Lessinia, terra di fate e di orchi – di Debora Parisi

Analisi sul folklore locale

La Lessinia è un territorio delle Prealpi venete in provincia di Verona, un luogo ricco di folklore e leggende, storie che attingono a un immaginario comune, così complesso e profondo da risultare unico. Ma iniziamo dal principio, analizzando un po’ la storia del territorio.
Come ben sappiamo, il Veneto fu teatro di influenze interculturale tra Celti, Veneti, Reti, Cimbri antichi e Romani. Successivamente, a partire dall’XI° secolo, il territorio del Monti Lessini fu colonizzato dagli immigrati Cimbri dalla Baviera e dal Tirolo, dando vita ai tredici comuni. Furono inviati dal vescovo di Verona per disboscare l’area e adibirla a pascoli. Nei tredici comuni tutt’ora si parla il cimbro, un dialetto riconosciuto come minoranza linguistica.
La presenza cimbra sul territorio ha influenzato notevolmente l’immaginario collettivo, basti pensare alle fade, creature fatate molto simili alle Huldra germaniche. Esse vengono raffigurate come creature bellissime, con le gambe e la coda caprini. In alcune versioni hanno un buco sulla schiena, altro indizio della loro natura sovrannaturale.
Nella maggior parte delle leggende, sono creature antropofaghe particolarmente crudeli. Attilio Benetti, noto antropologo che per anni studiò il folklore della Lessinia, trascrisse i racconti orali della popolazione. Tra i più importanti potremmo citare Il Montanaro Rapito Dalle Fate, dove viene mostrato il lato seduttivo del popolo fatato, La storia della coscia umana appesa all’anello della porta, dove viene mostrato il loro lato antropofago, oppure I due gobbi (nel dialetto locale “I du gobi”) dove un gruppo di fade danzanti grazia il primo gobbo e maledice il secondo. Abbiamo diverse varianti di tale fiaba, non solo in Italia, ma anche in Europa, e a volte le fate sono sostituite da streghe, con lo stesso carattere volubile.
Altra storia che mostra il loro lato terrificante è La Regina Delle Fade: una ladra sprovveduta ruba la magnifica veste della sovrana fatata, salvo poi essere costretta a essere ricoperta di vermi per il resto della sua vita.
In molte leggende le fade banchettano a casa degli orchi, con carne umana, specialmente di bambini, sottolineando il loro lato inumano e selvaggio.

Ci sono però delle eccezioni, fade benigne che aiutano gli umani: Aissa Maissa è una fata buona, ostracizzata dai suoi simili perché si è innamorata di un umano. Oppure Erbesina, altra fata benigna che è stata ostracizzata dai suoi simili anche perché è nana, quindi derisa per la sua statura. Nonostante ciò, si rivelano dei personaggi forti, capaci di perseguire i propri obbiettivi.
La Fada generosa, dove si mostra una creatura fatata provare empatia per la figlia di una donna che in vita le era stata ostile, La Fada dei Tureri dove una di queste creature sovrannaturali si innamora di un umano, lo sposa ed insieme mettono su famiglia, ma gli fa giurare di non curiosare mai nei suoi affari privati. Ovviamente il marito trasgredisce e la moglie scompare, rivelando la sua natura fatata. Mesi dopo l’uomo nota che qualcuno mette sempre a posto la casa, cura i figli e cucina per loro. Curioso, il vedovo scopre una serpe che s’aggira presso l’abitazione e per la paura la uccide. Da quel momento quelle attività benevole nei loro confronti s’interrompono, lasciando intuire che il serpente fosse proprio la moglie fatata.
Esattamente come la fiaba dei gobbi, anche quest’ultima presenta diverse varianti, come la leggenda di Melusina, la moglie fatata con metà corpo di serpente.
Si può anche citare il fatto che le fade insegnarono a filare agli esseri umani, aiutandoli nel progresso dell’artigianato. Queste creature facevano visita alle signore di notte, partecipando ai loro filò e tessendo vestiti con lana dorata. I filò erano luoghi di ritrovo, soprattutto di filatrici, dove la gente si raccontava storie mentre lavorava. Tale amicizia però non durò molto: l’invidia delle donne per la loro bellezza e l’avidità degli uomini per l’oro tessuto, però, ruppe l’alleanza e le fate si isolarono dagli esseri umani, celando le loro conoscenze.
Altre figure fatate presenti nel folklore della Lessinia, soprattutto nelle zone cimbre, sono i Selegan Laute, conosciuti come Le Beate Genti, creature che, come le fade, hanno un carattere capriccioso, ambivalente e misterioso. Si dice abitassero in un grande covo, il “Selegankuwal” e che si vestissero o di bianco o con elementi vegetali, come corteccia.
Esattamente come le fade avevano anche una tendenza antropofaga: spesso organizzavano grandi cacce, perseguitando gli umani, primo a raggiungerli e smembrarli.
Si ipotizza che tali leggende siano state create dai Cimbri medioevali nei confronti degli abitanti nativi del luogo, descritti come primitivi e selvaggi.

