Dettagli
Autore: Howard Phillips Lovecraft; Pietro Guarriello (curatore); Gianfranco de Turris (prefazione)
Traduttore: Riccardo Rosati
Editore: Società Editrice La Torre
Collana: Letture
Pagine: 376
Prezzo: € 28,50
Data di uscita: 27 dicembre 2022
Sinossi
Con questo volume, a cura di Pietro Guarriello, si è cercato di guardare più a fondo su due aspetti, i più reconditi, della vita di Lovecraft: la sua infanzia e la sua morte, fasi essenziali per capire quale sia stato il suo sviluppo filosofico e il suo pensiero della maturità. Si trovano quindi raccolti qui una serie di materiali biografici, alcuni delle vere rarità, che documentano quegli anni ancora piuttosto elusivi della vita di HPL. Prefazione di Gianfranco de Turris.
Commento
Il 27 dicembre è uscito per la Società Editrice La Torre il volume Vita (e morte) di un gentiluomo. Infanzia, gioventù, e ultimi giorni di Howard Phillips Lovecraft, curato dall’esperto ed editore Pietro Guarriello e tradotto da Riccardo Rosati. Il volume indaga approfonditamente due aspetti della vita del Solitario di Providence: i primi anni, dall’infanzia all’adolescenza, e gli ultimi giorni. Esso presenta una ricchissima varietà di contenuti, che come spiega il traduttore nella sua Nota alla traduzione finale, «possono essere classificati in tre distinti gruppi: scritti di carattere biografico, opere saggistiche e ricordi personali» (pp. 342-343), ma non solo. A corredare quest’opera notevole ci sono anche numerose fotografie e soprattutto alcuni contributi di H.P. Lovecraft, tra cui l’inedito Diario di morte. Tutto il materiale qui raccolto è stato accuratamente introdotto e annotato dal curatore.
Come nota il curatore Pietro Guarriello, la vicenda biografica di HPL «è una delle meglio documentate di tutta la storia della letteratura. Fior di biografici e di ricercatori l’hanno indagata con minuzia quasi entomologica in tutti i suoi dettagli, anche i più intimi e privati» (p. 249). Il volume si apre con una Presentazione a cura di Gianfranco de Turris, in cui lo studioso spiega come un simile interesse per uomo così schivo e riservato non sia «un ficcanasare pruriginoso, ma l’interesse a particolari, anche minori e minimi, della vita di chi meriti si indaghi su di essa per capire sino in fondo chi era compiutamente questa personalità che ci affascina tanto ancora oggi» (p. 8).
Il primo saggio, I genitori di Howard Phillips Lovecraft di Kenneth W. Faig, Jr., è uno studio che si concentra sui genitori di HPL, Winfield Scott Lovecraft e Sarah Susan Phillips. Esso cerca di gettare luce sugli aspetti più misteriosi, come le vere cause della morte del padre, o più spinosi, come l’influenza della madre sul figlio, ricordata spesso come una presenza soffocante e iperprotettiva. Notevole, in questo senso, fu il ruolo della madre di Lovecraft nel far congedare il figlio quando, da convinto interventista, tentò di arruolarsi nella Guardia Nazionale del Rhode Island nella Prima Guerra Mondiale; o ancora, quando lo condannò a una infanzia solitaria convincendolo di essere un bambino anormale e di avere un volto orribile.
A seguire troviamo un altro saggio di Kenneth W. Faig, Jr., incentrato questa volta sui primi anni dello scrittore, dal 1890 al 1914. Tra le prime passioni e i primi passatempi giovanili di HPL vanno annoverati in primo luogo la mitologia e le antichità classiche, e successivamente la chimica e l’astronomia. Ed è proprio all’astronomia che sono dedicati i primi scritti giovanili di Lovecraft, che qui scopriamo nella molteplice veste di editore, stampatore e autore. Pubblicazioni giovanili come la Scientific Gazette, il Rhode Island Journal of Astronomy, oltre ad articoli scientifici per i giornali di Providence, testimoniano la passione precoce e l’impegno di Lovecraft nel campo scientifico. Le precarie condizioni di salute, tuttavia, non gli permisero di diplomarsi al college e di accedere a una carriera universitaria che lo avrebbe certamente reso un valente astronomo, ma probabilmente questo non gli avrebbe permesso di diventare lo scrittore che conosciamo. Seguendo il lungo saggio di Faig, si giunge così a un periodo della biografia di Howard in cui l’interesse astronomico si affievolisce (ma che comunque lo accompagnerà per tutto il resto della vita), per lasciare spazio alla poesia e la letteratura. I primi tentativi di scrivere poesia e narrativa risalgono al 1896, tuttavia, come nota Faig «in questi tentativi iniziali non vi è nulla di così promettente come, per converso, è facile vedere nei suoi scritti scientifici della giovinezza».
