Questa ricetta appartiene ad un altro quaderno di cucina rispetto a quello che in senso esteso potremmo racchiudere nei “pasticci decampiani”, e a parte il periodo storico differente vi si trovano intenti diversi, indipendenti, se non addirittura contrastanti nella causa di riproporre Conan e rivitalizzare l’energia howardiana. Per le “ricette Tor” è facilmente identificabile in Robert Jordan e Conan l’Invincibile uno chef a capo della cucina, si arriva quindi a concludere che il lavoro di Jordan in queste inerenze, così come quello di Turteldove ad esempio, potrebbe essere trattato a parte, chiamarlo ora in causa sbrigativamente per introdurre un commento generale per paragonare i vecchi pastiches Gnome/Lancer/Ace potrebbe ridurre il tutto ad un confronto tra i maccheroni anni ’50 del dopo guerra – quelli che provocavano Alberto Sordi, per intenderci – e le pennette alla Vodka nei film con Gerry Calà, ma giusto per introdurre il tutto, si può ugualmente provare a prendere quello che ci serve maggiormente da questi due blocchi, con lo scopo di capire come orientarci nelle considerazioni riguardanti questa seconda generazione di “Pastiches” che in qualche maniera, sia nel bene che nel male, sono al meglio capitanati da Conan L’Invincibile (Jordan, 1982) e Conan il Valoroso (Roberts, 1984).
Ognuno dei due lati ha una sua ipotesi massima e una minima. In sintesi, da una parte , quella iniziata ai tempi di Gnome Press, e approdata su Lancer e infine Ace, vi sono le dissertazioni guidate da De Camp, che puntavano a “riorganizzare” Howard per il suo attributo protostorico, scientifico e di conseguenza anche secondo un riflesso concretamente storico, proposte nel massimo sistema al riferimento di Atlantide, all’approfondimento dei “personaggi meritevoli di essere usati ancora” come Toth-Amon o all’arricchimento di contenuti ritenuti “buoni per una saga” (come le aggiunte a “Oltre il Fiume Nero”), mentre al minimo manifestarsi di questa ambizione il tutto poteva ridursi a descrivere meglio una sella per cavallo o la foggia d’un pugnale in maniera “più realistica”.
Dall’altro lato invece, nei pastiches anni ’80 di Tor, si ha un Conan che si rapporta maggiormente con le complessità romantiche, e anche qui c’è un massimo e minimo ipotetico, manifestandosi quindi all’idea più alta nel cercare di dare un’impostazione di pensiero e una “psicologia definitiva” di Conan, o come spesso è stato detto, in una maniera che personalmente si ritiene del tutto ingenerosa “un conan pensante”; ma al minimo di questa ambizione la manifestazione è stata quella di un Conan che incarna un “brigante onorevole”, una sorta di rude con animo da gentiluomo che in realtà non ha portato il barbaro di Howard ad essere “più Fantasy classico” e meglio rapportato con le complessità gotico-romantiche, ma lo ha involuto totalmente verso il Cappa e Spada e in una maniera del tutto involontaria e collaterale.
Tutto questo ci porta alla conclusione che Conan, nonostante una apparente semplicità, è stato e continua ad essere un barbaro impossibile da addomesticare. Quanto veramente è stata resa più solida la sua approntatura realistica nelle “gionte” o nelle puntualizzazioni capillari decampiane? Quanto davvero è stato utile esacerbare la sua anima anti-romantica e scientifica. La risposta è “poco”. In realtà è proprio nell’anima contrastante ma anche riconciliante di Conan verso i sentori gotico-romantici che trapela la forza della rottura dal romanticismo e il suo essere “senza tempo”. Ma Conan il Barbaro, a ben vedere, ha messo in riga anche la scuola di pensiero opposta nell’ambito dei pastiches.
