Recensioni: “Il giorno delle Pietre Rosse” di Gianmaria Ghetta

Dettagli

Titolo: “Il giorno delle pietre rosse

Autore: Gianmaria Ghetta

Editore: Delos Digital

Collana: Heroic Fantasy Italia

Genere: fantasy storico

Pagine: 134

Prezzo: 3,99 Euro (ebook)

Sinossi

Il popolo basco ha sempre difeso la sua libertà, sia dai franchi cristiani che dagli arabi andalusi, ma nell’alto medioevo corse il rischio di essere conquistato e asservito al potente regno spagnolo delle Asturie. Narra la leggenda che un eroe gaelico, figlio del Re di Scozia, si mise a capo della resistenza dei baschi e sconfisse gli invasori in una grande battaglia ricordata come il giorno delle pietre rosse. Ma per diventare Jaun Zuria, il liberatore di Euskadi, il giovane Alasdair mac Alpin dovrà ricorrere alle antiche divinità e ai geni della mitologia basca, una delle più ricche e meno conosciute d’Europa, che l’autore Gianmaria Ghetta illustra in tutta la sua varietà.

Commento

Chi abbia visitato i Paesi Baschi lo sa: che provenga dalla Francia, dove già calca parte della terra Euskadi, o da qualche altra regione iberica, entrando in essa coglierà l’attraversamento di una vera e propria barriera. La natura, lì già verde, offre boschi ancora più fitti, montagne più cupe. L’Oceano  Atlantico, incuneandosi nel Golfo di Biscaglia, canta con onde sonore e potenti. E se tale è – ancora oggi – l’atmosfera della terra basca, immaginate pure come dovesse essere più di un millennio fa, quando attorno ancora guerreggiavano i potentati cantabrici di Leon e delle Asturie, e il dominio islamico copriva gran parte di quello che era stato l’antico regno vandalico. 

E’ in questo medioevo lontano e scabro che Gianmaria ha ambientato il suo nuovo romanzo breve, riproposizione delle gesta di Jaun Zuria, “Il Signore Bianco” che cronache successive di qualche secolo hanno indicato come glorioso vincitore della semileggendaria battaglia di Padura, ed eroe di ascendenza nordica, secondo i racconti semidivina.

Si tratta, a conti di fatti, di un bel lavoro di commistione fra retaggio folklorico, dato storico erudito, e avventura fantastica, dove però quest’ultimo lato si appoggia con cautela su un sostrato che, come accennato, è già leggendario di suo, e quindi non abbisogna di eccessi nel mettere in mostra la natura misteriosa delle vicende del suo eroe. Anzi, diciamo pure che la vicenda potrebbe addirittura passare per una riscrittura moderna di un antico resoconto riguardante la difesa delle terre ancestrali dai Baschi, da sempre intenti a proteggere la loro specificità etnico-culturale dalle maree della Storia. Il meraviglioso, come quello che circonda i fatti attinenti la nascita del protagonista, lumeggia tuttavia gli eventi, e li traspone secondo lo sguardo degli uomini di allora, capaci di percepire le realtà oltre il velo: 

– Pazzia è quella dei folli che non riconoscono l’opera degli dèi! – gridò Bikendi. – Sugaar si invaghì di Cináeda e per amarla risalì attraverso le voragini che collegano la superficie alle sue dimore sotterranee. Solcò il cielo sotto forma di una falce di fuoco e raggiunse l’oggetto del suo desiderio.
Il veggente distolse lo sguardo da Murchadh e fissò Alasdair.
– Cosa vide tua madre? Chi può dirlo? Una presenza misteriosa nelle sue stanze, simile a un serpente che si insinua sotto le vesti, un’ombra dorata portatrice di un piacere sovrannaturale. Alla fine, rimase solo l’estasi dei sensi e la sensazione di calore nel ventre. Sugaar era giunto e ripartito, lasciando dietro di sé un dono, il frutto della stirpe dei re e dello splendore dei superni.

Ma, come si diceva, quella di “Il giorno delle Pietre Rosse” è soprattutto una narrazione di guerra, quella di un’epoca in cui ancora erano i singoli a decidere col proprio valore le sorti delle battaglie, dove principi e figli di re lasciano il sangue sul terreno, e in cui morti senza nome offrono banchetti ai corvi dopo scontri dimenticati perfino dai cronachisti. Per certi versi, anche la storia di un predestinato, che tuttavia dovrà conquistare sul campo quel miraggio di gloria che alcuni, in primis la madre, gli vaticinano fin dall’infanzia. Attorno, l’evolversi sanguinoso della storia iberica, ancora assai lontana dal lento cammino di Reconquista contro le armate dei Mori, e più affine ad un elenco di fratricidi, sovente anche interdinastici.

Da questo crogiuolo potenzialmente confuso, magari poco attraente per chi non conosca il Medioevo spagnolo, Ghetta estrae, pulita e netta la storia dell’antico eroe basco, esempio di nobiltà, lontano anni luce da qualunque ombra di malizia intesa in senso moderno. Una figura che viene di peso dall’epica, campione di un popolo, e che così ci viene raccontata, senza che per questo la lettura perda di profondità. Anzi, è bello per una volta riscoprire la tensione verso il buono e il giusto di un protagonista comunque fallibile, ma non per questo tentato oltre misura dalle proprie paure. 

Grazie all’ottima scelta di uno scenario non comune, raramente sfruttato, il racconto di “Il giorno delle Pietre Rosse” va a incasellarsi di diritto lì dove riposano le avventure più classiche, che da un lato ci stuzzicano con quel tanto che basta di pittoresco, dall’altro ripropongono l’archetipo immortale del Campione e del suo destino.

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