Science & Sorcery

Scienza e magia

Nella storia della civiltà umana il concetto di scienza si è evoluto e sviluppato nel corso dei secoli, a partire dai primi ragionamenti di chi indagava la realtà in un modo – per come intendiamo noi oggi l’aggettivo – per nulla scientifico, fino all’applicazione del metodo contemporaneo. Basti pensare alla figura dei filosofi naturalisti greci del VI sec. a.C., i quali cercavano il principio fondativo della realtà, l’ἀρχή (archè), senza poter contare su altri mezzi che non quelli del loro intelletto. Straordinari pensatori capaci di intuizioni notevoli, tra i quali (con occhio moderno) spicca Democrito, che arrivò addirittura a postulare l’esistenza degli atomi.

Man mano che le società umane si evolvettero lo stesso fece la forma mentis di coloro che si impegnarono a esplorare il mondo oggettivo anche nelle sue componenti invisibili, e in questo lunghissimo percorso le discipline che poi si sarebbero sviluppate in quello che chiamiamo scienza sono spesso andate a braccetto con ciò che viene definito magia. Esemplare a tal proposito la figura dell’alchimista, che racchiudeva in sé saperi provenienti da ogni campo dello scibile: chimica, fisica, ma anche astrologia, esoterismo e trasmutazione dei metalli. L’alchimia veniva considerata una materia degna di studio al pari di altre discipline; lo stesso Isaac Newton si occupò di alchimia e persino San Tommaso d’Aquino scrisse un testo intitolato: Trattato su La pietra filosofale e l’Arte dell’Alchimia.

Discorso a parte, altrettanto intrigante, sarebbe quello dell’intreccio tra magia e religione, ma bisognerebbe dedicarvi uno o più articoli a parte.

Scienza e magia, prima di divenire antitetiche, sono spesso andate a braccetto tra loro, intrecciandosi e mescolandosi specialmente in epoca rinascimentale. Il filosofo Tommaso Campanella (1568-1639) scrisse che:

Tutto quello che si fa dalli scienziati imitando la natura, o aiutandola con l’arte ignota, non solo alla plebe bassa, ma alla comunità degli uomini [appare] opera magica… Finché non s’intende l’arte, sempre dicesi magia; dopo è volgare scienza. L’invenzione della polvere dell’archibugio e delle stampe fu cosa magica, e così della calamita; ma oggi che tutti sanno l’arte è cosa volgare.”

Emelie Samberg

Con il tempo la definizione di scienza si è fatta via via più precisa e si è arrivati alla sua concezione moderna, per la quale non si ritiene più possibile per una singola persona, per un sapiente, conoscere tutto lo scibile e la verità intima delle cose attraverso intuizioni, ragionamenti e altre vie magari non razionali. Questo non perché si neghi l’importanza della speculazione, ma perché il progredire della tecnologia ha portato con sé la possibilità di disporre di strumenti in grado di esplorare con dati oggettivi e misurabili quegli aspetti della realtà che prima potevano solo essere oggetto, appunto, di speculazione. Nel mondo contemporaneo, iperspecializzato e basato su riscontri sperimentabili e ripetibili, ogni branca della scienza viene approfondita e chi se ne occupa la continua a studiare ed esplorare per tutta la vita insieme alla comunità scientifica di riferimento, con revisioni paritarie, protocolli ecc. Non più un sapere elitario ed elusivo in possesso di pochi saggi, ma un sapere razionale, verificato e trasmissibile a chiunque attraverso lo studio.

Impossibile che questo evolversi dell’approccio a una materia così vasta e fondamentale non si riflettesse in vari modi nella letteratura fantasy, che di fatto ha spesso trattato – al di là della facciata più leggera e di intrattenimento – temi che riguardano l’umanità intesa come corpus unico, con le sue aspirazioni, i suoi lati oscuri e le sue tragiche grandiosità.

JP Targete

Di seguito vorrei quindi proporre un paio di esempi su come il dualismo magia/scienza sia stato affrontato da alcuni autori, con differenti sfumature, nelle loro opere. Ovviamente questo non vuole essere un elenco, che altrimenti risulterebbe pressoché smisurato, bensì non è altro che uno spunto per quanti volessero eventualmente approfondire la questione, magari portando a loro volta un contributo su queste pagine.

Il Ciclo di Corum, di Michael Moorcock

Nel pieno rispetto di questo dualismo e della vicinanza tra due sfere di conoscenza che differiscono così tanto nell’impostazione e nell’approccio ma non così tanto nella percezione che ne hanno avuto i popoli, l’epopea del principe dal mantello scarlatto rappresenta una delle esplorazioni più interessanti.

Come la maggior parte degli appassionati di fantasy sapranno, alla base delle opere di Moorcock vi è l’eterno equilibrio, o mancanza di esso, tra le forze del Caos e della Legge, forze reputate in egual misura indispensabili e fondamentali affinché l’universo non giunga alla sua fine. Entrambe le forze, infatti, se portate alle loro conseguenze estreme condurrebbero a esiti catastrofici e irrimediabili: l’assoluta immobilità data dall’ordine della Legge o l’assoluta mancanza di forma data dalla follia del Caos.

