“I salici” di Algernon Blackwood: quando la Natura si fa horror

Ben ritrovati.

Oggi parleremo de “I salici” (“The Willows”), romanzo breve di Algernon Blackwood scritto nel 1907, pubblicato in origine nella raccolta “The Listener and Other Stories”.

Costituisce una delle opere più celebri di Blackwood ed è un vero e proprio caposaldo della narrativa dell’orrore, nonché una fonte di ispirazione per diversi autori successivi.

Lovecraft la definì nel suo saggio “L’orrore soprannaturale nella letteratura” la migliore storia del soprannaturale della letteratura inglese. Non è difficile tra l’altro trovare delle affinità con la produzione fantastica di quest’ultimo: il protagonista de “I Salici” ha bisogno di credere che ciò a cui assistito sia il frutto della fantasia e della suggestione per poter preservare la propria sanità mentale, così come accade a vari personaggi di Lovecraft, in primis il professor Peaslee de “L’ombra venuta dal tempo”. Curiosità: nel film “The color out of space” si vede un personaggio leggere proprio “I salici”.

I salici” è un romanzo breve che costituisce uno dei primi esempi di horror moderno con connessioni alla tradizione weird, nel quale le atmosfere suggestive e orrori mormorati ma mai mostrati per intero la fanno da padrona. Il lettore viene catapultato in un mondo dove ogni certezza che vede l’uomo come specie dominante viene smentita. La natura è più grande, più complessa, più inconoscibile di quanto non si possa supporre, come scopriranno a loro spese i protagonisti.

La storia narra di due uomini che, nel corso di una traversata in barca sul Danubio, giungono a un’isola popolata soltanto da salici. Quella che doveva essere una gita spensierata si trasforma in una esperienza dell’orrore quando i partecipanti iniziano a sospettare che i salici siano provvisti di vita propria e si muovano per fare loro del male.

Realtà o follia? Semplice suggestione, o forze della natura che si ribellano agli invasori umani?

Blackwood è abilissimo nel delineare vento, fiume, sole e piante con caratteristiche minacciose anche se sono apparentemente tranquilli, come una sorta di “odio a pelle” che sgorga in loro all’approssimarsi degli umani.

Il romanzo ovviamente oscilla tra il detto e il non detto e una spiegazione chiara e oggettiva non viene fornita, lasciando al lettore una sensazione di vivida paura e di dubbio intenso.
Proprio quello che piace a noi!

I Salici – La trama

Due amici – il narratore e il suo compagno svedese – decidono di percorrere in canoa un ramo del Danubio che nemmeno gli ungheresi frequentano, quasi credano che quel territorio non debba essere invaso dagli uomini.

Giungono a un’isola sabbiosa triangolare fuori Bratislava e decidono di fermarsi per la notte, allestendo una tenda, con il proposito di allontanarsi prima che le acque la sommergano. In serata notano a distanza quella che sembra essere una grossa lontra e un uomo in barca che fa il segno della croce allontanandosi.

L’isola è disabitata e fittamente ricoperta da salici, salici che li circondano in maniera oppressiva, al punto da suggerire in loro sensazioni di pericolo. Il narratore, per l’appunto, ha la sensazione che le piante reagiscano con ostilità alla loro presenza. Quella notte ha l’impressione di avvertire tanti minuscoli passi che si avvicinano, scorge enormi figure ondeggianti nella notte e crede che i salici siano più vicini alla tenda di quanto non fossero prima.

La mattina dopo i due notano che presto l’acqua sommergerà l’intera isola. Con sgomento apprendono che un remo è sparito e che si è formata una falla sulla canoa. Il narratore accampa qualche spiegazione razionale ma il suo compagno prende in considerazione l’idea che loro due stanno per essere scelti per un sacrificio.

Una notte lo svedese, come fosse sonnambulo, fa per buttarsi in acqua e viene salvato dal suo compagno per il rotto della cuffia: al narratore riferisce di “dover andare dentro di loro” e di “dover prendere la via dell’acqua”.

Il fato dei due sembra segnato, ma avviene qualcosa di inaspettato: una vittima, un contadino annegato, prende il loro posto come sacrificio, e le manifestazioni cessano.

I protagonisti cercano di dargli cristiana sepoltura ma, prima che venga portato via dalle acque, notano sul suo corpo i segni di tanti imbuti di sabbia. Il marchio dei salici.

I salici, o l’orrore della Natura

Come avrai capito, le vicende vengono presentate dal punto di vista del narratore, e non vi è modo di appurare se ciò che viene raccontato è il frutto di una serie di circostanze e della paranoia anziché di veri e propri fenomeni soprannaturali.

In effetti non vengono presentati in modo oggettivo veri e propri eventi chiaramente riconducibili a una violazione delle leggi naturali, ed è proprio questa incertezza che genera un terrore serpeggiante nel lettore.

Se non conosciamo le cause di ciò che sta succedendo, vuol dire che qualsiasi cosa può avvenire!

La vicenda però viene descritta in maniera tanto vivida da fare dubitare che si tratti di semplice suggestione, come la razionalità esigerebbe di considerare.

Nonostante il racconto si barcameni tra il non detto e l’inspiegabile, volendo proprio trovare una spiegazione soprannaturale ai fatti presentati, è possibile trarre una descrizione del vero significato dei minacciosi salici del racconto.

Esistono certe zone nel mondo, come l’isola del Danubio, che sono a contatto con regioni esterne e che l’uomo non deve profanare, pena attirare le attenzioni dei suoi spaventosi abitanti.

I protagonisti ipotizzano sul momento che i salici siano legati a spiriti elementali o a dei antichi, ma l’ipotesi che lo svedese avanza è che essi siano testimoni di qualcosa del tutto slegato e alieno alla dimensione dell’uomo, persino di quella soprannaturale.

I salici presenti nel racconto “mascherano”, o sono l’avanguardia, di qualcosa di non meglio definito proveniente dal mondo esterno. Tali presenze sono avvertibili come figure enormi e sotto forma del suono di un “gong quadridimensionale” che i protagonisti avvertono in più occasioni, che sembra poter influenzare la mente di chi lo ode.

Tali esseri non usano la vista per orientarsi nel nostro mondo ma hanno bisogno di sentire i pensieri di paura delle proprie vittime per poterle localizzare. Nel frattempo quindi si muovono “a tentoni” alla ricerca dei propri obiettivi, e non avranno pace fino a quando non avranno messo le mani – o le fronde – su una vittima sacrificale…

E con questo è tutto, noi ci vediamo alla prossima

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