Recensioni: La Spada di shannara

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Titolo: La Spada di Shannara

Autore: Terry Brooks

Editore: Mondadori

Pagine: 612

Prima uscita in Italia: 1978

Prezzo: variabile a seconda dell’edizione

Sinossi

L’ombra cupa del Male cala improvvisamente sul pacifico villaggio di Valle d’Ombra. Il Signore degli Inganni, creduto favola remota di tempi ormai lontani, è nuovamente all’opera per distruggere l’universo. Spetterà a Shea, fino a poco tempo prima ignaro della propria discendenza regale e dei misteri del mondo delle tenebre e della magia, raccogliere la sfida con le terrificanti potenze del male. Sorretto dall’amicizia di pochi compagni Shea intraprende il viaggio alla conquista del talismano di cui ancora ignora i poteri, la mitica Spada, attraverso avventure straordinarie, incantesimi e pericoli. Nella Spada di Shannara, epopea fantastica e avvincente, a un tempo antichissima e autenticamente nuova, ritroviamo di volta in volta il mondo della nostra infanzia, l’antico conflitto tra il Bene e il Male, le angosce e i desideri inconsci e, infine, la promessa della felicità.

Shannara è una delle saghe fantasy più longeve e conosciute, amata da gruppi di fedeli lettori e criticata da coloro che in essa hanno visto una qualità altalenante nel corso degli anni e, soprattutto, hanno bollato il primo capitolo come una copia scialba e iper-semplificata di un ben più importante opus: Il Signore degli Anelli.

Uscito in America nel 1977, La Spada di Shannara fu un successo travolgente, rimanendo nelle classifiche dei libri più venduti (non quelle specifiche di genere fantastico, ma quelle generaliste di narrativa) per diverse settimane. Questo successo avrebbe in seguito aperto la strada a una maggiore presenza sul mercato di opere di letteratura fantastica classica e avrebbe consentito a Terry Brooks di inanellare una serie di libri che avrebbero espanso il mondo delle Quattro Terre presentato nel primo, autoconclusivo, romanzo.

Togliamo subito ogni dubbio: le similitudini tra l’opera prima di Brooks e Il Signore degli Anelli, checché ne dica lo stesso Brooks, ci sono eccome.

Al di là dell’ovvia ispirazione di base, impossibile non notare somiglianze innanzitutto tra i personaggi della Compagnia dell’Anello e la compagnia partita alla ricerca della Spada, così come non è possibile non notare una certa ripetizione pedissequa della struttura narrativa, specialmente per quanto riguarda gli eventi della prima parte del libro. Faremo una breve carrellata di queste similitudini ma, innanzitutto, ritengo sia doveroso e in una certa misura inaspettato portare alla luce tutti quegli elementi che in realtà non solo allontanano Shannara da Tolkien, ma addirittura da certi cliché e caratteristiche dello stesso mondo letterario dell’high fantasy. 

Il primo e più importante elemento di unicità è il fatto che il romanzo di Brooks, pur sembrando un fantasy “classico”, si svolga non in un ipotetico passato medievaleggiante o addirittura su un pianeta che poco ha a che spartire con il nostro;  La Spada di Shannara è ambientato in un futuro distante più di duemila anni dal nostro presente.

Il tema di fondo del libro quindi non è la rievocazione di un’epoca mitica volta a recuperare antichi valori umani e tradizioni smarrite nel caotico mondo moderno, bensì riguarda una lotta disperata per sopravvivere e, soprattutto, finalizzata a trovare una via affinché i nuovi popoli della terra convivano in armonia tra loro.

In seguito al catastrofico evento delle Grandi Guerre, un conflitto su scala globale avvenuto in un futuro poco distante rispetto alla realtà di noi lettori, l’umanità è stata infatti pressoché cancellata da deflagrazioni atomiche e armi chimiche che hanno alterato non solo la fisionomia di interi continenti ma hanno prodotto mutazioni profonde sui loro abitanti. Usciti dai loro rifugi dopo secoli di isolamento, gli uomini hanno scoperto l’esistenza di altre razze oltre alla loro; razze cui hanno dato il nome di nani, gnomi, troll ed elfi, a causa della loro somiglianza con le fiabesche creature delle storie di fantasia che li vedevano protagonisti. Con l’eccezione degli elfi, le nuove razze che compongono l’umanità altro non sono che derivazioni mutanti della razza originale degli uomini. Una visione quindi molto poco high fantasy, che sembra più un incrocio tra la letteratura di fantascienza distopica e un’amara parodia delle opere di Tolkien.