Nel ciclo in questione, la razza pseudo elfica di cui fa parte il protagonista Corum – i Vadhagh – appartiene alla Legge, e come tale è una diretta emanazione dei suoi principi. Grazie alla loro straordinaria longevità e intelligenza, i Vadhagh hanno raggiunto un livello di conoscenza altissimo e la loro scienza riflette le leggi della natura. Si tratta di una scienza razionale e controllabile: i Vadhagh sono in grado di spostarsi da un piano all’altro dell’esistenza (nel mondo di Corum ne esistono ben quindici, corrispondenti a realtà del tutto diverse tra loro) e le loro arti nei vari campi del sapere, sebbene essi non le ammantino in alcun modo di un’aura di mistero, agli occhi barbari dei Mabden (la razza dell’uomo), sembrano magia.

Questo perché gli uomini, al contrario, sono un’emanazione delle potenze del Caos. All’inizio della saga, quando i Mabden sterminano l’intera razza dei Vadhagh, il principe Corum scopre che sono invece gli uomini a possedere una vera e propria conoscenza magica per come la intendiamo noi: fatta di riti ed evocazioni oscure. Si tratta di una forma di sapienza superstiziosa che deriva direttamente dal Caos e che, come tale, risulta irrazionale e occulta. Durante le sue avventure, in un mondo che è finito sotto il dominio pressoché completo degli uomini, Corum dovrà imparare ad accettare un nuovo modo di pensare, una forma mentis che plasma addirittura la realtà in cui tutti vivono e che probabilmente – per paradosso – è alla base dell’esistenza stessa delle divinità che venera!

Il simbolo del Caos

Andando ancora oltre: nella seconda trilogia delle avventure di Corum, in seguito a un salto temporale, il principe dal mantello scarlatto scoprirà che con il passare dei secoli, con il susseguirsi delle generazioni e con l’evolversi della società gli stessi Mabden hanno abbandonato gran parte delle loro antiche credenze magiche, ritenendole semplici superstizioni. Essi sono diventati perciò simili proprio a quei Vadhagh che avevano anticamente sterminato; una sorta di ciclico ripetersi delle ere e degli eventi che è tipico della poetica Moorcockiana. Proprio in questa seconda trilogia si trova una riflessione molto interessante, che riguarda ciò che succede quando la sapienza razionale degenera e, trasformandosi in superstizione, si ammanta di ritualità (in questo caso, uno scostamento da scienza della Legge a magia del Caos).

…Noi siamo portati a rifiutare questo tipo di conoscenza solo perché è stata corrotta da menti primitive. Un anno fa non credevo… ai racconti popolari della nostra gente o a una qualunque delle nostre vecchie superstizioni… I poveri e gli infelici che non possono amare la vita cercano qualcosa al di là di essa… Essi dunque corrompono le conoscenze che gli capita di scoprire… Ma la conoscenza che tu ci hai portato, Corum, è di ben diversa qualità… tu offri informazioni che illuminano la nostra comprensione, mentre i corrotti e i perduti parlano solo di misteri e di cupi esseri superiori e cercano di elevare se stessi ai propri occhi e a quelli dei loro seguaci.”

Michael Moorcock – La Quercia e l’Ariete

La saga di Shannara, di Terry Brooks

Terry Brooks ha messo lo scontro tra scienza e magia, intese come due entità nettamente distinte e antitetiche, alla base della sua opera più celebre. La saga di Shannara è durata la bellezza di quarantanni e, dal momento che i vari cicli che la compongono coprono almeno un paio di millenni di (inventata) storia, si assiste a un inesorabile mutamento nei rapporti di forza tra queste due potenze.

Volendo riassumere sommariamente:

durante la nostra epoca – i primi decenni degli anni duemila – ci fu una supremazia assoluta della scienza. A causa di un utilizzo deviato di questa scienza, manipolata dietro le quinte da forze oscure, un devastante disastro atomico/chimico portò alla distruzione totale del vecchio mondo, facendo sparire la civiltà così come la conosciamo.

Dopo un intervallo di tempo lunghissimo, nei secoli successivi al cataclisma che cambiò per sempre la faccia del pianeta si assistette al rifiorire della magia; in mano a un pugno di individui (druidi o creature magiche), essa si sostituì alla scienza come strumento per operare prodigi e indirizzare il corso della storia.

Tuttavia, di nuovo, a causa di un uso errato e distorto di questa forza, nel tempo alcuni druidi e altri esseri si lasciarono corrompere da questo immenso potere e, trasfigurati oltre ogni dire, diventarono essi stessi una minaccia per le Quattro Terre (basta citare il Signore degli Inganni, l’antagonista principale dei primi romanzi o il Morgawr, il demone stregone della trilogia de Il Viaggio della Jerle Shannara).