Quanto si è rivelato veramente utile per lo scopo di rendere conan “più definitivamente caratterizzato” cercare di renderlo “più romantico” ? anche in questo caso la risposta è “poco”. Questa iniezione di “complessità”, o di psicologia ha portato conan – come appunto si accennava – ad essere un “brigante onorevole” o “rude gentiluomo” che non lo ha reso affatto più Fantasy o più romantico-gotico, ma semplicemente più involuto verso il cappa e spada e a pensarci bene, tale concetto di “brigante onorevole” è a conti fatti di gran lunga più obsoleto, schematico e semplice “dell’eroe incivile” howardiano, che già anzitempo aveva contenuto e superato il Cappa e Spada in mille occasioni, basti pensare a La Fenice sulla Lama o Gli Accoliti del Cerchio Nero, ma qui probabilmente sarà utile ritornare anche dopo. Senza nessun tipo di superbia, possiamo quindi dire che questi tentativi se considerati fuori dal semplice tributo howardiano siano stati del tutto fallimentari. Ciò non toglie tuttavia che in questo ambito siano state create storie che potrebbe valere la pena leggere, dotate talvolta di un’anima volenterosa, di un certo loro fascino e qualche piccolo guizzo , e oggi abbiamo voluto dedicare un piccolo angolo alla scuola di pensiero dei “pastiches” howardiani degli anni ’80, sicchè non quella di De Camp e Carter che desideravano rapportare Conan con la scienza, la pseudoscienza, la protostoria e la storia, bensì l’altra opposta, che desiderava invece relazionare il barbaro con la complessità romantica, gotica e Fantasy e certamente “Conan il Valoroso” e Conan L’invincibile – senza che questi precludano altri possibili spunti – rappresentano due esempi totalizzanti.
Sia Robert Jordan che John Madox Roberts hanno dedicato a Conan il Barbaro un ciclo ciascuno che se assommati insieme per i due autori compongono ben quindici storie e quasi tutte del formato del romanzo. Entrambi i cicli – parlando in termini puramente letterari – hanno i medesimi scopi, ovvero quelli di rapportare Conan con le complessità romantico-gotiche della Fantasy dalla venatura più classica, imparentando il Barbaro nella corrente del Fantasy degli anni ’80, composta da saghe, ad esempio come Dragon Prince (Rawn), Driftwar (Feist) Book of Years (Morwood), Book of Isle (Springer), Cheysuli (Robertson) Hawklan (Taylor), Dragonrealm (Knaak) Trilogia delle Spade (Williams) ma soprattutto Belgariad di David Eddings, distaccandosi pertanto – come già accennato – almeno negli intenti iniziali dagli apocrifi decampiani – nei quali si includono ovviamente anche le partecipazioni di Carter e Nyberg- ed escludendo totalmente dai suoi riferimenti le altre correnti del Fantasy come quella più celtica (Bradley, Zimmer, Marston e altri) o l’altra alternativa e progressista: Shannara (Brooks) Ardineh (Saberhagen), Nift (Shea) Ambra (Zelazny) e molte altre .
Un tentativo del genere era stato fatto già tempo prima anche se non sottoforma di racconto apocrifo, ovvero con Kothar il Guerriero, eroe protagonista di una pentalogia Fantasy e Sword and Sorcery dove viene allestito un ambiente ottimo per lo scopo di “romanticizzare” la Sword and Sorcery howardiana che purtroppo – a prescindere dai gusti di chi scrive – non ha prodotto delle storie di incontestabile qualità, e su questo punto si potrebbe indubbiamente discutere. Sui pastiches degli anni ottanta pesa soprattutto il nome di Jordan, ovvero quello scrittore che meno di dieci anni dopo (1990) diventerà con La Ruota del Tempo uno dei massimi esponenti del Fantasy globale, saga tutt’ora abbastanza centrale nel dibattito, basata sulle grandi complessità che rivendicano d’essere alternative a quelle di Tolkien. Ben prima di diventare un grande araldo della High Fantasy in pompa magna, Jordan scrisse nell’arco di due anni (dal 1982 al 1984) le sette storie appartenenti a The Conan Chronicles con il compito di apertura a Conan The Defender (1982) e Conan the Invincible (sempre 1982) il quale è l’unico edito in italiano, oltre ad essere un romanzo plaudito ed elogiato praticamente ovunque.
