Recensioni: Urania Fantasy #65 – “La Spada Nera” di M. Weis e T. Hickman

Dettagli

Titolo: La Spada Nera

Titolo Originale: Forging the Darksword

Autore: Margaret Weis, Tracy Hickman

Anno di Pubblicazione: 1987

Edizione Italiana: 1993

Casa Editrice: Mondadori

Collana: Urania Fantasy

Pagine: 383

Traduzione: Maria Elena Vaccarini


Sinossi

Nel mondo incantato di Merilon, la magia è vita quotidiana. Nato senza capacità magiche, Joram viene dichiarato Morto e i diritti di nascita gli vengono negati. Ma riesce ugualmente a diventare adulto in uno sperduto villaggio di campagna, nascondendo la sua mancanza di poteri magici con una costante vigilanza e una grande abilità nei giochi di prestigio. Costretto a uccidere un uomo per autodifesa, Joram non riesce più a mantenere il suo segreto agli occhi della gente: è privo di poteri magici, quindi di vita. Eppure vivrà, e il suo destino sarà grande.


Commento

Maragaret Weis è un’autrice fra le più popolari nell’ambito del fantastico americano contemporaneo, forte di una carriera trentennale e di diversi titoli divenuti best-seller. Eppure, come scrive Will Slocombe, docente dell’Università di Liverpool, la sua produzione letteraria non sembra aver attirato l’attenzione della critica del settore [1]: «in parte a causa della percezione di una produzione troppo popolare, priva di meriti letterari, ma anche perché – nell’era del post-Games of Thrones – i suoi lavori non hanno guadagnato abbastanza popolarità

In effetti, quello di Margaret Weis è un profilo che merita di essere riscoperto.

Da Dragonlance a Darksword

Facciamo un passo indietro e torniamo al 1983, anno in cui la Weis, che per oltre un decennio aveva lavorato per la Herald Publishing, firma un ingaggio come redattrice per la TSR affiancando il game designer Tracy Hickman per lo sviluppo di quello che, in via preliminare, era stato battezzato come “Project Overlord”. Entrato nel team TSR appena un anno prima, Tracy Hickman aveva gettato le basi per una trilogia di avventure basate sui draghi; il progetto trovò il favore di altri game designers che, insieme allo stesso Hickman, costituirono un vero e proprio gruppo di lavoro autonomo, senza cioè mettere al corrente la dirigenza della TSR. Il progetto, infine, fu condiviso con i vertici della TSR che, entusiasticamente, deliberarono lo sviluppo di una serie di dodici avventure, la prima delle quali fu edita col titolo di Dragons of Despair nel 1984 [2].

Era nata Dragonlance, la celeberrima ambientazione di Dungeons&Dragons.

Dragons of Despair, un’illustrazione di Clyde Caldwell (1984)

Il piano di promozione di Dragonlance fu del tutto rivoluzionario per lo scenario degli anni ’80: moduli di avventura, board games, modellini e, cosa del tutto nuova per l’epoca, un piano di romanzi che avrebbe dovuto espandere la campagna principale del gioco di ruolo [3]. L’editing dei libri era stato affidato alla neoassunta Margaret Weis che presentava il profilo professionale ideale in quanto laureata e con pregresse esperienze nell’ambito dell’editing e del marketing di una casa editrice. Tuttavia, dopo aver scartato la bozza di un autore ingaggiato per la stesura dei romanzi, Margaret Weis decise di dare vita al mondo di Dragonlance di proprio pugno, in tandem con Tracy Hickman ideatore dell’intero progetto. Il risultato merita di essere ricordato negli annali della storia del fantastico: con quattro milioni di copie vendute nei soli Regno Unito e USA, I Draghi del Crepuscolo d’Autunno (1984), primo libro delle Cronache di Dragonlance, fu un successo editoriale [4]. In prospettiva, il progetto del duo Weis-Hickman si rivelò audace in quanto riuscì ad accorciare le distanze fra il mondo della letteratura di genere e quello del gioco di ruolo [5].

Margaret Weis e Tracy Hickman al GenCon 2022 con l’ultimo libro della serie di Dragonlance: Dragons of Deceit (2022). Fonte: web

Proprio allora, quando i loro nomi erano sulla cresta dell’onda, i rapporti fra i due autori e la TSR andarono raffreddandosi [6]. La ragione di questa frattura va ricercata nel grande cambiamento che investì in quegli anni la TSR, con l’uscita della compagnia del fondatore Gary Gigax e la cessione dell’azienda a Lorraine Williams. Il nuovo corso della TSR, maggiormente caratterizzato all’attenzione finanziaria per la gestione dei debiti contratti, frustrò la vocazione creativa di Weis e Hickman che si ritrovavano la sera o durante il weekend per lavorare a un nuovo ciclo di romanzi [3].