Spesso sono associati a una processione notturna, dove le “Genti Beate” compivano un rituale discendendo dalla montagna la Notte dei Morti, tenendo ciascuna una torcia o un lume costituita da un arto umano. L’elemento dell’antropofagia è quindi molto frequente nelle leggende del luogo, non solo con orchi e streghe, ma anche, appunto, con le creature fatate.
Nonostante questo lato pericolose, ci sono state storie di Selegan Laute che si sono uniti con gli umani, mostrando una possibile convivenza tra i due popoli. D’altronde, come in altre zone del mondo, creature sovrannaturale ed esseri umani si sono sempre mescolati, nonostante le nature diverse.
Abbiamo introdotto alcuni membri della fauna fatata più pericolosi, ma c’è una tribù che potremmo considerare innocua nella maggior parte dei casi: le anguane. Conosciute anche come oppure le Bele Butele (Le Belle Ragazze) o le Belle Donnette, non sono creature antropofaghe come le fade o i Selegan Laute, o almeno non nella maggioranza delle leggende, ma possono essere creature dispettose e molto vendicative.
Spesso vengono raffigurate come meravigliose fanciulle metà donna e metà serpente o pesce, che vivono nei laghi, fiumi e torrenti di montagna. In altre versioni hanno le mammelle lunghe, permettendo di allattare gli infanti anche da dietro le spalle. Conosciuto è anche il loro grido, capace di stordire. Non a caso in veneto c’è il detto “Sigàr come n’anguana”, gridare come un’anguana.
Nei comuni cimbri veronesi le anguane lavavano i panni della gente delle contrade, ma si rifiutavano di lavare i capi di colore nero. Lavoravano la notte e la mattina, le donne si recavano al pozzo per ritirare i panni puliti, in altre versioni, influenzate dal cristianesimo, le anguane lavavano i panni delle anime per togliere via i peccati.
Nella maggior parte delle leggende le anguane sono creature positive e benigne nei migliori dei casi e neutrali nei peggiori, sono anche presenti ne La Saga Dei Fanes, il poema epico delle Dolomiti, dove fungono più da informatrici e personaggi di supporto per certi personaggi. Ci sono però alcune storie che possono mostrare un loro lato pericoloso, sebbene non sadico come quello degli altri cugini.
In alcune leggende sono solite a spaventare i viandanti, o addirittura li fanno perdere nei boschi. Si dice anche che spesso streghino gli sventurati che le incontrano, a riempire vanamente cesti di per tutta la vita, con la promessa che, in caso contenessero acqua, di essere liberati. Data l’impossibilità di raggiungere tale scopo, la punizione si trasforma in una prigione eterna.
Altri racconti popolari, invece, raccontano vicende di anguane male intenzionate ingannate dall’astuto protagonista che chiede loro di riempire un cesto di vimini, trattenendole così fino al sorgere del sole.