Ciò che funziona meglio in Conan L’Invincibile è indubbiamente la scelta degli ingredienti piuttosto adatti ad un tributo in bello stile: Uomini Serpente, non uno ma due Stregoni, una considerevole componente femminile almeno in fatto di sensualità e presenza, briganti, bellicose tribù di montagna, Rituali ignominiosi e una divinità terribile. Una serie di cose certamente gradite per tutti i lettori Fantasy, sia classici che Sword and Sorcery. Il tutto inoltre avviene poco dopo i fatti de La Torre dell’Elefante e quindi nell’area di Shadizar, che senza dubbio permette a Jordan di ricorrere senza problemi a un colorito esotismo nonchè a fisionomie varie da Gli Accoliti del Cerchio Nero e da Le Mille e una Notte. Meno bene tuttavia funziona il servizio di queste materie prime nel banchetto. Naturalmente, molto di quanto è stato elencato fa la sua parte da un punto di vista puramente estetico, che non è certo una cosa da poco, ma la tanto dibattuta “componente pensante” di Conan non sembra realmente così ben spesa come viene spesso detto. La storia soffre del fatto di una pesante deputazione sui dialoghi, talvolta insistiti e sovraccarichi ed inoltre, la lieve inclinazione “casanovesca” del Barbaro non sembra conciliarsi con la sua giovane età, determinata dal segmento contiguo a La Torre dell’Elefante scelto da Jordan. Questi due fattori sono quelli che accompagnano all’appuntamento principale e sempre menzionato riguardo a questi pastiches, appuntamento che si tiene appunto nella psicologia di Conan che si può riassumere semplicemente così:… Un brigante onorevole.
Questa venatura Cappa e Spada così forte, e che esige così tanto dal racconto è a ben vedere collaterale, nonchè una sistemazione insoddisfacente nel tentativo di portare Conan verso un rapporto migliore con la Fantasy Classica e il romanticismo gotico portandoci ad un ragionamento finale assai impietoso, ovvero che Howard aveva già contenuto e superato senza sforzo alcuno il Cappa e Spada, nonchè portato Conan ad un livello di Fantasy in senso stretto del termine davvero considerevole con L’Ora del Dragone, e non solo. Il risultato dall’apocrifo di Jordan è pertanto un Conan involuto, addietrato e già superato dallo stesso Howard perfino nelle primissime fasi. Il paragone tuttavia non è da farsi con Howard, direte giustamente voi, ed inoltre il racconto può essere letto come semplice avventura aggiuntiva, e tutto questo potrebbe semplicemente non essere notato. Ma le attenuanti per Jordan potrebbero essere ancora superiori, ci mancherebbe, in fin dei conti era giovane a quei tempi, e per giunta l’autore che firmerà gli inizi de La Ruota del Tempo otto anni dopo a Conan l’Invincibile era fresco di una saga storica senza nessuna componente fantastica (Il Ciclo di Fallon), potrebbe quindi esser stato un peccato perdonabile cadere così pesantemente verso Dumas e interpretare male la “romanticizzazione” di Conan. Ma certamente questi discorsi possono venire in mente ogni volta che si legge un racconto di Lin Carter bistrattato oltre la giusta misura, o che si maltratta a prescindere un racconto di De Camp, oppure quando si leggono recensioni che quasi vorrebbero suggerire che questi sono tentativi di narrare un “Conan pensante” fatto da un grande autore di High Fantasy, salvo considerare una conclusione del tutto simile alla precedente, ovvero che sia nei