilmente spazio durante la partita, aiutato da un’immersione nella storia più efficace di quanto ci si aspetterebbe. La rottura della quarta parete, il rivolgersi direttamente al lettore e i commenti sagaci sia della voce narrante sia della simpatica E. J. contribuiscono a creare un coinvolgimento che di rado si riscontra in altri Librogame. E il fatto che, per una volta, anche la conclusione della storia sia affidata a un lungo epilogo narrato e non a uno stringato paragrafo di poche righe conferma la bontà di una lettura piacevole e dotata di uno spessore superiore a quello che il tono scherzoso potrebbe far pensare. Bontà evidenziata anche dall’approccio dissacrante di alcune situazioni, come quella iniziale della sparizione della regina Ginevra. La regina, durante un concilio della tavola rotonda, decide di lasciare che i cavalieri e il re sbrighino da soli le noiose faccende di stato e problemi del giorno poiché ritiene siano talmente semplici che “anche i maschi da soli sarebbero stati in grado di risolverli”.
Purtroppo per lei il mago Ansalom approfitterà dell’occasione per farla sparire grazie alla sua magia, ma se così non fosse non ci sarebbe stata alcuna missione…

E alla fine della sua missione il buon Pip si ritroverà a doversi confrontare proprio con il perfido Ansalom, in uno scontro epico con un nemico dotato di un quantitativo spropositato di punti vita. Ciononostante, con l’aiuto di alcuni tiri fortunati ai dadi e con la parsimonia che si sarà adoperata nella conservazione degli incantesimi (soprattutto delle Palle di Fuoco), non sarà poi così difficile aver ragione dell’avversario. Il Castello di tenebra scorre via che è un piacere, tra risate, trappole assurde e una malizia di fondo nel fare brutti scherzi al giocatore che invece di risultare irritante contribuisce a rendere spassosa l’esperienza.
I bei disegni di John Higgins sono perfettamente in linea con le migliori uscite delle collane Librogame, dettagliati, vivaci e molto espressivi; ma, ahiloro, vengono quasi messi in secondo piano dalla qualità del testo.
Da recuperare!
La gente comune lo chiamava il mago Merlino; i cavalieri, gran parte dei quali lo temeva, si rivolgevano a lui con l’appellativo di «Signore»; e Artù che lo conosceva bene lo vezzeggiava con l’appellativo di «Vecchio Imbecille» che, si sa, è molto affettuoso.
L’ho giocato e ci ho porconato sopra un bel po’, soprattutto quando ho scoperto DOVE era il passaggio segreto fondamentale! Complimenti per la recensione!
Sì, devi proprio esplorare TUTTE le possibilità! Comunque, anche se cattivello, l’ho trovato meno frustrante di alcuni incubi di Steve Jackson… 🙂 Grazie per i complimenti!