Finito sulla scrivania della TSR, tuttavia, il nuovo progetto ottenne un rifiuto, decisione che non scoraggiò il duo dal presentare il manoscritto alla Bantam Books. Dopo appena venti minuti, l’agente degli autori ricevette una facoltosa proposta che permise a Weis e Hickman di rassegnare le dimissioni dalla TSR per dedicarsi full-time alla carriera di scrittori. Nasce così il ciclo de La Spada Nera, trilogia del 1988 che vede il duo Weis-Hickman impegnato per la prima volta in un progetto indipendente.

Forging the Darksword, primo volume della serie, arriva in Italia nel 1991 tramite la casa editrice milanese Interno Giallo, fondata appena due anni prima da Laura Grimaldi e Marco Tropea. Con l’acquisizione di Interno Giallo da parte di Mondadori, la serie de La Spada Nera migra nella storica collana Urania Fantasy e arriva negli scaffali delle edicole italiane nel 1993 condividendo, tuttavia, la sorte di analoghi cicli usciti in quegli anni: con la sospensione di Urania Fantasy, la serie si limiterà alla pubblicazione del solo primo libro per poi riapparire in un volume omnibus qualche tempo dopo [7-8].

Primo Volume del ciclo della Spada Nera edita dalla Bantam Books

Un mondo di Maghi

Affacciamoci, quindi, al contenuto del libro che sin dal suo incipit delinea un mondo estremamente immaginifico in grado di attirare la curiosità dei lettori dopo appena una dozzina di pagine. Ci accoglierà una congrega di maghi, arcimaghi e maghi nobili intenti a librarsi nell’aria, sotto la cupola vitrea della Cattedrale di Merilon. L’atmosfera è solenne, la riunione presenziata dall’Imperatore in persona e dall’Imperatrice consorte; eppure si avverte una tensione fra i presenti: le vesti cangianti dei maghi hanno assunto una sfumatura Azzurro Piangente, i volti dell’Imperatore e del Vescovo sono lividi. Tutto per via del bambino che occupa una piccola culletta. «Il Principe è Morto» asseriscono i maghi, nessuno di loro sembra avere dubbi… ma allora perché il bambino continua a piangere e dimenarsi?

La risposta a questa domanda passa dalla scoperta dei meccanismi sottesi al mondo di Thimhallan, creazione originale della coppia Weis-Hickman. Nel mondo di Thimallan la magia regola ogni cosa, dal sorgere del sole al meteo, passando per la crescita delle piante, la creazione degli oggetti fino ai più svariati prodigi. Detto in altri termini: Thimhallan non conosce la scienza o la tecnica, anche l’azione più banale passa per l’intervento di un mago. La magia, pertanto, si configura come la capacità innata di manipolare un’energia che permea il mondo per volontà di un dio-creatore chiamato Almin. L’uso della magia avviene secondo nove distinte classi di poteri, cosiddetti Misteri, ovvero il Tempo, lo Spirito, l’Aria, il Fuoco, la Terra, l’Acqua, l’Ombra, la Vita e la Morte. Alla nascita, ogni individuo di Thimhallan viene “testato” per capire la propria sfera di appartenenza; ciascuna classe, poi, è ulteriormente suddivisa in una gerarchia interna secondo un principio di rango sociale che ne determinerà il proprio posto nel mondo.

Confusi? Niente paura, passiamo a qualche esempio pratico.

Immaginiamo un individuo iniziato al Mistero dell’Acqua: nel gradino più basso quell’individuo potrà essere un Fihanish, o Druido dei Campi, il cui compito è quello di far crescere e prosperare la vita animale e vegetale; oppure, se di nobili natali, il nostro uomo potrà essere un Theldari, un Guaritore di livello superiore in grado di riparare alle infermità più gravi – per inciso, anticamente si riteneva che i Theldari avessero anche il potere di far risorgere i morti, ma quell’abilità è andata perduta nei secoli! Stesso discorso dicasi per un iniziato al Mistero dell’Ombra, che diverranno artisti o illusionisti, o al Mistero del Fuoco dai cui ranghi si levano i guerrieri di Thimhallan.

Illustrazione di Larry Elmore per il secondo volume della trilogia

A complicare ulteriormente tale vastità di abilità subentrano due concetti la cui definizione ha notevole rilevanza per lo sviluppo della trama. Il primo concetto è che il Mistero della Morte è stato bandito dal mondo in quanto, in passato, ha determinato la cosiddetta Guerra del Ferro. Il Mistero della Morte sottintende alle arti tecniche.