racconti più “cerebrali” di Robert E. Howard (La Regina della Costa Nera, Oltre il Fiume Nero, o anche episodi di Kull) che in quelli più pulp, Conan – o in questo caso anche Kull – abbia contenuto e superato di gran lunga la logica del “Brigante Onorevole” che sembra davvero molto più modesta di quella “dell’Eroe Incivile” o quantomeno dell’antieroe fatto alla maniera di Howard. Ma questi discorsi potrebbero anche non contar nulla, sino a che tuttavia non si considera che alla fine anche Conan The Defender (Jordan, 1982) e “Conan Il Magnifico” (Jordan, 1984) per quanto se la giochino facile, risultino alla fine superiori almeno in armonia complessiva a Conan l’Invincibile. Ovviamente in questi due racconti Jordan prende il toro per le corna, l’operazione di base in avvicinamento al Fantasy viene costruita in maniera più immediata e “sicura”. In “Conan il Magnifico” il barbaro si trova alle prese con un drago classico in stile “Smaug” sebbene venga usata la parola “Drake” e non “Dragon” nel racconto (cosa che sparirebbe in una eventuale versione italiana, si suppone); In Conan the Defender invece ci si trova in una circostanza con altissima intensità cospirativa che si riaggancia a La Fenice sulla Lama e L’Ora del Dragone, salvo essere diretta ad un sovrano – Re Garian – che non è King Conan, unita però a componenti più trattate alla Dungeons and Dragons rispetto a come sarebbero state trattate da Howard, come una magica spada maledetta che passa di mano in mano e che impropriamente – almeno secondo il senso più arturiano – ricopre il ruolo di talismano, o con personaggi come il semiserio Hordo o la femmina bardo Ariane, di certo diversa da tutte le donne che ha incontrato il Conan originale, e non meno dalla stessa Karela The Red Hawk. In ultimo infatti occorre anche menzionare la parte femminile di Conan L’Invincibile che non risulta mai davvero integrata e parrebbe più piazzata nel tentativo di azzeccare il miglior modo e momento per metterla. La storia minore con una delle due ragazze è a sé stante, e l’altra, per quanto preponderante e scatenante di una notevole parte degli umori del romanzo non sembra perfettamente in armonia con la storia, le ragioni di Kerela sembrano sempre appese ad un filo, e questa difficoltà addirittura si avverte anche in Conan stesso, che pare non aver mai sufficienti ragioni per intraprendere le sue azioni e si avverte un certo affanno nell’innescare le sue motivazioni credibili. Dire che questo non accadeva nelle storie di Howard non serve al paragone degli originali con i pastiches, che avrebbe naturalmente esiti ovvi, ma piuttosto è utile a capire che Conan è un eroe davvero difficile da imbrigliare, lo si può accontentare con soluzioni estetiche efficaci e ragioni semplici, ma addomesticarlo secondo precise regole si è rivelato faticoso perfino per autori del calibro di Jordan.
Purtroppo in questo caso non si dispone di molti riferimenti interni per paragonare “Conan il Valoroso” agli altri della saga di otto racconti del Roberts poichè – e non si esclude certo la colpa del sottoscritto – si è dato maggiore spazio ai nomi più famosi e noti (anche in Italia) e, sorpresa delle sorprese; sbagliando, dato che Conan il Valoroso sembrerebbe abbastanza superiore sia a Conan l’Invincibile di Jordan – che ha molti estimatori – sia al deludente “Conan di Venarium” di Harry Turtledove.
