Rhapsody of Fire – From Chaos to Eternity

Cuore dal triste fato

Difetto di lealtà

Ch’or la neve nasconde già

Sana la sua ferita

L’ombra di un’entità

Che a nuova luce convergerà”

Neve Rosso Sangue

The Cold Embrace of Fear

Galvanizzati dalla ripartenza dopo la lunga pausa forzata, a meno di un anno di distanza da The Frozen Tears of Angels, nel 2011 i Rhapsody of Fire rilasciarono The Cold Embrace of Fear: un EP di 35 minuti. E in questo modo anche la Dark Secret Saga sarebbe constata complessivamente di quattro album più un EP, proprio come la Emerald Sword Saga.

In questa occasione però, il gruppo realizzò qualcosa di inedito: un disco costituito da un’unica suite, composta da vari atti e movimenti, un po’ sulla scorta di quanto realizzato da band come Jethro Tull (Thick as a Brick) e Dream Theater (Six Degrees of Inner Turbulence).

Da notare inoltre il ritorno in dose massiccia degli interventi recitati dal nutrito cast di attori, che era stato in buona parte dismesso nel precedente album. L’integrazione tra musica e narrazione raggiunse così un livello ancora superiore rispetto al passato, dimostrando come i Rhapsody of Fire, band apparentemente statica e ripetitiva, abbiano invece sempre avuto al loro interno un moto di rinnovamento/evoluzione che in qualche misura dura fino ai giorni nostri.

The Pass of Nair-Kaan – Proprio le voci degli attori danno inizio alle danze: gli eroi giungono affannati alla montagna ghiacciata che nasconde la fortezza maledetta di Har-Kuun. Lì, inseguiti da un branco di naroth (creature simili a lupi), affrontano una valanga in quello che a tutti gli effetti risulta un piccolo radiodramma con tanto di effetti sonori di passi, terremoti e quant’altro.

Dark Mistic Vision – Le tastiere di Staropoli, finalmente assolute protagoniste, evocano atmosfere taglienti e glaciali come il vento del nord e offrono delle aperture di grande impatto suggestivo man mano che il paesaggio si rivela agli occhi e alle orecchie. The Ancient Fires of Har-Kuun – Finché un riff crudo della chitarra di Turilli e la ritmica spezzata di Holtzwarth irrompono per presentare il pezzo forte dell’EP. Gli eroi si aggirano per il labirinto gotico tra i ghiacci, la fortezza oscura di Har-Kuun dove è nascosto il portale dell’inferno. A testimoniare lo stato di salute della band, in pochi minuti si assiste a un excursus di tutti gli elementi che caratterizzano la musica dei Rhapsody of Fire: giri acustici, strofe in italiano, cambi di tempo, voce distorta e pulita, momenti epici che più epici non si può (con tanto di cori operistici in latino) e divertenti ritornelli in tonalità maggiore. Fino alla chiusura affidata a interludi classicheggianti e ai soliti ottimi assoli di tastiera e chitarra, mentre le liriche descrivono la fortezza ghiacciata e i suoi tranelli e il raggiungimento dell’obiettivo del gruppo di Iras e compari.

The Betrayal – Gruppo che, primo vero colpo di scena della Dark Secret Saga, viene spezzato dalla lama amara del tradimento. L’elfo delle caverne Tarish si rivela essere infatti un membro del Black Order. Proprio nel momento in cui Iras prende il Libro Bianco dalle grinfie di un drago nero fatto di pietra, viene attaccato e ferito dall’elfo, il quale fugge portando con sé il sacro tomo. Subito raggiunto da Dargor e Khaas, viene da questi ultimi ucciso in una colluttazione. Tuttavia, prima di perire, Tarish riesce a strappare alcune pagine dal libro.

