Alla ricerca di Artù #1 – di Angelo D’ambra

Artù e la battaglia di Monte Badon

Il manoscritto di Nennio, noto come Historia Brittonum, riferisce che Artù combatté dodici battaglie. Goffredo di Monmouth le riportò in Historia Regum Britanniae. Esse sono la battaglia della foce del fiume Glein, le quattro battaglie del fiume Dubglas, nella regione di Linnuis, la battaglia del fiume Bass, la battaglia della foresta di Celidon, la battaglia di forte Guinnion, la battaglia della città della Legione, la battaglia sulle rive del fiume Tribruit, la battaglia di Monte Agned e la battaglia di Monte Badon.
L’azione di Artù passa da sud a nord, anche oltre il Vallo di Antonino, dall’Armorica (la Bretagna) a Totnes sulla costa sassone (Inghilterra meridionale), attorno a luoghi e complessi fortilizi che non possono essere identificati precisamente.
Norma Lorre Goodric rinuncia ad individuare i fiumi Glein e Dubglas e suggerisce che il fiume Bass possa essere Bass Rock, situa la foresta di Celidon nell’area di Glasgow, identifica Fort Guinnion con Binchester, a sud del Vallo di Adriano, la città della Legione con Carlisle, il fiume Tribruit con le aree di Stirling o Carlisle, il monte Agned con Edimburgo o High Rochester, a nord del Vallo di Adriano. Sintetizza quindi l’azione di Artù come una campagna nel Nord per scacciare i sassoni invasori, un movimento dalla capitale – York per Goffredo o Guintonia, città collocata nella regione di Salisbury e Holyrood – verso la Scozia.
La più importante di queste battaglie è quella di Monte Badon, uno scontro decisivo che bloccò le incursioni sassoni per quarantaquattro anni. Dopo questa vittoria, re Artù chiamò i suoi comandanti a sedere alla Tavola Rotonda. E’ anche la battaglia su cui abbiamo più documentazione.
Il primo riferimento ad essa è nel testo di San Gildas, il De Excidio et Conquestu Britanniae. Non si conosce nulla di certo sulla data e il luogo dello scontro, ma va collocata tra la fine del V o l’inizio del VI secolo, nella Britannia post-romana, tra britanni e anglosassoni. Solo nel IX secolo, però, Artù viene associato ad essa. Historia Brittonum menziona, infatti, Artù, anche se come comandante supremo, non come re.
Nennio scrive (Historia Brittonum, Carocci Editore):

A quei tempi Artù combatteva contro di loro [i sassoni] insieme ai re dei Britanni, ma era lui il comandante supremo. Il primo scontro avvenne verso la foce del fiume che è chiamato Glen, il secondo, il terzo, il quarto e quinto su un altro fiume, che è detto Douglas e si trova nella il regione di Lindsey. Il sesto scontro si svolse sul fiume che è chiamato Bassas. Il settimo fu la battaglia della foresta di Celi dons, ovvero la battaglia di Cat Coit Celidon. Nella fortezza di Guinnion avvenne l’ottava battaglia, durante la quale Artù portò sulle spalle un’immagine della Beata sempre vergine Maria, e in quel giorno i pagani furono volti in fuga e un grande massacro si abbatté su di loro per merito di nostro Signore Gesù Cristo e di Sua Madre la Santa Vergine Maria. La nona battaglia fu combattuta nella Città della Legione. Il decimo conflitto avvenne sulle sponde del fiume che è chiamato Tryfrwyd. L’ undicesimo scontro ebbe luogo sul monte che è detto Agned. Il dodicesimo fu nella battaglia del Monte Badon, durante la quale, in un sol giorno, caddero 960 uomini per un solo attacco di Artú, e nessun altro li vinse se non lui solo, che risultò vittorioso in tutte le battaglie.

Goffredo di Monmouth fornisce molti più dettagli. La località è identificata con Bath, città del sud ovest nella contea del Somerset. Il sito fu posto sotto assedio da parte dei sassoni ed Artù vi accorse a liberarla, facendo sterminio da solo di 470 nemici, affidandosi all’immagine della Vergine sullo scudo (che invece Nennio cita in occasione della battaglia di Guinnion). Leggiamo:

