Illustrare il fantasy – intervista a Giuseppe De Iure

Proseguendo le interviste ai vari talenti che “infestano” amorevolmente la nostra penisola ho scambiato due chiacchiere con il valente Giuseppe De Iure, giovane e serissimo professionista che ha già all’attivo parecchi lavori e che con il suo tocco ha illustrato svariate declinazioni di mondi Fantasy.

Come sempre, prima di iniziare, una bio del nostro ospite.

“Illustratore e concept artist, cresce nutrendosi di cartoni animati, film e videogiochi che scatenano la sua passione per tutto ciò che riguarda il fantastico. Crescendo si appassiona ai giochi di ruolo e alla letteratura Fantasy. Attivo soprattutto nell’editoria per l’intrattenimento come illustratore di manuali, card game e giochi da tavolo per clienti come Arkane Wonders, Wyrd Edizioni, Monte Cook Games, Ghostfire Gaming e Cubicle7. Recente la collaborazione con Tiwi Studio nella realizzazione del fumetto “Botticelli” per SkyArte. In ambito videoludico ha lavorato come Character Designer per il gioco mobile Skyscape di Liquid Development. È docente di Character Design e Visual Storytelling presso la Scuola Internazionale di Comics di Padova. Dal 2018 è co-fondatore di Wahtari Studio, fucina creativa attiva in diversi ambiti; dall’editoria alla concept art per film e serie tv, dal fumetto all’animazione 2D. Wahtari Studio ha collaborato con Cairo Editore, Studio Ram, Pendragon Game Studio, Brandon Box, Big Jelly Fish, Hive Division e Need Games.”

AZ: Ciao Giuseppe, benvenuto! Ci vuoi dire come hai iniziato a disegnare? Qual è stata la scintilla?

GDI: Ciao Alessandro, ringrazio te e la redazione di Hyperborea per questa opportunità. Immagino che iniziare a disegnare sin da piccoli sia una cosa comune per molti illustratori, come lo è stata per me. Ricordo che mio padre dipingeva per hobby e che, ogni volta che preparava il suo cavalletto e i colori ad olio, mi mettevo accanto a lui per imitarlo con fogli e matite. Mi piaceva creare personaggi e mondi fantastici per inserirvi i protagonisti dei miei cartoni animati preferiti. Nonostante la mia predisposizione nel disegno e l’aver frequentato un Liceo Artistico, ho deciso di diventare illustratore solo a 24 anni, iscrivendomi alla Scuola Internazionale di Comics di Padova. In realtà, il desiderio di intraprendere questa carriera era presente da qualche tempo ormai, poiché passavo ogni momento libero con una matita in mano. La mia “illuminazione” è avvenuta vedendo un mio insegnante della Comics, Vittorio Bustaffa, dipingere: la velocità, la qualità delle linee e l’uso dei colori mi hanno affascinato tanto da giurare a me stesso che sarei diventato un illustratore.

AZ: Hai degli artisti che ti hanno influenzato più di altri?

GDI: Beh molti, molto influenti, forse troppi 🙂 Uno l’ho già menzionato, Vittorio Bustaffa, è sicuramente una forte influenza. Marko Djurdjevic è stato forse il primo vero “amore”. Ho sempre adorato la dinamicità nelle anatomie, la fantasia nel design dei suoi personaggi e il modo di dipingere. Justin Sweet è notevole per la sua capacità di utilizzare il medium digitale come se stesse dipingendo ad olio. Anche se lontani dal mio modo di disegnare, ritengo che Sergio Toppi e Ferenc Pinter siano due punti fermi ai quali continuo a ritornare. L’immediatezza delle composizioni, la resa pittorica, l’uso della linea sono alcune tra le cose che mi affascinano studiando questi due autori. Come ho detto, non sono gli unici, continuo a guardare anche pittori classici come Vermeer, Repin, Sargent, Boldini e De Nittis, così come illustratori e fumettisti come Tyler Jacobson, Norman Rockwell, Massimo Carnevale, Esad Ribic, James Gurney, Karl Kopinski e Adrian Smith. Da ognuno di loro cerco di imparare piccoli segreti come palette di colori, schemi di luci e pennellate.

AZ: Cosa reputi più importante nel tuo modo di disegnare, su cosa ti concentri maggiormente? C’è un obiettivo che cerchi sempre di raggiungere?

