La collana degli Urania Fantasy è riuscita a dare ai suoi lettori una soddisfacente ampiezza in termini di varietà e di correnti del Fantastico. Gli appassionati italiani hanno ricevuto alcune pietre miliari del passato come Il Pozzo dell’Unicorno di Fletcher Pratt, molta Fantasy classica degli anni ’70 e ’80, un pizzico sostanzioso di Fantasy alternativa, una buona dose di Sword and Sorcery e alcuni episodi decisamente atipici tra i quali l’Isola del Mare Oscuro di Roger Eldridge.
Attraverso uno stile abbastanza freddo che tuttavia si sposa bene con l’atmosfera di questo romanzo Eldridge narra la storia di una tribù distaccata dal resto del mondo, che vive in un villaggio situato su un’isola vulcanica in una zona estrema e polare. L’Isola di Marescuro è un luogo selvaggio, irraggiungibile e assolutamente inospitale. Perfino i suoi abitanti, ossia dei primitivi principalmente pescatori-raccoglitori addietrati al neolitico, simili ma ancor più basici degli eschimesi, interpretano la vita con la consapevolezza d’essere in una strenue lotta disperata: il mare è visto come una entità malefica e nemica; la caccia alla foca e ai trichechi – alla quale è preferita la pesca -porta rari risultati ed è rischiosa anche per l’equipaggiamento e le armi assolutamente basilari; i ghiacciai attorno all’isola vengono visti come uno spauracchio foriero di pericoli contenuti sia nella superstizione che nella possibile realtà. In questa società dalla conformazione così elementare e semplice di pescatori-raccoglitori gli unici fattori che si distinguono dalla collettività sono i membri di una Gilda di Pescatori esperti che compongono una ristretta “elìte”, e oltre a loro lo Stregone dell’Acqua e il Guaritore.
Gli elementi, in senso esteso del termine – intesi quindi come stili, argomenti o tradizioni – sono abbastanza ben identificabili in questa storia e organizzati piuttosto bene. Troviamo ovviamente una minima componente avventurosa che si attiva principalmente sulla lotta contro la natura estrema; una venatura di fantascienza soft; il tema scientifico degli effetti della radioattività sugli esseri umani; la rappresentazione e l’interpretazione antropologica di una tribù primitiva e delle loro dinamiche, e non certo in ultimo il tema dello psionismo e della “mente alveare” che è quello che nutre la parte fantascientifica del romanzo. In questo contesto si incastra la sezione romanzesca che corrisponde alla vicenda di No-Mirth, il protagonista effettivo che interagisce con i pochi restanti personaggi tra i quali il quasi omonimo Mirth e altri pochi della tribù, e in aggiunta la “gente calda” ovvero la civiltà moderna.
Il miglior modo per commentare un romanzo del genere è chiaramente quello della normale recensione. Questo per dire non troviamo qui delle tradizioni radicate che necessitano dell’analisi letteraria, e in un formato del genere dovremmo naturalmente evitare di commentare gran parte degli elementi sopra elencati per non incorrere in anticipazioni pesanti inadatte alla recensione “di routine”.
Le parti che possiamo pertanto prendere maggiormente in considerazione sono quelle dello stile di scrittura che è piuttosto freddo, simile ad un documentario anni ’70 o ad una di quelle inchieste antropologiche di soggetti come Margaret Mead. Tuttavia, questo si sposa abbastanza bene con l’atmosfera che si respira, e non costringe la narrazione ad esser troppo rinunciataria verso quei lati più evocativi e superstiziosi della tribù, che usa interpretare il futuro nelle viscere di pesce, che è teatro di una competizione di leadership tra pescatori elitari, guaritore e stregone dell’acqua, e che scongiura superstiziosamente la caduta in certe zone del mare che potrebbe trasformare gli uomini in “nixies”. Queste componenti elargite senza esagerare rendono gli uomini della popolazione di Marescuro lievemente più memorabili, essendo questi davvero basilari in tutto, nell’aspetto fisico, nell’abbigliamento primitivo e nell’equipaggiamento, composto da semplici lance dalla punta di pietra o sassacci appuntiti. Tuttavia, oltre al lato antropologico è quello psionico e psicologicico ad arricchire il semplice schema sociale e individuale della tribù.
Certamente sono molti i romanzi che hanno fatto uso della componente psionica e della “mente alveare” e non staremo certo ad elencarli tutti, ma ad un’occhiata rapida si può vedere come è apparecchiata la tavola della narrativa fantastica in questo senso, e di certo troveremo L’Impero delle Formiche e I Primi Uomini sulla Luna di Wells; Fanteria dello Spazio di Heinlein; I Figli dell’Invasione di Wyndham (Il Villaggio dei Dannati, trasposto numerose volte in pellicola), e passando alla Fantasy anche nei romanzi dell’ Elfo Scuro Drizzt questo elemento appare sia in forma psionica che come semplice condizionamento sociale.