A questo punto la musica approfitta dello svenimento di Iras, che sta descrivendo la scena in prima persona, per effettuare una transizione e traghettarci senza soluzione di continuità verso la parte della suite che rappresenta la ballata. Neve Rosso Sangue – La voce cristallina della soprano Bridget Fogle, insieme ai flauti di Manuel Staropoli, avvia un malinconico canto funebre per l’eroe caduto, in tutti i sensi. Un’ode triste alla neve che, scendendo, occulta il tradimento che l’ha macchiata di sangue, rendendosi “rea di sacra omertà”. Lione si ritaglia un bello spazio dove ripete a canone il ritornello, in una piccola sinfonia nella sinfonia, prima che la band esploda nell’atto VI. Erian’s Lost Secret – Con una marcia trionfale in pieno stile Manowar, i protagonisti ripartono per abbandonare le lande ghiacciate; e a questo giro il mid tempo sembra più un’auto citazione dei tempi di March of the Sword Master che un omaggio a DiMaio e soci (e visti i trascorsi burrascosi tra le band la sensazione potrebbe essere pienamente giustificata). Riappaiono anche frammenti musicali dell’atto III, che precedono l’ultimo atto. The Angels Dark Revelation – Le voci stentoree di Toby Eddington (Iras) e soprattuto di Christopher Lee (Re Uriel) narrano l’arrivo nel villaggio elfico di Nairin e l’apertura del tanto bramato White Book. Iras finalmente scopre i misteri scritti dall’angelo Erian… che non ci vengono rivelati in questo episodio interlocutorio ma vengono procrastinati, seguendo l’ormai consueto metodo, all’ultimo album della saga. E in un certo qual modo all’ultimo album dei Rhapsody.

From Chaos to Eternity

In una frenesia compensativa per gli anni di assenza e (apparente) inattività, i Rhapsody of Fire diedero alle stampe l’ultimo capitolo della lunga storia delle Enchanted Lands sempre nel 2011.

La copertina di Felipe Machado Franco si distinse da subito per un forte stacco cromatico, tutta rosso sangue con una luce bianca al centro, speculare rispetto a quanto visto per The Frozen Tears of Angels.

Lo stesso libretto ad opera della Nuclear Blast è tra i migliori realizzati finora, barocco ed elegante. In From Chaos to Eternity si registra anche l’ingresso in formazione del chitarrista Tom Hess, preso dal gruppo Holy Hell che aveva accompagnato i Rhapsody of Fire durante le date live con i Manowar.

Ma soprattuto, è il caso di dirlo, dopo lunghissima attesa: “habemus profeziam”!!

Dopo tanti rimandi alla fine siamo in grado di leggere il testo dell’angelo Erian. Scopriamo così che durante l’ultima delle Guerre Primordiali tra cielo e inferno, il drago Thanor tradì il suo signore Nekron, rivelando agli angeli il suo nascondiglio. Per questo fu torturato, gli furono cavati gli occhi e infine fu trasformato in pietra (Iras e compagni comprendono che proprio la statua di pietra che custodiva il Libro Bianco era il mitico drago). Gli angeli, dopo aver sconfitto e ricacciato in un’altra dimensione Nekron, presero gli occhi di Thanor e li fecero diventare due pietre preziose: Aelin e Mornir. Collocarono le pietre agli antipodi nelle Enchanted Lands, rispettivamente: Aelin nelle desolate terre del sud, le Ghostlands; Mornir nel reame delle cascate elfiche. Se Thanor si fosse mai ricongiunto, un giorno, con i suoi occhi si sarebbe risvegliato e avrebbe combattuto nuovamente contro l’infame Nekron per sventarne i piani.

Non è tutto: il testo di Erian predice anche che durante la settima eclissi di sole del secolo corrente i sette demoni alati di Har-Kuun si risveglieranno e, con i loro poteri, apriranno il cancello dell’inferno, consentendo il ritorno di Nekron. Inutile dire che il White Dragon’s Order incarica i nostri prodi di recuperare gli occhi di Thanor mentre, nel frattempo, si degna finalmente di avvertire tutti i regni del pericolo imminente in modo che possa essere allestito in fretta e furia un esercito per contrastare le forze del male.