Il tentativo di “dare una psicologia” , di approfondire la gittata della caratterizzazione e avvicinare alla Fantasy anni ’80 Conan il Barbaro viene compiuto da John Madox Roberts in modi abbastanza diversi rispetto a Jordan, che riguardano principalmente una significativa rinuncia all’esotismo e una focalizzazione verso le lande nordiche e quella della Brithunya che erano a ricordar bene le terre di provenienza della rossa Natala, personaggio comparso ne L’Ombra che Scivola. Questo fattore celticizzante e germanizzante gioca senza dubbio un ruolo forte che si può paragonare all’esempio della comparsa del drago classico, di fattori alla D&D e altre caratteristiche nell’omologa saga di Jordan. In Conan il Valoroso Roberts decide di agire in maniera diretta e “protrofica”, ambientando la storia prima de La Figlia del Gigante dei Ghiacci e assimilando direttamente la radice misteriosa cimmera per caratterizzare Conan nel confronto con i duri uomini nordici delle sue terre natali. E’ abbastanza divertente il modo in cui i compaesani considerino Conan nient’affatto straordinario ma anzi, a dirla tutta talvolta perfino una persona rammollita magari perchè preferisce dormire in un letto al posto della nuda pietra, o disabituata alle cose vere della vita come la pastorizia. Roberts approfitta inoltre per definire meglio la cimmeria e il suo popolo, descrivendo i suoi ambienti, confini e l’amicizia con il popolo anch’esso nordico di Vanaheim. Nel complesso la storia di Conan il Valoroso ha degli ottimi guizzi, un approccio molto quadrato che in certi casi potrebbe ricordare le saghe commissionate dei Forgotten Realms o Dragonlance, alla quale Roberts non a caso ha partecipato 1, ma questa struttura unita al buon estro che infonde lo scrittore dell’Ohio ha un gradevole effetto complessivo che gode anche di belle descrizioni e buoni combattimenti.
Talvolta si ripiomba nei problemi quasi “aporistici” che si trovano anche in Jordan e Turtledove. Chiaramente Conan non è Arthù, non è Aragorn, non è Semola e neanche Elric (e quest’ultimo è certamente tutto fuorchè un eroe standard), essendo questi un eroe che offre un archetipo alternativo all’arturianismo è davvero difficile accostargli dei “mentori alla Gandalf” , delle spade magiche o storie gotiche che forniscano motivazioni forti, dipingere su di lui delle ragioni si è rivelato anche qui difficile e non sempre si riesce a scacciare quella sensazione che più che un concorrente, Conan sia il presentatore dello spettacolo che poi necessariamente dovrà cimentarsi anche come concorrente. Inevitabile è pensare che Howard riusciva a farlo con estrema facilità, combinando elementi fortuiti, bisogni preponderanti, sogni e altre cose che sono semplici solo all’apparenza, ma più che esser semplici, ci si rende conto, era Howard a produrle semplicemente. In questa avventura in Cimmeria Conan in effetti beneficia di “mentori intercambiabili” e talvolta con deboli presupposti. Hathor-Ka è un buon personaggio e ci ricorda indubbiamente Thalis, ma non c’è ragione del perchè debba convincere Conan con questa facilità, e anche il veggente non brilla in questo senso. Tuttavia Roberts se la cava davvero bene nella storia di fondo, nella questione con Vanaheim, nel plot di guerra quasi alla Warhammer e nelle figure degli stregoni, e anche la storia d’amore di Conan ha un’ottima resa nelle sue dinamiche.
Il giudizio totale potremmo anche rimandarlo a quando avremo un quadro davvero completo della “secondogenia” anni ’80 dei pastiches, ma già così si può giungere a delle conclusioni. Il successo momentaneo ottenuto comprovato dalla grossa mole di racconti apocrifi scritti che non sono solo i quindici delle due saghe di Jordan e Roberts, ma anche Turtledove, Hooking e gli altri che non stiamo ad elencare, è parte di numeri e dati di cui ovviamente bisogna tener conto. Tuttavia questi sono il risultato su un tabellone elettronico non perfettamente funzionante in una partita persa almeno sul campo prettamente letterario e su quello della memorabilità a lungo termine. Ad ogni modo è certamente normale che non bastino catene e ganci – anche quando altamente stringenti come quelli romantici, gotici e fantasy – per addomesticare “l’eroe incivile” laddove al suo creatore originale bastava lo sguardo, e non possiamo certo usare questo argomento alla fine di tutto. Si può quindi concludere che Conan il Valoroso è un racconto strutturato e volenteroso, nonchè potenziale accreditato per essere uno dei migliori pastiches del suo periodo.
Note
1 – Murder in Tarsis (J.M. Roberts, 1996) appartenente a Dragonlance