Eroi della Sword&Sorcery: Amalric di Lin Carter

Chiunque si sia addentrato nei meravigliosi meandri della Fantasia Eroica, nei suoi luoghi immaginosi, ricchi di avventure, di pericoli che attendono in agguato per essere rivelati da eroi impavidi, si sarà certamente imbattuto in Lin Carter.

A ben vedere, la sua figura non è poi dissimile a quella di un improbabile stregone capace di tutto: a suo carico pende la condanna di aver maneggiato, in combutta con Sprague de Camp, il materiale howardiano, talvolta incompleto e frammentario; ma anche il merito di aver divulgato con grande determinazione la Fantasia Eroica, al punto da fondare una Swordmen and Sorcerers’ Guild of America (SAGA), una «corporazione di scrittori senza crociate, liste nere, cause scottanti e prestigiosi premi annuali» [1] all’interno della quale egli detenne il titolo di ‘Druido Purpureo dell’Onda Viscida degli Abissi di Fango di Zugthakya’.

Lin Carter (dettaglio di una foto). Fonte Web.

Lin Carter è una penna cruciale per la Sword&Sorcery degli anni ’70 per quanto la critica abbia tradizionalmente valutato nella mediocrità la sua produzione narrativa: per anni si è notato di come le sue opere non siano andate oltre l’emulazione dei propri modelli ispirativi, al punto da stabilirne il riferimento rispetto cui valutare le produzioni più originali [2]. Sulla scia della rilettura più recente [3], che ha riabilitato il valore delle idee di Lin Carter, in questo articolo andremo alla scoperta del protagonista di un ciclo minore dell’autore: Amalric di Thoorana.

Inaugurato nel 1973, con il racconto The Higher Heresies of Oolimar [4], il ciclo di Amalric risponde alla vocazione dell’autore di distanziare la produzione precedente, ben rappresentata dal ciclo di Thongor di Lemuria, esplorando «uno stile più personale, originale, carteriano» [5]. Per quanto incoraggianti, tuttavia, gli sforzi rimasero incompiuti: il ciclo di Kylix si attestò a soli tre romanzi degli originali cinque pianificati, oltre a una coppia di racconti dedicati ad Amalric che sarebbero dovuti confluire in un’opera mai compiuta [6].

Enciclopedia della Fantascienza Fanucci, vol.4: Heroic Fantasy (1979), l’antologia che contiene il racconto di Lin Carter Le Grandi Eresie di Oolimar

Benché esiguo, il materiale a disposizione è sufficiente ad apprezzare l’audacia delle idee di Lin Carter. L’autore presenta il proprio personaggio come un uomo «alto più di due metri», con un «corpo magnifico, di bronzo dorato, muscoloso come quello di un gladiatore», avvezzo alle avventure e armato unicamente di una «lunga asta di solido bronzo». Proveniente da Thoorana, un pianeta che orbita attorno alla stella Kylix della costellazione dell’Unicorno, Amalric è un semidio, il campione scelto dagli Dei Dimenticati di Segastirion per rinnovare la fede degli uomini dopo che l’invasione dell’Orda Marina dell’Islak Kirioth ne ebbe compromesso il culto.

 

Perché gli uomini compresero che neppure gli Dei Eterni potevano proteggerli dai disastri della guerra, e volsero le spalle ai loro Dei e crearono nuove divinità a loro immagine e somiglianza. E quando gli uomini smettono di adorare gli Dei, gli Dei si offuscano e impallidiscono e s’indeboliscono, sebbene non muoiano interamente.

 

Con la promessa di essere il fondatore di una nuova stirpe di Dei, Amalric gira il mondo contrastando stregoni, spodestando tiranni e abbattendo ogni tipo di minaccia sovrannaturale, assolvendo di volta in volta alla volontà degli Dei di Segastirion. Nel corso delle sue avventure Amalric, l’uomo-dio di Thoorana, sarà affiancato da un improbabile compagno, il piccolo, ossuto, calvo e buffo Ubonidus, mago competente della Conventicola Minore.

 

Ubonidus trasse l’ultima lamposfera dalla fusciacca e la soppesò nel palmo della mano grinzosa. Quelle sfere, grandi come noci, erano state inventate dal famoso Phozdaliom, un eminente incantatore di Jasmyria che, nell’ultimo secolo aveva isolato le proprietà magiche di tredici elementi e aveva così aggiunto nove conquiste importanti al Compendium Magicorum.

 

L’incontro fra i due personaggi sembra essere stabilito dagli Dei, o forse semplicemente dal caso: intervenendo in favore di Ubonidus, nel bel mezzo di un incontro con degli spiriti maligni, Amalric salvaguarda il mago ponendo quest’ultimo sotto quasid, ovvero sotto l’impegno a rendergli un servigio – nella fattispecie accompagnarlo, suo malgrado, nell’avventura.