A seguito di ciò, negli ultimi cicli della saga di Shannara, con il rafforzarsi di uno schieramento politico e militare noto come Federazione (a conduzione esclusivamente umana), si assiste al ritorno di una forza puramente scientifica. Complice anche la lenta evoluzione tecnologica dei popoli e le nuove “scoperte”, come ad esempio i cristalli di diapso in grado di far volare vascelli nei cieli, il ritorno della scienza porta a nuovi scontri con i pochi detentori dell’elitario potere magico.

Di nuovo, quindi, due modalità di pensiero opposte: sapere esoterico destinato a pochi individui dotati di talento o poteri innati, contrapposto a un utilizzo meccanicistico e su scala globale del sapere scientifico. In Shannara entrambe le forze, scienza e magia, hanno portato nel corso dei secoli a terribili disastri, secondo la tesi per cui, come sempre, è l’uso indiscriminato e ossessivo di uno strumento a causare i veri danni, non tanto lo strumento in sé (per quanto la magia tenda sempre ad avere effetti simili a quelli della droga, su chi la usa, e porta con sé il rischio di trasformare chi la adopera in un suo mero strumento).

Ogni “schieramento”, a fasi alterne, ha nutrito sospetti e diffidenza nei confronti dell’altra branca del sapere, citando come esempi giustificativi le conseguenze negative che l’utilizzo errato di quelle discipline ha causato ai popoli delle Quattro Terre.

Cogline, un druido atipico che usa la scienza

Gli stessi druidi che, pur con le loro innumerevoli contraddizioni, incarnano in genere le forze al servizio del bene e del progresso illuminato, si interrogano in varie occasioni su quale sia il loro ruolo e fin dove possa spingersi eticamente la loro sfera di influenza. Così come, nei vari libri della saga, non è raro imbattersi in creazioni meccaniche appartenenti al vecchio mondo e ancora capaci, a distanza di millenni, di portare morte e distruzione.

Come suggerisce il buon Andrea Gualchierotti, si potrebbe parlare di uno sfondo faustiano, laddove la natura imperfetta dell’uomo porta questi ad abusare del sapere che ha ottenuto, anche qualora si tratti degli stessi controllori che dovrebbero supervisionare l’utilizzo di tale sapere.

Anche questa è magia… una magia di tipo diverso da quella degli Spiriti… Credevi che non sapessi niente del vecchio mondo, vero, ragazza?… Bene, conosco anche gli insegnamenti del vecchio mondo, mi sono stati trasmessi dai miei antenati. Non Druidi. Ma maestri anche loro, ragazza… maestri! Essi possedevano il sapere del mondo che esisteva quando le Grandi Guerre causarono tanta distruzione all’umanità!… Il potere della terra! Questa è la mia magia! Non la magia delle parole e degli incantesimi, no, non quella! Un potere nato dagli elementi che comprendono la terra su cui camminiamo, stranieri. Questo è il potere di cui parlo. Frammenti di minerali e polveri e miscugli che si possono vedere con gli occhi e sentire con la mano. Chimica, la chiamavano una volta. Sviluppata con capacità ben diverse da quelle semplici che usiamo noi ora nelle Quattro Terre. Gran parte di quel sapere è andato distrutto insieme col vecchio mondo. Ma un poco – appena un poco – ne è stato salvato. E io lo posso usare.”

Terry Brooks – La Canzone di Shannara

Direi che mi sono dilungato abbastanza pertanto, in conclusione, mi limito a segnalare il film d’animazione Wizards (1977), di Ralph Bakshi; una piccola chicca, girato con la tecnica del rotoscopio e purtroppo mai uscito in Italia. In esso, in una realtà retrofuturista dove l’uomo è scomparso e le creature delle fiabe abitano il mondo, uno stregone buono e uno malvagio combattono fino all’ultimo sangue per il destino dei viventi. Il primo utilizza una magia bianca, legata al mondo della natura, mentre il secondo si avvale di perdute tecnologie umane, tra cui mitragliatrici, carri armati e nientepopodimeno che videoproiezioni con i discorsi di Hitler, usati per incitare all’odio e fomentare i suoi eserciti. Se masticate un po’ di inglese recuperatelo perché ne vale la pena.

Come detto, questo articolo non ha la pretesa di essere esaustivo dell’argomento in questione (del resto ancor oggi ci sono dibattiti aperti in merito alla magia e alla scienza) perciò, se qualcuno volesse farne un seguito portando a esempio altre opere dove lo scontro tra scienza e magia sia presente, magari in forma del tutto diversa, sarebbe uno stimolo ulteriore ad approfondire la questione.

Per finire desidero ringraziare Andrea Gualchierotti per le sue preziose note e per avermi aiutato a chiarire alcuni punti in un tema così complesso.

Alla prossima!

Anthony Catillaz

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