Ad Infinitum – un’intro più metallara del solito, guidata come sempre dalla voce di Lee/Uriel, è l’incipit dell’ultimo capitolo delle Enchanted Lands. Lo stile musicale e i suoni si fanno più cupi, facendo presagire una conclusione non esattamente radiosa della lunga vicenda.

From Chaos to Eternity – Uno dei pezzi migliori del disco, posto subito in apertura e dai connotati leggermente diversi rispetto alle abituali coordinate Rhapsodiane. Progressivo, moderno, diretto, con le strofe ricamate intorno a un solitario giro di basso. Anche il testo è inusuale, nel senso che anticipa la conclusione della storia: il punto di vista è quello del drago Thanor, in attesa di essere risvegliato, che vede in Dargor il successore di quello che è stato finora il suo compito.

Tempesta di Fuoco – Canzone più canonica, aperta da un bell’arpeggio di chitarra e cantata interamente in italiano, si tratta di un tempo medio che indugia ancora una volta sulle riflessioni di Dargor, presumibilmente sul suo destino. Piacevole, ma soffre la vicinanza con la successiva…

Ghost of Forgotten realms – Inizialmente frenetica come il Volo del Calabrone, si trasforma in un ottimo pezzo metal dal sapore mediorientale, che richiama inevitabilmente i climi desertici. Ficcante come sempre la prova di Holzwarth mentre nel duello di assoli si inserisce, brevemente e per la prima volta, il nuovo arrivato Tom Hess. Per quanto riguarda le liriche, si scoprirà solo nelle note del libretto che in questo frangente gli eroi hanno recuperato il primo dei due occhi di Thanor. A differenza di quanto successo con The Cold Embrace of Fear infatti, dove gli eventi erano tornati protagonisti dei testi delle canzoni, qui i Rhapsody of Fire tornano a separare nettamente la narrazione dai momenti musicali. Purtroppo questo va a scapito del coinvolgimento adrenalinico in fase di ascolto, poiché di fatto le canzoni ruotano sempre attorno a eventi passati o a sensazioni/riflessioni dei personaggi; e se è vero che così le canzoni diventano quasi degli affreschi estemporanei che si possono anche estrapolare dal contesto, in sostanza peccano da un punto di vista narrativo. In questo senso From Chaos to Eternity rappresenta un passo indietro rispetto al precedente EP, che aveva raggiunto un perfetto punto di equilibrio tra introspezione ed esposizione.

Anima Perduta – Per questo motivo si può presumere che la ballata dell’album sia una sorta di omaggio a una vittima innocente non meglio specificata. Il lento è quanto mai solenne e triste, ben interpretato da Lione, con le orchestrazioni in primo piano. Ma nell’insieme, per chi scrive, non risulta uno degli episodi più riusciti della band.

 

Aeons of Raging Darkness – Cambio netto di registro. Il furioso basso di Lerquin esordisce in solitaria, subito seguito dal resto degli strumenti per il brano più aggressivo del lotto, con tanto di voce in screaming di Fabio. La particolarità è che questa volta alle ritmiche più dure si affianca una linea melodica folk, per un mix inedito in ambito Rhapsody of Fire e sicuramente riuscito. Il testo di nuovo indugia sul passato e sui ricordi di Dargor, quando lo stupro e la morte della principessa Airin (ricordate Dawn of Victory?) fecero cambiare schieramento al mezzo demone, trasformandolo in un eroe dannato.

I Belong to the Stars – Come sulle montagne russe, da un brano aspro si finisce addirittura in territori vicini all’AOR. Tastiere ariose, melodia super orecchiabile e ritmiche tranquille. Il testo è quanto di più vago ci sia stato finora, ma il pezzo risulta sorprendentemente godibile, pur nel suo essere un pelo fuori contesto.