Illustrazione di Jeffrey Jones (1971) per la copertina del romanzo The Quest of Kadji di Lin Carter, primo volume del ciclo di Kylix

Le direttrici della vicenda fanno apprezzare quanto il ciclo di Amalric abbia (quanto meno in potenza, trattandosi di soli due racconti) tutti gli ingredienti di una fantasia eroica apprezzabile, soprattutto se contestualizzata nella silver age della sword&sorcery degli anni ’70 [7].
Siamo di fronte a una vicenda dai toni umoristici, effetto che l’autore raggiunge sia stirando all’inverosimile gli elementi fantastici dell’ambientazione, sia tramite la caratterizzazione dei personaggi. Lin Carter fa propria la lezione di Fritz Leiber, imbastendo un duo comico formato dal granitico, quasi stolido, Amalric che trova il proprio leitmotiv nella fede negli Dei Eterni, e dal mago Ubonidus, corrucciato, riluttante e trascinato negli eventi unicamente dalla quest del proprio compagno.
Dietro il velo dell’avventura umoristica, Lin Carter offre al lettore più attento una serie di rimandi originali. Innanzitutto, pur trattandosi di un’avventura prettamente sword&sorcery, l’intero ciclo apre una finestra verso la science-fantasy: troviamo, infatti, una serie di elementi tipici del genere quali l’ambientazione ubicata in un punto ben definito della galassia, l’allusione agli Dei quali abitanti di un altro pianeta, oltre a una serie di riferimenti pseudo-tecnologici che, agli occhi dei protagonisti, risultano sempre ammantati dall’aura di magia [8]. In secondo luogo appare evidente, anche tramite la nota introduttiva al racconto dello stesso Lin Carter, che il racconto riprende tematiche mediterranee: Amalric si configura come un novello Ercole, un eroe da età del bronzo intento a superare le proprie fatiche ricorrendo alla propria superiorità fisica e all’aiuto, per quanto indiretto, degli Dei stessi; un ulteriore esempio dei rimandi storici è la città di Oolimar, caratterizzata da Ziggurat svettanti, dominata da un clero ingessato dalla ritualità e in cui la parola pronunciata assume il valore di un sortilegio, elementi quest’ultimi vicini alle culture mesopotamiche [9].
In conclusione, come rimarcato in apertura nell’articolo, il ciclo di Amalric è una promessa che Lin Carter ha fatto ai suoi lettori. Una promessa di una narrativa originale, in grado di elevarsi al di sopra degli emuli dei maestri della Sword&Sorcery delle riviste pulp degli anni ’30. L’obiettivo dell’autore è stato centrato? Difficile a dirsi in quanto le buone idee espresse nei racconti non hanno trovato seguito. Purtroppo, il ciclo di Amalric rimane incompiuto e non sapremo mai le sorti dell’uomo-dio di Thoorana. Rimane comunque un buon esercizio da parte dell’autore, in grado di regalarci un paio di racconti che meritano l’attenzione di ogni appassionato di Fantasia Eroica

NOTE

[1] Lin Carter, Heroic Fantasy, il meglio della Fantasia Eroica Moderna, p.16 (Fanucci, 1979)

[2] J. Clute, J. Grant, Lin Carter in The Encyclopedia of Fantasy (Orbit Books, 1997)

[3] Cfr. A. Gualchierotti, Chiacchiere dalla Cripta #1 – Classici dello Sword&Sorcery da riscoprire: Lin Carter (2022)

[4] It. Le Grandi Eresie di Oolimar nell’antologia Heroic Fantasy, il meglio della Fantasia Eroica Moderna (Fanucci, 1979)

[5] Lin Carter, Heroic Fantasy, il meglio della Fantasia Eroica Moderna, p.103 (Fanucci, 1979)

[6] Volumi pubblicati del ciclo di Kylix: The Quest of Kadji (1971), The Wizard of Zao (1978), Kellory the Warlock (1984)

[7] Per approfondire il tema del revival della Fantasia Eroica, si rimanda al ruolo delle antologie tematiche, cfr. l’antologia pioneristica Sword&Sorcery (1963) curata da Sprague de Camp e la serie Flashing Swords! (1973 – 1981) curata da Lin Carter.

[8] Gli Dei parlano ad Amalric tramite delle ‘pietre’ ubicata in cima al monte Telasterion e tonificano l’eroe esausto tramite un processo di ‘rigenerazione cellulare’.

[9]Cfr il culto di Marduk, il capodanno di Babilonia e il concetto di Destino in G. Contenau, La Civiltà degli Assiri e dei Babilonesi, Edizione Ferni (1976), pagg. 122 – 124 di cui si riporta un estratto: «in base a ciò che sappiamo sul potere del nome [nella civiltà degli Assiri e dei Babilonesi], cioè che una cosa esiste solo se essa ha un nome e che nominare una cosa significa aver presa su di essa, si comprende come un nome che ripeta un augurio sia, ogni volta che qualcuno lo pronuncia, la ripetizione dell’augurio stesso, ma nello stesso tempo influisca anche sulla sua realizzazione.»

L’illustrazione di copertina dell’articolo è di Jeffrey Jones.

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