Recensione : Il Primo Re (2019)

STORIA

Per quanto le storie siano diverse per genere affrontato, per epoca nella quale nascono, per moduli narrativi e tecniche di scrittura usati e per società che criticano o difendono, tutte parlano della stessa cosa: la natura umana.

Il Primo Re affronta egregiamente questo tema che sin dalle più antiche forme narrative (quindi anche religiose o magico-esoteriche) accompagna il lungo cammino dell’uomo verso la “civiltà”.

Il film si fonda su due pilastri: l’amore fraterno tra Romolo e Remo, uno dei quali ferito sarà di peso all’altro, quest’ultimo obbligato a trasformare una banda di prigionieri in uomini fedeli e pronti a dare la vita pur di seguirlo oltre il Tevere, lontano da Alba e dai suoi cavalieri o le pericolose tribù della foresta; e la religione proto-latina, temuta e rispettata da tutti tranne che da Remo, il quale, nonostante gli enormi sforzi, non potrà che inchinarsi e seguire il suo triste destino dettato dagli Dei.

Perchè è di questo che parla la fondazione di Roma: di due fratelli legati per sempre, nella buona e nella cattiva sorte.

La sceneggiatura è essenziale e porta avanti con forza il soggetto semplice e ben costruito da Rovere, Manieri, Gravino e dai tanti semiologi e archeologi dell’Università di Roma La Sapienza senza i quali il film non avrebbe permesso a noi spettatori di respirare la stessa aria che respirarono millenni fa i due figli della lupa.

La narrazione è talmente ben composta che per tutto il film tifiamo per un uomo, Remo (Alessandro Borghi) che se da una parte è disposto a tutto pur di salvare il fratello (portandoselo in spalla, cacciando per lui un cervo, e scontrandosi con diversi compagni oltre che con la vestale) non si risparmia a macchiarsi del sangue di diversi innocenti ed essere blasfemo in una società per la quale il simbolo è tutto.

Non è un caso infatti che il film si apra con una citazione di Somerset Maugham facendo intendere sin da subito allo spettatore l’importanza della religione in questa cultura e quindi l’affermazione ultima che l’uomo è un animale simbolico, ed il suo rispettare il simbolo o combatterlo determina il suo destino.

Quindi nonostante il lieto fine (la fondazione di Roma) lo spettatore non può che uscire dal cinema con il dispiacere (voluto e appositamente costruito dagli sceneggiatori) di aver visto cadere un Uomo che pur con tutti i suoi difetti non si è mai risparmiato per suo fratello, ed è degno di essere ricordato quanto Romolo (Alessio Lapice), il cui vero viaggio inizia solo con il rito funebre dedicato all’amato fratello che chiude magistralmente la pellicola.

Il Primo Re è un unicum del panorama italiano. Un film epico, con richiami ad un fantastico antico e ormai perduto, narrato con la sola forza delle immagini e con un linguaggio altrettanto arcaico (proto-latino).

Gli unici film che si avvicinano a questo nuovo modo di guardare il rapporto uomo-natura-civiltà, senza compromessi e false illusioni sono Revenant di Inarritu, Apocalypto di Gibson, Il Destino di un Guerriero di Yanes e The New World di Malick.

Anche se tutte quelle facce solcate da rughe e lacrime e quei corpi cosparsi di cicatrici e sangue rattrappito non può che farci tornare alla mente il cinema di Sergio Leone e dei suoi due padri ideali Akira Kurosawa e Roberto Rossellini.

Una lezione di cinema imperdibile.

TECNICA

Se quindi a livello di trama (soggetto) e sceneggiatura (dialoghi e caratterizzazione dei personaggi), siamo su ottimi livelli, è sul comparto tecnico che Il Primo Re vince su tutta la linea, e si conferma essere uno dei film più belli di questo 21esimo secolo e un punto di non ritorno per il cinema epico mondiale.

Matteo Rovere dopo Veloce come il Vento continua a stupire e ammaliare, grazie anche ad una fotografia eccelsa di Daniele Ciprì che sfrutta sapientemente la luce naturale regalandoci veri e propri quadri in movimento dove il contrasto luci-ombre è totalizzante, mentre una nebbia fitta e sempre più densa avvolge i nostri eroi nelle loro perigliose imprese.

L’attenzione per la cultura pre-romana poi è sorprendente: riti magico-esoterici, linguaggio (il film è recitato in proto-latino e quindi sottotitolato), riti funebri, costumi, architettura, economia, ambiente (paludi, montagne e boschi). Nulla è lasciato al caso, neanche la costruzione del gruppo di disadattati al seguito dei due figli della lupa, ognuno caratterizzato da un difetto fisico e da uno sguardo unici.

Gli scontri all’arma bianca sono feroci, il sangue sembra reale, il fango è un temibile nemico e un prezioso alleato, gli scontri sono coreografati con un gusto tutto italiano, memore delle lezioni dei nostri grandi cineasti e attento a non inciampare su manie troppo occidentali o troppo orientali.

I pochi effetti digitali (l’esondazione del Tevere sotto forma di Tsunami), sono perfetti e ben mescolati a riprese sul campo (sì Borghi e Lapice si sono dovuti immergere in acque vere e aggrapparsi ad alberi veri).

Avanti così!

COMMENTO FINALE

Il Primo Re è un capolavoro e un punto di non ritorno per il cinema italiano e mondiale.

Matteo Rovere e compagni sono riusciti in una tripla impresa impossibile: mostrare la nascita di Roma senza retorica o ideologie, dimostrare all’Italia quel ricco humus narrativo che è la sua storia pluri-millenaria e al mondo che esiste una terza via all’epico e al fantastico anglo-americano (tutto folletti, fate, elfi, orchi, orchetti, stregoni tirannici, barbari stupidi ma muscolosi e prescelti sfigati) e orientale (dove la gente salta, vola e tira pugni super-sonici accompagnati dal classico effetto sonoro fum fum): quello italiano, un sempreverde fantastico quotidiano, semplice ed essenziale nel contenuto ma con uno stile unico.

Se vi piace il cinema guardate Il Primo Re e iniziate a supportare attivamente queste produzioni che ben simboleggiano quel piccolo Rinascimento del cinema italiano che per troppi anni si era chiuso in se stesso e adesso anche grazie a questa pellicola torna a risplendere e insegnare al mondo che cos’è il Cinema.

4 commenti

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