Un altro aspetto interessante delle storie della Lessinia, ma anche del Veneto, è l’intreccio quasi romanzesco delle varie leggende: spesso si menziona il Concilio di Trento, dove avvenne la Controriforma per arginare il protestantesimo. Nelle leggende il Concilio aveva anche un altro scopo, quello di siglare un patto tra creature magiche e umani: per evitare inutili spargimenti di sangue da ambe le parte, i primi avrebbero abitato i luoghi selvaggi e inaccessibili, i secondi le città e i villaggi. Le creature potevano viaggiare solo di notte, mentre gli umani di giorno. Altro elemento menzionato in molte leggente, compresa quella de La Regina delle fade, si accenna a una guerra tra fate ed orchi, dove si vide vittoriosa la fazione che aveva appoggiato la sovrana del popolo fatato.
E proprio gli orchi sono altre creature su cui gioca un ruolo fondamentale nell’intero folklore della zona: come le fade, sono creature pericolose e antropofaghe, eppure presentano una loro forte identità e diverse sfumature caratteriali, difficili da trovare perfino in altre regioni italiane. Sono ritratti perlopiù come uomini più alti del normale, dal corpo coperto di pelo nero e setoloso e piedi a forma di zoccoli come quelli di un mulo. Sono anche dotati di una forza smisurata e poteri magici. Prima abbiamo menzionato la “politica” interna alle creature fantastiche: la regina vince grazie alla sconfitta dell’orco Selmano, il più forte di tutti. Gli orchi nemici vennero resi schiavi delle nuove dominatrici mentre gli alleati godettero di molti privilegi, come quello di banchettare assieme alle fade e avere la loro amicizia.
Menzionerei due fiabe riguardante il lato “politico” della guerra tra orchi e fade: L’orco Selmano e I sette orchi. Nella prima storia si narra come inizialmente gli orchi vivessero in tribù separate, per poi eleggere Selmano come capo di tutti loro, riunendoli in un unico popolo. Le fate erano loro schiave e per questo decisero di ribellarsi: una di loro, che divenne loro regina, uccise Selmano facendolo cadere da un dirupo con un inganno. Sconfitti gli orchi, le fade dichiararono il proprio dominio sul territorio.
Nella seconda fiaba, sette orchi, invidiosi delle ricchezze della regina, decidono di spodestarla cercando di incendiare il palazzo. Il piano fallisce e vengono catturati, la sovrana allora chiede l’aiuto al mago Sabino, uno stregone in grado di controllare le tempeste, di scaraventare i traditori lontano dalla sua vista. Così quest’ultimo evocò un vortice d’aria che trasportò via gli orchi.
Parlando di orchi particolarmente crudeli, vorrei citare alcune leggende in particolare: L’orco e i due fratellini, storia dal finale tragico, dove una di queste creature cattura due bambini e li divora. Un uomo del paese, vedendolo divorare i corpi dei fanciulli, andrà ad avvisare la madre del loro tragico destino. In questa leggenda non c’è una rivalsa né una fine felice, si percepisce quasi un’accettazione rassegnata degli eventi della vita.
La Storia dei due bambini prigionieri dell’orco Bindo, invece, è una storia oscura con un finale rassicurante. Due bambini vengono rapiti dall’orco, ma riescono a liberarsi, uccidendo la moglie e scappando. L’orco rimane sconvolto dalla morte della compagna, si promette di ammazzare subito le prede invece che lasciarle ingrassare e si risposa con una fada. È interessante il ribaltamento di certi archetipi presenti in alcune fiabe come ad esempio Pollicino: la figura femminile benevola. Nella storia la moglie dell’orco è vorace e selvaggia quanto il marito, tanto che i due bambini dovranno usare la propria astuzia per non finire come loro cena.
L’orco benefico è una leggenda molto insolita, con una profonda lezione di vita. L’orco, infatti, è sì una creatura pericolosa, ma, in rare occasioni, è capace anche di atti caritatevoli. Prende pietà le condizioni di un bambino e di una vedova, li salva dalla fame sistemando un prepotente e addirittura porta loro della legna per riscaldarsi.
La donna gli dice che non pensa che sia un orco, in quanto gli orchi mangiano gli umani. Quest’ultimo le risponde “a volte le persone buone compiono atti cattivi e a volte le persone cattive compiono atti buoni” e detto ciò l’orco scompare, lasciando meravigliati madre e figlio.
Nella fiaba la creatura riconosce la propria natura predatrice e distruttiva, ma ammette che a volte “non tutto il male viene per nuocere” e che perfino le persone cattive sono capaci di azioni buone, rendendo molto ambigua la personalità dell’orco.
Da questa fiaba possiamo comprende la complessità di figure che nelle storie più conosciute come Pollicino, ad esempio, sono completamente relegate a un ruolo.

Nella storia L’orco a sette teste, i veri mostri sono gli umani e perfino la fiaba stessa lo lascia intendere. Abbiamo quindi un altro stravolgimento dell’archetipo: la creatura mostruosa funge da dispensatrice di doni, ma gli uomini, troppo avidi, la uccidono, condannando il proprio destino all’incapacità di migliorarsi. È insolito che in una novella popolare si trovi un punto di vista così interessante ed empatico, forse ad insegnare agli ascoltatori che nel mondo esistono anche persone malvage che non sanno apprezzare i doni che ricevono.