Tornado – Un’altra bella canzone 100% Rhapsody of Fire. Veloce, melodica e con un pizzico di cattiveria. Di nuovo, la mancanza di un testo coinvolgente impedisce di immedesimarsi fino in fondo. Se invece delle solite vane promesse di annientamento delle forze oscure da parte del bene ci fosse stato un evento concreto a sostenere il tappeto musicale, il risultato finale sarebbe stato più impattante. Anche perché dalle note del libretto scopriamo che durante il recupero della seconda pietra, Mornir, il prode Khaas si è sacrificato nelle grotte sotto le cascate per consentire a Dargor di uccidere una creatura mostruosa e recuperare il prezioso. Un’occasione sprecata, insomma.

A ogni modo siamo giunti alla fase finale: l’esercito del Black Order e quello delle regioni centrali stanno per scontrarsi nei pressi del reame delle cascate, mentre i maghi del White Dragon’s Order stanno negoziando un’alleanza con i signori delle terre dei draghi e il manipolo di eroi superstiti sta tornando ad Har-Kuun per restituire al drago di pietra i suoi occhi.

Heroes of the Waterfalls’ Kingdom – Riassumere qui il contenuto dell’ultima, enorme suite significherebbe dilungarsi oltre il ragionevole e, forse, il tollerabile. Mentre la musica si dipana per oltre 19 minuti (!), offrendoci una summa di tutto ciò che sono stati fin qui i Rhapsody of Fire, i testi raggiungono il ragguardevole traguardo delle 9 pagine (!!). Basti dire che, finalmente, dopo uno scollamento quasi completo tra liriche delle canzoni e avvenimenti della saga, qui di nuovo tornano protagonisti gli eventi, sottolineati dai dialoghi degli attori e dall’enfasi battagliera di Lione.

Il grande conflitto tra le due armate presso il regno delle cascate si risolve in una vittoria delle forze alleate, grazie anche all’aiuto dei signori delle terre dei draghi. In tutte le città delle Enchanted Lands si festeggia il trionfo, ma la vera sfida deve ancora iniziare poiché Etherus, Iras, Dargor e Lothen sono tornati nella fortezza di Har-Kuun proprio nel momento in cui l’ultima eclissi del secolo giunge a compimento e i sette demoni alati di Nekron si risvegliano, pronti a evocare il loro signore. (Piccola nota a margine: forse sarebbe stato più logico per le orde del chaos aspettare per qualche altra ora il risveglio del loro tanto agognato padrone invece che andare prematuramente allo sbaraglio dopo aver atteso secoli. Ah, dannata fretta!)

A ogni modo gli eroi riescono a piazzare gli occhi di Thanor nella statua del drago appena in tempo e la creatura mitologica si risveglia per combattere contro i mostri. Il mago Etherus si sacrifica, scagliandosi contro Koras, il più potente dei sette demoni, distruggendolo a prezzo della sua stessa vita. Thanor sconfigge i restanti sei demoni, dopo una battaglia sconvolgente per gli umani che vi assistono, e torna a farsi statua di pietra una volta svolto il suo compito.

In tutto ciò Turilli e compagnia si esibiscono in passaggi folk acustici, sfuriate ai limiti del death metal e inconfondibili cori epici e magniloquenti, dimostrandosi ancora una volta capaci di regalare momenti di profonda suggestione; come nell’intermezzo strumentale che accompagna l’eclissi solare, ben resa da scale discendenti e sospensioni che spingono quasi l’ascoltatore ad alzare lo sguardo verso il cielo.

Tutto finito quindi? Per nulla. Il drago Thanor apre per un’ultima volta gli occhi e colpisce con due raggi luminosi Dargor, incidendo sul suo corpo il testo delle pagine del Libro Bianco che erano state strappate da Tarish. Egli è ora l’incarnazione vivente dello spirito dell’angelo Erian, e come tale deve attraversare il portale dell’inferno per combattere eternamente l’anima primordiale di Nekron, nel fulcro del Chaos dove il lato oscuro dell’universo è eternamente generato. Colui che una volta era stato lo Shadowlord of the Black Mountain ha scelto la luce, fino a diventarne il campione definitivo.