GDI: Questa volta inizio dalla seconda parte della domanda; l’obiettivo a cui miro sempre è di rendere le mie immagini capaci di raccontare una storia, come fotogrammi di un film. Sono innamorato del mio lavoro e mi piace ogni fase della realizzazione di un’immagine. Mi piace trovare soluzioni visive per descrivere il ruolo di un personaggio. Le luci, la resa cromatica e la pittura sono importanti per creare un’atmosfera “drammatica”. In passato poi avrei menzionato senz’altro la cura nei particolari in maniera iper-descrittiva, sento però sempre più la necessità di una sintesi più personale.

AZ: In che modo la tecnologia ha cambiato il tuo approccio al disegno? Sei un nostalgico?

GDI: Penso che la tecnologia sia uno strumento molto utile per gli illustratori. A volte la gente si dimentica che dietro ad un’illustrazione digitale c’è molto di più che semplici linee di codice o il premere di un tasto. Io sono cresciuto con la tecnologia – videogiochi, console, computer – e ho sempre avuto una certa affinità per le nuove scoperte. Ho provato diverse tavolette e ho anche usato la realtà virtuale per disegnare. Nonostante questo la mia formazione è stata tradizionale e, se posso, faccio ancora sketch e bozzetti a matita e dipingo ad acrilico o gouache. Il “sapore” del tradizionale ha ancora un forte impatto su di me e sulla mia ricerca stilistica, ma per ragioni pratiche legate ai tempi di realizzazione non ho ancora integrato l’uso di strumenti tradizionali nel mio modo di lavorare.

AZ: Quali pensi siano le difficoltà principali per chi fa il tuo mestiere? O per lo meno, quali sono le sfide che tu trovi più ardue?

GDI: Bene, bene, questa è una domanda interessante. Quando sei immerso in quello che ami e ami quello che fai, non lo percepisci come un lavoro in senso stretto. Ma sappiamo tutti che spesso le scadenze sono così serrate che ti tengono incollato alla scrivania per 10, 12 ore, e a volte anche di più, senza eccezione nei weekend. La difficoltà più grande è forse quella dei compensi, soprattutto all’inizio, quando sei costretto ad accettare lavori sottopagati o pagati solo con la visibilità. Io ho sempre cercato di evitare quest’ultimo tipo di lavoro, per dare un senso agli sforzi e ai sacrifici di coloro che mi hanno sostenuto. Dopo quasi dieci anni di esperienza, le cose sono sicuramente migliorate, lavorando soprattutto per l’estero, ho notato come la percezione di questo mestiere sia molto diversa, più valorizzata sia dal punto di vista del compenso che delle tempistiche. Ma non voglio scoraggiare coloro che vorrebbero intraprendere questo percorso. Fare l’illustratore mi dà la possibilità di non disegnare due volte la stessa cosa. Posso leggere molto, ascoltare audiolibri, guardare film, cercare la giusta composizione o palette cromatica, e a volte anche giocare a qualche videogioco. È un mestiere che mi permette di esplorare e di non annoiarmi mai.

AZ: I lavori di cui sei più soddisfatto a livello personale e professionale?

GDI: Io sono la mia più grande nemesi! Sempre critico verso il mio lavoro e comunque pronto a spronarmi a dare di più. Non sono insoddisfatto di quello che produco, ma cerco costantemente di migliorarmi. A volte questa sete di perfezione può essere dannosa, ma finora mi ha spinto a superare i miei limiti. Da qualche anno ho fondato Wahtari Studio con Jacopo Schiavo e Luca Mazzocco. Questa realtà ci ha dato la possibilità di lavorare nel mondo del cinema e delle serie TV per clienti come Hive Division e Amazon Prime, sicuramente tutto questo è molto appagante. I lavori che più mi soddisfano di solito sono i più recenti perché riflettono il mio essere attuale, ma sono certo che quelli ancora da venire saranno sicuramente migliori 😀

AZ: Grazie mille per la tua disponibilità, a te l’ultima parola!

GDI: Grazie, Ale, per questa meravigliosa opportunità di parlare virtualmente con te e grazie anche ai lettori di Hyperborea. Questa è un’occasione davvero speciale per me!

Ecco qualche link per vedere altri lavori del bravo Giuseppe.

https://www.artstation.com/giuseppedeiure

https://www.instagram.com/giuseppedeiure.art

https://www.facebook.com/artofgiuseppedeiure/

Alla prossima!

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