Questo “cambio di rotta” negli interessi del giovane Lovecraft ci conduce al prossimo contributo presente nel volume, ovvero La produzione giovanile di Lovecraft, un saggio di S.T. Joshi – la massima autorità mondiale sullo scrittore di Providence – che analizza i juvenilia lovecraftiani, dal suo primo racconto, The Little Glass Bottle, scritto a soli sette anni nel 1897, fino a The Alchemist, scritto nel 1908 da un Lovecraft diciottenne, più maturo e consapevole delle tematiche che avrebbe affrontato nei suoi scritti successivi. Il saggio di Joshi susciterà l’interesse di molti lettori, anche perché la produzione narrativa giovanile di HPL (che comprende sia opere pubblicate che disperse o non più esistenti) non gode dell’attenzione che meriterebbe da parte dei critici, ed essa prefigura in forma germinale ma pur sempre significativa, quegli spunti che diverranno i temi portanti del corpus lovecraftiano. Joshi ci presenta inoltre un lato poco noto di Lovecraft, quello di avido lettore di dime e nickel novels, gli antenati dei successivi pulp magazines: storie dalle trame sensazionalistiche e ricche di azione, spesso di argomento western o poliziesco, lette «quasi esclusivamente dai ragazzini, dai meno abbienti e da persone scarsamente istruite» (p. 202), e che fornirono una prima fonte di ispirazione per i juvenilia lovecraftiani. Lovecraft si disse anche «infatuato» (p. 211) dalle detective stories con protagonista Sherlock Holmes, tanto da aprire con altri suoi amici una Providence Detective Agency e scrivere storie di detective ispirate ai racconti di Arthur Conan Doyle. Purtroppo però, Lovecraft distrusse tutta la produzione del 1903-1908, considerandola di scarso valore; risparmiò solo i racconti The Beast in the Cave e The Alchemist. Scrive a questo proposito Joshi: «A nostro avviso i due racconti sopravvissuti paiono decisamente promettenti, e ci rammarichiamo vivamente per la perdita degli altri suoi scritti dell’adolescenza» (p. 223).
Un ottimo ritratto biografico della giovinezza di HPL ci viene fornita dall’articolo Lovecraft quand’era giovane, di L. Sprague de Camp, grande scrittore fantasy e di fantascienza nonché autore di una biografia su Lovecraft, Lovecraft: A Biography (1975). L’articolo è il risultato di una intervista di L. Sprague de Camp e di sua moglie Catherine Crook de Camp a John T. Dunn, uno dei primi corrispondenti di Lovecraft e membro fondatore della United Amateur Press Association. L’intervista a Dunn ci offre un importante ritratto di Lovecraft all’età di 23-26 anni e numerose informazioni sul suo coinvolgimento nel mondo del giornalismo amatoriale e sulle sue opinioni politiche. La principale causa di disaccordo con Dunn era la questione irlandese: Dunn, anche per via delle sue origini, era un fervente filo-irlandese, mentre Lovecraft era, per usare le parole di de Camp, un «anglofilo estremista» (p. 235). L’autore aggiunge che a quel tempo, «in questo pomposo, snobistico, intollerante e disadattato erudito, vi erano ben pochi segnali del generoso, amichevole, cordiale, affascinante, arguto, tollerante e in molti altri modi ammirevole uomo nel quale, lentamente e spesso in maniera dolorosa, Lovecraft maturando si trasformò nei restanti due decenni» (pp. 238-239).
Credo tuttavia che il miglior ricordo di Lovecraft presente in questo volume sia Lovecraft, il mio amico d’infanzia di Harold W. Munro. In questo breve ma significativo scritto, Munro ripercorre il suo rapporto di amicizia con il futuro scrittore, presentandoci una testimonianza sincera e toccante di quest’uomo «gentile, estremamente dotato, e molto umano»: la timidezza di Howard e la sua difficoltà nel farsi nuove amicizie, l’incompatibilità con lo sport, la passione per l’astronomia, l’amore per i gatti, il suo senso dell’umorismo.