Il secondo punto da tenere a mente è che ogni mago necessita di una certa quantità di energia per eseguire le proprie abilità. Nessun mago può attingere direttamente all’energia del mondo, eccetto gli adepti del Mistero della Vita, il cui ruolo è per l’appunto quello di “trasferire” una quota di energia dal mondo agli altri maghi affinché questi ultimi possano operare. All’apparenza banale, quest’abilità è fondante per la vita nel mondo di Thimhallan al punto che i Catalizzatori, ovvero i maghi del Mistero della Vita, sono organizzati in un istituto ecclesiastico al servizio della società.

Se appuriamo l’equazione fra magia e vita, allora è vero anche il contrario: l’incapacità di manipolare la magia, in una qualsiasi delle forme che abbiamo rappresentato sopra, allora quell’individuo sarà inabile alla vita su Thimhallan e, pertanto, sarà dichiarato Morto. Anche se respira, cammina e parla.

Una contraddizione logica, certo, necessaria a suscitare nel lettore il ben noto effetto di sospensione dell’incredulità.

La vita, la magia, viene da tutto ciò che ci circonda, dal terreno su cui camminiamo, dall’aria che respiriamo, dalle cose viventi che crescono per servirci. Sì, persino le rocce e le pietre, resti sgretolati di montagne un tempo grandi ci trasmettono la Vita. Noi possiamo attingere a uesta forza e convogliarla attraverso i nostri umili corpi per permettere ai maghi di plasmare gli elementi grezzi, trasformandoli in oggetti utili e belli

Vescovo Vanya

Sotto il segno della Profezia

Dopo questa lunga digressione, torniamo alla nostra storia.

Ci accorgeremo che per dare veramente avvio alla storia sarà necessario affrontare un buon centinaio di pagine, necessario a introdurre i due personaggi chiave di questo primo volume. Faremo così la conoscenza di Joram uno dei Morti cresciuti in un villaggio periferico del regno. La sua vita può essere racchiusa in una capanna, dalla cui finestra è possibile osservare i maghi che ogni giorno si recano a lavorare nei campi. Joram intuisce la propria diversità anche se non ne è veramente cosciente in quanto la madre, fuggita di nascosto dalla capitale, gli nega la verità e lo scherma nei confronti del mondo. Quando infine Joram scopre di essere Morto, accade l’inevitabile: lo sgomento di chi gli sta attorno, l’accusa e quella minaccia intollerabile di essere consegnato alle autorità. La reazione di Joram è violenta, impulsiva. L’unica salvezza sembra essere la fuga. Per andare dove? Oltre i fiume, oltre i boschi, nel terreno di caccia dei centauri.

Una terra di nessuno dove si dice abiti una comunità dedita al Mistero proibito.

A mettersi sulle tracce di Joram sarà Padre Saryon, Catalizzatore di Merilon. Per essere il vero protagonista di questo primo volume della trilogia, Padre Saryon è un personaggio piuttosto atipico: quarantenne, quasi calvo, con l’unica capacità di trasferire energia ad altri maghi; con la sua veste clericale è tutto fuorché eroico. A dirla tutta, con il suo fare a volte ingenuo e invariabilmente cristallino, Padre Saryon non sembra affatto il tipo d’uomo in grado di affrontare l’avventura che gli si prospetta.

Saryon alzò lo sguardo nel cielo notturno verso la stella e d’un tratto si sentì sgomento. Si rese conte che, prima di allora, non aveva mai scrutato il cielo notturno. Per lo meno non qui, dove le stelle sembravano tante e così vicine […] Ripensò alla Fonte, dove le stelle venivano studiate per l’influenza che avevano sulla vita delle persone dalla nascita. Rivide le carte stese sul tavolo, ricordò i calcoli relativi alle stelle che aveva fatto, e gli venne in mente che mai una volta le aveva guardate come la guardava ora. Ora che la sua vita dipendeva da una di esse.

Ma la strada è lunga, ricca di incontri, di riflessioni e di scelte

La cerca di Padre Saryon, infatti, nasconde molto più di una caccia all’uomo. Chi è realmente Joram? Perché il Vescovo Vanya si dà tanta pena per trovarlo? Macchinazioni, intrighi politici e, su tutto, l’ombra di una profezia che annuncia il ritorno di colui che è morto «il quale porterà nella mano la distruzione del mondo». Come avrete capito, gli ingredienti per un’avventura eccellente fantasy ci sono tutti.