L’orco del Corno D’Aquilio mostra addirittura un caso di adozione folkorica che prefigura una sorta di caso di changeling al contrario: una famiglia di umani adotta un orco e quest’ultimo porta prosperità alla famiglia, fino a rendere il figlio biologico un re, venendo accettato dalla comunità. Qui si mostra un raro caso di accettazione del diverso che non sia tramite il matrimonio, come di solito avviene tra gli esseri fatati.

E ora bisogna menzionare la figura più tipica della Lessinia: l’Orco Burlevole, una figura imbrogliona ma anche benevola. Sempre pronto a ingannare le persone senza fini malvagi, si rivela anche una creatura buona aiutando le persone contro altri orchi. A differenza di altre creature, non è stato colpito dalle limitazioni del Concilio di Trento: può muoversi quando vuole e dove vuole, data la sua natura innocua.
Spesso si diverte ad assumere aspetto di animali domestici, sacchi di farina o d’oro oppure di basilisco, per burlarsi delle persone, ma risulta una delle creature più inoffensive delle leggende del luogo. L’ Orco Burlevole risulta quindi una rottura dello stereotipo, ricalcando quella del trickster amico del genere umano.

Nella Lessinia ci sono anche altre creature fantastiche: il basilisco è molto presente nei racconti popolari, creatura metà serpente e metà gallo capace di uccidere con lo sguardo, è chiamato a volt la Bisa Galeta.
Il Diavolo è una figura molto temuta, così come i maghi e le streghe. Nella storia Il Gatto Nero, si narra che nei tredici comuni abitasse una bambina perseguitata ogni notte da una strana entità. Il padre si nascose la notte e scoprì che un gatto nero visitava la figlia in segreto, disturbando il suo sonno. L’uomo riuscì a tagliare una zampa alla creatura, ma quest’ultima sparì. Nei mesi successivi, la famiglia apprese che una loro lontana parente aveva perso misteriosamente una mano.
Oltre alle strie, le streghe, le figure tipiche della zona sono i maghi dei temporali: si dice che ce ne fossero sette, di cui Sabino era il più potente, capaci di modificare il clima. Erano molto temuti dalla popolazione, verso cui praticavano rituali come bruciare ramoscelli di ulivo benedetto e recitare il Rosario, per poterli placare. Pare infatti che questi maghi siano manifestazione dell’ira divina, che però verrebbe placata in caso di sincero pentimento della popolazione.
Forse questi esseri sono un rimasuglio degli antichi culti delle popolazioni preromane, adattati dai secoli e dalla cristianizzazione.

Ultimi, ma non meno importanti, sono gli spiriti: tra i monti della Lessinia si mormora dei Regninsaori, anime in pena incapaci di andare nell’aldilà. A volte sono rappresentati come fantasmi, altre volte come spiriti dalla consistenza più solida e tangibile, fatto sta che infesterebbero le case, i cimiteri e i luoghi dove hanno vissuto, terrorizzando chi in vita fece loro un torto.
L’origine della parola reignir non è certa, si ipotizza che potrebbe derivare da riegner: rinvenire, tornare in vita; altre ipotesi indicano il tedesco medievale renijren, regnare. In contrada La Valle, nei pressi di Camposilvano c’è un terreno chiamato Prà dei Reinsaori.

La Lessinia si presenta un luogo ricco di storie ancestrali, dove moderno e antico si mescolano. Fate, orchi, fantasmi e maghi popolano le novelle popolari, creando una mitologia ricca da cui attingere. Come altre regioni d’Italia, tra queste verdi montagne, si nasconde un intero mondo da preservare e trasmettere alle generazioni future.

DEBORA PARISI

Fonti:

Articoli:
https://www.horrormagazine.it/256/il-bosco-e-le-croci
https://www.veronasera.it/speciale/blog/genti-beate-giazza.html
https://www.veronasera.it/speciale/blog/genti-beate-giazza.html
https://www.larena.it/territorio-veronese/est/a-giazza-torna-la-ljetzanzait-per-un-giorno-si-parla-cimbro-1.7646333

Libri:
Favola, leggenda e realtà nei racconti dei “filò” dei Monti Lessini di Attilio Benetti
I racconti dei “Filò” dei monti Lessini di Attilio Benetti
Gnomi, fate, folletti e altri esseri fatati in Italia di Dario Spada
Gnomi, anguane e basilischi. Esseri Mitici e Immaginari del Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino e Alto Adige di Dino Coltro

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