Morte di un gentiluomo. Gli ultimi giorni di Howard Phillips Lovecraft di Randy Alain Everts è un resoconto di primaria importanza sugli ultimi mesi di vita di HPL, «una valida testimonianza, sicuramente la più completa, sulla prematura e tragica morte di Lovecraft» (p. 250). Un documento ricavato dalle ultime lettere scritte da Lovecraft, da conversazioni con i dottori che lo curarono e dai ricordi di coloro che lo visitarono prima della sua morte, ma tratta anche dagli archivi del Jane Brown Memorial Hospital di Providence, dove morì, e dal certificato di morte di HPL (riprodotto a p. 279). «Nondimeno, non ho certo la pretesa di aver messo una parola definitiva sulla prematura e tragica morte di Lovecraft, ma ho semplicemente provato a chiarire determinati aspetti concernenti la malattia che lo uccise, fornendo un resoconto accurato dei giorni terminali di questo “anacronistico” gentiluomo» (p. 251), scrive Everts all’inizio del suo dettagliato resoconto. Il racconto della malattia e della morte di Lovecraft, avvenuta a causa di un tumore al colon, è tragico e straziante: il peggioramento della malattia e i dolori sempre più insopportabili furono vissuti stoicamente dal grande scrittore. Benché gli antidolorifici non sortissero alcun effetto e il dolore gli rendesse quasi impossibile tenere una penna in mano o stare seduto, Lovecraft continuò a dedicarsi alla propria corrispondenza fino all’ultimo. A occuparsi di lui come meglio poteva c’era solo una anziana zia, Annie E. Gamwell, con cui Lovecraft condivideva l’abitazione al 66 di College Street. Howard Phillips Lovecraft si spense alle sei del mattino del 15 marzo 1937, a soli quarantasei anni, in una stanza del Jane Brown Memorial Hospital: «HPL se ne andò senza rimpianti né rimorsi, privo di paura, rimanendo un gentiluomo fino all’ultimo. Non mostrò mai la più piccola traccia di afflizione come fece con la vita, con calma e stoico realismo. Un grande uomo privo di morboso interesse per sé stesso o per il suo destino, senza neanche la necessità di un afflato religioso. Si potrebbe arrivare a pensare che neppure la morte riuscì veramente a “toccarlo”, a scalfirlo nel profondo» (pp. 267-269).
Tra i materiali scritti da HPL troviamo l’autobiografico I miei giorni a scuola, in cui Lovecraft ricorda il secondo tentativo di frequentare il liceo (1902-1903) e la sua insofferenza verso la disciplina scolastica. Ma soprattutto figura il Diario di morte, finora inedito in Italia: nei suoi ultimi tre mesi di vita, dal gennaio al marzo 1937, Lovecraft annotò di proprio pugno su un taccuino l’avanzamento della malattia per informare i medici delle proprie condizioni di salute. Purtroppo il documento originale è andato perduto, perciò è stata tradotta la trascrizione parziale di Robert H. Barlow, esecutore testamentario delle ultime volontà di HPL. Come scrive il curatore, questo commovente documento, seppur non integrale, rappresenta «il suo ultimo atto di scrittore» (p. 274). Seguono le Istruzioni in caso di decesso, scritte da Howard alla fine del 1936 o agli inizi del 1937 e le Disposizioni testamentarie, di cui vengono fornite tre fotografie senza traduzione.