Ciò non toglie che l’atmosfera che si respira nel libro sia decisamente classica, a tratti anche aulica, controbilanciata da dosi di pratico cinismo e, in misura crescente nel prosieguo della saga, fantascienza, per l’appunto.

Il fil rouge dell’intera saga di Shannara saranno proprio i tentativi, puntualmente frustrati, di queste nuove razze di raggiungere nuovi e duraturi equilibri tra le varie società, in una coesistenza pacifica lontana dalle ambizioni e dagli errori che hanno segnato la fine del mondo antico, il nostro mondo. Ma la ciclicità degli eventi, il ripetersi della Storia e i difetti insiti nell’animo umano si ripresenteranno puntuali a porre a repentaglio le conquiste faticosamente raggiunte e a far calare sulle Quattro Terre l’ombra tetra della morte.

Ne La Spada di Shannara l’ambientazione è quella di un mondo regredito, in cui non solo la scienza è scomparsa, ma persino le conquiste fatte nel campo della magia stanno svanendo da quando sono scomparsi i druidi, le uniche figure che, dopo l’apocalisse, hanno tentato più volte di riunire le genti e di riscoprire nuovi e vecchi modi per far progredire la civiltà. Diversamente da altri high fantasy, qui buona parte della popolazione è diffidente nei confronti della stregoneria e vi è addirittura chi bolla come fandonie o leggende le antiche storie che riguardano talismani magici come la stessa Spada.

Col proseguire della narrazione si scopre come, per quanto relativamente semplice, il mondo delle Quattro Terre sia piuttosto stratificato e alla contrapposizione tra Bene e Male si aggiungono la nascente integrazione tra le razze e i movimenti indipendentisti che contrastano le spinte progressiste.

Elfi, troll, gnomi, nani e uomini sono in misura variabile attraversati da visioni politiche aggressive o pacifiste. Questo rende più difficile demandare la demarcazione di una razza nei termini di buona o malvagia nel suo insieme (troll e gnomi sono in linea di massima ostili e manipolati dal Signore degli Inganni) ma sposta l’attenzione anche e soprattutto alla personalità dei singoli individui. Un indizio dell’indipendenza latente nella scrittura di Brooks è per l’appunto la presenza di personaggi che non appartengono nettamente al bene o al male o che, pur facendo parte di una fazione specifica, risultano invece in controtendenza rispetto ai loro compagni: questo aspetto diventerà maggiormente evidente nei libri successivi.

Ma chi sono i personaggi che popolano l’opera prima di Shannara?

Scorrendone rapidamente l’elenco è inevitabile sollevare la spinosa questione della somiglianza con i protagonisti de Il Signore degli Anelli. Bisogna dire che molti, almeno all’inizio, appaiono in qualche misura tagliati con l’accetta, cionondimeno si riesce a empatizzare facilmente con loro.

Il protagonista Shea e suo fratello Flick sono due giovani abitanti del paese di Valle d’Ombra, un locus amoenus di uomini situato nelle protette e isolate Terre del Sud, una sorta di corrispettivo della contea degli Hobbit. Gli stessi Shea e Flick ricalcano il rapporto tra Frodo e Sam, con un protettivo amico fraterno che sostiene e aiuta il compagno, predestinato e puro di cuore, nella sua missione impossibile. Si può notare, tutt’al più, come Shea risulti più combattivo rispetto a Frodo.

La tranquilla vita di Shea e Flick viene improvvisamente disturbata dall’arrivo di Allanon, il mistico/storico/viandante che caricherà il giovane Shea di una responsabilità troppo grande per le sue spalle.

Allanon, a differenza del suo omologo Gandalf, è tetro come la notte, torvo, scostante e, a volte, sembra persino pericoloso per i suoi stessi compagni (capita che li minacci, anche fisicamente se necessario). Diversamente da Gandalf commette errori e, anche se rimane lucido nell’analisi di quanto è necessario fare, nasconde informazioni ai suoi alleati e sottovaluta persone che invece si riveleranno determinanti per il buon esito dell’impresa. Proprio Allanon risulta il personaggio più intrigante del lotto (non a caso tornerà anche nei libri successivi, anche molto tempo dopo la sua “scomparsa fisica”); con il suo carattere ombroso, i suoi misteri e i suoi errori, pur essendo la guida del gruppo crescerà egli stesso e imparerà a far filtrare un poco di calore umano sotto la sua scorza dura di viandante solitario.