Da lì proseguirono la loro furiosa marcia verso la città di Bath, e la posero d’assedio. Quando il re ne venne a conoscenza, fu oltremodo sorpreso dal loro modo di procedere e diede immediatamente ordine per l’esecuzione degli ostaggi. E desistendo da un tentativo che aveva intrapreso per ridurre gli scozzesi e i pitti, marciò con la massima spedizione per sollevare l’assedio… Alla fine, entrato nella provincia del Somerset, e visto come si svolgeva l’assedio, si rivolse ai suoi seguaci con queste parole: ‘Poiché questi empi e detestabili Sassoni hanno disdegnato di tenermi fede, Dio, si sforzerà di vendicare oggi il sangue dei miei connazionali su di loro. Alle armi, ai soldati, alle armi, e coraggiosamente cadrà sui perfidi miserabili, sui quali, con Cristo che ci assiste, otterremo senza dubbio la vittoria’ Quando ebbe finito di parlare, San Dubricio, arcivescovo di Legion, andando in cima a una collina, gridò a gran voce: ‘Tu che hai l’onore di professare la fede cristiana, tieni ben saldo nella tu mente l’amore che devi alla tua patria e ai tuoi sudditi, le cui sofferenze per il tradimento dei pagani ti saranno d’eterno rimprovero, se non li difendi coraggiosamente. Volontariamente sopporterai la morte, perché questa è la vittoria e la maledizione dell’anima, poiché colui che deve morire per i suoi fratelli, offre se stesso in sacrificio vivente a Dio e ha per esempio Cristo, il quale si è degnato di dare la vita per i suoi fratelli. Se dunque qualcuno di voi sarà ucciso in questa guerra, quella morte stessa, che è sofferta in una causa così gloriosa, sarà per lui per la penitenza e l’assoluzione di tutti i suoi peccati’. A queste parole tutti, incoraggiati dalla benedizione del santo prelato, subito si armarono e si prepararono ad obbedire ai suoi ordini. Anche lo stesso Artù che, dopo aver indossato una cotta di maglia adeguata alla grandezza di un re così potente, si pose in testa un elmo d’oro, sul quale era incisa la figura di un drago; e sulle sue spalle il suo scudo chiamato Priwen; su cui fu dipinto il quadro della beata Maria, madre di Dio, per ricordarglielo spesso. Quindi, cinta la sua Caliburn, che era un’eccellente spada fabbricata nell’isola di Avallon, abbelliva la sua mano destra con la sua lancia, chiamata Ron, che era dura, larga e adatta al massacro. Dopo ciò, messi in ordine i suoi uomini, attaccò arditamente i Sassoni, che erano usciti a forma di cuneo, come era loro uso. Ed essi, nonostante che i Britanni combattessero con grande ardore, si difesero nobilmente tutto il giorno; ma alla fine, verso il tramonto, si spostarono sulla montagna successiva, che serviva loro da accampamento: poiché non desideravano un’estensione maggiore del terreno, poiché confidavano molto nel loro numero. La mattina dopo Artù, con il suo esercito, salì sulla montagna a dar battaglia, ma perse molti dei suoi uomini nell’ascesa, per il vantaggio che i Sassoni avevano nella loro posizione in cima… Tuttavia, dopo una lotta molto dura, i Britanni raggiunsero la sommità della collina e giunsero rapidamente a uno scontro serrato con il nemico, che di nuovo li accolse calorosamente e fece una vigorosa difesa. Così trascorse anche gran parte di quella giornata; al che Artù, provocato nel vedere che aveva ottenuto solo un piccolo vantaggio e che la vittoria era ancora in dubbio, tirò fuori Caliburn e, invocando il nome della beata Vergine, si precipitò in avanti con grande furia nel più fitto dei ranghi del nemico; de’ quali (tale fu il merito delle sue preghiere) non ne scampò vivo che sentisse il furore della sua spada; né Artù si arrese alla furia del suo assalto finché non ebbe, con il solo Caliburn, ucciso quattrocentosettanta uomini. I Britanni, vedendo ciò, seguirono il loro capo in grande moltitudine e fecero strage da tutte le parti; così che Colgrin, e Baldulph suo fratello, e molte altre migliaia, caddero davanti a loro. Ma Cheldric, in questo imminente pericolo dei suoi uomini, si diede alla fuga. Conseguita così la vittoria, il re comandò a Cador, duca di Cornovaglia, di inseguirli, mentre lui stesso avrebbe dovuto affrettare la sua marcia in Albania: da dove ebbe avviso che gli scozzesi e i pitti stavano assediando Alclud…

E’ con chiarezza una versione romanzata e inattendibile. Quella di San Gildas, che dice di scrivere quarantatrè anni dopo la battaglia, riferisce che fu Ambrogio Aureliano a guidare i britanni alla vittoria e non cita neppure Artù. Oltretutto precisa che Badon non era una città, ma una collina:

Così un certo numero di miserabili superstiti fu catturato sui monti e massacrato. Altri, spezzati dalla fame, andarono ad arrendersi al nemico… Altri si diressero verso terre al di là del mare… Altri resistettero, ma non senza paura, nella propria terra, affidando la loro vita con costante presentimento alle alte colline, ripide, minacciose e fortificate, alle foreste più fitte e alle scogliere della costa del mare. Dopo un po’ di tempo, quando i crudeli predoni se ne furono tornati a casa, Dio diede forza ai sopravvissuti… Il loro capo era Ambrosius Aurelianus, un gentiluomo che, forse unico tra i Romani, era sopravvissuto all’urto di questa notevole tempesta: certamente i suoi genitori, che avevano indossato la porpora, vi furono uccisi. I suoi discendenti ai nostri giorni sono diventati molto inferiori all’eccellenza del loro nonno. Sotto di lui il nostro popolo riacquistò le forze e sfidò i vincitori a combattere. Il Signore acconsentì e la fortuna fu con loro. Da allora in poi la vittoria andò ora ai nostri concittadini, ora ai loro nemici: così che in questo popolo il Signore potesse mettere alla prova il suo Israele negli ultimi giorni per vedere se lo ama o no. Questo durò fino all’anno dell’assedio della collina di Badon, praticamente l’ultima sconfitta dei cattivi, e certamente non meno importante. Quello era l’anno della mia nascita; come so, è già trascorso un mese del quarantaquattresimo anno da allora.

Potremmo assumere questo testo come prova definitiva che Artù non sia mai esistito, il fatto che San Gildas citi Ambrogio Aureliano è oltretutto il punto di partenza per le ricerche che identificano le due figure.

(continua)

Angelo D’Ambra

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