Dargor, accettando il proprio destino, viene accompagnato dagli sgomenti compagni e varca la soglia dell’altra dimensione. Lì abbandona le sue spoglie umane e si trasforma in un’entità divina, un guardiano che, in un’ottica molto alla Moorcock, manterrà l’equilibrio tra le forze del bene e quelle del male, sempre in eterna lotta tra loro.

Vorrei spendere due parole per l’interpretazione finale di Chistopher Lee, che chiude la lunga saga. Come tutti i grandi artisti, nel momento del lascito definitivo della sua opera (questo fu infatti uno degli ultimi lavori della sua sterminata carriera), pur in un contesto così magniloquente scelse la via della semplicità. L’ultima frase di Re Uriel suona come un commiato, e l’ultimissima parola “Again…” viene detta con tutta la sincerità possibile, lasciando trasparire l’essenza della persona che l’ha pronunciata. Nella sua semplicità non manca di emozionarmi ogni volta che la ascolto.

Qui finisce From Chaos to Eternity, un disco cupo, per certi versi sbilanciato, ma che contiene sicuramente alcune chicche da riscoprire. Peccato che dal vivo i Rhapsody of Fire non ne ripropongano mai degli estratti. Lo stesso Fabio confessò, durante il tour di supporto, di non amare particolarmente quest’album (complice anche il fatto che in questa occasione a occuparsi della composizione dei pezzi furono i soli Turilli e Staropoli, relegando di nuovo il cantante al ruolo di “semplice” interprete). In chiusura del disco si trova una piacevole cover di Flash of the Blade degli Iron Maiden, mentre nel libretto ci sono anche lo spartito dell’assolo di chitarra di Tornado e alcune considerazioni dei due creatori principali, Turilli e Staropoli, i quali riflettono sul lungo viaggio giunto infine al termine (in tutti i sensi, dato che i due avevano già evidentemente deciso di prendere da quel momento strade diverse).

Dopo ben dieci album e quindici anni finisce la più ambiziosa avventura narrativo/musicale che sia mai stata intrapresa e che, tra luci e ombre, ha offerto innumerevoli momenti di indubbia alta qualità, evolvendosi ed espandendosi anche nei suoi aspetti collaterali, creando un pubblico di affezionatissimi e ispirando parecchie altre band.

E qui finisce anche il viaggio di questa mia lunga retrospettiva sui Rhapsody, gruppo che mi accompagna sin dai primi passi nel mondo del metal, nell’ormai lontano 1997. Vi ringrazio per avermi letto fin qui!

Dalla conclusione della saga delle Enchanted Lands in casa Rhapsody sono accadute molte cose, ai limiti della soap opera per chi volesse addentrarsi nel ginepraio: Turilli se ne è andato e ha fondato i suoi Turilli’s Rhapsody, poi anche Lione ha abbandonato la nave madre e si è ricongiunto con Turilli per una breve reunion prima di fondare i Turilli/Lione Rhapsody. I Rhapsody of Fire di Staropoli hanno avuto a loro volta altri cambi di personale e prodotto altri album; soprattutto, hanno cominciato una nuova promettente saga sui Nephilim, tutt’ora in corso.

Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

Erian’s angelic spirit now embraced

Dargor’s immortal soul,

combining the supreme energies of the cosmos

to become pure divinity.

A god of cosmic light

did breath on the Earth…

Again…”

Lo spirito angelico di Erian ora abbracciò

l’anima immortale di Dargor,

combinando tra loro le energie supreme del cosmo

affinché diventasse pura divinità.

Un dio di luce cosmica

respirò sulla Terra…

Di nuovo…”

King Uriel

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