Allanon, dopo il primo incontro con i due indifesi protagonisti, sparisce misteriosamente lasciando a Shea un artefatto magico e mancando di presentarsi in seguito all’appuntamento che si era dato con il principe Balinor.

Balinor è il guerriero, il capitano della compagnia che racchiude in sé le figure di Aragorn e di Boromir (di quest’ultimo eredita i problemi familiari, anche se declinati in forma diversa, legati al personaggio del fratello Palance, il figlio cadetto e usurpatore del trono).

Vi sono poi il burbero nano Hendel e i fratelli Durin e Dayel che rispecchiano le caratteristiche tipiche delle rispettive razze. Questi, insieme al principe di Leah, formeranno la compagnia di eroi che affronterà numerosi pericoli e creature tra cui, per continuare con le similitudini con Il Signore degli Anelli, un essere biomeccanico, residuo delle Grandi Guerre, che avvelenerà i poveri Shea e Flick, come già succede a Frodo con il pugnale Morgul a Colle Vento. Nel corso dell’avventura la compagnia scenderà nella Cripta dei Re per superare l’ostacolo delle montagne, come fa la Compagnia dell’Anello addentrandosi a Moria. Per finire, Shea si ritroverà a un certo punto separato dai compagni, costretto suo malgrado a proseguire da solo il suo viaggio alla ricerca della Spada, e Flick dovrà infiltrarsi tra le file dell’esercito del Nord camuffandosi da gnomo.

Tra i cattivi della storia spiccano invece i Messaggeri del Teschio, creature alate e mostruose che rimandano ai Nazgûl. Le loro spettrali apparizioni, nella prima parte del romanzo, precedute sempre da attimi di silenzio mortale, sono molto efficaci nel creare suspense in una trama in cui ancora il nemico vero e proprio non è delineato ma seguono pedissequamente quanto già fatto da Tolkien.

Infine lui: il Signore degli Inganni, il cattivo senza volto, proprio come Sauron. Un druido rinnegato che nei secoli passati, dopo la ripresa delle attività umane in seguito alle Grandi Guerre, si rifiutò di ricostruire pazientemente i collegamenti mancanti tra le antiche scienze del mondo perduto e preferì invece percorrere una via più breve e oscura: quella della magia nera. Insieme ai suoi seguaci, altri druidi, formò un gruppo ribelle che, obnubilato dal proprio desiderio di potere e conoscenza, ben presto finì per diventare vittima della sua stessa stregoneria e scatenò la Prima Guerra delle Razze. Brona, questo il nome del Signore degli Inganni quando era ancora umano, è “la proiezione di una grande forza oltre la loro comprensione, una forza tanto potente che Allanon temeva potesse influire sulla mente umana.” Rappresenta il lato oscuro dell’umanità, così ossessivo e totalizzante da trasfigurare chi cade vittima della magia nera in qualcosa che di umano non ha più nulla. Questo tema verrà approfondito da Brooks nella trilogia prequel de La Genesi di Shannara, in cui i demoni, ex-umani, pilotano l’umanità e la conducono alla catastrofe delle Grandi Guerre. Così come fondamentale risulterà, nel futuro di Shannara, proprio la contrapposizione tra scienza e magia quali forze dominatrici del mondo.

Non tutti i personaggi (per fortuna!) sono così smaccatamente derivativi delle opere di Tolkien, e forse non è un caso che la scrittura di Brooks appaia più vivace quanto più si distacca dai modelli che ha preso per riferimento. È il caso del pittoresco e riuscito personaggio di Panamon Creel, il ladro bandito dai vestiti sgargianti e la personalità volubile, capace in egual misura di slanci di buon umore e di furia spietata. Panamon, accompagnato dal silenzioso troll Keltset, sembra più un omaggio ai personaggi di cappa e spada dei film hollywodiani e per certi versi è più vicino ai caratteri spregiudicati dei protagonisti delle opere di Sword&Sorcery.

O ancora è il caso di Menion, l’impulsivo, giovane e spavaldo principe di Leah, amico dei due fratelli del Sud. Menion, che si troverà più volte in aspro contrasto con il druido Allanon e che verrà da questi tenuto in scarsa considerazione, risulterà invece il personaggio con l’arco di crescita più completo e soddisfacente: passando da cacciatore egoista in cerca di avventure a vero e proprio eroe che ha trovato la sua strada per brillare di luce propria.