Illustrazione di Larry Elmore per il terzo volume della trilogia

Un fantasy da riscoprire

Dopo oltre un trentennio dalla sua uscita, La Spada Nera è un romanzo che è invecchiato abbastanza bene, tanto da rimanere interessante anche per i lettori più navigati nei reami fantastici.

Il suo punto di forza è certamente l’originalità del sistema di magie elaborato dal duo Weis-Hickman.

Da una parte tale struttura accosta il libro al filone della Hard Fantasy, termine quest’ultimo mutuato da un parallelismo col genere fantascientifico [9]. In generale, nell’Hard Fantasy la magia è intesa come una forza della Natura che agisce sulla base di specifiche regole e principi e non, come accade nella tradizione della sword&sorcery, come l’irruzione dell’irrazionale nel mondo.

D’altro canto, la struttura creata dagli autori anticipa la tendenza, tutta Tolkeniana, di approfondire la complessità dell’ambientazione al fine di renderla un vero e proprio “mondo secondario”. Di tale tendenza, tuttavia, non si ha che un accenno in termini di nomi, luoghi e storie precedenti al tempo della narrazione: tutte informazioni che spesso gli autori chiariscono apertamente, fermando lo scorrere della storia. Al giorno d’oggi si parlerebbe di infodump, e qualcuno probabilmente ne potrebbe essere anche infastidito; personalmente, invece, ho trovato suggestive tali parentesi anche se non necessarie al prosieguo della storia. L’impressione, da questo punto di vista, non è quella di avere a che fare con un “mondo secondario” ma, più limitatamente, con una buona ambientazione.

Parte della critica nostrana ha accostato la complessità del sistema magico-sociale creato dagli autori alla suddivisione in caste dell’India [10]. A giudizio di chi scrive, tale argomentazione non trova sufficienti riscontri nei presupposti teologico-sociali interni alla storia. L’intero sistema magico si basa su premesse chiare, schematiche, che accostano il testo al mondo del gioco di ruolo. Non bisogna, infatti, dimenticare il profilo di Hickman in quanto “creatore di mondi” e il fatto che la serie de La Spada Nera fu accompagnata da un quarto volume, Darksword Adventures, che funge da manuale delle regole per un gioco di ruolo [11].

Darksword Adventures (1988) è un manuale che include informazioni sul mondo di Thimhallan e un compendio di regole per giocare di ruolo

L’originalità del mondo di Thamlhann non è l’unico motivo di merito del libro di Weis e Hickman. In esso si rintracciano personaggi ben studiati, di alto profilo, che si muovono lungo i binari della storia per effetto dell’interazione col sistema sociale. Cosa spinge Joram a rifugiarsi in un gruppo di reietti anarchici? Perché Padre Saryon non può declinare la missione affidatagli dal Vescovo Vanya? Il mondo di Thamlhann è un sistema rigido che nasconde crepe in grado di far collassare l’intero sistema. Tale inflessibilità è messa ancor più in luce proprio da personaggi che non hanno nulla di eroico, che non rispondono alla logica di una quest per la salvezza del mondo; ma che, al contrario, riflettono su quel mondo e spesso ne prendono le distanze rovesciandone le dinamiche con le proprie decisioni. Crisi di identità, battaglie per legittimare la propria esistenza nel mondo. Ecco quindi Padre Saryon avere una crisi spirituale e chiedersi se davvero quell’Almin che tanto si cita presta attenzione al mondo, oppure quanto sia lecito prestare il proprio aiuto all’atto di forgiare la spada nera che dà il titolo al romanzo.

«No, non stavo pregando.» Saryon abbozzò un debole sorriso. «Di recente non ho pregato molto […] Sono abituato a trovare l’Almin nei corridoi della Fonte. Non qua fuori. Non credo che Egli viva qua fuori.» Mosiah non comprese ma, trovando l’opportunità per avviare un discorso, osservò: «Talvolta parla così anche mio padre. Dice che l’Almin pranza coi ricchi e getta gli avanzi ai poveri. Non si cura di noi, e quindi dobbiamo arrivare in fondo a questa esistenza col nostro onore e la nostra integrità. Quando moriremo, sarà questa la cosa più importante che lasceremo dietro di noi.»

«Jacobias è un uomo molto saggio» disse Saryon guardando assorto Mosiah.