L’ultima sezione raccoglie alcune testimonianze sugli ultimi giorni dello scrittore di Providence: la prima è costituita dagli scambi di lettere e telegrammi tra Harry K. Brobst, amico di Lovecraft e uno degli ultimi a vederlo vivo in ospedale, Robert H. Barlow e la zia di Lovecraft. La seconda include tutti i commenti di commosso cordoglio apparsi su The Eyrie, la rubrica in cui venivano pubblicati i commenti e le lettere dei lettori di Weird Tales, in seguito alla morte di Lovecraft. Molti dei commenti furono scritti da amici, colleghi e corrispondenti di Lovecraft, come Manly Wade Wellman, Robert Bloch, Seabury Quinn, Clark Ashton Smith, Edmond Hamilton, Henry Kuttner, ma anche da semplici lettori e appassionati. Pochi tra questi ebbero modo di conoscere di persona HPL, mentre alcuni ebbero con lui degli scambi epistolari; a ogni modo, tutti erano concordi nel ricordare lo shock con cui appresero la notizia e nell’affermare l’inarrivabile statura letteraria di Howard, un maestro paragonabile solo a Edgar Allan Poe, senza i cui racconti Weird Tales non sarebbe stata più la stessa. (Infatti, a seguito dalla morte di Lovecraft, la rivista segnalò un calo significativo delle vendite). «Egli è stato un titano della letteratura weird e fantastica, i cui risultati letterari e la impeccabile abilità erano lodati in tutto il mondo anglofono. […] Malgrado tutto il suo studio, le sue capacità, la vasta erudizione e la sua immensa intelligenza, H.P. Lovecraft era un uomo gentile, generoso e umano, modesto verso il proprio talento, e sempre pronto a dare una mano agli altri. Portava avanti una voluminosa corrispondenza con oltre settantacinque appassionati di narrativa weird, facendosi apprezzare da tutti per la sua pazienza e altruismo» (pp. 302-303), scrive la redazione di Weird Tales. Robert Leonard Russell, un fan di Weird Tales, scrisse «di aver perso un vero amico» (p. 306). Robert Bloch, autore di Psycho e corrispondente di Lovecraft, ricorda: «Se non fosse stato per lui, non avrei mai fatto centro con WT o con qualsiasi altra rivista. E ce ne sono tanti in giro che hanno con lui un simile debito di gratitudine. […] Lovecraft era un grande scrittore, ma un amico persino più grande; un autentico gentiluomo del New England vecchia maniera» (p. 308). Hazel Head, amica di Lovecraft, scrive: «Durante interminabili ore di fatica, lavorava sino a notte fonda per regalare al mondo dei capolavori della narrativa weird, sacrificando la sua salute per il suo lavoro. Lovecraft è stato un dono per il mondo che non sarà mai possibile rimpiazzare – un amico del genere umano» (p. 317).
Segue Ciò che resta di H.P. Lovecraft, un ricordo di John B. Michel scritto a seguito di una visita fatta insieme all’amico Donald A. Wollheim (futuro scrittore ed editore di fantascienza) alla casa di Lovecraft al 66 di College Street e alla zia di Lovecraft. Il contributo contiene anche due rare fotografie dello studio di Lovecraft, scattate da Robert H. Barlow dopo la morte dell’autore.
Il volume si conclude con una Nota alla traduzione, che analizza da un punto di vista stilistico e traduttologico le tre tipologie di testi presenti nel libro, e con una appendice, in cui viene riprodotta una selezione di foto di H.P. Lovecraft che vanno dal 1891 al 1936.
Attraverso questa minuziosa ricostruzione di due momenti specifici della vita del Solitario di Providence, impariamo a conoscere un Lovecraft per certi versi inedito, interamente restituito nella sua dimensione più umana. Un uomo che se ne andò senza mai disturbare o senza mai lamentarsi, come ricorda la zia che lo accudì in quei tragici momenti. Il ritratto che un lettore ne ricava è quello di un uomo sì schivo e riservato, come si è detto, ma anche sempre pronto ad aiutare gli altri, a tralasciare la propria narrativa per rispondere ai molti amici e corrispondenti (si stima che nel corso della sua vita abbia scritto qualcosa come centomila lettere): «Anche se HPL spese una quantità spropositata di tempo e di energie nella corrispondenza, dovremmo però ricordarci sempre che quella era la sua unica ancora di salvezza» (p. 181). Sconosciuto al resto del mondo, ma riconosciuto come un genio fuori dal comune all’interno della sua cerchia di appassionati, gode oggi di una fama postuma. Imprescindibile per qualunque appassionato che voglia addentrarsi seriamente nella sua vicenda biografica, questo volume merita una lettura per scoprire qualcosa di più di quell’uomo eccentrico e visionario, geniale e sofferente, gentile e incompreso che ci ha regalato alcuni dei migliori racconti della narrativa weird.
Articolo di Emilio Patavini