Menzione d’onore per Palance Buckannah, fratello di Balinor. Personaggio tragico, il principe dalla mente fragile è l’individuo che più di tutti suscita commozione e compassione, al centro di una vicenda che lo vedrà prima irragionevole persecutore e poi uomo indifeso, in cerca solo di un salvifico amore: fraterno, di un amico, della donna amata. Nei passaggi che lo vedono in scena la scrittura di Brooks si fa meno immediata e non istantaneamente evidente nei suoi sottintesi.

Proprio la prosa di Brooks, a volte un po’ ampollosa e in alcuni punti ingenua (verrà in futuro asciugata con maggior mestiere), nelle fasi di azione concitata diventa veloce e incalzante, con un invidiabile senso dei crescendo e della drammaticità. Non manca inoltre la capacità dell’autore di intrecciare in maniera efficace le varie linee narrative a mano a mano che i personaggi si separano e intraprendono missioni individuali, inserendo anche alcuni piccoli sfasamenti temporali nella cronologia degli eventi, per orchestrare al meglio la parte conclusiva. Brooks riesce inoltre a delineare situazioni insolite per il mondo del fantasy, specialmente se si pensa che l’opera è uscita negli anni settante. Come detto, la presenza di vestigia della nostra civiltà fa capolino in più di un’occasione già in questo primo romanzo e non manca di creare un effetto curioso di straniamento. Ad esempio si può citare il momento in cui una creatura benigna e misteriosa allontana un Messaggero del Teschio dai due fratelli Shea e Flick utilizzando come richiamo una fonte luminosa. Fonte che si scoprirà essere nient’altro che un tubo cilindrico che produce luce senza fiamma: una banale torcia elettrica, insomma.

La struttura del libro, che riserva qualche modesta sorpresa, è pressoché suddivisa in due parti: la prima metà è costituita dalla classica cerca, il cui premio è per l’appunto la Spada del titolo; conclusasi in modo inaspettato questa, si passa a una seconda fase caratterizzata da una maggior frammentazione dei percorsi dei protagonisti, con momenti di battaglia e di aumentata drammaticità in cui prende il sopravvento la crescita dei personaggi: non solo di Shea e di Flick, bensì anche dei loro compagni e dello stesso Allanon.  Notevole inoltre la lunga descrizione dell’assedio dell’esercito del Nord alla città fortezza di Tyrsis.

Con l’occhio odierno un elemento che risulta in qualche misura datato è l’assenza pressoché totale di personaggi femminili di rilievo: La Spada di Shannara è un libro quasi esclusivamente al maschile. Ma le cose cambieranno molto in fretta e in maniera radicale già a partire dal romanzo seguente.

La Spada di Shannara è un piccolo, grande classico della letteratura fantastica, forse eccessivamente criticato a causa dei suoi innegabili debiti verso Il Signore degli Anelli e, nonostante il suo incredibile successo nelle decadi passate, snobbato da buona parte della critica e degli appassionati che ne hanno colto solo gli aspetti più superficiali e che, senza andare oltre i suoi limiti, non ne hanno mai registrato alcuni degli aspetti più unici e rappresentativi.

Terry Brooks ha avuto il merito di sdoganare presso un’ampia fetta del pubblico generalista un genere letterario altrimenti poco esplorato, ed è riuscito a creare un mondo che nel corso degli anni, tra alti e bassi, ha accompagnato milioni di lettori. La saga di Shannara (disgraziatamente mal rappresentata sullo schermo da una ignobile versione televisiva che ben poco ha a che spartire con l’originale) ha riservato sorprese e crossover a volte sorprendenti, unendo in alcune occasioni la dimensione dell’high fantasy addirittura con il cyberpunk e permettendo allo stesso mondo immaginario delle Quattro Terre di evolvere e cambiare nel corso dei libri.

P.S.: le prime edizioni di Shannara sono impreziosite dalle belle copertine dei fratelli Hildebrandt, artisti di cui ha già parlato Riccardo Maggi nel seguente articolo.

https://hyperborea.live/2021/01/23/spada-stregoneria-e-arte-greg-e-tim-hildebrandt/

“…Ho deciso che quello che avrei fatto sarebbe stato prendere problemi di questo mondo e metterli nel mio mondo immaginario… Mettere certi temi in libri fantasy mi dà uno scopo, mi dà l’opportunità di esplorare quei quesiti che mi preoccupano e magari questo entrerà in risonanza con alcuni lettori…  Ed è per questo che scrivo di Elfi: perché in quella maniera trovo risposte ai misteri della vita.”

Terry Brooks

Articolo di Alessandro Zurla

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