A prescindere dalle considerazioni sulla eventuale – e tutta da appurare – maggiore difficoltà nel descrivere la Hive Mind su soggetti – andando per ordine – come Formiche Giganti, Insetti Alieni, Bambini Argento, Illithyd e Drow rispetto a umani primitivi, bisogna ammettere che sotto certi aspetti Eldridge riesce a dare perfino un esempio superiore a questi casi molto più noti. Il modo in cui No-Mirth si affranca dalla mente alveare è piuttosto credibile. Lo psionismo presente ne L’Isola del Mare Oscuro non è certo “paramagico” e telecinetico come avviene nella Fantasy e nell’Horror, non avremo le peculiarità del Ciclo di Hiero di Sterling Lanier, o le sfuriate di Carrie di Stephen King, né gli scorticamenti mentali degli Illithyd o i poteri cinetici dei super eroi Marvel. Il tutto è molto più embrionale e impalpabile, maggiormente simile ad “impulsi da formicaio” o condivisione di sogni e visioni, e funziona piuttosto bene su un popolo così schematico e sullo stile utilizzato da Eldridge. Il resto dei vari elementi è bene non commentarlo se non sottolineando che la parte drammatica, avventurosa e emotiva della storia ruota essenzialmente attorno al personaggio di No-Mirth.
Chiaramente non ci troviamo di fronte ad una storia che ci emozionerà, che ci farà saltare dalla sedia o che rifornirà la nostra rubrica degli Aforismi Eroici. E’ altamente possibile che questo romanzo potrebbe non durare nella memoria del novanta per cento dei lettori del fantastico. E’ ben lontano quest’ultimo inoltre dall’essere un romanzo universale. Se si dovesse scegliere una antitesi assoluta e inconciliabile con uno Young Adult non sarebbe un Horror, uno splatter, o un fantasy cupo e violento, bensì, almeno personalmente, si penserebbe proprio a quest’opera di Roger Eldridge. Effettivamente, sempre parlando del tutto personalmente, si dovrebbe fare ammenda per aver talvolta ironizzato sulla dicitura “Adult Fantasy” da sempre trovata piuttosto illogica e insensata. Ebbene l’Adult Fantasy esiste, ma è un genere con un solo esponente mondiale: L’ Isola del Mare Oscuro, sebbene la parola “Adult” sia in questo caso nel senso più vincolato e stringente possibile perfino nello stesso campo degli “adulti”. Francamente, eccetto qualche individuo fuorviato e scriteriato che arriva per caso a leggere questo libro – e qui alza la mano il sottoscritto – non si riesce a vedere altri soggetti come suoi lettori se non qualche antropologo in pensione di ottanta anni che la domenica, tra uno speciale di Nat Geo Wild e un documentario di Discovery potrebbe preferire un libro del genere alle solite riviste. Chiariamo bene, Il suo lessico non è complicato, la scrittura è pulita e ordinata e non è una storia troppo pesante, ma Il bagaglio retorico intrinsecamente letterario qui è davvero freddo, misero e al minimo sindacale, gli argomenti trattati dal canto loro non aiutano in questo e di certo un lettore più giovane che ha bisogno di impulsi emotivi concreti si troverebbe – e non certo per carenza di intelletto – a chiedersi se stia davvero capendo ciò che legge. Il romanzo ha indubbiamente la sua dignità, ma rappresenta un qualcosa che è destinato a stazionare in una insenatura nascosta del mondo del fantastico, in attesa di qualche passante che si fermerà in maniera effimera ad interessarsene, negli anni prima o poi qualcuno potrebbe arrivare, chissà, ma di certo non per fermarsi a lungo. Tuttavia, per contro, quello di Eldridge è un romanzo maturo, che non ha fronzoli, che rifiuta le tradizioni non per fini comodi e non vuole accontentare nessuna tendenza, con una cassetta degli attrezzi povera ma che viene usata tutta per quel che serve e come si deve, e di certo riesce a strappare una sufficienza a sé stante, su una scala tutta sua dove forse il “10” neanche esiste, senza recriminazioni o asterischi, una volta che si è capito il suo “bioritmo”. Da sottolineare come nota finale che la copertina italiana di questa storia è assolutamente fuorviante e il romanzo sarebbe potuto benissimo uscire negli Urania normali cerchio-bianco, essendo del tutto fuori luogo negli Urania Fantasy.
Note
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