È proprio lui, Padre Saryon, a dare spessore a romanzo in quanto protagonista. A ben vedere, il suo profilo d’azione volto al bene e al buonsenso lo avvicina molto a quel Lord Valentine scaturito dalla penna di Robert Silverberg. E se, in alcuni tratti della storia, pare che gli autori non siano in grado di sostenere il peso del personaggio per mantenere alto il ritmo della trama, in generale si ha l’impressione di leggere comunque un romanzo di notevole attrattiva. Si badi bene, però, a considerare la lettura di solo questo primo romanzo: il libro getta le basi per gli sviluppi successivi della storia; alcuni dei temi trattati, come lo scontro fra magia e tecnologia, o la reale portata della spada nera di moorcockiana memoria, troveranno compimento nel prosieguo della trilogia.

In conclusione, quindi, La Spada Nera è un buon romanzo di fantasy classica che ha da sé il merito di ribaltare molti stereotipi del genere fantastico, porgendo al lettore un mondo particolarmente originale. Dopo il fortunato esordio con le Cronache di Dragonlance, la coppia Weis e Hickman dimostra ai lettori di non essere un rotocalco di storie effimere. Paradossalmente, proprio il successo – e quel velo nostalgico tutto anni ’80 – di Dragonlance pare che abbia adombrato la produzione posteriore del duo. Una produzione che, pur non avendo l’ambizione di scardinare le pietre miliari del genere, merita di essere riscoperta in quanto foriera di preziose suggestioni.

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Note

[1] W. Slocombe, Margaret Weis: a literary biography, in Fafnir – Nordic Journal of Science Fiction and Fantasy Research, Vol.3 Issue 3, pp. 51 – 62 (2009)

[2] Sull’avventura Dragons of Despairs e l’impatto di Dragonlance nella produzione di D&D si rimanda al seguente podcast: A. Tupac Mollica (2024, 23.01), Hellgames – Dragons of Despair [episodio di podcast audio] in Hellwinter, accessibile al seguente link.

[3] Intervista rilasciata da M.Weis e T.Hickman all’autore S. Hunt, accessibile sul magazine SF Crownest al seguente link.

[4] D. Steinkraus, Author lives a fantasy life, in The Journal Times (1990) consultabile al link:

[5] Al giorno d’oggi la pratica di espandere i giochi di ruolo con romanzi appare ormai solida; si veda, per esempio, la fortunata serie di Gotrek & Felix ambientata nell’universo di Warhammer.

[6] B. Riggs, Slaying the Dragon, a secret history behind dungeons & dragons (2022), estratto consultato su Enworld.org

[7] Mondadori riprenderà la pubblicazione di Urania Fantasy nel 2001, con una nuova numerazione. La collana sarà definitivamente interrotta nel 2006.

[8] Cfr. M. Weis, T. Hichman, Il Ciclo di Darksword, Jumbo Bestseller Oscar 10, Mondadori (1996)

[9] Cfr. J. Clute, J. Grant, Encyclopedia of Fantasy (1997)

[10] S. Melainis, La Spada Nera, Terre di Confine Magazine (2007). Consultabile online.

[12] Per una disamina del sistema di gioco si rimanda a R. Swan, The Complete Guide to Role-Playing Games (1990) pp. 62 – 63.

3 commenti

  1. Letto la trilogia almeno tre volte: molto spettacolare, ma ammetto che i due autori, che annovero tra i miei preferiti, avrebbero potuto approfondire un po’ di più il mondo!
    Ottima recensione!

    1. Ciao, grazie per aver letto l’articolo! Ho avuto la tua stessa impressione: un bel mondo, non approcciato nel pieno della sua potenzialità; in relazione al primo volume, i restanti due libri meritano di essere letti? Dato che sei un lettore degli autori, come giudichi la qualità della trilogia in relazione alla restante produzione che hai letto?

      Giuseppe

      1. Ciao Giuseppe,
        sicuramente gli altri due volumi meritano di essere letti, perché danno dimostrazione di come i due autori sono in grado di dare alla storia svolte inaspettae. Se non li hai letti, ti suggerisco assolutamente di farlo! Vale anche qui il concetto che ho espresso nel mio commento: hanno a disposizione un intero mondo di magia, ma si limitano a far svolgere l’azione in una singola città!
        Degli stessi autori ho letto praticamente quasi ogni cosa di Dragonlance e del ciclo di Death Gate: il primo resta assolutamente un capolavoro, nel secondo il world building è realizzato benissimo, ma a volte la storia si perde un po’.
        Quindi anche per la spada nera la qualità narrativa è ottima, nonostante l’ambientazione sia un po’ limitata.
        Se vuoi dare una sbirciata, ho recensito molti dei loro libri sul mio Diario.
        (Non voglio approfittarne per fare pubblicità, ma è vero!)
        Un saluto,
        Il Viandante Nero

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